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Gli In Flames sono da diverso tempo uno dei miei gruppi preferiti. Sono sempre stato convinto che gruppi come i Metallica, i Led Zeppelin o altri dinosauri del rock, fossero inarrivabili per qualsiasi altra realtà musicale cresciuta in seguito, però se dovessi scegliere una band in grado di avvicinarsi più di ogni altra a ciò che risveglia in me la passione ed il furore, questa avrebbe le sembianze, il suono e lo spirito del quintetto svedese. Immaginate ora, che Colony sia proprio quello che considero il loro miglior album: un magico insieme di canzoni riuscite forse non tutte alla perfezione assoluta, ma sicuramente tali da legarmi eternamente a loro sul piano affettivo ed oltre. Sarete dunque in grado di perdonare una lieve inclinazione malinconica, che mi porterà forse a sopravvalutare questa grandiosa dimostrazione di classe e potenza? Dal canto mio tenterò, per quanto possibile, di mettere freno alla porzione meno obiettiva del mio giudizio.
Colony apre, sul finire del secondo millennio, una nuova era nella storia degli In Flames. Si tratta dell’album che vede stabilizzarsi la line-up che giungerà intatta sino ad oggi, con l’apporto di Peter Iwers al basso e Daniel Svensson alla batteria. Il primo, fratello minore di uno dei membri fondatori dei Tiamat, viene sottratto ai Chameleon, mentre Svensson è costretto ad abbandonare momentaneamente il progetto Sacrilege, interessante death metal band all’interno della quale, il folle batterista si occupa anche delle parti vocali. Grazie alla stabilità così ottenuta, e con Gelotte definitivamente libero di avanzare alla sua posizione ideale di chitarra solista, la band è finalmente pronta a fare sul serio. Il suono si fa più compatto: le due asce sfoderano un riffing come sempre epico, ma reso ancora più massiccio da una produzione che comincia a farsi professionale, mentre il drumming quadrato del giovane Svensson (appena ventiduenne all’epoca) aggiunge peso specifico ad una creazione che gode della prestazione magistrale di Fridén alla voce. Claustrofobico e depressivo nelle strofe più cupe, il cantante di Stoccolma esplode su ritornelli di una maestosità imperiale, con latrati degni della miglior tradizione scandinava.
È un compito ingrato quello di segnalare un brano indegno di trovare il suo posto su questa strepitosa tracklist. Ogni singolo brano meriterebbe una dissertazione di livello ben superiore a quella che mi trovo impegnato a scrivere. Dalla più piccola, insignificante, eppure geniale, Pallar Anders Visa, brano acustico che ci riporta indietro alle sperimentazioni più libere di Lunar Strain e Subterranean, sino alla granitica titletrack, ogni singola canzone carica sulle proprie spalle il peso di questa leggenda vivente. Resin fu, in un lontano passato, la prima canzone dell’intera scena svedese, che mi capitò di ascoltare. Non è difficile capire per quale motivo me ne innamorai. Su questo brano le chitarre abbandonano il loro incedere granitico e si levano in cielo come a mostrare la molteplice natura di una band che ha fatto della melodia un fedele alleato di potenza e furia al loro stato naturale. Brividi lungo la schiena accompagnano il tribale martellare di Svensson sulle pelli della batteria fino a condensarsi in sudore nell’istante in cui la chitarra dell’orso sembra sussurrare: “Silenzio, prego”, e tutto ciò che avete sempre saputo riguardo alle vostre vite viene dolcemente spazzato via da ciò che in quel momento non potrà che sembrarvi il più meraviglioso assolo di tutti i tempi.
A fare da cornice per questo frammento di eternità, due canzoni immense. La prima, Coerced Coexistence, si apre con una con una spietata cavalcata, introdotta da una magia architettonica dei quattro musicisti e si sviluppa come tipico brano “In Flames di nuova generazione”. Da citare il secondo solo di chitarra, studiato e realizzato da un chitarrista che militò, tra gli altri, anche negli Europe di fine anni ‘80, Kee Marcello. A seguire, troviamo invece un interessante remake: Behind Space ’99 altro non è che la rivisitazione della traccia d’apertura del lontano Lunar Strain, arricchita da particolari inediti e dalla nuova, eccellente produzione firmata da quella vecchia volpe di Fredrik Nordström. Sebbene la rabbia e selvatichezza degli esordi sia in questo frangente ridimensionata (basti ricordare che nella precedente versione, il microfono era affidato ad un simpatico personaggio che risponde al nome di Mikael Stanne), le nuove vesti di questo interessante esperimento giovano parecchio a Behind Space, regalandole una maestosità invidiabile. Come dimenticare poi Zombie Inc. ? Uno dei passaggi di clean guitars più trascinanti della discografia degli svedesi, o l’oscura Scorn, che i più attenti ricorderanno nel live The Tokio Showdown, impreziosita da una “colta” citazione nella parte iniziale del bridge che precede il fulmineo assolo di Gelotte.
