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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Death Angel - The Dream Calls for Blood
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( 7923 letture )
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Quando si parla dei Death Angel, ci si addentra nella storia del thrash californiano più duro e imperterrito; ogni thrasher che si rispetti conosce molto bene il trittico di fine anni Ottanta composto dal furibondo The Ultra-Violence, dal più tecnico Frolic Through the Park e dall’incredibile Act III. Dopo questa rapida e devastante tripletta, anche i Death Angel furono colpiti dall’avvento degli anni Novanta, che li costrinse, per vari motivi, a deporre momentaneamente gli strumenti e il monicker. Quanto fu spiacevole lo scioglimento della band, tanto lo fu anche il motivo per cui si riformarono nel 2001, quando presero parte al nobile progetto di raccolta fondi “Thrash of the Titans” per aiutare Chuck Billy dei Testament e Chuck Schuldiner dei Death nella loro coraggiosa lotta contro il cancro. Le sorti, quella gentile e quella bastarda, comunicarono le loro scelte qualche mese dopo, intaccando a loro piacimento la storia dei due gruppi, malgrado gli innumerevoli sforzi compiuti; da quel concerto di beneficenza Mark Osegueda e Rob Cavestany riformarono la band con Ted Aguilar alla seconda chitarra e diedero alle stampe il mediocre The Art of Dying, susseguito da Killing Season e dal sufficiente (e parzialmente deludente) Relentless Retribution. Giunti quindi alla settima pubblicazione, la quarta sotto Nuclear Blast, i Death Angel si presentano con la stessa formazione del 2009 che vede Damien Sisson al basso e Will Carroll alla batteria. Le aspettative nei confronti del nuovo album di uno dei combo più tecnici e sottovalutati del Paese a stelle e strisce non possono che essere elevatissime e, per questo motivo, rischiose: si teme per la produzione, si teme per l’ispirazione della band e si teme per l’incombente passo falso in una discografia in fase calante, ma ancora dignitosa; malgrado questi timori, ci si avvicina a questo disco sperando che possa offrire nuovamente un indice positivo sul grafico storico dei Death Angel. Sarà così?
Un arpeggio claustrofobico introduce l’ascoltatore a Left for Dead. Il suono pulito della chitarra riecheggia per qualche secondo, accompagnato da un delicato delay; questa linea angosciante non dura che pochi istanti, prima di venire spazzata via da un riff caustico e tagliente, perfetto paradigma del genere della Bay Area. Non si storce il naso, anzi: i suoni, malgrado il perfettismo della produzione, comunicano direttamente al collo dell’ascoltatore con una furia e un tiro travolgenti; da lontano, arriva la chitarra solista che spara le sue note sopra il riffaccio portante in furiosa pennata alternata. Come brano d’apertura è più di quanto si potesse sperare dai Death Angel di Relentless Retribution, segno che i Nostri sembrano aver trovato una valida ispirazione per compiere un passo avanti rispetto al mediocre ultimo album. La seguente Son of the Morning non si sogna nemmeno di far calare il ritmo, mettendo in mostra le isteriche vocals di Mark Osegueda che spaziano sui riffs portanti di Ted Aguilar e Rob Cavestany; giù di wah-wah in qualche fill solista, quindi il ritmo si calma in un mid-tempo sul quale la voce si quieta e introduce piacevolmente assolo e sfuriata conclusiva. Arriviamo al terzo brano, introdotto da un bel giro di batteria e un riff in pieno stile Death Angel, e siamo già alla cima qualitativa del lotto: Fallen si distingue dal resto dei brani non tanto per l’efferata furia o per la qualità di composizione dei riffs, quanto per la presa immediata che ha sull’ascoltatore; bastano pochi secondi, una partitura chitarristica vibrante e rocciosa, un rapido assolo e poi si giunge al refrain che incita completamente a cantare a squarciagola, simile all’attrazione magnetica di quel meraviglioso chorus di Hordes of Chaos dei Kreator. Sussegue la title-track, che presenta tecnicamente un riffing simile ai precedenti, puntando anch’essa su un refrain orecchiabile e un assolo melodico e molto azzeccato; fino