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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Savatage - The Wake Of Magellan
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( 11199 letture )
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I Savatage, nella loro splendida carriera, hanno saputo regalare al mondo una serie magnifica di dischi che per la quasi totalità rappresentano uno dei punti più alti dell’intera discografia heavy metal, riuscendo, con una ricerca costante ed una evoluzione che ha del clamoroso, a raggiungere sensibilità completamente diverse e, in parte, anche avulse dall’ascolto del metal. Questo è indubbiamente un grande pregio, in particolare perché rispetto a tanti altri, questa crescita non è avvenuta a detrimento della propria personalità ma, al contrario, sviluppando uno stile proprio, riconoscibile ed immediatamente riconducibile al gruppo. Qualità tecniche ottime, qualità compositive eccelse, il tutto al servizio di canzoni e dischi che rimangono ineguagliati per gusto e potenza. Che siate o meno loro fans, la band di Jon e Criss Oliva, ha saputo conquistarsi il rispetto di tutto il popolo metal, anche per la tragica dipartita di quest’ultimo e l’inesausta volontà di andare avanti con ottimismo, sfornando una sequenza di album di altissimo livello e mantenendo vivo il ricordo di un chitarrista di talento enorme e di una persona schiva ed umile, innamorata della musica e della sua chitarra. Non emozionarsi di fronte alla loro storia è impossibile, come impossibile non riconoscere il valore della loro musica.
Wake of Magellan, uscito nel 1998, rappresenta un tassello importante di questa storia, seppure non sia l’album più ricordato della lunga carriera della band. Uscito dopo un capolavoro assoluto quale Dead Winter Dead, l’album rappresenta un’ulteriore evoluzione verso un sound sempre più magniloquente, imperioso, potente, lirico ed estremamente affascinante. Si potrebbe quasi definire un musical, tanta è la teatralità della trama e la grandiosità della musica in esso contenuta e, come il predecessore, non stupirebbe affatto il pensiero di vederlo rappresentato proprio su un palcoscenico teatrale, con attori capaci di narrarne le gesta ed incarnarne il messaggio di speranza ed amore per vita. Prima di addentrarci nelle sue spire, occorre ricordare che questo è il primo disco che vede la stessa line up del predecessore dai tempi di Hall of the Mountain King, ma sarà anche l’ultimo che vedrà la partecipazione del bravissimo Zachary Stevens, cantante di qualità superiore che raccolse il pesante testimone di Jon Oliva dopo la sua prima uscita dalla band a causa dei gravi problemi alle corde vocali che ne hanno a lungo funestato la carriera. Criss Oliva è insostituibile, ma la line up qui presente è sicuramente tra le migliori che il gruppo abbia mai avuto e la grandezza della musica contenuta in questo album (e nel precedente) lo conferma appieno. Un piccolo appunto va invece alla produzione, al solito curata da Paul O’Neill, vero artefice peraltro della svolta sinfonica che il gruppo ha intrapreso sin dai tempi di Gutter Ballet (1989). Da registrare, infatti, come la sezione ritmica e la batteria in particolare, siano praticamente annegati all’interno della musica della band, con un risalto enorme per le chitarre ed il piano. Solo il basso di Johnny Lee Middleton riesce a ritagliarsi degli spazi da protagonista, lasciando il povero Jeff Plate all’ingrato compito di tappeto e sostegno ritmico per una costruzione armonica comunque superba, esaltata dalle numerose sezioni polifoniche condotte dai cori di tutti i membri della band, sul modello sperimentato con Chance (da Handful of Rain), che qua non si esprime solo con una struttura a canoni (ripetuta nella titletrack e nella conclusiva The Hourglass) ma, appunto, come vero e proprio coro (Anymore).
