Un fan a Gillan: “sono cresciuto ascoltando la musica dei Deep Purple...”, e Gillan: “Anche io...”
“...Every picture tells a story...”, ogni quadro racconta una storia ed ogni canzone ne racconta un'altra; se poi il motivo in questione diventa leggendario, la storia della creazione è altrettanto importante quanto la canzone stessa.
Chi non conosce il famoso ed universale brano dei Deep Purple? Confessatelo pure: quante volte, alla partenza dei primi accordi, MI-SOL-LA/MI-SOL-LA-LA# non avete fatto anche voi air-guitar magari storcendo la bocca in una stoica smorfia come se vi costasse immane fatica questa “vostra” creazione artistica? Un classico della musica entrato di diritto nell'Olimpo degli “eterni” come Stairway to Heaven, Satisfaction, Hotel California, We Are the Champions, Born in the USA e poche altre. Motivo che il profano, il più digiuno di rock non può non riconoscere al primo ascolto, inattaccabile anche dal più irriducibile avversario della musica dei nostri tempi.
Questa canzone ha una sua storia singolare che quasi tutti conoscono per sommi capi ma con dei retroscena e delle curiosità che la rendono unica anche nella sua stessa genesi; da episodi così strani, forse segno del destino, non poteva che nascere un'opera unica.
DALL'INIZIO...
Nel 1971 i Deep Purple si stavano godendo il loro momento di gloria conseguente agli album In Rock e Fireball con la pianificazione di un lungo tour americano, non più nelle sale di second'ordine come era successo per le precedenti trasferte, ma in stadi ed arene. Il 20 ottobre eccoli infatti al grande Felt Forum di New York, secondo solo al Madison, con un concerto di grande successo come headliner. La sera dopo, all'Arena di Williamsbourg in Virginia, nel mezzo dell'esibizione Gillan crollò a terra colpito da lancinanti dolori nella zona addominale. Roger Glover portò a termine la serata cantando quello che rimaneva del repertorio ma a Gillan, portato d'urgenza in ospedale ed entrato in coma, fu diagnosticata una pericolosa epatite in stato avanzato. Salvato “al pelo”, come si suol dire, dall'ospedale di Chicago, fu poi dimesso tre settimane dopo con l'imperioso diktat di curarsi, ovviamente, e di non muoversi da casa per almeno sei mesi. Poteva voler dire la morte artistica per ogni band; addirittura Blackmore pensò di lasciare i Deep Purple e mettere in piedi un power-trio con Phil Lynott dei Thin Lizzy e coinvolgendo Ian Paice. Nonostante le prove già avviate e a buon punto, per i Babyface (questo era il nome scelto) non se ne fece più nulla. Jon Lord lavorava alla sua pomposa opera Gemini Suite, mentre Glover andò ad Atlanta per produrre una band di cui si diceva un gran bene, gli Elf, il cui cantante, tale Ronnie James “Dio” Padavona, svenne letteralmente quando lo incontrò per la prima volta. L'anno dopo gli Elf aprirono tutte le date del tour americano del Mark II e per Ronnie Dio fu l'inizio di un lungo amore.
Gillan, conscio del fatto che sarebbe stato fermo per mesi, prospettò alla band di sfruttare quel lungo periodo di inabilità per tentare almeno di registrare un nuovo disco. Trovati d'accordo la band e la HEC, il management, decisero comunque di trasferirsi in una località tranquilla dove poter lavorare e far riposare il prezioso singer. Montreux sembrò la scelta adatta anche perchè la rinomata località lacustre svizzera d'inverno era abbastanza solitaria, abbandonata dai ricchi vacanzieri di tutto il mondo che invece d'estate la affollavano e la infestavano. Con la collaborazione dell'amico Claude Nobs, personaggio di spicco dell'attività mondano-culturale della cittadina (creatore, fra le altre iniziative, anche del famoso Festival del Jazz), decisero di essere ospitati presso il suo Montreux Casinò, elaborata struttura alberghiera formata da case da gioco, ristorante, hotel, vari bar e alcune sale per la musica fra cui un'autentica Arena. Nel corso dell'anno vi suonavano stars come Pink Floyd e Led Zeppelin, e gli stessi Deep Purple avevano più volte calcato quel palco, ma in quei mesi era tutto vuoto e solitario. A parte un unico concerto pomeridiano previsto per il 4 dicembre di Frank Zappa & the Mothers of Invention, dopodichè sarebbe stato tutto a disposizione di Lord e compagni. Lo studio mobile dei Rolling Stones, noleggiato per l'occasione, stava arrivando e di lì a pochi giorni avrebbero cominciato a lavorare.