a questo punto c’è di che essere estremamente soddisfatti. Purtroppo, superato questo vertice, iniziano a mostrarsi anche alcuni difetti del platter: oltre alla già citata produzione eccessivamente perfetta nella pulizia sonora, si inizia a percepire un’omogeneità di fondo che, sebbene possa comunque fare grande piacere al thrasher medio, rende meno longevo l’ascolto del disco. Non è nulla di scandaloso, anzi, molte persone potranno lodare la coerenza della band, tuttavia questa conformità di riffing causerà irrimediabilmente una penalizzazione beffarda sulla valutazione conclusiva. Succubus rende evidente la piega slayeriana presa dal combo, ribadendo un altro classico riff in pennata alternata a velocità furibonde; Execution / Don’t Save Me inizia con un delicato arpeggio, salvo poi sfociare anch’essa in quel marchio di fabbrica ottundente e distruttore di plettri; passando per Caster of Shame, rabbiosa cavalcata che esalta la buona prestazione dietro le pelli di Will Carroll, si arriva a Detonate, brano che richiama apertamente lo stile dei Kreator degli ultimi anni con i suoi riffing taglienti e melodici d’apertura. Empty si affianca a Succubus nella categoria di brani che non sembrano possedere lo stesso piglio sull’ascoltatore rispetto agli altri pezzi e danno la forte sensazione di essere dei filler, di buon livello, ma pur sempre riempitivi. Dopo questa lunga cavalcata di brani, si giunge alla conclusione con la lunga Territorial Instinct / Bloodlust, che alza nuovamente l’asticella della qualità del disco con un tempo più rallentato e riflessivo, senza intaccare la potenza d’impatto sonora che il combo californiano riesce a offrire all’ascoltatore. Se la qualità media del disco si fosse attenuta a questo livello, staremmo parlando di un disco meritevole di una valutazione d’eccellenza; purtroppo, la presenza di alcuni filler e di un’omogeneità a tratti palese, penalizza di alcuni punti il risultato finale.
Tirando le somme, The Dream Calls for Blood è un sanissimo disco di thrash metal californiano, senza mezzi termini; è innegabile (oltre che lapalissiana) l’esperienza trentennale di una band che appare tecnicamente in grande spolvero e con una buona dose di cattiveria sonora. La pungente voce di Mark Osegueda è sempre acuminata, capace di travolgere l’ascoltatore e di farsi largo sui riff al fulmicotone del duo Aguilar-Cavestany; una nota d’apprezzamento anche per la sezione ritmica della band, l’accoppiata Sisson-Carroll che in questo nuovo album dimostra una maggiore personalità rispetto al passato Relentless Retribution. Certo, non è un lavoro esente da difetti, primo tra tutti la presenza di alcuni brani non al livello con la media del lotto e una omogeneità di riffing che rischia d’inficiare sulla godibilità del disco a lungo andare; inoltre, volendo cercare il pelo nell’uovo, si può muovere una critica alla produzione che, pur rasentando la perfezione audiofila nel mixing degli strumenti, continua a non essere ciò che realmente dovrebbe appartenere a un album di questo genere musicale. Questi difetti provocheranno un po’ d’amaro in bocca ai metallari più intransigenti, quelli che non si accontentano solamente di un buon disco da una band di tale caratura storica. The Dream Calls for Blood non è un capolavoro dei Death Angel, tuttavia manifesta un bel passo avanti rispetto alle ultime pubblicazioni e si candida seriamente a essere il miglior disco post-reunion. Sottolineando il fatto che ci troviamo comunque distanti dall’efferatezza di The Ultra Violence e dalle meravigliose sonorità sperimentali di Act III, album ormai inarrivabili per il combo californiano, possiamo comunque ritenerci soddisfatti di un lavoro complessivamente valido e lasciarci travolgere da uno degli esempi migliori di thrash metal che il panorama a stelle e strisce ci ha fornito negli ultimi mesi. Certo, l’amaro retrogusto conseguente all’illusione dell’eccellenza in favore di un disco solamente “buono” continua a permanere, tuttavia sarebbe disonesto non riconoscere l’innegabile qualità che questo disco torna a sfoggiare dopo anni di mediocrità. Al momento c’è molto di cui accontentarsi. Bentornati, Death Angel!
