|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
|
( 6019 letture )
|
Un momento che molti stavano aspettando. Un’attesa resa ancora più snervante da quel disco intitolato Tiurida, indubbiamente superiore alla media, ma piuttosto spento ed incolore se pensiamo all’artefice di tale lavoro. È inutile dire quanto siano alte le aspettative per questa nuova opera, considerando anche la bellezza della traccia (Eweroun) uscita in anteprima molti mesi fa: quasi sei minuti di pura magia che richiamano ai momenti d’oro della band e che ci fanno ben sperare per il qui presente CD. La prima cosa che notiamo è che ad accompagnare il nostro artista non troviamo più la Napalm Records, bensì la Prophecy Productions, label immancabile quando si cita il termine “qualità”. Dal punto di vista tecnico Patrick Damiani e Robin Schmidt, rispettivamente addetti al mixing ed al mastering, hanno realizzato uno splendido lavoro in termini di produzione: il tutto è magistralmente bilanciato, infatti sonorità completamente diverse tra di loro convivono in armonia e si completano una con l’altra; in sostanza le canzoni più classiche non perdono in impatto rispetto a quelle estreme o viceversa, e questo è un fattore che dona quel qualcosa in più alla resa totale dell’album, dato che a volte ci si imbatte in produzioni che riescono a privilegiare solamente una parte del sound di una band. L’artwork non credo abbia bisogno di molte parole, si tratta infatti di uno spettacolare dipinto di Albert Bierstadt, pittore del tardo Novecento che ha saputo rendere più che magici numerosi paesaggi americani.
Asa, questo il titolo della nuova fatica dei Falkenbach, è un disco interpretabile in veramente tanti modi diversi. In primis credo che Vratyas abbia fatto tesoro di tutte le critiche emerse dalla pubblicazione di Tiurida, ed in un certo senso sia tornato un po’ sui suoi passi accontentando sì i fan, ma soprattutto accontentando se stesso. Dico questo perché Asa presenta un continuo conflitto interiore, è uno scontro costante tra due diverse anime che finiscono per unirsi in un’unica forma, come se nonostante tutto una avesse ancora necessità dell’altra. Un’ulteriore chiave di lettura potrebbe essere rappresentata da un conflitto tra il presente ed il passato, tra un Vratyas che vuole dedicarsi a qualcosa di più calmo e rilassato, ma che si trova impossibilitato ad abbondonare quella vena estrema che ha dato il via al tutto e che, ascolto dopo ascolto, riesce ancora a valorizzare al massimo i suoi lavori.
Tralasciando queste considerazioni più o meno attendibili diamo finalmente il via alla battaglia: il primo colpo viene assestato da Vaer Stjernar Vaerdan, canzone in puro stile Falkenbach dove il cantato in pulito domina la scena e dove i sintetizzatori vanno a colmare i restanti attimi di silenzio generando la solita atmosfera pregna di epicità. Neanche un secondo di pausa ed arriva subito la risposta targata Wulfarweijd: black metal lineare e privo di fronzoli che mette in luce ispirate trame chitarristiche ed uno screaming decisamente in forma da parte del nostro “Tuttofare”. In questo primo episodio la componente estrema è ancora molto serrata e chiusa in se stessa, dunque pensa più che altro ad aggredire, anche se cede qualche secondo lasciando spazio ad un breve fraseggio acustico. Con Mijn Laezt Wourd il pallino ritorna nelle mani di sonorità più classiche ed eteree, ora totalmente immerse tra richiami folkloristici e assoli di sorprendente efficacia. Il drumming è fermo e deciso, ogni tocco di rullante è un invito a restare vigili per assaporare al meglio tutto ciò che il resto della strumentazione ci propone. La magia di questo pezzo porta quasi l’ascoltatore a dimenticarsi del tempo e in un attimo il tutto si conclude, obbligandolo a risentire queste note più e più volte senza mai stancarsi. Ma a fermare la sua iniziativa ci pensa la successiva Bronzen Embrace, dove tra urla e blast beats ci si scorda immediatamente di cosa sia la calma e la tranquillità. Questa nuova traccia comincia già ad evolvere l'ideale di black metal portato dai Falkenbach: non sono più presenti le sole accelerazioni come in Wulfarweijd, ma nel corso di questi quattro minuti non mancano travolgenti ed epici mid-tempos; inoltre, come al solito, gli attimi prettamente strumentali si rivelano ancora una volta un muro di violenza musicale dal quale è possibile solo lasciarsi travolgere. Lentamente, pezzo dopo pezzo, il tutto comincia a prendere forma e ad acquisire una miglioria dietro l'altra. La quinta Eweroun è classe pura, è viking metal come non se ne sentiva da anni, e senza esagerare aggiungerei che questa canzone potrebbe spazzare via tutto Tiurida. Un ulteriore pregio di Eweroun è quello di saper ricordare l'atmosfera del capolavoro Ok Nefna Tysvar Ty, riuscendo a citarlo senza ridursi solo ad una misera scopiazzatura. L'ultima risposta dell'anima black viene servita tramite I Nattens Stilta, brano che però non riesce a fare a meno di trame dal sapore folkloristico e di riff più dilatati del solito. L’attimo di pausa sul finire del pezzo mostra oramai l'inevitabile: per quanto il tutto provi a convergere verso lidi più estremi, è evidente una totale riappacificazione tra le due forze che finora si sono date battaglia.
