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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Una band, una buonissima band, i Krokus. Sempre affettati da migliaia di critiche pruriginose: troppo AC/DC, troppi cambi in formazione, troppo duri, troppo morbidi, troppo opportunisti (quando svoltarono per una collocazione sfacciatamente americana, in termini di sound, vennero impiccati dalla critica che in precedenza li aveva martorizzati per troppe somiglianze con i canguri dei fratelli Young). In effetti, se analizzassimo i vari avvicendamenti in line-up nel corso degli anni, beh, somiglierebbero smaccatamente all’Inter di fine anni novanta-inizio duemila, un viavai impressionante, una porta girevole che vorticava all’impazzata. Un albero genealogico di musicisti da riempire una Treccani, e non esagero. Nati nel lontano 1974 a Soletta, cantone tedesco della Svizzera, si dedicarono ad un symphonic/prog rock, di impronta Yes e Genesis, che poi mutarono nel corso degli anni. Chris Von Rohr voce e batteria fu l’elemento fondatore insieme ad altri rockettari come Tommy Kiefer chitarra, morto suicida nel ‘86, Remo Spadino basso, Hansi Droz chitarra. Nel ‘77 entra il mitico Fernando Von Arb alla chitarra e due anni dopo fa la sua comparsa il frontman, maltese di nascita, Marc Storace, carismatico cantante dalle doti vocali notevoli, molto simili a quelle di Bon Scott, all’epoca singer dei mastodontici AC/DC. Il vocalist, in precedenza, militò in un gruppo prog rock svizzero, i Tea, e successivamente in una NWOBHM band di Londra, gli Eazy Money, act che partecipò alla storica compilation dedicata a quel movimento, chiamata Metal for Muthas, che per i metalhead di quel periodo rimane un caposaldo inveterato e inarrivabile. Il metal allora era un fattore pionieristico, pubblicazioni marginali nella discografia internazionale, non un vero business come oggi. Metal Rendez-vous (1980), è il primo grande lavoro che proietta i rossocrociati nella lista dei più rilevanti gruppi della scena heavy metal europea, tour in compagnia di Girlschool, Angel Witch, e live statunitensi di spalla a Sammy Hagar, AC/DC e Cheap Trick, Hardware (1981) li fa crescere ulteriormente oltre ad attirarsi gli strali di Ac/Dc cloni e con il fantastico One Vice at a Time, editato nel ‘82, ottengono la bellezza di tre dischi d'oro. Suonano con calibri come Rainbow, Motorhead, Rush e Cheap Trick che gli ispirano la formula vincente per Headhunter (1983), orientandosi sullo stile di Judas Priest, Saxon, e ovviamente riff "AC/DC oriented". Pensate la pazzia: Marc Storace raccontò in un’intervista che, dopo la morte di Bon Scott nel 1980, gli AC/DC gli proposero di entrare a far parte della band… ma lui rifiutò per continuare il progetto Krokus. Avrà terminato di rosicchiarsi unghie, mani e piedi passando agli avambracci e calcagni? The Blitz, dell’anno successivo, presenta sonorità più orecchiabili ed ispirati all'hard metal americano con influenze Aor; a proposito, Jimi Jamison, ex vocalist dei Survivor, partecipò come corista, mentre Bryan Adams contribuì alla composizione del brano Boys Nite Out. Il risultato fu un disco d'oro negli States, mentre il vecchio continente li snobbò. Insomma, per farla breve, da quel momento, il quintetto/quartetto ( a seconda delle varie formazioni) si trovò indeciso su quale direzione intraprendere, up e down improvvisi, abbandoni, rimpasti di line-up, dischi poco viscerali, decadimenti e rinascite, ma il monicker non ha mai smesso di produrre musica. Oggi, a 36 anni dalla loro prima nota in sala prove, ce li ritroviamo accasati con Sony Music, una major tanto per intenderci, tirati a lucido e con una parata di musicisti che hanno fatto la leggenda underground targata Krokus.
Hoodoo è il loro sedicesimo album in studio, produttore Chris Von Rohr che si occupa anche del basso, lui padre indiscusso della band e che in carriera, in ben tre riprese (1974-82, 1987-88, dal 2008 ad oggi), è stato l’anima pulsante degli svizzeri prestando voce, basso e batteria alla causa. Cover scarna, una sorta di logo impolverato da ragnatele, poi, scattano dinamici gli oltre 42 minuti di musica ad alto voltaggio. E subito Drive It In spacca la serenità con riff gorgoglianti anni trascorsi e gloria recente, un rock sempre fatto con palle fumiganti, Marc Storace e le due asce su tutto; ricetta solita, già sentita migliaia di volte ma la classe fa la differenza, sempre. Rumori di foresta tropicale poi la vampa mirata di Hoodoo Woman centra il cuore dell’obiettivo dove i cerchi concentrici sono più stretti e compatti. Song percorsa da acciaio e boogie rhythm, classico odore di Krokus soprattutto sulla sovrapposizione delle chitarre e sul quattroquarti incessante, buonissima la risultanza. 874sima riproposizione di una leggenda fatta a canzone, Born To Be Wild degli Steppenwolf. Ebbene…eccezionale l’andatura con Marc che secerne hard tension dalle sue vocals, saliscendi del ritmo, arrangiamenti originali e drum-work che ha pacca. Da risentire per quanto è bella pesante. Rock N' Roll Handshake serpeggia con stile e il titolo la dice tutta sulla consistenza, ruvidezze hard miste a una voce vetriolica e note da scuotimento; il solo è la fotocopia di tocco e melodie del grande Angus. Numero cinque, Ride Into The Sun. I Whitesnake mettono il loro capoccione nei primi 30 secondi poi ne esce fuori un pezzo rallentato ma gradevole, Storace detta le tattiche e i comprimari rincorrono l’ispirazione da buttare su spartito, un pezzo fuori dai soliti clichè, bene così. Bollente, serrata, acdiciana la seguente Too Hot: ottimo rullante, chitarre a catena di montaggio; instancabili. Dardo illuminato che colpisce lo stereo, traccia sette, In My Blood, una trasposizione della magnifica Thunderstruck soprattutto nel ritornello che la richiama parecchio, il resto è orgia metal bellissima, con il marchio dei Krokus sfavillante, sembra ridicolo dirlo ma chi li conosce bene capirà. Chitarra che gratta su una corda, due accordi, blues condito da una voce corrosiva e sbotta Dirty Street, diventando uno dei migliori pezzi dell’intero album. Ecco, ‘sto gruppo micidiale ha questa caratteristica, quando credi di aver capito dove andranno a parare loro ti spiazzano, una qualità da preservarsi come i panda. Si scivola verso la fine con Keep Me Rolling, nervosa e irascibile (non come Braccio di Ferro) ma molto “australiana” in tutto e per tutto, Shot Of Love, concentrata su un riff minimale della sei corde che però sa far venire i brividi, anche questa canzone ricorda molto il quintetto di un certo Angus, ma ha in sé freschezza ed immediatezza che talvolta “la band di riferimento” perde un pochino per vari sentieri. Suono debordante, makin’ a mess baby!!!, ecco l’ultima supposta incandescente di metal, quella che crea la fiamma, scatena l’incendio, brucia i peccati: Firestar.