L’album, composto da Strömblad e Gelotte nel 1999, festeggia quest’anno il suo decimo anniversario di vita, continuando tuttavia a rappresentare uno dei più prolifici bacini di canzoni da proporre in sede live, anche per una band che, come gli stessi In Flames ammettono, fatica a dover scegliere tra un centinaio di canzoni di altissimo livello. Seguirà, ad un solo anno di distanza, un disco sulla cui copertina è raffigurato un uomo di Vitruvio abbandonato alle fiamme. Quello sarà considerato da molti degli osservatori più imparziali l’apice della parabola, il punto di massima espressione di uno swedish death già contaminato dal nuovo mondo, ma ancora fedele ai canoni originari. Se volete concedermi questo futile vezzo, dichiaro con queste mie parole, e non con un banale voto numerico, troppo freddo per tenere conto di ogni sfaccettatura emotiva, la superiorità di Colony ad ogni altra opera marchiata In Flames. Come Ride the Lightning ancora oggi non conosce eguali in quella che fu la sua capacità di scindere velocità e potenza senza imbrigliarle in alcuna maniera, Colony associò la genialità compositiva dei due mastermind svedesi, ad una abilità nell’esecuzione, meno ruvida e di maggior impatto. In Flames we trust…
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IL Recensore di Whoracle e Colony è il medesimo, quindi soggettivamente reputa migliore Colony.. De gustibus. |
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Per me siamo su livelli nettamente inferiori a Whoracle, non condivido i voti ai due album |
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Album che non mi ha mai preso. |
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Voto eccessivamente alto, ma devo dire che all\'epoca lo consumai e che anche ascoltato un quarto di secolo dopo e\' inveccihato piuttosto bene.
96 magari no, ma un bel 90 per i miei gusti personali se lo merita. |
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Ehhhh 96!!!! Avete bevuto!!!! Da qui inizia l’inesorabile discesa nel baratro per gli In Flames |
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Album intramontabile, capolavoro. |
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disco così così per come mi avevano abituato. 80 |
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Un disco discreto ma lontano anni luce dai due che l'hanno preceduto. |
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Lontano anni luce da Jester Race |
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Piu’ che altro iniziano con lo stesso accordo, ecco perche’ l’impressione. Entrambi frantastici cmq, Episode 666 poi x me è uno dei loro migliori pezzi sia nella versione del dopo The Jester Race che su Whoracle 😃 |
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Il riff della strofa di Coerced Existence ricorda, almeno nei tocchi iniziali, quello di Episode 666... cmq con questo e i due precedenti gli svedesi hanno scritto una pagina indelebile nella storia del metallo pesante. |
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@Danraek: Whoracle fino alla traccia 5 poteva candidarsi a top 10 degli anni '90 se solo nella seconda parte non iniziasse ad assalirmi una noia atavica. Sono d'accordo con l'88 perchè comunque la cinquina iniziale è il non plus ultra di "quel" tipo di sound e anticipatore del metal-core (nel bene e/o nel male, vedila come vuoi), però l'opera bisogna, purtroppo, valutarla nel complesso. Per quanto riguarda Colony, siamo tra un 90 e 93. 110 cum laude solo a The Jester Race. |
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96 a Colony e 88 a Whoracle? Ma che cazzo vi siete fumati? Dai, facciamo i seri, il disco è più che discreto ma è qua che inizia il declino, siamo troppo sotto a livello qualitativo ai dischi precedenti.I primi 4 pezzi ok, buoni decisamente, ma hanno fatto anche meglio.E poi quando devi andare a riprendere dei tuoi vecchi pezzi e reinciderli vuol dire che a livello creativo stai cominciando a deficere. |
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Se vogliamo fare finta che sia all'altezza di Jester Race, facciamolo pure (solo un misero punto in meno?) ma è molto opinabile. Di sicuro c'è che questo è l'ultimo disco "integralmente buono" degli In Flames. Rispetto i gusti di tutti ma proprio dal successivo Clayman è cominciato il declino dei ragazzotti In Fiamme, oppure l'ascesa di quelli del Gothenburg HardRock... dipende appunto dai gusti. Io ho smesso di ascoltarli, senza gridare al tradimento, anche se mi riesce proprio difficile -dopo 25 anni che ascolto rock/metal- definire "evoluzione" il loro percorso stilistico... eh si, ERANO un gruppo della Madonna! |
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soprattutto per i capelli |
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jesper il jeff hanneman degli anni 2000 |
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Non è il mio preferito degli In Flames ma Embody the Invisible è da lacrime sì, un connubio perfetto di aggressività, melodia e potenza. L'arrivo di Daniel segna una bella differenza (anche se Björn batterista non era male) e secondo me Anders qui è al top. Jesper è uno dei miei musicisti preferiti e un simbolo del metal. Quanto mi piacevano!!! |
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Rinnovo il mio commento numero 20 Da lacrime, ma The Jester Race è di un'altra categoria  |
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Un mix perfetto fra melodia e potenza che pochissimi altri dischi possono vantare. Eccezionale. |