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Dalle varie opinioni lette mia aspettavo di peggio. Gradito molto, almeno ai primi ascolti. |
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Buono! Peccato per un paio di passaggi a vuoto nella seconda parte. Meglio del predecessore, ma non all'altezza di The Art of Dying (che per me è un grandissimo album) e Killing Season. 78 |
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devo dire che nn e male come disco,anche se hanno fatto di meglio.....bentornati Death angel. |
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all'inizio mi aveva fatto la stessa non buona impressione di relentless , invece a furia di ascolti sono arrivato a considerarlo il loro migliore dietro solo act 3 ( con la grossa differenzache non ha quei terribili coretti che popolano quel disco) . voto 85 forse di piu: i death angel necessitano molti ascolti per essere compresi a pieno. |
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Sì lo so come la pensi, l'avevo letto da qualche parte... sai i gusti sono una brutta bestia... sarebbe bello se tutti la pensassero come me... ma purtroppo mi trovo quasi sempre in minoranza Comunque veramente belli live, su quello sono dalla tua parte  |
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@Steelminded, ahah, io non avevo ancora commentato questo disco, tanto so già a priori che non mi piacerà, comunque cerco di ascoltarlo -in rete , ovviamente- poi ti dirò cosa ne penso, magari potrei cambiare idea....ma non credo, ahah, per me dopo il 1988 potevano smettere di fare dischi, suonare live sì, sempre, ma già da Act III non mi erano più piaciuti, dubito mi piaceranno ancora.... |
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Bello, molto bello... da Act III li amo tutti i loro lavori. In pratica, l'esatto contrario di Lambruscore  |
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in linea con quanto scritto nella rece. Voto 75. prendo d’esempio l’ultimo dei Death Angel per dire che i nuovi album delle band thrash “old school” hanno tutti le stesse caratteristiche. impatto devastante e trita ossa che dal vivo secondo me raggiunge l’apice! roba da spaccare su tutto! poi però risultano troppo ben prodotti e troppo monocorde. discorso che vale anche per Artillery, Onslaught, etc. Reputo invece superiore Epitome of torture dei Sodom. In quell’album secondo me c’è qualcosa di più ispirato. |
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Molto meglio degli ultimi tre lavori che sono a dir poco mediocri, ma counque siamo lonyano anni luce dallo strepitoso trittico iniziale: voto 70 |
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Per me è promosso! Ora aspetto questo sabato per gustarmeli live  |
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A me sinceramente non è piaciuto molto... mi è piaciuto infinitamente! a mio parere il disco thrash migliore del 2013. |
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Bello, molto. Voto 80. Piacevolissimo all'ascolto con il giusto impatto. ottima voce e assoli interessanti. |
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Carino, senza nè infamia nè lode, meglio dell' ultimo ma anni luce indietro rispetto a THE ART OF DYING ingiustamente stroncato dal recensore e che invece ritengo uno dei migliori album thrash metal degli ultimi 10 anni. Voto: 75 |
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Gran bel disco cattivo al punto giusto. Voto 80 |
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ok : 77 siamo su candid camera !!!! |
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Semmai è quello di ActIII il vero stereotipo di thrash, non quello che passa ora, una "crossoverata" di death e numetal. |
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si cita più come capolavoro del thrash Act III, che di thrash in effetti ha ben poco. Se per essere un capolavoro del thrash un disco deve suonare poco thrash c'è qualcosa che non mi torna |
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Dannato correttore automatico  |
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il pelo nell'uomo??  |
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@satanasso: non sia mai che io mi permetta di passare per un accademico della crusca o per un tecnico del suono, visto che non ho le competenze specifiche né di uno, né dell'altro. comunque il riferimento "mediocre" è stato usato da me nel testo sia riferito a "The Art of Dying", sia più generalmente agli anni post-reunion; io non li ho intesi forzatamente come scarsi e scadenti, quanto al di sotto di una media che loro stessi si erano imposti con la grande qualità dei primi tre album; visto che si parla di recensioni scritte da diversi redattori, le opinioni possono anche divergere: non siamo fatti con lo stampo, per fortuna! Per quanto riguarda il discorso della produzione è, come scritto nella recensione, una piccola puntualizzazione nel cercare il pelo nell'uomo: non è che se un suono è peggiore allora la produzione è migliore; semplicemente altri dischi hanno dimostrato che vi sono dei metodi e delle scelte di produzione per il thrash che, pur mantenendo un livello d'eccellenza sonora (bilanciamento degli strumenti etc...) come il qui presente TDCFB, integrano anche un sound che fornisce un valore aggiunto al tiro dei brani. |
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un buon disco di thrash metal , massiccio. 80 |