Il concept su cui Wake of Magellan si sviluppa, prende le mosse da due eventi realmente accaduti: l’incidente di Maersk Dubai, nel quale un capitano pirata di Taiwan gettò a mare in pieno Atlantico tre clandestini rumeni e l’omicidio della giornalista irlandese Veronica Guerin, eroina della lotta contro la diffusione della droga nel suo paese e per questo brutalmente assassinata dalla malavita. Il concept narra poi in realtà la storia di un anziano discendente del navigatore Magellano, Hector, che stanco della propria solitudine, trova sulla spiaggia del proprio piccolo paese il cadavere di un ragazzo, vittima di una overdose causata dal regalo di un amico per il suo diciottesimo compleanno. Nauseato dal Mondo per una morte così ingiusta, l’uomo decide di prendere la propria barca e di cercare per mare una morte gloriosa alla maniera dei vichinghi, navigando fino a che il mare non avesse posto fino alla sua vita. L’Oceano ha però altro in serbo per lui e, durante una tempesta, il vecchio marinaio si troverà a salvare la vita di un uomo, un clandestino buttato a mare e destinato alla morte da un capitano senza scrupoli. Un’esperienza che aiuterà Hector a riconsiderare la propria esistenza ed il valore della vita. Il disco segue quindi il filo dei pensieri e delle azioni di quest’uomo, consegnandoci alla fine, dopo una tortuosa vicenda, un messaggio di speranza ed ottimismo non banale grazie anche alle splendide liriche approntate da O’Neill per l’album. Come detto, la musica segue il filone intrapreso dalla band in passato ed è tutto sommato riconducibile a quanto già espresso nel precedente Dead Winter Dead, con forti venature da rock opera, esaltate dalle prestazioni encomiabili dei singoli; da citare in particolare un Al Pitrelli assolutamente strepitoso, che in questo disco tocca forse la sua miglior prestazione in assoluto, beneficiando anche di lunghe sezioni strumentali cucite addosso alle sue capacità. L’album, nel suo complesso, risulta forse inferiore al precedente, in particolare a causa di una parte centrale non esente da qualche calo di tensione, ma presenta senza dubbio alcune delle composizioni più ispirate e riuscite dell’intera carriera della band e qui è impossibile non citare brani strepitosi come Turns To Me, Morning Sun, Another Way (condotta da un grandissimo Jon Oliva), ed ancora l’ottima titletrack e la conclusiva The Hourglass. Di fatto, nonostante qualche parte meno ispirata e con una certa “pesantezza” compositiva che affiora brevemente lungo l’ascolto del disco, The Wake of Magellan si ascolta con grande piacere, fino a vere e proprie punte di entusiasmo e quasi stupore nei molti episodi più riusciti. In questo senso, il concept incentrato sul mare e su domande esistenziali di peso, che coinvolgono anche riflessioni profonde sulla droga, offre davvero un valore aggiunto alla musica della band, andando a colmare quel poco di meno dato da alcune canzoni non propriamente memorabili, ma comunque godibili come Blackjack Guillotine, Paragons of Innocence e Complaint in the System (Veronica Guerin) .
L’abbandono (?) di Zachary Stevens e di Al Pitrelli ed il contemporaneo grande successo della Trans-Siberian Orchestra, andranno piano piano ad erodere l’entusiasmo del leader Jon Oliva per la propria creatura, tanto che dopo il successivo Poets And Madmen (2001), le registrazioni di un nuovo album, che avrebbe dovuto intitolarsi Stories, vengono sospese ed i Savatage entrano di fatto in una stasi tutt’ora violata solo dalle dichiarazioni del chitarrista Chris Caffery. The Wake of Magellan chiude così un’epoca di grande entusiasmo e ritorno ad alto livello per una band che non ha mai fatto mancare grande qualità alle proprie uscite ed ai propri fans. Si tratta di un disco affascinante e da avere senza dubbi, strapieno di una classe che solo i grandissimi possiedono, che fluisce tra le note di questo album come un oceano senza pace.
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VOTO LETTORI
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84.32 su 143 voti [
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Riascoltato oggi,sempre le stesse emozioni di quando l\'ascoltai la prima volta.Gioiello di grande spessore e band da amare infinitamente.