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che album! che gruppo che ERA!! bravi davvero. |
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Quoto Macca, un capolavoro, forse (anche se difficile scegliere) il mio preferito degli infiammati...ma con quelli precedenti la scelta è dura...che gruppo che erano, fantastici |
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Lo riascoltavo proprio ieri: non una canzone sottotono in questo album. Non il mio preferito in assoluto tra tutti i loro album, ma di sicuro sul podio. |
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ho conosciuto gli inflames con whoracle e ho atteso con impazienza colony,ma quando lo sentii restai deluso, a parte ordinary story e colony bellissimi brani. Questi erano già i "nuovi" in flames con gelotte alla chitarra. Un disco poco curato che ritengo di transizione. Clayman è già molto meglio. |
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Preferisco Whoracle e, pur nella sua diversità, Clayman. Però anche questo è un gran bel pezzo di musica degli anni '90. |
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a quando la recensione di Clayman |
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Insipid 2000 la fa sucare a tutti. |
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"Come Ride the Lightning ancora oggi non conosce eguali"..ovvio, anche perchè lo preferisco di gran lunga :3 Zombie inc: BEST FUCKING METAL SOLO EVER e una delle mie canzoni preferite di sempre. 98 , secondo solo a "The Jester Race" e alla pari con Clayman, apre i culi a tutti. |
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In questo album gli Infiammati fanno come il buon vino: un perfetto bilanciamento tra The Jester Race e Whoracle. Mi sento di dire che alcuni delle migliori composizioni di Jesper sono in quest'album. Qesti sono i veri In Flames! Un must! Peccato che dopo Clayman il buon vino sia piano piano diventato aceto....... |
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bel gruppo di death melodico. a me piace molto il successivo "clayman". |
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Questo lo metto alla pari con Whoracle, Embody the Invisible è una delle mie song preferite degli In Flames! |
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Amo Ordinary Story...mi esalto ogni volta che la sento!!! Gather the faithfull and propose a toast!!!! To the epoch of indifference!!! Che album fantastico!!! |
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grandissimo disco, la voce di anders poi qui era al top, quel giusto mix di catarro e growl |
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Per me il miglior brano è proprio il remake di 'Behind Space'. Un bel disco ma inferiore ai precedenti, a mio modo di vedere. Dopo questo 'Clayman' e dopo...tanti saluti e grazie di tutto. |
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grande album!!!!! Canzoni una più bella dell'altra. Gli ho dato 87 mi sembra giusto. |
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E comunque anche io lo preferisco a Clayman... |
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Ho già contattato il mio notaio per il ritiro del premio... |
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Il Trucido vince sulla pur spietata concorrenza!!! ta-ta-ta...ta-ta-ta... Complimenti al vincitore e grazie per i complimenti! |
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La citazione è Raining Blood! |
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Grandissima recensione per un disco immenso... Grande Seba |
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@ seba: mai ascoltato quel live! Diamo una scadenza al concorso però: entro 24 ore ci devi dare la soluzione ghghghghgh... |
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Comunque, anche se sembrerà superfluo, volevo complimentarmi con seba che ci sforna un'altra ottima recensione... scritta benissimo e molto chiara ed equilibrata! Venendo all'album, fondamentalmente io lo vedo come una sorta di "transizione" per il sound che gli infiammati hanno sfornato in Clayman (questo si, uno dei miei preferiti); confesso di non amare particolarmente la rivisitazione di Behind Space (se non per i suoni) e sebbene ci siano dei brani che mi piacciono molto (tipo Scorn e Resin), mi sembra che questo disco abbia un'identità molto meno marcata di Whoracle o The Jester Race: ma forse il problema è solo mio, che nelle band cerco sempre più spesso il particolare piuttosto che fermarmi ad ammirare il paesaggio.... |
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E va bene, visto che non piace a tutti, vediamo chi si ricorda (senza riascoltarla) qual'è la citazione contenuta in Scorn nella versione comparsa su The Tokio Showdown... ...al vincitore una caramella quasi nuova al gusto di limone. |
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Non il mio preferito, ma mi piace comunque. 75. |
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Recensione potentissima! Un disco che ammetto non piacerà a tutti, ma comunque valido. Bella lì Seba |
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anche a me piace pochino pochino....infatti è con questo album che li abbandonerò x sempre |
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Onestamente questo è uno dei pochi dischi degli IF che non mi fa impazzire comunque sia rispetto la tua opinione e apprezzo il tuo punto di vista! |
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