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Deftones - Covers
13/03/2022
( 1672 letture )
La pubblicazione di Diamond Eyes nel 2010 ha rappresentato uno spartiacque fondamentale per i Deftones, reduci dalla fase più buia della loro carriera: quelli dal 2003 al 2008 sono stati infatti anni molto complicati per i californiani, ormai l’uno contro l’altro a causa di innumerevoli litigi (acuiti dall’uso smodato di alcol e droghe), vedute artistiche differenti, tensioni sempre più accese con i produttori e delicate situazioni familiari come quella del frontman, in ginocchio per il divorzio e incapace di porre un freno alle sue dipendenze. Da un simile background sono scaturiti due album controversi (il self-titled e Saturday Night Wrist) e lo stesso Chino, avendo più volte disertato le registrazioni per occuparsi del side-project Team Sleep, è stato a un passo dal licenziamento. Recuperato faticosamente un equilibrio, ecco che sul gruppo si è abbattuta una nuova tragedia quando, sul finire del 2008, il bassista Chi Cheng è finito in coma dopo un pauroso incidente automobilistico: sconvolti, gli altri membri hanno abbandonato all’istante il progetto Eros e con il sostituto Sergio Vega hanno realizzato Diamond Eyes, commossa dedica allo sfortunato amico di una vita nonché il disco migliore dai tempi di White Pony. Rinfrancati dal successo di pubblico e di critica, i cinque hanno scelto così di dare spazio ai progetti collaterali (in primis i Crosses di Chino) mentre per i fan della casa madre è uscito Covers, una raccolta edita dalla Warner Bros. in occasione del Record Store Day del 16 aprile 2011 contenente re-interpretazioni in gran parte già presenti nel B-Sides and Rarities del 2005 e nell’edizione digitale di Diamond Eyes.
Incise al termine delle recording session di ogni album, le tracce offrono uno spaccato stilistico-temporale molto interessante per capire i gusti musicali di uno dei gruppi più importanti della scena alternative, dapprima riluttante co-pioniere del nu metal e poi alfiere di un metal alternativo sui generis inflazionato di spunti new-wave, shoegaze e post-metal. Al pari del “rivale” Jonathan Davis, anche il buon Chino da adolescente era un grande appassionato di synth-pop e in generale del movimento new romantic tanto che la sua predilezione era rivolta a nomi di punta del periodo quali The Smiths, Duran Duran e The Cure, tutte formazioni che hanno esercitato una notevole influenza sulla sua peculiare tecnica vocale in pulito. Oltre a ciò, ascoltando le prime -acerbe- produzioni amatoriali (alcuni demo tape di inizio anni ’90) e il debutto Adrenaline, si può evincere un’altra basilare lezione appresa dagli allora imberbi skater di Sacramento come quella del post-hardcore, qui rappresentato da cult band come i Jawbox e i Drive Like Jehu.

La variopinta tracklist parte con la soffusa dolcezza della ballad Drive dei The Cars per poi mostrare gli artigli con Caress dei Drive Like Jehu, ruvido post-hardcore macchiato da sintomi noise/math che danno vita a ritmiche sghembe e nervose riattualizzanti l’energia giovanile dell’era Adrenaline. Lo snobismo elitario di Morrissey affiora nell’algida Please, Please, Please, Let Me Get What I Want anticipando il colpo di fulmine che scocca alla traccia numero quattro, corrispondente all’hit del ’92 firmata Sade Adu: come già scritto nel Fatal Portrait loro riservato, i Deftones offrono una versione di No Ordinary Love raffinata e molto sensuale, giocata su un registro vocale intriso di morbido erotismo perfettamente adagiato su un arrangiamento dalle ipnotiche movenze tangenti al trip-hop; il sentore dub del basso di Chi e l’ottimo apporto dell’ospite Jonah Matranga costituiscono poi ulteriori motivi per apprezzare una cover di altissimo livello, capace di omaggiare con stile l’originale e di farsi annoverare tra i sicuri highlight dell’album. Si torna alla trasversalità del post-hardcore flirtante con il noise e l’alternative rock in Savory dei Jawbox prima di vedere lo smaliziato electro-rock di Do You Believe dei The Cardigans tramutarsi in un esempio di alternative metal tipicamente deftonesiano, in cui riff mai sopra le righe e la puntuale batteria di Cunningham sostengono l’ammaliante timbro melodico di Chino. In una scaletta del genere la sorpresa che non ti aspetti è Simple Man, fedele resa dell’immortale inno southern rock degli Skynyrd registrato -in base a quanto riportato dalle fonti- quando il singer aveva circa 17 anni, ossia nel 1990; già a quei tempi al ragazzo il talento non mancava, poco ma sicuro.
Le fascinazioni synth-pop tornano a reclamare spazio nel languido quanto minaccioso romanticismo di Ghosts dei Japan e nell’inquietudine di The Chaffeur degli amati Duran Duran, anche se il vero “lato dark” si estrinseca appieno in If Only Tonight We Could Sleep, suonata all’Mtv Icon del 2004: il trasporto emozionale del cantato e i ricami orientaleggianti delle tastiere di Delgado che simulano il caratteristico sitar tributano i giusti onori ai maestri The Cure, come detto uno dei riferimenti principali del vocalist fin dall’adolescenza. Rilassante infine la chiusura affidata a Sleep Walk, strumentale del ’59 dei fratelli Santo & Johnny Farina facente largo uso della slide guitar e all’epoca in grado di raggiungere la cima della classifica Billboard.