In questo ultimo spaccato il quintetto d’oltralpe mostra di avere una propria originalità, un approccio forte, una volontà di staccarsi da certi stilemi triti, e allora mi domando spontaneamente perché non battere questa strada invece che ricadere nel presunto plagio in almeno 3-4 pezzi in un platter? Sarebbe interessante saperlo, chiederglielo. Hoodoo conta su tanta musica buona che scorre via e lascia un senso di soddisfazione, una produzione leggera, chiara e al passo con i tempi, una confezione che allega anche un dvd con 13 brani suonati live e che hanno fatto la storia di questo nome. Oltre alla classica line-up è doveroso ricordare che hanno collaborato anche Mark Fox – voce e Kenny Aronoff – batteria, per dare alcuni ritocchi al completamento del lavoro Chi li volesse conoscere un po’ meglio potrà spaziare all’interno della discografia ampia che ha contraddistinto la loro buonissima carriera, io ad esempio sono legatissimo a One Vice At The time, vero ordigno che me li fece conoscere e che apprezzai anche dal vivo, dove il quintetto sa distillare ottimo rock unito a litri di sudore ed impegno. Potranno piacere o no, ma non chiamateli tribute band o cloni, c’è certamente molto di più tra i loro solchi impregnati di riff assassini. Bentornati Krokus!
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8
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Conosco i Krokus dagli albori e nonostante il tempo passato sono sempre una gradevole sorpresa. L'analisi di Frankiss è assolutamente equilibrata, mi è piaciuto in particolare il suo sottolineare che c'è "molto di più" nei Krokus. Mi ha sempre infastidito il volerli paragonare / clonare ecc. agli AC/DC.
Per quanto mi riguarda sono i Krokus, e questo mi basta!
Alzo il mio voto (rispetto a quello di Frankiss) a 80. |
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7
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Non si sa da quanto tempo gli ac dc non fanno dischi del genere, mio voto 85 |
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6
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Una band che ho rivalutato moltissimo in questi ultimi tempi.Rispetto alla band degli Young,trovo i Krokus meno epslosivi ma in grado di scrivere brani piu' interessanti degli ac\dc(purtroppo da grande fan dei Canguri,lo devo ammettere). Basterebbe citare la bellissima ballad Streamer,tokyo nights,oppure anche bordate metal come ready to burn,e headhunter. Gli acdc son troppo statici,i Krokus invece hanno saputo anche variare cosa che gli acdc dopo la morte di Bon scott,non hanno saputo fare..e vedendo le similitudini tra storace e scott,credo che la voce di quest'ultimo poteva essere impiegata anche in qualche ballad come i Krokus..ballad non sdolcinate ma oscure e taglienti. |
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5
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grandissimi...il loro album Headhunter del 1983 è a mio parere uno dei migliori heavy/hard rock dei primi anni 80 |
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4
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uno dei gruppi più sottovalutati dell' intero panorama hard rock..da riscoprire.. |
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3
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Ragazzi, è proprio bello sentire il nuovo album degli ad/dc con Bon Scott alla voce!!!!! Che emozione! |
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2
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Con mia somma colpa ammetto che questo è il primo disco che ascolto dei Krokus e devo dire che mi ha divertito moltissimo, anche se sentire una cover come terza traccia non è che mi abbia fatto proprio presagire il meglio, anche se poi mi ha preso sempre più. AC/DC all'ennesima potenza, meno sboroni... "Ride Into The Sun" è bellissima!!! |
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1
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Ricordo con piacere Screaming In The Night. L'album lo sto ascoltando, non sono troppo originali ma niente male davvero. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Drive It In 2. Hoodoo Woman 3. Born To Be Wild 4. Rock N' Roll Handshake 5. Ride Into The Sun 06. Too Hot 7. In My Blood 8. Dirty Street 9. Keep Me Rolling 10. Shot Of Love 11. Firestar
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Line Up
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Marc Storace - voce Fernando Von Arb - chitarra Mark Kohler - chitarra Chris Von Rohr - basso Freddy Steady – batteria
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