Bellissime anche le tre bonus tracks in chiave acustica di Somewhere In Time/Alone You Breath,Sleep e Stay.Voto 90. |
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...non finirò mai...di elogiare questa grande band....tra le più grandi di tutte...🤟 |
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Riascoltato stamattina. È vero, come detto nella recensione, che è un album che viene ricordato meno di tanti altri della loro discografia (pesa il venir dopo Dead Winter Dead). Devo ammettere che lo faccio anch’io, per quanto quando uscì lo ascoltai molto; poi però col passare del tempo sono tornato ad ascoltare di più altri loro album. Male! Malissimo! Non esiste album di questa band che non possa/debba essere considerato. Ad oggi posso dire che per i miei gusti non sfigura affatto con gli altri album dell’era Stevens, a parte un paio di pezzi “normali” nella parte centrale. Ma la title-track, Turns to Me, Anymore e sopra tutte Another Way sono da brividi. Voto 86 |
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Io c'ero a Milano, in transenna e lacrime... Da brividi! |
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Inutile commentare il disco, mi sono già espresso sui Savatage, semplicemente immensi. @marmar, li vedesti a Milano? |
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Meno bello del capolavoro a nome "D.W.D." in quanto lo copia in più di qualche frangente, perdendo un po' di originalità, ma resta un gran lavoro. Diciamo pure che da "Hall..." a questo, nonostante la tragica perdita di Criss, la coppia Jon Oliva/O'Neill ha saputo creare una serie di disconi di valore assoluto, il che per me li rende uno dei più grandi gruppi della storia della "nostra" musica, e quindi non solo in ambito strettamente metal, troppo riduttivo per loro. Visti a fine '97 con questa formazione, che dire, semplicemente superiori. Da qui in poi, complice anche l'avvio della ben più remunerativa "Transiberian Orchestra" non sarà più la stessa cosa, e onestamente, visto come si è ridotto Jon attualmente, ci toccherà vivere di soli ricordi. |
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Quotone da 100 per Rob! |
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Oggi sono polemico. I Savatage sono uno dei più grandi gruppi della storia. E lo sanno in pochi. Una storia costellata da capolavori veri. Una storia iniziata con l'heavy metal oscuro, quasi dark, passata attraverso un tentativo (riuscito o meno poco importa) di commercializzazione con Fight, e proseguita con un crescendo via via sempre più emozionante che da Hall e Gutter l'ha condotta negli anni '90. Quel decennio che ogni tanto si legge dai nostalgici degli anni '80 viene definito come povero di idee. Ma come si fa dire una roba simile quando si è avuto modo di ascoltare da un solo gruppo dischi come Streets, Edge of thorns, Dead Winter dead e questo Wake?!? (e non cito Handful che comunque è il disco di Chance). Ma forse la risposta la danno il numero di commenti ai loro dischi. Nessuno supera i 100, In paio si arriva a 87. Sennò tutti sotto i 50. Ah certo! Se i dischi pubblicati negli anni '90 non vengono ascoltati so fare anch'io a dire che non sono stati prodotti dei capolavori. |
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30
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In questi giorni, non so per quale motivo, l'ho messo su a ripetizione. La storia è bellissima e ricorda vagamente uno dei miei romanzi preferiti di Hemingway, Il Vecchio e il Mare, nonchè La Ballata del Vecchio Marinaio di Coleridge, pur essendo originale e ispirata a fatto realmente accaduti nel mondo contemporaneo, non all'epoca di Magellano. Il finale è toccante, ma venendo alla musica la titletrack e The Hourglass sono magistrali, ma anche tutte le parti strumentali sono di assoluto livello. Confermo in pieno il 90 della recensione, ma non so dire se sia il mio preferito dei Savatage... per "colpa" di Dead Winter Dead. |
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Per me merita un 99, ci sono molto affezionato. Comprendo chi non capisce i Savatage e quest'album, non sono un gruppo da ascoltare senza accendere il cervello ma una volta assimilato l'album diventa una consolazione per l'anima. Metal di qualita' che non esiste piu' |
