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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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IRON MAIDEN - The Voice Of The Beast, # 1
04/01/2012 (9752 letture)
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Hanno scritto pagine immortali della musica metal, hanno contribuito senza mezzi termini a plasmarlo come oggi lo conosciamo: lo hanno fatto sopravvivere alle prime difficoltà, lo hanno trascinato per mano attraverso melodie ed elementi capaci di influenzare ed ispirare intere generazioni di nuovi seguaci; grazie alla loro epopea aurea, gli inglesi Iron Maiden sono saliti sul podio delle band universalmente più conosciute, a tutte le latitudini e al di fuori di ogni confine: metal, rock, ma anche oltre, perché sarà difficile per chiunque trovare una sola persona che non abbia mai sentito nominare questa band seminale, o che non abbia incocciato lo sguardo sulle sue copertine coloratissime, sulle magliette raffiguranti il caro vecchio Eddie. Di tutte quelle persone estranee al mondo dell'hard'n'heavy, solo una ristrettissima minoranza ne conoscerà effettivamente qualche canzone; ma quanti degli appassionati 'veri', che sicuramente ricorderanno a menadito ogni singolo riff esalato dalle chitarre del combo inglese, conoscono anche il significato intrinseco delle parole cantate a squarciagola ai concerti, sotto la doccia, in macchina o ripetute mentalmente nelle lente e noiose ore d'ufficio? Pochi, ci permettiamo di pensare. Pertanto sarà interessante addentrarci all'interno di quei dischi, per scoprire -canzone per canzone- cosa ci sta dietro la musica, che poi é la cosa fondamentale. Tanto per distinguerci ancora una volta dalla massa ed evitare superficialismi di sorta. La prima porzione della carriera degli Iron Maiden é quella della crescita e della maturazione, sensibile e rapida: dopo un periodo di assestamento, nel quale Harris e soci hanno cambiato diversi elementi ed hanno dovuto resistere all'imperare del punk, i giovani metallers inglesi hanno trovato il tanto agognato contratto discografico, che valeva un salto considerevole dall'underground londinese al ruolo di capopopolo della New Wave of British Heavy Metal; una salita verticale, scandita da un sound fresco ed energico, vivacemente bagnato dal punk e perfettamente in simbiosi con la timrica rude e l'atteggiamento trasgressivo del ribelle Paul Di Anno, ma che ancora non aveva toccato il suo vertice. In soli due anni, dal 1980 al 1982, la band riesce a imporsi come principale realtà inglese e reinventarsi completamente, dopo due album, con l'ampliamento stilistico che in The Number of The Beast porterà lo stile del quintetto alla sua forma definitiva e qualitativamente migliore, in quanto strutturata verso direzioni sonore più complesse e maestose, incline all'heavy metal puro ancor più marcatamente rispetto all'immediato passato. Le celebri cavalcate epiche, la voce potente di Bruce Dickinson ad esaltare le tematiche dalle più varie sfaccettature, i cristallini fraseggi di chitarra tra i duellanti Adrian Smith e Dave Murray, i concerti pirotecnici ad altissimo contenuto spettacolare e le coloratissime copertine, incentrate attorno alla figura dell'inconfondibile zombie Eddie, hanno contribuito in modo indelebile a segnare la storia dell'heavy metal e a consacrare come immortale questa band inimitabile.
1980, IRON MAIDEN. Londra, fine anni Settanta: domina il punk, ma il vecchio heavy metal non é tramontato. Risuona potente al Ruskin Arms, l'unico pub cittadino che ancora serba rispetto per i vecchi fasti dell'Acciaio, perpetuati dalla musica giovane e aggressiva degli Iron Maiden, un plotoncino di ragazzini capeggiati dal bassista Steve Harris. Tante ambizioni ed un pugno di canzoni scoppiettanti, energiche, veloci e capaci di unire la melodia fluida dell'heavy metal alla grinta del punk: é così che il quintetto trova il contratto discografico che vale una carriera. Il disco omonimo rivoluziona la scena metal contemporanea, la rinnova ed impreziosisce il nascente movimento della NWOBHM: gli Iron Maiden sono semplici ma cristallini, ancora stradaioli nello stile ma capaci di qualche capatina in strutture più complesse che fanno da preludio alle celebri galoppate che seguiranno. Anche a livello di testi prevale un approccio ancora adolescenziale: é il caso di Prowler, tipico esempio del sound frizzante ed esplosivo dei primi Iron Maiden -il quale contiene i versi di un vagabondo che si diverte ad importunare le ragazze del parco, mostrando loro le parti intime (Mi vedi strisciare fra i cespugli con la patta tutta aperta, cosa vedi, ragazza? Non ci credi a quel sentimento? Non ci credi, non credi ai tuoi occhi?)- ma anche della stessa Iron Maiden, semplicissima nella struttura ma capace di assumere le fattezze di un inno anthemico alla band stessa e alla sua grande carica; già da quei primi vagiti, l'ascoltatore era in trappola; Non puoi scappare, ti cattureremo ovunque tu sia, cantavano i giovani inglesi, carichi di energia: Voglio solo vedere il tuo sangue, io voglio solo fermarmi e guardare, vedere il sangue iniziare a scorrere finché cade sul pavimento. Non si può combattere la Vergine Di Ferro, non si può trovare la Vergine Di Ferro! Ebbene, dovunque, dovunque voi siate, la Vergine di Ferro vi catturerà, non importa quanto sarete lontani, guarda il sangue scorrere, guardalo versarsi sulla mia testa: la Vergine di Ferro vi vuole morti. Storica e sempre presente in tutti i live shows dell'iconica band inglese, la canzone é ancora oggi tra quelle che più fanno cantare il pubblico. Accanto a queste liriche ingenue, però, i giovani metallers britannici cercavano di coltivare una propria vena stilistica, trasponendo in brani hardrock-oriented alcuni racconti ambientati nella sporca periferia londinese. Sanctuary, energica e decisamente rockeggiante, parla di un uomo, colpevole di aver ucciso una donna, il quale si ritiene innocente e fugge cercando di rifugiarsi dalla legge (devo cercare un rifugio per fuggire dalla legge), mentre la celebre e focosa Charlotte The Harlot narra le vicende di una prostituta, Charlotte appunto, di cui il chitarrista Dave Murray diceva di essersi innamorato: ma sarà esistita veramente? Paul Di Anno racconterà in seguito che si trattava di 'una vera troia', di 49 anni d'età, capace di andare con chiunque avesse compiuto almeno 15 anni: non sarebbe abitata in Acacia Avenue, come indicato in seguito nella canzone di The Number Of The Beast, ma a Markhouse Road. Innervato da un energico street metal, il testo recita: Charlotte la meretrice, mostrami le gambe, Charlotte la meretrice portami a letto, lasciami vedere il sangue, fammi vedere l'amore. C'é stato un tempo in cui mi hai lasciato lì, solo, a raccogliere pezzi d'amore dal pavimento, mi hai lasciato là dentro da solo per fare i tuoi affari da porca puttana; Bè, Charlotte, mi hai detto che mi ami davvero, ieri, raccogliendo pezzi d'amore, perché fai l'amore tutto il giorno? Innamorarsi di una donna così non dev'essere facile.