Questo momento tanto atteso avviene durante la settima Bluot Fuër Bluot: quattro minuti in cui non si può far altro se non ascoltare il tanto semplice quanto efficace modo in cui viking e black metal riescono a dialogare; per la prima volta evidenziamo la presenza del flauto e la comparsa di entrambe le voci all'interno di un singolo pezzo. Possiamo anche notare come in questo nuovo contesto il tutto suoni meglio che in precedenza: la parte estrema è più cruenta che mai, mentre quella classica viene letteralmente rinvigorita e valorizzata dalla vicinanza con sonorità più fredde e distorte. Oramai non c'è più modo di scindere l'entità che è venuta a crearsi. Le conclusive Stikke Wound e Ufirstanan Folk reincarnano questo connubio fra generi e lo fanno ancora una volta a modo loro: la prima mettendo in evidenza l'ultimo grido di cattiveria, oramai succube di raffinate ed intriganti melodie; la seconda invece sovrasta ogni distorsione con una semplicità ed una pacatezza disarmanti, il perno centrale del pezzo è ovviamente il cantato in pulito di Vratyas, ancora una volta ispirato e sempre in sintonia con l'atmosfera creatasi.
Per completezza aggiungo che oltre all’edizione standard esiste anche un’edizione limitata a 2000 copie contenente un secondo CD di quattro bonus track, tra le quali spiccano due inediti: Beloved Feral Winter, un pezzo indubbiamente ben fatto, ma se è tra le tracce bonus un motivo ci sarà; e En Lintinbluitin Faran..., meglio della precedente grazie ad una melodia molto intrigante. La prima delle restanti due canzoni consiste in una rivisitazione di Ultima Thule, presente all’interno di ...En Their Medh Riki Fara..., mentre la seconda è la strumentale I Svertar Sunna Luihtint, presente nel demo del 1996 con un titolo differente.
Alla fine è impossibile sapere chi abbia realmente vinto questo scontro, o meglio, posso dire che il vincitore sia solamente la musica. Dopo un piccolo “passo falso”, l'artista Vratyas Valkias ritorna con un'opera eccezionale, un'opera che mette in luce la sua capacità nel trasformare in magia un numero limitato di note ed accordi. Al giorno d'oggi non si può certo dire che la scena pulluli di band che sappiano suonare un determinato tipo di viking metal, ma una cosa è certa: nessuno è tutt'ora al livello dei Falkenbach. Consiglio inoltre di non prendere quest’album alla leggera, dato che sono necessari diversi ascolti per poter comprendere completamente i continui cambi stilistici che avvengono canzone dopo canzone. Direi che oramai si sono dette troppe parole riguardanti Asa, è dunque giunto il momento che anche voi lasciate parlare la musica.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
18
|
merita oltre il 90, dieri 92/100 |
|
|
|
|
|
|
17
|
Bellisimo, un' ottima ripresa dopo lo scivolone di Tiurida. A mio parere il migliore album dei Falkenbach dopo ...En Their Medh Riki Fara... Vratyas mi sembra molto ispirato. Un bel 92 ci sta tutto! |
|
|
|
|
|
|
16
|
Ottimo disco con pezzi stupendi che si alternano fra pezzi più folk e pezzi più prettamente viking. Secondo me il cantato di Vratyas è molto più ispirato degli album precedenti e ciò rende l'opera ancora migliore. Il pezzo migliore è ,secondo me, MIJN LAEZT WOURD. Io lo considero un capolavoro del Viking Metal più puro. Voto: 95 |
|
|
|
|
|
|
15
|
Ascoltato, è il primo album di Falkenbach che ascolto e mi è piaciuto veramente tanto! Eweroun stupenda, le altre le devo ancora metabolizzare! Ripasserò |
|
|
|
|
|
|
14
|
Stupendo, grandioso e imponente. Ho abbandonato il black 15 anni fa, ma questo disco mi ha incuriosito dalla recensione, e mi piace un sacco |
|
|
|
|
|
|
|
|
12
|
Quest'album spazza via tutto ciò che è stato fatto in ambito viking negli ultimi 10 anni. Voto 94. |
|
|
|
|
|
|
11
|
Grandissimo lavoro appena al di sotto del disco d'esordio Da comprare a scatola chiusa |
|
|
|
|
|
|
10
|
Confermo in pieno l'analisi e il voto di Theo, disco magnifico. |
|
|
|
|
|
|
9
|