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Concordo con Christian aggiungendo che in quegli anni (95-98) sono usciti album stupendi x me in diversi sottogeneri, e questo e' uno di quelli. @Christian forse 95 come voto e' eccessivo comunque perche' qualche momento di pesantezza in effetti c'e' come si dice nella recensione (a proposito complimenti, scritta benissimo e con un sacco di info, anche se forse chi non conosce l'album non riesce a farsi un'idea sui pezzi) ma x me resta un disco strepitoso ed evocativo, sembra davvero di essere su quella barca... La title track poi e' bellissima, musica e testo |
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Una delle mie band preferite....sono contento di averli visti dal vivo ,questo per me rappresenta l'album piu' bello, l' ho visto uscire, e l'ho ascoltato e vissuto fino aalo sfinimento Per me 95 se li merita tutti...band molto sottovalutata Recensione maiuscola,complimenti al recensore.. |
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The hourglass è il capolavoro di un cd che è a sua volta un capolavoro. Con gli Shadow Gallery i padroni degli anni '90, per lo meno in termini qualitativi. 90 |
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straordinario. capolavoro imprescindibile. impossibile dire il contrario. |
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Incredibile come ci siano pareri discordanti su questo cd... |
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Buon album ma, a mio avviso, il punto più debole dell'intera discografia dei Savatage. |
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che album e che gruppo! scoperti recentemente, me ne sono innamorato! questo album probabilmente è il mio preferito, ma ce ne sono molti che meritano! |
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Questo album non mi è piaciuto molto, non so, forse prolisso....saranno 10 anni che non lo ascolto, oggi vado a risentirmelo...comunque è del 97 |
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20
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disco meraviglioso...........zachary stevens grande cantante,sicuramente diverso dallo stile con oliva alla voce........ma da urlo,da orgasmo.........gli do 85 |
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Vado controcorrente; questo è l'album che mi prende meno di tutta la discografia dei Savatage, Fight for the Rock escluso. Bello il concept e intrigante, ma musicalmente mi prende solo a tratti. Però ho ancora la bellissima felpa originale del tour'98-'99. |
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Trovo il modo di cantare di Stevens insopportabile e questo non mi ha fatto mai digerire completamente la seconda parte della discografia dei Savatage. Questo è un bell'album, con buonissime idee ma sopravvalutato. |
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come tutti i dischi dei Savatage un grande lavoro. non al pari di dead winter dead però.. qualche punto meno secondo me rispetto al voto del recensore... |
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album magnifico (ma del resto tutti i dische dei Sava erano grandiosi). che band che era questa...come manca!!! |
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...pensavo che 'sta storia del 'true metal' l'avessimo superata da un pezzo...mi fa ridere!!! ahahaha XD |
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Non so, riguardo al passaggio di testimone tra le band onestamente non saprei che dire ma, a mio parere, le due band sono inparagonabili: TROPPO SUPERIORI I SAVATAGE...gli arrangiamenti della band dei fratelli oliva i Manowar non credo che sapessero neanche da che parte partire non a crearli ma solo a copiarli...poi io non amo i Manowar (anche se ho tutto di loro poichè riconosco l'importanza storica della band) e adoro i Savatage, ma credo che siano troppo superiori per un qualsivoglia paragone! |
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Electric Warrior ciao, ognuno può pensarla come vuole, certo che la prospettica è l'unica cosa che conta. Personalmente ho vissuto direttamente tutti gli anni '80, e ti dico che all'epoca , tra thrash, glam ,class e quantaltro; in molti lamentavano la mancanza di 'true metal', categoria in cui erano racchiusi sia i Manowar che Savatage. Le divergenze stilistiche ovviamente c'erano ma sempre di vero metallo stiamo parlando! E questo quello che ti ha 'scandalizzato'? Ps: ad esempio su Rockerilla molti giornalisti ( gli stessi del glorioso Metal Chaos ) etichettavano gli Artillery ( ad esempio ) come death metal! Per me, ripeto, con 'Fighting' i Manowar cominciarono la parabola discendente e i Savatage con 'Hall' cominciarono la scalata. Ciao!! |