La data di Frank Zappa era una delle prime in suolo europeo dopo aver passato ben tre mesi di tour in America, con grande successo per la band più rodata e affiatata che prima d'ora il baffuto chitarrista avesse avuto. Musicisti geniali, guidati da un istrionico Zappa e una carovana al seguito: pazzia collettiva, fra trivialità e scherzi da caserma a cui si unì ovviamente anche la band inglese, non certo intenzionata a perdersi grandi e unici momenti di spasso in una grigia Svizzera invernale. Nella sala stipata all'inverosimile, quasi 2.000 persone, i Deep Purple si trovarono immersi in una strana fauna giunta da un po' tutta Europa, formata da gente improponibile sicuramente in linea con la musica e con la stravagante proposta della band in cartellone: freak dall'abbigliamento inverosimile, ragazze più nude che vestite pronte a buttarsi nella frenesia del programma ma, soprattutto, dei fuori-programma, esemplari che sicuramente non conoscevano una nota del band all'opera ma avevano tanta voglia di strafarsi di divertimento (e non solo...).
A metà serata Gillan fu testimone dell'episodio-chiave quando uno spettatore, che Ian descrisse come “sicuramente italiano” (mediterraneo, certamente del sud Italia, la sua deposizione...), con l'intenzione di fare scalpore a tutti i costi si era portato una pistola di segnalazione marina che esplose il suo razzo verso il soffitto. Gillan, estasiato dal concerto abbozzò un sorrisetto compiaciuto fin quando si accorse che il soffitto di antiche travi e addobbi prese improvvisamente fuoco, un rogo che divampò velocemente e brutalmente. Il personale di servizio, Claude Nobs e Zappa cercarono nel possibile di dare indicazioni alla gente presa dal panico ma i vetri che esplodevano e le fiamme che crepitavano lasciarono poco spazio al buon senso. Lo stesso Zappa in un primo momento cercò di salvare il salvabile della strumentazione con il resto della band, poi mollò tutto e fuggì dalla finestra dei bagni dei camerini. L'incendio, domato dopo molte ore da quasi 100 pompieri, fortunatamente non causò vittime; ma era andato in fumo l'intero equipaggiamento delle Mothers e, per i Deep Purple, anche il proposito di registrare qualcosa in quel luogo.
Il meno toccato dal drammatico episodio fu proprio Claude Nobs, il proprietario della struttura, che trovò una nuova sistemazione al quintetto presso un teatro anch'esso in temporanea chiusura invernale. Il Pavillon, questo il nome del locale, si trovava purtroppo in un'area meno isolata della precedente sistemazione, addirittura al centro di una zona residenziale. Bastò poco per capire le intenzioni dei vicini di casa; il van dello Studio Mobile bloccava buona parte della carreggiata della viuzza, non solo, ma alla prima session notturna (i Purples di giorno oziavano e Lazy lo dice chiaramente), la tranquilla area fu scossa dai boati provenienti dal teatro adibito durante la stagione a piecès teatrali ed ora invaso da cavi, attrezzature elettriche e schitarrate ad alto volume. Riuscirono a malapena ad incidere un solo ed unico riff di chitarra che la polizia, subito accorsa, aveva già intimato lo sgombero dell'area entro il giorno successivo; non sapevano, i tranquilli cittadini, questi cioccolatai dediti all'orologeria o alla gestione dell'altrui denaro che avevano ascoltato in anteprima uno degli incipt, anzi, il più leggendario inizio di canzone della storia!