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Premetto che non ho alcun intento polemico, ma trovo bizzarro che si definiscano mediocri i tre dischi precedenti, che sono stati valutati da questa stessa testata 65, 75 e 89. Possiamo anche produrci in acrobazie linguistiche ma il significato di mediocre in italiano resta comunque scarso, modesto, scadente, al di sotto della media, concetti che nulla hanno a che fare coi voti ben visibili a fianco di questa recensione... insomma decidiamoci Poi trovo priva di reale significato la critica mossa alla produzione del disco: cosa vuol dire che è perfetta ma non è come dovrebbe essere ??? Di grazia, chi decide come dovrebbe essere la produzione di un disco di questo genere? Sembra si voglia suggerire che la produzione sarebbe migliore se i suoni fossero peggiori...piuttosto curioso. Ripeto, non voglio fare alcuna polemica, ma spesso ho l'impressione che nel valutare i dischi si faccia a gara ad inventare magagne più che ad ascoltare le canzoni... o forse questo è un sito gestito da tecnici del suono e musicisti e diretto esclusivamente a tecnici del suono e musicisti, perché quelle che spesso valutate pecche imperdonabili a me, semplice ascoltatore, paiono il più delle volte caratteristiche non determinanti. Il disco in questione mi pare molto buono, e credo si potesse osare un voto un po' più alto, soprattutto considerando la votazione assegnata all'ultimo Annihilator sempre su questa testata.. |
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Gran disco. Personalmente arrivo fino all' 80 pieno. Di più no, perché manca un po' di freschezza e alcune cose escono più dal mestiere che dall'ispirazione, ma gran disco. |
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La mediocrità è un concetto che varia a seconda del tono con cui viene intesa e non sempre dev'essere considerata una cosa negativa, anzi si distoglie dalla negatività tanto quanto dalla piena positività. In questo contesto la mediocrità è diretta conseguenza di ciò che è stato messo in campo con i tre dischi post-reunion in confronto all'eccellenza dei predecessori; non insufficienti, non vergognosi né tantomeno appena sufficienti...semplicemente mediocri rispetto a quanto dimostrato in precedenza dalla band. Questo ultimo disco si staglia oltre la soglia della mediocrità e riporta i Death Angel a livelli buoni. L'avessi ritenuto ottimo, l'avrei scritto e avrei anche ritoccato la valutazione, incrementandola. Sull'ultima parte della discografia dei Megadeth non mi pronuncio nemmeno visto che Th1rt3en e Super Collider non la sfiorano manco da lontano la mediocrità. |
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Vorrei ricordare al recensore che c'è una via di mezzo tra il "buono" e l'"eccelente"...OTTIMO..un 85 pieno e disco thrash dell'anno...se poi l'ultima parte della discografia dei Death Angel viene definita "mediocre" vorrei tanto sapere quella degli slayer o dei megadeth come la definirebbe.. |
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Secondo me sono proprio Succubus e Detonate che donano più varietà al disco, tracce meno veloci e più riflessive, un pò come lo erano un tempo Bored, Confused e Stagnant. Voto 85. |
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Niente a che vedere con i loro capolavori ma, è già stato detto tutto...comunque direi che noto un grande miglioramento rispetto ai precedenti 2 album,molto piu tiro nei brani,ma ragazzi la produzione sonora è molto finta...sono sicuro che live questi pezzi saranno devastanti....Voto 80 |
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addirittura mediocre '' the art of dying '' per me un 84/100 lo prende '' the art of dying ''. Mentre '' Killing season '' è anche meglio, questi te li consiglio Arrraya, e poi senza stare ad ascoltare da you tube PRENDI A SCATOLA CHIUSA GLI ULTIMI DEGLI EXODUS. QUESTI VERI CAPOLAVORI ALLA PARI DEI LORO PRIMI ALBUM E MI RIFERISCO A '' 2004 - Tempo of the Damned '' ''2005 - Shovel Headed Kill Machine '' '' 2010 - Exhibit B: The Human Condition ''. |
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Grazie Galilee@  |
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Ok Vitadathrasher@ darò un ascolto in generale poi mi farò sicuramente un idea. Recuperiamo và |
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A me sono piacIuti. Non sono belli come un" tempo of the damned" o un "Ironbound", però sono piacevoli all'ascolto e hanno un bel tiro. Per me sono comunque da annoverare tra le cose migliori uscite nel thrash ultimamente Ti consiglio the art of dying e Killing season, l'altro lascialo stare. |
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Compra questo e molla gli altri...... |
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Devo dire la verità, non conosco gli album post reunion, sono fermo a quell' incredibile (il recensore ha descritto perfettamente) Act III, piu di un album thrash. Conservo ancora il vinile. Ma oltre al recensore, c'è qualcuno che può dirmi se ho fatto bene o male ad ignorarli in questi anni? provvederò ad ascoltarli và. |
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A prescindere dai giudizi un po' severi si precedenti dischi post reunion, soprattutto i primi due, direi che la recensione fa ben sperare. Non vedo l'ora di ascoltarlo. |
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Me li sono goduti dal vivo nel 2008 all'Alpheus di Roma, comprerò a scatola chiusa! |
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Sembra interessante...merita un ascolto direi! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Left for Dead 2. Son of the Morning 3. Fallen 4. The Dream Calls for Blood 5. Succubus 6. Execution / Don’t Save Me 7. Caster of Shame 8. Detonate 9. Empty 10. Territorial Instinct / Bloodlust
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Line Up
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Mark Osegueda (Voce) Ted Aguilar (Chitarra) Rob Cavestany (Chitarra) Damien Sisson (Basso) Will Carroll (Batteria)
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