E, a proposito di sentimenti ed emozioni, veniamo ora a quei brani caratterizzati da un testo introspettivo e personale. Remember Tomorrow fu scritta da Paul Di Anno in memoria del nonno materno, che gli fece da padre in mancanza del vero genitore, fuggito dopo aver abbandonato la madre; è una ballata toccante e malinconica che esplode in un roboante finale, ed esprime tutte le emozioni di affetto e gratitudine che il giovane singer nutriva nei confronti del nonno: Lacrime per il ricordo, e lacrime per gioia, lacrime per qualcuno e per questo ragazzo solo. Fuori nella pazzia, l'occhio che vede tutto, brilla su di noi, per accendere il cielo. Running Free, invece, é un ricordo di quando Di Anno aveva circa sedici anni: il pezzo é un incitamento a vivere a fondo ed in libertà la propria vita, rimanendo selvaggi come gli adolescenti anche in una società che tende a schematizzarci (Ho appena sedici anni, mi ha dato uno strappo un furgone, sono senza soldi, sono tempi duri, non ho nessun luogo da poter chiamare mio, schiaccia il gas e via! Sto correndo libero si, sto correndo libero! Ho passato la notte in una prigione di L.A. e sentito l'ululato delle sirene, non possono farmi niente, sto correndo selvaggio, sto correndo libero). Molto toccante é la docile e struggente Strange World, la quale parla di un sogno ad occhi aperti, di un viaggio attraverso lo spazio, il tempo e i sogni stessi, con la speranza di poter costruire qualcosa di migliore: tangibile é la voglia di fuggire da questo mondo corrotto per trovarsi in un universo immaginario ma più leggero (Facciamoci un giro nello spazio, questo non è il posto adatto per vivere; steli di luce escono dal terreno, quando piango non faccio rumore. Tutti i miei sentimenti non possono essere trattenuti, sono felice nel mio nuovo strano mondo). Piccola curiosità: il primo cantante della Vergine di Ferro, Paul Day, sostiene di aver contribuito alla scrittura del pezzo. L'ispirazione letteraria e storica caratterizzerà in modo deciso la carriera degli Iron Maiden, e in quel debut album si trovavano tracce di questo connubio tra metal e cultura in Phantom Of The Opera, il pezzo forte del disco: sia per le avvolgenti e adrenaliniche trame labirintiche di cui si diceva in apertura, sia per il testo più 'colto', che fa riferimento senza troppi dettagli all'omonimo romanzo Il Fantasma dell'Opera di Gaston Leroux (1910): Ti ho cercato per così tanto che adesso non sfuggirai alla mia presa. Hai vissuto così a lungo nascondendoti dietro una falsa maschera, e tu sai che io sò che non resisterai a lungo. I tuoi sguardi e i tuoi sentimenti sono solo reliquie del tuo passato, sei sulle ali, là aspetti che la cortina cada, conosci il terrore e il possesso che hai su noi tutti. Yeah, so che stai per graffiarmi, mutilarmi e bastonarmi, sai che sono vulnerabile al tuo ipnotizzante richiamo felino; stai lontano, scappa via, non abboccare alla sua esca, non smarrirti, non svanire. Fai attenzione, è in giro per catturarti, qualsiasi cosa accada, non vagare, dalla stretta via. Corro e mi nascondo nei miei sogni ma tu sei sempre la, sei il Fantasma dell'Opera, sei il diavolo, sei fuori solo per terrorizzare, hai corrotto la mia mente e la mia anima che fluttua semplicemente nell'aria. Perseguitami, scherniscimi, mi torturi di nuovo nella tua tana. Phantom of The Opera fu il primo pezzo epico e complesso della band e, come dirà in seguito Bruce Dickinson, se questa canzone non vi piace non vi piacciono gli Iron Maiden. Altrettanto epica e maestosa é Transylvania, intricata strumentale che inizialmente prevedeva un testo: ma la bellezza dei riff e delle sue sezioni era tale che la band decise di lasciarla priva di voce.