Stabilitisi quindi al vuoto e pomposo Grand Hotel, i Deep Purple poterono continuare, seppur fra molte difficoltà logistiche, a registrare il loro nuovo disco (lo Studio Mobile era posizionato talmente lontano che andavano solo una volta ogni tanto a sentire i loro takes). Il lavoro procedeva abbastanza sciolto fra inni alla fantascienza (Space Truckin'), melodie pseudo-balcaniche (Picture of Home), buoni momenti funky (Maybe I'm a Leo), omaggi ai Beatles (Never Before) e al loro pigro vivacchiare (Lazy), e ballate strappalacrime (When a Blind Man Cry); insomma il nuovo lavoro, quello che sarebbe diventato Machine Head, prendeva rapidamente forma anche se incompleto e carente nella tempistica. Glover, incaricato della produzione, si ricordò di quei pochi minuti registrati qualche settimana prima, rispolverò il nastro contenente i pochi accordi e ci lavorarono tutti un po' sopra nel tentativo di completarlo quanto prima. Pensarono di farne un riempitivo, un pezzo generico contro la droga mentre il solo Gillan, probabilmente ancora visibilmente scosso dall'accaduto, decise di descrivere la tragica serata del 4 dicembre, quando le correnti d'aria provenienti dalle montagne spinsero il fumo sul lago quasi ad oscurarlo, e la notte si fece chiara dai bagliori delle fiamme. Il cantante, anche autore del testo, in un primo momento volle chiamarlo Fire in the Sky; fu il solito intuitivo Glover a dare il definitivo e magico titolo di Smoke on the Water, contenente un omaggio alle Mothers, la tribù di Frank Zappa, e all'anfitrione “Funky Claude” Nobs. Comunque fu completato molto sbrigativamente rispetto agli standard degli altri pezzi, giusto per chiudere l'incombenza data dalla consegna del nuovo LP e tonarsersene tutti a Londra dopo due mesi di clausura.
Ovviamente i Cavalieri Purpurei non si resero subito conto di avere scritto un gioiello di alta tensione musicale tant'è che lo stesso Glover in quei giorni dichiarò “L'abbiamo messa anche se non mi sembra un granchè...” I musicofili snob poi ebbero a criticare la elementare bassa tecnicità del pezzo di chitarra, in fondo non si trattava che di una scala di quattro accordi in fila indiana: Blackmore replicò che anche la Quinta di Beethoven si apriva con quattro accordi! E, riguardo al singolo di traino, optarono per il brano che avevano curato nei minimi particolari, Never Before/When a Blind Man Cry; fu lo storico Made in Japan dell'anno successivo, di media qualità tecnico-sonora ma di vibrante intensità emotiva, a lanciare nell'infinito Smoke on the Water. Infatti, il 45 giri Never Beforenon andò oltre un'onesta trentesima posizione in patria (in America neppure uscì) ma l'album, il primo pubblicato dalla Purple Records, la personale etichetta dei Deep Purple, rimase un mese al primo posto in UK e due anni nei primi 50 in USA, tanto da guadagnare due dischi di platino già nel 1972 e far richiedere la band per ben tre tournée americane sempre nel corso dello stesso anno. Il Mark II girava a mille: per tutta l'estate furono impegnati in un tour europeo, Italia compresa, in un lungo giro per l'Inghilterra che li reclamava come nuovi eroi e ad agosto una veloce scorribanda in Giappone dove al Budokan di Tokio e al Kōsei Nenkin Kaikan di Osaka, carichi di adrenalina e galvanizzati dal successo, pensarono bene di registrarsi un souvenir, Made In Japan appunto. Il resto è storia, anzi, leggenda... Ah, anche la famosa copertina oro è opera di Roger Glover. Il segreto dell'alto livello artistico di Made In Japan sta nel fatto che la band inglese non pensava di dover fare un disco dal vivo, ma solo un gadget (Live in Japan) che la Warner locale aveva commissionato per il caloroso e appassionato esercito di fans giapponesi: ecco perchè suonarono in scioltezza e senza la tensione di una perfetta esecuzione. D'altronde anche l'apparecchiatura usata, un obsoleto otto-tracce, non lasciava presagire che quella registrazione avrebbe poi spostato il confine fra il semplice “suonare” e “suonare come i Deep Purple”: per loro fortuna l'apparecchio fu maneggiato da tale Martin Birch... Il doppio album fu poi distribuito in tutto il mondo anche per fronteggiare e arginare il fenomeno dei bootleg, i live illegali autentica piaga del mercato discografico degli anni '70.
