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Hardcore Superstar - Hardcore Superstar
( 12618 letture )
Hardcore Superstar, il ritorno. Li aspettavano tutti alla prova del fuoco, dopo un debutto folgorante come Bad Sneakers And A Pina Colada (2000), euforico concentrato di glam, punk e rock'n'roll che aveva proiettato i giovani svedesi sul trono dei Motley Crue quali nuovi alfieri di un rock energico, divertente, fresco e danzereccio, ma allo stesso tempo potente, malinconico e sicuramente maturo; irruenti, irriverenti, spettacolari e terribilmente catchy, i quattro nordici possedevano un piglio trascinante ed un tiro notevole, tanto che la loro marcia appariva, da subito, irresistibile. Eppure il quartetto non si era saputo ripetere allo stesso livello, partorendo un disco come Thank You (For Letting us be Ourselves) (2001), dai toni molto più soffici e classicheggianti, quasi rilassanti, da rock datato e blues-oriented; anzi, i ragazzacci svedesi si erano addirittura tuffati in sentieri allegri, commerciali e glam più che mai col fruibilissimo No Regrets, piacevole e colorato ma troppo distante dall'aggressività che i fans desideravano da una band diventata in pochi anni un vero e proprio oggetto di culto. Serviva una svolta per definire il confine tra una carriera soltanto 'buona' con un grande squillo iniziale ed una parabola esaltante e longeva, capace di lasciare una griffe davvero significativa: e la svolta nasce in una cascina in montagna, dove gli Hardcore Superstar si riuniscono per una breve vacanza -tesa a riorganizzarsi e capire cosa fare nell'immediato futuro- e dalla quale se ne escono con il tostissimo disco della svolta, del ritorno alle origini con tanto di evoluzione metallizzata, autointitolato proprio a significare il cambiamento, la rotta definitiva, la vera personalità della band. Questo disco è talmente importante da coprire con la sua ombra lunga i due capitoli precedenti, e ponendosi come reale e più incisivo ponte di collegamento col debut: la sperimentazione che c'è stata, tra le due releases, rimarrà soltanto una parentesi a sé stante, mentre Hardcore Superstar sancirà la definitiva consacrazione internazionale, riservando alla band svedese un posto di rilievo tra le band più interessanti e solide del nuovo millennio, capace come poche di costruire qualcosa di sufficientemente valido da poter durare anche nel tempo. Forse questo é il miglior complimento, perché non è affatto facile, al giorno d'oggi, lasciare un solco in un panorama musicale che sembra aver già detto tutto e tende per la maggiore a ripetersi.

Il profumo di anni ottanta è tangibile, fin dall'avvio di questo disco -coerentemente con tutti gli episodi precedenti della discografia dell'act nordico- e rimane costante nell'arco di dodici tracce ugualmente valide e avvincenti. Intro misteriosa ed esplosione immediata: Kick on the Upperclass scaraventa subito negli stereo degli acscoltatori il vecchio sound degli Hardcore Superstar, in una veste però più matura e potente, che non ha perso l'irruenza goliardica della primordiale punk-attitude del quartetto e soprattutto si scrolla di dosso l'influenza pop dei due lavori precedenti, conferendo alla musica un tono serioso da metal duro, melodico ma intransigente. Anche gli assolo di chitarra di Silver, che non è mai stato un fenomeno di tecnica, appaiono più incisivi e sfavillanti; la prestazione al microfono dell'istrionico Jocke Berg si annuncia ancora una volta spettacolare e coinvolgentissima, mentre l'opener si colloca immediatamente tra i pezzi forti del platter. La dinamica Bag on Your Head conferma come la struttura dei pezzi sia rimasta semplice ma al tempo stesso abbia acquisito maggior spessore, con dei riff, delle distorsioni ed una sezione ritmica rafforzati in maniera esorbitante rispetto agli esordi. La corsa sfrenata procede con un ritmo travolgente e variegato ed i notevoli break strumentali ampliano la profondità di un sound nettamente evoluto. Assieme a Kick on the Upperclass spiccano altre due tracce decisamente stellari: la prima è We Don't Celebrate Sundays, dal riffing incredibilmente trascinante e potente: un brano aggrappato a vocals intensissime ed un ritornello delirante da cantare in coro coi pugni al cielo, successivamente arricchito da un assolo di chitarra splendido e cristallino; per molti, la canzone migliore in assoluto degli Hardcore Superstar, nonostante la loro lunga carriera sia ricchissima di episodi memorabili. L'altra perla è My Good Reputation, dalle linee vocali altrettanto irresistibili: provate a restare fermi, se ci riuscite! Gli Hardcore Superstar sono diventati grandi, dunque, ed ora il loro hard rock verte quasi più verso l'heavy metal maturo piuttosto che verso le diramazioni prevalentemente punk degli esordi: la melodia e l'energia restano in primissimo piano, affiancate a certe altre composizioni intrise di malinconia e vigorose sterzate emotive, come Last Forever, Cry Your Eyes Out o la magniloquente ballad Standin' on the Verge, un passaggio decadente che cresce in un finale enfatico, una vera tempesta di emozioni. Il resto dell'album è tutto un rincorrersi di canzoni dall'appeal malizioso e tentatore, costruiti ad arte su vocals bollenti e riff freschi e diretti (She's Offbeat), dal groove godibile e fottutamente r'n'r: impossibile non cantare a squarciagola assieme a Jocke, ancora una volta perfetto nell'incastrare inframezzi lenti ed introspettivi nel cuore dei vari pezzi, prima di tornare all'irruenza del refrain, sempre travolgente e carismatico nell'incarnare nella sua figura straripante tutta la carica emotiva che sgorga da chitarre, basso e batteria.