1981, KILLERS. Ad un anno dal debut, gli Iron Maiden si rifanno sotto con un secondo disco di (street) heavy metal aggressivo e poliedrico, che conferma quanto di buono lasciato intuire dal predecessore e annovera alcune perle di valore autentico, oltre a una serie di brani che lasceranno una traccia meno evidente. Il disco si apre con la strumentale Ides of March che, come Transylvania sul record precedente, prevedeva inizialmente un testo ma si é poi rivelata azzeccata anche solo grazie alle sue pregevoli trame musicali; nel disco stesso sarà bissata da Genghis Khan, marziale e roboante traccia il cui incedere imita l'avanzare delle truppe del grande condottiero mongolo. Irrompe dunque il celebre riffone di basso, corposo e infuocato subito da un assolo di chitarra, dell'aggressiva Wratchild, forse il brano più conosciuto del platter; un ragazzo carico di rabbia, figlio di una prostituta e che mai ha conosciuto il padre, cerca il suo 'uomo' per eliminarlo e compiere il suo destino, trovando finalmente la felicità: Sono nato in un mondo di ira e avidità, di sopraffazione e persecuzione. Mia madre era una regina, mio padre non l’ho mai visto, non sarei mai dovuto nascere. Passo il tempo a cercare dappertutto, un uomo impossibile da trovare. Non mi fermerò finche non lo troverò, troverò il mio uomo, viaggerò ovunque, perché sono figlio del furore, si, sono figlio del furore, yeah, sono figlio del furore. Dici che non ha importanza, che non c' è nulla che possa cambiare il corso del mio destino: so che devo davvero trovare la tranquillità mentale, altrimenti impazzirò. Questi versi lasciano filtrare uno stato di insicurezza ed ansia perenne, un dolore insito nel dna e in un destino di continuo peregrinare alla ricerca di qualcosa che forse nemmeno si troverà mai: per quanto semplice e schietto, dunque, il brano cela tematiche già più mature e profonde che sul disco precedente. Intimistico é anche il testo di Another Life, uno dei pezzi meno ricordati del platter: anche qui siamo su coordinate molto rockegianti, mentre il testo, brevissimo, tratta il tema del suicidio e il desiderio di andarsene e farla finita per sempre: Ma c'è una sensazione che è dentro me, che mi dice di andarmene; ma sono così stanco di vivere, potrei anche morire oggi. Murders In The Rue Morgue mescola le storie di strada di iron Maiden ai riferimenti letterari che diverranno tipici della band: ispirata dall'omonimo romanzo di Edgar Allan Poe (I delitti della Rue Morgue, 1841, che fu il primo romanzo poliziesco della letteratura internazionale) e aperta da un'intro solenne, che sfocia poi in una tambureggiante esibizione di hardrock energico e scoppiettante, la canzone narra di un individuo che si aggira di notte per le strade di Parigi: afferma di aver sentito un urlo femminile e di essere accorso sul posto, trovando due ragazze fatte a pezzi; la polizia giunge sul luogo del delitto e, vedendolo sporco di sangue, inizia a inseguirlo, e tutta la canzone prende l'andamento rapido di una vera e propria fuga, tra riff veloci ed un brillante assolo di chitarra, lasciando dubbi sul misfatto: forse era stato lo stesso protagonista, affetto da disturbi della personalità, a trucidare le due donne, affermando poi di essere innocente senza rendersi conto di ciò che ha fatto. Lo ricordo come fosse il chiarore del giorno, sebbene sia successo nell'oscurità della notte, canta Paul Di Anno calandosi nelle vesti del protagonista: Passeggiavo per le strade di Parigi, faceva freddo e iniziò a piovere, dopo ho sentito un grido lacerante e sono accorso sulla scena del crimine, ma tutto quello che era rimasto erano i corpi macellati di due ragazze affiancate. L'uomo chiama egli stesso la polizia, ma subito la gente lo addita come artefice dell'omicidio e lui non può che darsela a gambe: C'è della gente che scende per strada, alla fine c'è qualcuno che ha sentito il mio richiamo; non riesco a capire perché mi puntano, non ho mai fatto nulla a nessuno, ma ho del sangue sulle mie mani, ecco perché tutti mi urlano contro! Non so parlare francese, così non posso spiegare, e come uno stupido inizio a correre lontano. E ora devo fuggire dalle armi della legge, tutta la Francia mi sta cercando, devo cercare la mia strada dall'altro lato del confine per sicurezza giù nel sud per l'Italia. Innocent Exile, che poi é il primo brano del disco che racconta un episodio nato dalla fantasia di Harris e soci, narra di un fuggitivo, che si lamenta di non aver nessuna ragione per vivere dopo essere stato accusato ingiustamente di aver ucciso una donna: La mia vita è così vuota, nulla per cui vivere; la mia mente è confusa, perchè ho sfidato la legge. Dicono che ho ucciso una donna, sanno che non è vero. Stanno cercando di incastrarmi, ed è tutta colpa tua. La splendida titletrack, Killers, aperta dai celebri rintocchi di basso e dalle raggelanti urla di Di Anno, é uno degli episodi più completi e trascinanti del disco, una zampata sinitra, maestosa e dal riffing incandescente. Liricamente é un viaggio nella mente di un serial killer e nella situazione di terrore creata nelle sue vittime: Cammini nella metropolitana, i suoi occhi ti fanno un buco nella schiena, un passo dietro di te, si prepara ad attaccare; grida di misericordia, lui ride mentre ti guarda sanguinare, un assassino dietro di te, la sua voglia di sangue resiste ad ogni sua necessità. Le mie innocenti vittime sono state massacrate con collera e disprezzo, la finta religione dell'odio che brucia nella notte. La canzone si lancia, tra atroci risate, in un paio di guitar solos affilatissimi e da puro delirio, mentre i versi che seguono lasciano trasparire anche una sottile metafora con la vita del metallaro medio, individuo solitario e che ripudia la società e la massa in cui é immerso, cibandosi del suo unico Credo, al quale si aggrappa strenuamente: Non ho nessuno, sono obbligato a distruggere tutta questa avidità, una voce dentro di me mi obbliga a soddisfarmi. Capisco a cosa serva un coltello, e tu non saprai mai come io sia riuscito a prevedere. La fede in cui credo è più forte della vita e degli ostacoli, con il barlume del metallo è arrivato il mio attimo per colpire. Si alza la chiamata della morte, un grido rompe la tranquillità della notte, un altro domani, ricordati di camminare nella luce! Ti ho trovato, e ora non hai un posto in cui scappare, sento l'eccitamento dentro di me, oh Dio cosa ho fatto?! Ooh si, l'ho fatto! Abbastanza contorto é il tema di Prodigal Son, un arpeggio struggente ultra melodico in cui il protagonista invoca l'aiuto di Lamia (regina libica della mitologia greca, divenuta un demone divoratore di bambini): al di là di questo particolare indecifrabile, sia nel testo che nel titolo la traccia sembra affrontare il tema del pentimento (ovvero del 'figliol prodigo'): Mi sento irrequieto, so di aver sbagliato, ho fatto dei casini, cose mistiche e magiche per troppo a lungo. Sento che la sto pagando con questi incubi dentro di me, il diavolo occupa la mia anima e non mi lascerà libero. Sono in ginocchio, oh aiutami per favore. Anche Purgatory, prototipo dei brani speed metal, é criptico: fa riferimento ad un sogno, a posti mai visti e a ricordi di un corpo fluttuante. Twilight Zone narra dello spirito di un uomo, morto da tre anni, che si lamenta perché non riesce a farsi vedere dalla sua amata nonostante abbia cercato di portarla a vedere dove lui si trova: é uno dei pezzi musicalmente minori del full length, mentre la conclusiva Drifter presenta maggiori spunti per quanto concerne riff e liriche. Pur se vaghe, infatti, le strofe sono ottimiste e quasi allegre e speranzose.