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bbboni... possiamo dire le cose anche senza insultarci... |
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@fabio II: la prima frase del tuo commento è una delle più grandi stronzate che io abbia mai avuto modo di leggere nella mia misera vita. |
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Disco e band superlativi. |
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Nell'87 per chi scrive è avvenuto il passaggio di testimone; la più grande band americana di true metal emergente nella prima metà degli eighties ( Manowar ) lascia lo scettro ai nuovi madmen. Il trittico che va da 'Hall..' a 'Streeets' di fatto preconizza tutto quello che segue ( compreso i Jon Oliva's Pain ); questo è il platter migliore del trittico successivo ( Dead W. D. e Poets & Mademen ) ma non raggiunge le vette dei lavori menzionati sopra. Certo la stesura del songwriting è sempre infinitamente superiore alla media. Nel '95 a Milano uno dei concerti che ancora ricordo con emozione particolare. 85/100 |
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The Wake Of Magellan DA AVERE INSIEME A: Ghost In The Ruins [Live] - Dead Winter Dead - Handful Of Rain - Edge Of Thorns - Streets - Gutter Ballet - Hall Of The Mountain King - The Dungeons Are Calling CAPOLAVORI ASSOLUTI DEL METAL, PROG, HEAVY, TECHNICAL= CLASS METAL. |
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il riff di chitarra di 'Turns to me' è LEGGENDARIO |
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Sì, hai ragione, grazie della segnalazione  |
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bella recensione...comunque "a raggiungere" senza h... |
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pur esplicitamente non amando il genere musicale da loro proposto, riconosco ai savatage l onore di essere stati uno dei gruppi più influenti della scena metal , nuda e cruda !! |
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La mia serie di complimenti per Lizard non cessa poichè ha fatto una grande rece! Il disco in questione viene realizzato dalla miglior line up possibile nella soria dei Savatage post tragedia Criss Oliva, l'abilità strumentale della band viene messa in risalto grazie a lunghe sezioni strumentali che perfettamente si adattano allo stile di Al Pitrelli e di Chris Caffery, due assoluti protagonisti di questo album. Oliva dal canto suo sfodera una prestazione maiuscola dando quel tocco di magico alle canzoni, la classica cigliegina sulla torta. Middleton e Plate invece, a mio avviso, fanno il loro compito senza particolari punti si spicco ma creando comunque un tappeto musicale intenso. A proposito di intensità che dire di Zac Stevens? Prova maiuscola e teatralità assoluta che solo in Roy Sætre Khantatat ho riscontrato nel corso degli anni. (poi i miei singers preferiti sono altri, Kiske su tutti, ma in quanto a teatralità Khan e Stevens sono i maestri, anche grazie alle composizioni cucitegli addosso). infine un plauso alla storia, avvincente e mai scontata! Capolavoro della band al pari di altri loro dischi storici, forse non raggiunge il 100 ma un 97 lo merita tutto! |
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2
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gran disco, con un flavour anni '70 nelle 'improvvisazioni' strumentali che mi è sempre piaciuto! ma li rivedremo mai almeno dal vivo?! |
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1
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MAAAAAAAAAAAMMA MIA! Capolavoro! Ottima rece! |
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Tracklist
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1. The Ocean 2. Welcome 3. Turns To Me 4. Morning Sun 5. Another Way 6. Blackjack Guillotine 7. Paragons of Innocence 8. Complaint in the System (Veronica Guerin) 9. Underture 10. The Wake of Magellan 11. Anymore 12. The Storm 13. The Hourglass
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Line Up
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Zachary Stevens (Voce) Jon Oliva (Voce, Tastiere, Piano) Al Pitrelli (Chitarra) Criss Caffery (Chitarra) Johnny Lee Middleton (Basso) Jeff Plate (Batteria)
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RECENSIONI |
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