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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Si può suonare stoner senza risultare pachidermici ed indolenti, oppure musica psichedelica senza perdere di vista il concetto di forma-canzone e mantenendo un groove pazzesco? Certo che sì, basta giocare sporco come fanno gli svedesi Graveyard. Perché questo gruppo gioca davvero sporco: ti immagini di avere per le mani un monolite desertico lento e deviante ed invece trovi un vulcano garage maledettamente odorante di rock & blues torrido, che osa spingersi fino ai confini del genere travestendosi da stoner doom con tanto di pericolose derive spaziali. Ebbene sì, i Graveyard suonano come i Nebula -ad esempio- non sono mai riusciti a fare, con canzoni maledettamente ficcanti ed energiche, eppure gonfie di rimandi ‘70s che scomodano tutto il parterre de roi che va da Cactus ad Hot Tuna, passando per Mountain ed Amboy Dukes, per poi finire dalle parti di Kyuss, Monster Magnet, The Quill e Firebird. Il tutto si badi bene, risultando comunque più che convincenti e dotati di personalità propria. Un risultato non da poco, che ha giustamente fatto balzare sulla sedia chi li ha recentemente scoperti col secondo clamoroso album Hisingen Blues. La Nuclear Blast decide di investire su questo gruppo e sul suo crescente consenso ributtando sul mercato anche il presente debutto autointitolato, uscito originariamente per la Transubstans Records nel 2007.
L’album si presenta già come perfettamente riuscito ed in grado di scatenare l’entusiasmo di chi nella musica cerca autenticità e dinamismo, grandi canzoni e una carica feroce e devastante, che sembra trascinare il gruppo dal palco direttamente nelle casse dell’ascoltatore. C’è tanta di quella ruvidezza ricercata e tutt’altro che casuale in questo Graveyard, che appare fin troppo facile pronosticare il successo della band; un risultato raggiunto anche grazie ad una produzione praticamente perfetta: calda, caldissima, profonda e potente, che evidenzia i bassi e la splendida prova di Joakim Nilsson, permettendo alle roventi parti chitarristiche di prendere il sopravvento solo quando la loro fame di watt diventa indomabile. L’opener Evil Ways ci proietta nel mondo dei Graveyard ed anche se sembra che il brano sia stato tratto di peso da Spine of God dei Monster Magnet, la personalità della band e di Nilsson è da subito evidente, come la loro capacità di scrivere canzoni appiccicose e carichissime di groove, che dal vivo promettono sfracelli. Preziosa si rivela la lucidità della band nel non calcare mai la mano su distorsioni tipicamente stoner e di mantenere così evidenti le radici rock, blues e psichedeliche della loro musica. Ecco così che i primi quattro brani sono cazzotti dritti in faccia che non lasciano scampo ma regalano sorrisi, tra i quali spicca senza dubbio Thin Line brano affascinante e stordente, già un piccolo classico. Blue Souls va a scomodare direttamente i Queens of the Stone Age di Josh Homme, col suo fare indolente, notturno e maledettamente irresistibile, splendido trampolino per improvvisazioni chilometriche; sicuramente uno degli apici del disco. Submarine Years sembra quasi una canzone degli Audioslave, quella che loro non sono mai riusciti a scrivere, ed offre una linea melodica “sciocchina” ed irresistibile. As the Years Pass by, the Hours Bend, si rivela un rock psichedelico irrequieto, che apre squarci di blues bollente e decolla grazie al potente lavoro di Axel Sjöberg alla batteria. Ancora ottimo rock notturno in Right Is Wrong e poi arriva il colpo di coda finale di Satan’s Finest, pezzo ossianico e desertico allo stesso tempo, che porta a braccetto Electric Wizard e Kyuss come pochi hanno saputo fare.
Meritoria operazione di riscoperta per questo ottimo debut, assolutamente da avere per ogni amante di sonorità retro rock, ma sicura piacevole sorpresa anche per i profeti del nuovo a tutti i costi, visto il livello di songwriting e la prestazione splendente della band. Ovviamente, non si tratta di musica che non avete mai ascoltato in vita vostra, questo è bene ribadirlo sempre. D’altra parte, la qualità non si misura con la bilancia e nemmeno col metro esclusivo dell’innovazione. In questi casi, occorre più che altro valutare la personalità della band e trattandosi di un debutto non si può che rendere merito ai Graveyard, una band che senza fuochi artificiali posticci sembra pretendere l’attenzione e lo spazio che merita. Certo, avere una label come la Nuclear Blast alle spalle aiuta, ma senza qualità anche questa strada si farebbe stretta. Fortunatamente, non è questo il caso della band svedese, per la quale si possono spendere solo elogi. Forse in questo Graveyard mancano un altro paio di canzoni di livello superiore ma quella che troverete qua dentro è grande musica, eccitante e fisica come solo il rock sa essere. Insomma, i Graveyard promettono, ma mantengono anche e lo fanno fin da subito.
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non mi è piaciuto molto al primo ascolto, proverò nuovamente. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Evil Ways 2. Thin Line 3. Lost in Confusion 4. Don’t Take Us for Fools 5. Blue Souls 6. Submarine Blues 7. As the Years Pass by, the Hours Bend 8. Right Is Wrong 9. Satan’s Finest
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Line Up
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Joakim Nilsson (Chitarra, Voce) Jonatan Ramm (Chitarra, Voce) Rikard Edlund (Basso) Axel Sjöberg (Batteria)
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