1982, THE NUMBER OF THE BEAST. Con l'ingresso in line-up del nuovo cantante Bruce Dickinson, gli Iron Maiden svoltano verso un sound potente e maestoso, che volge lo sguardo al power metal, abbandonando ogni parvenza di sonorità street-rock; vengono centuplicate le celebri galoppate, le sezioni strumentali intricate ed ultra melodiche, le ambientazioni epiche e le tematiche storiche, letterarie, in ogni caso colte e non banali. I duelli di chitarra, i fraseggi armonizzati, le vocals teatrali e l'energia viva che sgorga dal disco lo rende un capolavoro intramontabile nella storia dell'heavy metal. Non sono in pochi a ritenere questo disco come il vero capolavoro della formazione inglese, a fronte di un'ispirazione fortissima e di una nuova direzione stilistica che verrà presa ad esempio nei dischi successivi anche dagli stessi ragazzi di Steve Harris: il platter, inutile girarci attorno, profuma di leggenda, ha il sapore antico e affascinante degli anni ottanta, é imbevuto di quel meraviglioso alone di mistero che solo l'heavy metal dei primordi poteva regalarci, e contiene una sequela importante di canzoni passate alla storia, sia per i loro contenuti lirici che per le imperiose architetture strumentali e melodiche che hanno contribuito a rendere inimitabile lo status-quo della Vergine di Ferro. Impossibile non iniziare l'analisi tematica dalla titletrack, The Number of The Beast, un brano che ha fatto epoca non solo per la musica eccellente ma anche e soprattutto per i contenuti, a lungo ritenuti satanici e blasfemi dai bigotti e superficiali censori della musica dura. Sinistramente introdotta da un breve passo biblico, la canzone si apre oscura, sorretta da un riffing inconfondibile, e si apre esplosiva trainata dall'ugola gagliarda di un Dickinson strepitoso, che si lancia a perdifiato in una cavalcata trascinante alla quale é impossibile resistere. L'interpretazione delle liriche si basa su tre correnti di pensiero principali. Secondo la prima, si fa riferimento ad un incubo avuto da Steve Harris, nel quale venivano compiuti sacrifici umani; la seconda, associa il testo al film Damien Omen II, in cui un tredicenne dai poteri soprannaturali scopre suo malgrado di celare una natura demoniaca: a chi tenta di avvertire la famiglia di Damien di questo orrore capitano disgrazie mortali. La terza interpretazione si rifà alla lettura scolastica del poema Tam O'Shanter di Robert Burns, nel quale il protagonista assiste ad un rituale, forse in sogno o forse nella realtà, e ne resta shockato, disperato. Probabilmente é l'unione di tutti questi elementi ad aver generato The Number of The Beast: la versione ufficiale parla di un incubo avuto da Harris proprio dopo la visione del film citato: Cosa ho visto? Devo credere che ciò che ho visto quella notte era vero e non immaginazione? Quello che ho visto nei miei vecchi sogni erano riflessi della mia mente malata che mi fissava? Perché nei miei sogni c'è sempre questo volto diabolico che mi stravolge la mente e mi getta nella disperazione? La notte era spoglia era inutile trattenersi, perché dovevo vedere se qualcuno mi guardava; nella foschia figure scure si agitano e contorcono, era vero o era l'inferno? 666, il numero della bestia, inferno e fiamme generati per venire liberati. Le torce bruciavano e le sacre litanie innegiavano: quando iniziano ad urlare portano le mani al cielo , nella notte i fuochi risplendono, il rituale è iniziato, l'opera di Satana è compiuta: 666 il numero della bestia, il sacrificio procede stanotte. Non può continuare così, devo informare la polizia. E' ancora vero o è un sogno folle, ma mi sento attirato dalle orde sataniche che cantano: mi sento ipnotizzato, non riesco a evitare gli occhi, 666 il numero della Bestia, 666 il numero per me e te. I due assoli di chitarra, caldi e ribollenti, scorrono veloci e ci fanno ricongiungere col refrain, in maniera ancor più viscerale e coinvolgente. Basterebbe leggere questi versi, per accorgersi che di satanico non c'é proprio nulla: ma chiedere di usare il cervello a certa gente é pretenzioso.