Questo è considerabile come il disco definitivo degli Hardcore Superstar, ancor migliore del sorprendente Bad Sneakers And A Pina Colada (che manterrà comunque un ruolo di rilievo nel cuore degli aficionados), proprio perché segna un passo avanti enorme nella maturità stilistica del combo svedese e delinea quello che è ormai considerato il suo sound tipico e inconfondibile, che rimarrà costante negli album a venire; la sintesi perfetta della carriera dell'ensemble scandinavo, che del punk rock glam di inizio millennio mantiene -come ampiamente puntualizzato nel corso di questa disamina- l'energia e l'adrenalina, mescolandola a reminiscenze heavy più potenti e al solito gusto melodico che tutti gli appassionati riconosceranno immediatamente; Jocke e la sua timbrica sono molto più che un marchio di fabbrica, perché il cantante, con le sue pose isteriche e la sua voce acidamente passionale, rappresenta da solo il quid decisivo di una band che è un fiume in piena, all'apice della propria carriera e col chitarrista Silver alla sua prova migliore. L'intera formazione offre una performance convincente, completata da una sezione ritmica puntuale e più ordinata rispetto a Bad Sneakers. Ma d'altronde stavolta viene preferita la potenza ragionata, sintomo di maturità e crescita evolutiva, rispetto all'istinto sfrenato tipicamente giovanile e il risultato è praticamente meraviglioso.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
70.53 su 76 voti [ VOTA]
Underground
Giovedì 7 Maggio 2020, 1.21.43
6
Commento risibile...
Pantano 92
Giovedì 7 Maggio 2020, 1.17.23
5
Onore agli 80s? Solo per l'apparenza. Questi tizi mancano completamente di senso della melodia, oltre che di qualsiasi dote compositiva. Canzoni impossibili da ricordare, piene di riffetti già sentiti che, come i giri di accordi, si intorcolano in brodi inconcludenti (si provi a fischiettare una canzone dell'album). Voce alla Steven Tyler ma senza picchi emotivi, tutto un bla bla urlato dall'inizio alla fine, privo della benché minima espressività; canzoni pure lunghe come farcitura a questa porcheria. Pagliacci, secondo me sempre stati i peggiori della scena hard-heavy nordica. Voto sul 40.
Metal Shock
Giovedì 19 Maggio 2016, 21.53.32
4
Album stre-pi-to-so. Capolavoro della band e uno degli album hard rock piu` bello dagli anni 80`. We don`t celebrate sundays e` un vero e proprio inno, quando la sentii andai in estasi, una delle mie canzoni preferite di sempre. Voto 100
Raze
Martedì 24 Luglio 2012, 11.55.26
3
Finalmente un gruppo che rende onore come si deve agli eighties, album fantastico
Giaxomo
Sabato 18 Febbraio 2012, 14.27.32
2
Quoto Lux, non so se fosse uscito negli '80 che disastro avrebbe fatto. Genuino e divertentissimo, strepitoso.
lux chaos
Sabato 18 Febbraio 2012, 13.31.37
1
Capolavoro di hard rock del nuovo millennio e mio preferito (insieme al successivo, strepitoso) di questa band!!
INFORMAZIONI
2005
Gain Records
Hard Rock
Tracklist
1. Kick On The Upperclass
2. Bag On Your Head
3. Last Forever
4. Shes Offbeat
5. We Dont Celebrate Sundays
6. Hateful
7. Wild Boys
8. My Good Reputation
9. Cry Your Eyes Out
10. Simple Man
11. Blood On Me
12. Standin On The Verge
Line Up
Jocke Berg - Voce

Silver Silver - Chitarra

Martin Sandvik - Basso

Magnus Andreasson - Batteria
 
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