Frank Zappa invece, scosso dall'episodio svizzero e persa la strumentazione, pensò di interrompere il tour così malamente incominciato in terra europea: da buon sangue italiano (perciò anche un po' incline alla superstizione), pensava che quell'episodio fosse premonitore di chissà quali sventure ma la band, più concreta e realista di Re Frank, convinse il titubante leader a continuare comunque e una settimana dopo, il 10 dicembre, furono quindi di scena a Londra per una serie di concerti al Rainbow. Alla fine del primo applauditissimo show, un fan, accecato dalla gelosia perchè la sua ragazza stravedeva per Zappa, balzò furioso sul palco e lo scaraventò facendolo cadere malamente, tanto che il chitarrista battè la testa e svenne. Frank rimediò un trauma cranico, una serie di gravi lesioni alle gambe, alle braccia ma soprattutto alla schiena, tanto da costringerlo per un anno alla sedia a rotelle e altri nove mesi alla riabilitazione. Dopo i primi dolorosi tempi passati negli ospedali, Zappa trovò lo spirito per scherzarci su tanto da decorare la sua sedia a rotelle di italianissime collane d'aglio e cornetti anti malocchio con scritto “made in Naples”...
Purtroppo Machine Head e il conseguente successo di Smoke on the Water non furono messaggeri di buoni eventi: Ian Gillan durante l'ennesimo tour americano fu colpito ancora da un nuovo attacco di epatite, e Ritchie Blackmore dovette dare forfait per qualche tempo per un improvviso ricovero in ospedale. “Ogni volta che vengo in America mi si abbassano le difese immunitarie. Le tournèe mi deprimono, i continui cambi di hotel e junk-food non aiutano certamente il mio fisico...”, disse. Fu temporaneamente sostituito dall'ex Spirit Randy California, chitarrista talentuoso ma troppo personale per mettersi al servizio di una band; perciò, dopo poche date, il giro in America fu di nuovo sospeso. Qualche mese dopo, le mai sopite tensioni fra Ritchie Blackmore e Ian Gillan videro i Deep Purple protagonisti di uno dei tanti scioglimenti della loro tormentata carriera (fra l'altro Ritchie pretendeva il 50% dei compensi lasciando che gli altri 4 si dividessero il resto). Si ricongiunsero dieci anni più tardi, ma il risultato di due incolori album e il riaprirsi di antiche ferite decretarono il definitivo abbandono del chitarrista.
Deep Purple - Mark II – discografia
Deep Purple in Rock (1970)
Fireball (1971)
Machine Head (1972)
Made in Japan (1972)
Who Do We Think We Are (1973)
Perfect Strangers (1984)
The House of Blue Light (1987)
The Battle Rages On (1993)
SMOKE ON THE WATER
We all came out to Montreux
On the lake Geneva shoreline
To make records with a Mobile
We didn't have much time
Frank Zappa and the Mothers
Were at the best place around
But some stupid with a flare gun
Burned the place to the ground
Smoke on the water, fire in the sky
They burned down the gambling house
It died with an awful sound
Funky Claude was running in and out
Pulling kids out the ground
When it all was over
We had to find another place
But Swiss time was running out
It seemed that we would lose the race
Smoke on the water, fire in the sky
We ended up at the Grand Hotel
It was empty cold and bare
But with the Rolling truck Stones thing just outside
Making our music there
With a few red lights and a few old beds
We make a place to sweat
No matter what we get out of this
I know we'll never forget
Smoke on the water, fire in the sky
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