Altro pezzo trascinante e ormai definibile sacro presso i fans della Vergine di Ferro, Run To The Hills é una composizione semplice densa di pathos ed energia, impreziosita da un'ottima sezione solista; il testo fa riferimento alla storia, trattando le vicende degli Indiani d'America, ed é il primo esempio di brano 'realista' del platter: la prima metà é scritta dal punto di vista dei pellerossa (L'uomo bianco è venuto dal mare, ci ha portato dolore e sofferenza, ha ucciso le nostre tribù e la nostra religione, ci ha preso la selvaggina per i suoi bisogni), mentre la seconda da quello dei soldati americani: A cavallo nella polvere e nelle pianure aride, a tutto galoppo nelle pianure, ricacciando i pellerossa nelle loro tane, facendo il loro stesso gioco: uccidi per la libertà, pugnala alla schiena. Il pezzo punta il dito contro le violenze commesse contro le varie tribù, represse senza pietà dalle truppe a stelle e strisce: soldato blu nelle pianure aride, caccia e uccide i loro animali, violenta le donne e fa fuori gli uomini; l'unico indiano buono è quello ammaestrato, gli vendono whiskey e gli rubano l'oro, fanno schiavi i giovani e distruggono i vecchi: scappate sulle colline se ci tenete alla vita. Anche l'opener Invaders, breve e veloce, si rifà ad un episodio storico, l'invasione vichinga in Inghilterra: chiamata alle armi, preparatevi a dovervi difendere, a dovere lottare per la vostra vita: il giorno del giudizio è arrivato, siate pronti non fuggite. Provengono dal mare, il nemico è arrivato sotto il sole accecante, la battaglia deve essere vinta. Gli invasori saccheggiano, gli invasorirazziano. Per estensione, il significato dei versi è applicabile a qualsiasi forma di invasione, tema caro alla band inglese, che non si risparmia in cruenza lirica: le asce e le mazze si scontrano, i feriti crollano al suolo, arti mozzati ferite mortali, corpi insanguinati tutt'attorno, odore di morte e carne bruciata, esausti lottano sino alla morte: i Sassoni sono soprafatti, vittime dei potenti Norvegesi. Nel disco sono anche presenti un paio di tracce dal profilo basso: Gangland, che parla del mondo della criminalità organizzata (omicidi, violenze, killer, fughe e vendette assortite), e Total Eclipse, che narra di elementi catastrofici riguardanti l'oscuramento del Sole e la fine del mondo. Capolavoro assoluto del disco é la maestosa Hallowed Be Thy Name, ancora ispirata a fatti realistici, anche se non storici: un sontuoso intrigo di trame, riff, scorribande epiche e melodie cristalline, fraseggi pazzeschi e lunghe sezioni strumentali da capogiro. Il testo parla dei sentimenti di un condannato a morte che aspetta l'esecuzione: esso si chiede se sia giusto ciò che gli sta capitando, domandandosi perché Dio non lo aiuta: Sto aspettando nella mia fredda cella quando la campana comincia a rintoccare. Rifletto sul mio passato e non ho molto tempo, perche alle cinque mi porteranno al palo della forca. Le sabbie del tempo per me stanno scorrendo lentamente: quando il prete viene a concedermi l’ estrema unzione, io attraverso le sbarre guardo per l’ ultima volta un mondo che è stato crudele con me'. Alcuni passaggi del testo sono molto emotivi e toccanti, esaltati da una sifnonia imponente e ricca, imbastita sapientemente dalle chitarre, dalla voce straripante di Dickinson e dal basso pulsante: 'Le lacrime scorrono perchè sto piangendo, dopo tutto non ho paura di morire. Non credo che che ci sia una fine. Mentre le guardie mi fanno marciare fuori nel cortile, Qualcuno mi dice da una cella 'Che Dio sia con te'. Se c`è un Dio perche mi ha lasciato morire? In coda é anche presente una frase che potrebbe essere interpretata come metafora della vita o che, più semplicemente, ci indica quanto siamo piccoli al cospetto dell'esistenza stessa: Quando saprai che il tuo tempo è vicino alla fine, forse comincerai a capire che la vita quaggiù è solo una strana illusione. Quello che percepiamo, forse non è propriamente come crediamo.