Mi piace di più, come qualcuno ha già detto, la parte black. E sottolineo Beloved Feral Winter come la traccia migliore dell'album. Buon disco, comunque, non a livello dei primi, purtroppo. Bella recensione ma personalmente non concordo con tutto l'entusiasmo. Au revoir. |
|
|
|
|
|
|
8
|
ottimo album,anche se per me il loro capolavoro rimane ancora il primo.La traccia"beloved feral winter"per me è la migliore di tutto il lotto anche se fa parte delle bonus track... |
|
|
|
|
|
|
7
|
D'accordissimo con la recensione che trovo ottima, bravo Giacomo. Un grande ritorno in pista dopo l'ultimo non soddisfacente "Tiurida" che mi aveva deluso non poco per via del suo manierismo e poca intensità. "Asa" è assolutamente superiore sotto ogni punto di vista, un vero gioiellino... Poi l'idea di spezzare le due anime del progetto e quindi di mettere in successione una canzone folk/viking - una canzone blackha dato i suoi frutti: una scelta originale che fa convivere bene le due anime e, nonostante il comprensibile spiazzamento iniziale, giova all'economia finale del disco non rendendolo per nulla dispersivo, anzi, molto lineare e piacevole senza annoiare grazie ai continui cambi di tempo e stile. In particolare la settima traccia, "Bluot Fuër Bluot", (in cui si uniscono per la prima volta nel disco le due "anime") è fantastica... Anche il cadenzato e malinconico singolo "Eweroun" è veramente bello. Altra traccia davvero degna di nota è la evocativa "Mijn Laezt Wourd"... Ad ogni modo un disco assolutamente privo di cali e filler, un nuovo classico del genere per quanto mi riguarda. Inferiore unicamente a "…Magni Blandinn Ok Megintiri…" e al successore "Ok Nefna Tysvar Ty". Insomma, album bellissimo pure per me. Voto: 85. |
|
|
|
|
|
|
6
|
Album eccezionale ed evocativo dall' inizio alla fine, ho preso la limited edition a dir poco stupenda! |
|
|
|
|
|
|
5
|
Grande disco, per resta sotto solo al debut, con tutti gli altri se la gioca alla pari. Nota di merito per il box limitato, eccezionale veste grafica e bonus tracks notevoli. voto giusto e gran ritorno. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Sicuramente meglio di Tiurida... A me piace, solo che c'è qualcosa che non va. Non so cosa, però. Mi piacciono un casino i pezzi più black, I Nattens Stilla su tutti, mentre l'inizio è un po' più banale, ma comunque bello. Per me è una ripresa, di certo. Solo non ai livelli dei primi 3. Per me è un 82/83. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Avrò ascoltato il disco una decina di volte, (le prime due volte di fila)...davvero ottimo....recensione e voto perfetto, lunga vita ai Falkenbach!!! |
|
|
|
|
|
|
2
|
il disco ha delle idee strepitose ed una qualità enorme, però a mio modo di vedere ha alcuni difetti come ad esempio il fatto che molti brani sono troppo corti e finiscono sul più bello. ed è un peccato viste le ottime idee al loro interno. ed inoltre, quasi abbandono del flauto, e di certi stacchetti acustici simil-"medievaleggianti", caratteristiche dei vecchi capolavori. la mia impressione è che vratyas, abbia avuto tra le mani delle composizioni eccellenti, ma che non abbia voluto osare, o semplicemnete che gli sia andato bene così. detto questo sembra quasi che voglia giudicare negativamente il disco, però da fan di vecchia data mi ha lasciato (paradossalmente) un pò di amaro in bocca |
|
|
|
|
|
|
1
|
80. L'ho trovato molto piacevole, sicuramente meglio del precedente. Non omogeneo e incostante in quanto album, accosta momenti elevatissimi ad altri meno esaltanti. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Vaer Stjernar Vaerdan 2. Wulfarweijd 3. Mijn Laezt Wourd 4. Bronzen Embrace 5. Eweroun 6. I Nattens Stilta 7. Bluot Fuër Bluot 8. Stikke Wound 9. Ufirstanan Folk
Tracce bonus: 1. Beloved Feral Winter 2. En Lintinbluitin Faran… 3. Return To Ultima Thule 4. I Svertar Sunna Luihtint
|
|
Line Up
|
Vratyas Valkyas (voce, tutti gli strumenti) Tyrann (voce) Hagalaz (chitarra) Boltthorn (batteria)
Musicisti Ospiti: Nikos Mavridis (violino)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|