Covers mette in luce la sensibilità artistica e l’indiscutibile classe dei Deftones, abilissimi nel prendere brani altrui e farli propri senza mai snaturarli in maniera eccessiva e anzi, riuscendo sempre ad infondere nelle composizioni quel tocco unico e personale atto a distinguere le re-interpretazioni dagli originali. Nonostante si tratti di un’uscita rivolta ai completisti, vi invito caldamente a procurarvi questo piccolo gioiellino, nella linea temporale ubicato fra Diamond Eyes e Koi No Yokan e pertanto considerabile alla stregua del loro ideale anello di congiunzione.



VOTO RECENSORE
83
VOTO LETTORI
72.25 su 4 voti [ VOTA]
Indigo
Sabato 19 Marzo 2022, 17.42.47
2
Trattandosi di un disco di cover ho scelto di non fare confronti con gli album di inediti; la valutazione numerica riguarda esclusivamente la qualità complessiva delle re-interpretazioni. No Ordinary Love è il pezzo forte, seguito da Caress, Savory, Do You Believe e If Only Tonight We Could Sleep. Al posto di Sleep Walk potevano mettere altre cover sicuramente migliori come Wax and Wane dei Cocteau Twins o Sinatra degli Helmet (versioni presenti nel B-Sides and Rarities del 2005) ma a parte questo rimane un ottimo lavoro e un bellissimo regalo per i fan.
Black Me Out
Lunedì 14 Marzo 2022, 19.19.00
1
Questo è un disco che ho sempre snobbato fino a qualche anno fa, quando mi sono innamorato ovviamente di "No Ordinary Love". Ho quindi scoperto che tra la cover vi erano "The Chaffeur", che è il mio pezzo preferito dei Duran Duran, e altre chicche come "Ghosts" dei Japan e "Caress" dei miei amatissimi Drive Like Jehu. Certo, non tutte le interpretazioni a mio parere sono meritevoli, però il disco rimane molto gradevole ancora oggi, anche se per ovvi motivi lo metterei in fondo ad un'ipotetica classifica dei migliori dischi dei Deftones.
INFORMAZIONI
2011
Warner Bros Records
Rock
Tracklist
1. Drive
2. Caress
3. Please, Please, Please, Let Me Get What I Want
4. No Ordinary Love
5. Savory
6. Do You Believe
7. Simple Man
8. Ghosts
9. The Chaffeur
10. If Only Tonight We Could Sleep (Live)
11. Sleep Walk
Line Up
Chino Moreno (Voce, Chitarra)
Stephen Carpenter (Chitarra)
Frank Delgado (Tastiera, Campionatore)
Chi Cheng (Basso su tracce 1, 3-5, 7, 9-11)
Sergio Vega (Basso su tracce 2, 6, 8)
Abe Cunningham (Batteria)

Musicisti ospiti:
Shaun Lopez (Cori su traccia 1)
Jonah Matranga (Voce su tracce 4, 5)
 
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