Il primo riferimento cinematografico del disco, Children Of The Damned, é un altro pezzo imponente, che si apre come malinconica ballata ed esplode in una pirotecnica sezione conclusiva, nella quale spicca uno sferzante guitar solo dagli intrighi cristallini; essa é ispirata all'omonimo film britannico del 1960, che racconta le vicende di sei bambini dai poteri straordinari e dall'intelligenza fuori dal comune, provenienti da ogni parte del mondo e radunati a Londra con lo scopo di controllarli e sfruttare le loro potenzialità: Cammina come un bimbo, ma attento i suoi occhi ti possono incenerire, buchi neri nel suo sguardo dorato. Dio solo sa che vuole tornare a casa, figli dei Dannati. The Prisoner é ispirata all'omonimo telefilm trasmesso per la prima volta in Gran Bretagna nel 1967/68: il protagonista é un ex agente segrato britannico che viene tenuto prigioniero in un villaggio misterioso da persone che vogliono capire il perché delle sue dimissioni: etichettato come numero sei, tenta più volte la fuga dal villaggio. Il brano presenta valide melodie vocali e sfocia anch'esso in uno splendido assolo di chitarra; può essere interpretato come idealizzazione di una fuga dalla società schematizzante: Non un prigioniero, sono un uomo libero, e il mio sangue ora mi appartiene; non m'interessa dov'era il passato, so dove sto andando. Non sono un numero, sono un uomo libero, vivrò la mia vita come voglio io. 22 Acacia Avenue é un testo che sa di leggenda metropolitana, e riprende la saga della prostituta Charlotte, anche se nella terminologia britannica si tende a indicare col termine 'Acacia Avenue' una strada di periferia appartenente alla middle class; compaiono nuovi riferimenti allo stile di vita estremo della donna (A volte quando sei per strada il modo in cui cammini scatena i desideri degli uomini, quando cammini per strada tutti si fermano e si girano a guardarti; 22 il posto dove tutti andiamo, vedrai dentro é caldo, stanotte la luce rossa brilla. Picchiala, trattala male, falle tutto ciò che vuoi farle, morsicala, eccitala, mettila in ginocchio, insultala abusa di lei, sopporta tutto, accarezzala, molestala, farà sempre ciò che vuoi) ed esortazioni a cambiare: Charlotte perchè non fuggi da questa pazzia, non vedi che ti reca solo tristezza? Quando ricevi i clienti non vedi il rischio delle malattie? Quando avrai 40 anni scommetto che rimpiangerai i giorni in cui ti prostituivi, nessuno vorrà più sapere di te, non avrai più questa bella merce da mostrare. Scappi e non ti rendi conto, non vedi che ti rovinerai? Charlotte hai preso la tua vita e l'hai buttata via, credi che i soldi le diano senso, non capisci che stai facendo male alle persone che ti amano, non scansarle. Tutti gli uomini che non fanno che sbavare, non è una vita per te, poni fine a questo schifo, fai le valigie e parti con me. Ancora pregevoli trame melodiche in primo piano e quel monito finale, fai le valigge e parti con me, che sembra confermare la tesi secondo la quale la saga fu composta in riferimento alla cotta di Murray per la terribile prostituta londinese.
1983, PIECE OF MIND. Dopo essersi presi per sempre le pagine delle enciclopedie, gli Iron Maiden sterzano verso un sound più progressista e ancor più raffinato, tecnico, intricato ma al contempo maggiormente melodico: in Piece Of Mind, infatti, la pura melodia sopravanza la potenza e l'aggressività, mentre resta spiccata l'epicità connaturata nel sound tipico del quintetto. Anche questa volta non mancano riferimenti letterari, storici e cinematografici: la stupenda ed intensa Where Eagles Dare, fucina di riff e cuciture melodiche a regola d'arte, per esempio, si rifà al romanzo omonimo di Alistair Mc Lean (1967), dal quale fu tratta in seguito anche una pellicola cinematografica; é una storia di azione, spionaggio e avventura ambientata nella Seconda Guerra Mondiale, musicalmente stratificata ed avvincente: Le Alpi Bavaresi tutto intorno sembrano fissarli dal basso, le linee nemiche passate da tanto tempo sono profonde sotto la neve; nella notte cadono dal cielo, nessuno dovrebbe andare dove osano le aquile. Le grida di panico e il rombo dei fucili fanno eco tutt'intorno la valle, la missione é compiuta, riescono a fuggire dal Nido Delle Aquile; hanno osato andare dove nessuno vorrebbe provare, hanno scelto di volare dove osano le aquile. Revelations, musicalmente infarcita di esaltanti cambi di tempo, prende spunto dai libri sacri ai cristiani, non essendo le Rivelazioni altro che il corrispettivo di quanto comunemente tradotto in italiano come Apocalisse di Giovanni, ed esamina le relazioni tra uomo, vita, misticismo e destino, contemplando differenti punti di vista. Quasi una sorta di invocazione ad un Dio che possa salvarci dagli ineluttabili scenari di distruzione nel quale é immerso il nostro pianeta, elemento che peraltro potrebbe apparire come il tentativo di tacere le accuse di satanismo ma che in realtà é solo la conferma di come satanisti non lo siano mai stati, gli Iron Maiden. Tienici tutti assieme, Fiamme con Speranza e Libertà, nessuna tempesta o cattivo tempo scuoteremo la barca; lo vedrai é giunto il momento di chiudere i tuoi occhi. E ancora il vento e la pioggia, per chi sarà il Re: é il Guardiano dell'Anello, Sei tu. Come era stato avventato affibbiare a The Number Of The Beast la fama di pezzo "satanico", allo stesso modo non si può definire Revelations come la prova di un'essenza cristiana nel songwriting della band: é soltanto un riferimento culturale, non per forza il punto di vista dei metallers inglesi, che peraltro auspicano in questo testo un futuro migliore come farebbero cristiani e non cristiani.
Mitologico é anche il contenuto lirico di Flight Of Icarus, anthemico rifacimento del mito di Icaro, figlio dell'inventore del labirinto, Dedalo: Dedalo ed Icaro furono chiusi nel labirinto stesso da Minosse per evitare che ne venissero diffusi i segreti, ma Dedalo progettò delle ali di cera per poter fuggire; nonostante gli ammonimenti del padre a non volare troppo alto, Icaro fu preso dall'ebbrezza del volo e, avvicinatosi troppo al sole, vide le sue ali sciogliersi mestamente, e morì dopo essere collassato in mare: La folla si disperde e compare un ragazzo, guarda il vecchio negli occhi mentre apre le ali e urla alla folla: 'nel nome di dio mio padre, io volo'! Il suo sguardo sembra così vitreo mentre vola sulle ali di un sogno. Ora sa che suo padre ha tradito, ora le sue ali e la sua tomba diventano cenere. Letterario e 'colto' é anche il pezzo più amato e celebrato del disco, la straordinaria The Trooper, rampante galoppata a briglia sciolta ricca di melodie e ritmi incalzanti; il testo é ispirato al poema The Charge Of The Light Brigade di Lord Alfred Tenninson (1854) e narra della battaglia di Balaclava del 25 ottobre 1854, avvenuta nella Guerra di Crimea: un episodio passato alla storia militare della Gran Bretagna coinvolse i soldati della brigata leggera che, per un errore di comunicazione, si ritrovarono circondati dai russi e, con enorme coraggio, decisero di affrontarli frontalmente, pur sapendo di essere già spacciati. Fu un massacro, ma il loro coraggio viene ancora oggi lodato e ricordato nelle Terre di Sua Maestà: l'epica cavalleresca si fa fibrillante grazie alla musica rampante, che rende bene l'idea di un attacco frontale attraverso i ritmi veloci e i riff esplosivi. l'interpretazione di Bruce Dickinson é eroica e ben incarna il pensiero dei soldati inglesi nella classica giubba rossa: Voi vi prenderete la mia vita ma anch’io prenderò la vostra; darete fuoco al vostro moschetto ma vi farò sprecare il colpo. Perciò quando vi aspetterete il prossimo attacco fareste meglio a resistere, non c’è via di scampo. La tromba suona e la carica comincia, però su questo campo di battaglia nessuno vincerà. L'odore acre del fumo e il respiro dei cavalli, mentre mi lancio verso una morte certa: il cavallo suda di paura noi rompiamo le righe per correre. Il potente fragore delle pistole russe, e mentre corriamo verso la muraglia umana le urla di dolore quando i miei camerati cadranno. Saltiamo i corpi stesi a terra, e i russi sparano un’altra volta; siamo così vicini eppure così lontani, non vivremo per combattere un altro giorno; ci siamo avvicinati abbastanza per combattere, quando un russo mi avvista preme il grilletto e io sento il colpo, una raffica abbatte il mio cavallo. E mentre sono disteso a terra fisso il cielo, solo e dimenticato; il mio corpo è intorpidito e la mia gola è secca, senza una lacrima urlerò il mio lamento d'addio.
Solenne e piacevole, Quest For Fire é ambientata nell'Europa paleolitica e si rifà all'omonimo film di JJ Annaud (1981), a sua volta riferito al romanzo di HJ Rosny, datato 1911: tribù di uomini primitivi cercavano di difendere e conservare il fuoco, ritenuto un vero e proprio dono della natura e per questo conteso in vere e proprie battaglie: E pensavano che quando il tizzone si spegneva la fiamma della vita sarebbe bruciata e morta: non sapevano che le scintille che facevano il fuoco erano frutto dello sfregare il bastoncino con la roccia, così erravano attraverso foreste e paludi pericolose, e combattevano tribù cannibali e bestie per trovare un altro fuoco e riguadagnare il potere della luce e del calore. La dinamica Sun And Steel tratta del samurai Musashi Miyamoto (1584-1645), ritenuto il più grande spadaccino giapponese della storia, nonché scrittore e protagonista di diverse leggende che vengono spesso mescolate ai reali avvenimenti della sua esistenza; nella canzone viene raccontato di come si allenava all'inverosimile e finì per uccidersi facendo harakiri: Attraverso terra e acqua, fuoco e vento, alla fine sei arrivato: il niente era la fine. Fai un taglio di fuoco e pietre, prende te e la tua lama e vi spezza in due. La luce del Sole cade sul tuo acciaio: morte in vita é il tuo ideale, la vita é come una ruota. Interessante notare il riferimento ai quattro elementi costitutivi della cultura taoista citati (acqua, terra, fuoco e vento), mentre il quinto, il vuoto, viene incontrato soltanto alla fine (alla fine sei arrivato: il niente era la fine): questo riferimento é fondamentale per ricondurre a Miyamoto il significato del brano, essendo il samurai autore del Libro degli Elementi, suddiviso in cinque capitoli facenti riferimento proprio ai cinque segni costitutivi. Intricata, solenne e capace di districarsi in un crescendo di pathos e melodia, To Tame A Land si rifà al romanzo Dune di Frank Herbert: questi, che diceva di non amare le band rock (sopratutto quelle più pesanti, come gli Iron Maiden) non concesse al quintetto inglese il diritto di poter usufruire del titolo della propria opera, e sarà in seguito ripagato con un celato Herbert deve morire sulla copertina di Somewhere In Time. Il racconto é impostato su un universo molto vasto di creature, razze, luoghi e tecnologie immaginarie, situate nella terra chiamata pianeta Dune. Gli avvolgenti assoli melodici danno grande profondità al pezzo, uno dei più belli dell'intera carriera di questa band inconfondibile. Non mancano tematiche di diversa estrazione, frutto per lo più di fantasie e riflessioni personali allacciate a considerazioni popolari o comuni. Die With Your Boots On fa riferimento ad una possibile guerra apocalittica e alle relative profezie; é inoltre un invito a morire dandosi da fare, senza restare passivi alla propaganda e ai proclami. Il titolo deriva da un'espressione tipica dei western: se devi morire, fallo con gli stivali. In pratica, il pezzo é un'incitazione a non arrendersi di fronte ai problemi e alle catastrofi o alle guerre annunciate da falsi profeti (viene anche citato un francese, probabilmente Nostradamus) o da previsioni improbabili, tese a creare scompiglio tra la gente: Un altro profeta di catastrofi che dice che la nave è perduta, un altro profeta di catastrofi che ti lascia a farne le spese, che ci irrita con le visioni, e ci affligge di terrore: che predice la guerra per milioni nella speranza che ne appaia una. Nessun motivo per chiedere quando, nessuno per chiedere chi debba andare, nessun motivo di chiedere qual'é il gioco, e nessuno di chiedere di chi sia la colpa. Sembra che gli uomini non facciano altro che cercare di capire quando arriverà la fine del tutto, quasi la aspettassero con ansia, salvo poi preoccuparsi e restare attoniti, davanti al terrore, senza affrontare le vere difficoltà dell'esistenza: non mancano dunque riferimenti esistenziali importanti nella vasta discografia maideniana, e mai argomento potrebbe essere così attuale viste le profezie sinistre che da anni dipingono questo 2012 come anno ultimo del nostro pianeta. La discreta Still Life sembra essere basata su una storia immaginaria che parla di un uomo attrato da un lago, che vede nelle sue acque dei volti: questi gli suscitano degli incubi e dei tormenti, fino a quando l'uomo decide di saltarci dentro mortalmente: esso portò con sé la propria donna, sostenendo che gli spiriti del lago lo chiamavano e non solo me, vogliono anche te.
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what the hell!! fuck Homie !! Dovreste ringraziarmi, senza di me questi ipocriti and useless non avrebbero venduto mezzo disco, fuck fuck.... and fuck west ham!!! |
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bell'articolo ben fatto alle origini dei Maiden molti metallari non erano manco nati io per esempio ero piccolissomo cmq i Maiden sono sempre i Maiden su Flight 666 mi è piaciuta la parte in cui si vedevano i padri a portare i figli a loro volta ai loro concerti grandi da 30 anni i nr. 1 |
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Grande come al solito Rino! Leggo sempre con famelica passione traduzioni di canzoni e, in questo caso, la traduzione e l'analisi dei testi di Piece of mind che mi mancava completamente. Ho scoperto così che Where Eagles Dare si ispirava ad un libro a cui si era a sua volta ispirato il film "dove osano le aquile" con Burton e Eastwood che ho visto un numero allucinante di volte. Per fare lo sborone io ho gli originali in vinile da"Iron Maiden" al "Live After Death" . |
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Io, oltre agli Lp originali senza quelle tre canzoni , ho anche il disco di Maiden Japan. Comunque complimenti per l´articolone, molto curato e approfondito. |
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Total Eclipse traccia dal profilo basso ?????!!!!!!! A parte questo articolo interessante.Cmq è vero essendo un fan di vecchia data posseggo tutte le versioni dei primi album(LP e Cassette) senza le varie Sanctuary,Twilight Zone,Total Eclips(ad eccezione del CD ristampa di TNOTB con quest ultima oltre a possederne gia il vinile originale senza).In oltre ho l'LP di POM con To Tame A Land riportata come Dune  |
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@ The Thrasher: complimenti per l'articolo!!Non ricordi male ,sulle prime stampe dei cd ,Sanctuary ecc..non erano presenti. Una curiosità: sulla prima stampa in vinile italiana di Piece Of Mind "To Tame a Land" era proprio intitolata per errore Dune! |
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Grazie davvero. Mi hai tenuto incollato a leggere dalla prima al'ultima riga. Non vedo l'ora di leggere la seconda parte, che riguarderà fra gli altri il mio disco favorito post-Powerslave,ovvero Somewhere in time, per me caposaldo fra i vari capolavori dei Nostri. Up the Irons! |
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Vero, confermo. non solo nelle versioni in vinile, ho visto anche dei cd sui quali mancano le tracce da te citate se non ricordo male... |
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Anch'io mi associo ai complimenti per questo articolo, che ho letto avidamente, visto che tratta il materiale che preferisco dei Maiden (a cui aggiungo Somewhere in Time). Riporto tre piccole curiosità riguardo la tracklist dei primi tre albums: nonostante il sito ufficiale della band indichi la presenza di Sanctuary nel debutto, Twilight Zone in Killers e Total Eclipse in The Number of The Beast, nelle versioni originali in vinile tali brani erano assenti, fatta eccezione per la stampa americana di Killers, la quale includeva Twilight Zone (a differenza di quella europea), già all'epoca. Sanctuary e Total Eclipse invece, originariamente incluse in singoli dell'epoca, vennero aggiunte nelle ristampe uscite diversi anni dopo. |
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scusate gli errori e che scrivo di getto e invio senza rileggere mai! |
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A parte il fatto che sono sempre stato un Maideniano convinto faccio i complimenti per questo bell'articolo che tocca un argomento importante come quello dei testi e le tematiche che i gruppi che amiamo ed ascoltiamo trattano! Naturalmente conosco svariate tematiche delle canzoni dei Maiden perchè sono andato a ricercare le traduzioni (anche per altri l'h fatto) e la cosa non ha fatto altro che farmi apprezzare amcora di più questa band! Complimenti per l'articolo! |
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eh eh eh! come sempre, grazie a tutti dei complimenti e delle precisazionI! |
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Complimenti Rino, OTTIMO articolo. Ce ne fosse di più di gente che scrive di queste cose, a ricordarci che il metal è IL genere colto per eccellenza. E anche il più confusionario, come volevasi dimostrare, capace com'è di mescolare riferimenti che in altri ambiti sarebbe impossibile (in questo caso: da Carlotta a The Prisoner fino ad arrivare a Poe, tutto in con un solo gruppo!!). Come si dice, dalle stalle alle stelle, e viceversa  |
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Ottimo articolo, s'intende che sono estremamente curioso di leggere le parti successive e faccio i complimenti a Rino. Detto questo, un paio di puntualizzazioni su due brani minori. Twilight Zone è, perlomeno nel titolo ma anche nel tono, un tributo ad un'altra geniale serie televisiva (in Italia "Ai confini della realtà", in UK appunto "The Twilight Zone"). Still Life è, anche se raramente viene citata come fonte, una messa in musica di un racconto di Lovecraft, "Il Colore Venuto dallo Spazio". Ah, e poi "Charlotte la meretrice" non si può sentire come traduzione! per riprendere il gioco di parole inglese, di solito si traduce "Carlotta la mignotta"  |
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Rino bell'articolo davvero correlazionato alle opere letterarie e bella anche la memorabilia a lato: cazzo, 'The Prisoner' era un telefilm molto interessante |
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WoW, lo stampo di sicuro !!! grazie The Thrasher !!! |
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Faccio i complimenti a The Thrasher per il suo stacanovismo, sforna recensioni come fossero sms !! Grande articolo che raffigura i migliori momenti dei Maiden, rock n roll.... Folk!! |
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