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ULVER - Teatro Espace, Torino, 18/02/2010
03/03/2010 (6512 letture)
VOID OV VOICES
Ebbene si, la prima, storica, data italiana degli Ulver prevedeva un'opener!
Tra i convenuti, quasi nessuno era a conoscenza della cosa, per nulla pubblicizzata, il che risulta ancora più sconvolgente se si considera di chi stiamo parlando. Perché, signore e signori, Void Ov Voices altro non è che il nome del nuovo progetto solista del leggendario Attila Csihar, su cui eviterò note biografiche (nel caso in cui ignorate di chi si stia parlando, vi consiglio di tornare su queste pagine solo dopo aver colmato la terribile lacuna).

Di cosa consta questo progetto? Difficile, davvero difficile da dire. Lo storico cantante norvegese, oltre ad esibire una grande teatralità nella preparazione dal palco (completamente oscuro, a parte numerose candele), stupisce tutti i presenti dai primi secondi della sua esibizione: con solo un microfono, e varie tracce a sua disposizione, Attila crea, sovrapponendo abilmente passaggi ripetuti in loop fino all'esasperazione e variandone i volumi, atmosfere di totale annichilimento; circa mezz'ora di esibizione per due pezzi che si sviluppano in maniera pesante, lenta, nella totale assenza di una struttura ritmica sottostante. I passaggi che Attila combina tra di loro sono esasperanti, a volte oscuri sussurri di sottofondo, altre volte lancinanti lamenti che rimandano ai tempi dei Mayhem che tutti i blackster ricordano con un misto di timore e immutato affetto.
Difficile compiere un'analisi musicale, poiché alla fine di musica in senso stretto non ce n'è: la missione dei Void Ov Voices è quella di catturare la totale partecipazione del pubblico al crescendo -spesso inesorabilmente lento- degli angosciosi "vocalizzi" di Attila e si può dire che, nonostante una fetta di pubblico sia poco avvezza ad una forte partecipazione emotiva (cosa che si ripeterà, con mia grande rabbia, anche durante lo spettacolo degli Ulver), molti dei partecipanti siano alla fine risultati profondamente colpiti e segnati da questa breve ma intensa maratona musicale. Quantomeno i Void Ov Voices colpiscono abbastanza da far parlare di sé anche a concerto finito da un pezzo; missione compiuta.


ULVER – WE COME AS THIEVES
Potrei giustificare la presenza su queste pagine degli Ulver sottolineando il loro passato di capolavori metal, o facendo notare che dal vivo le loro composizioni evidenziano uno spirito molto più rock. Potrei, ma non lo farò. Perché è giusto dire le cose come stanno, e allora diciamolo: gli Ulver non sono più un gruppo metal da molti anni, non lo sono musicalmente in studio e non lo sono dal vivo.
Lo show dei norvegesi è infatti per un abituale metallaro come me quanto di più strano e anomalo ci possa essere: la band è assolutamente statica sul palco e per nulla comunciativa col pubblico. Si tratta di una critica? Assolutamente no!
Il punto è che gli Ulver non vogliono far nulla per compiacere il pubblico, non si lanciano in grandi proclami e non incitano gli spettatori a seguirli: loro si gettano nella propria arte, nella propria gelida atmosfera di cui sono intimamente permeati -glielo si legge nelle espressioni di totale compenetrazione con la musica che suonano- e lasciano alle singole coscienze dei presenti se condividere o meno questa esperienza mistico-musicale senza pari (cosa che, come ho già detto prima, lascerà indifferenti alcuni dei presenti, assolutamente incapaci di abbandonarsi alla musica).



Sulle note delle dolci atmosfere tratte da Shadows Of The Sun inizia un viaggio sconcertante tra le più belle creazioni dei lupi norvegesi: dall'inquietante potenza di Little Blue Bird alla sconvolgente Rock Massif, accompagnata quest'ultima da forti immagini testimoni dell'abominio nazista, dall'asfissiante e terribilmente attraente pezzo tratto da Silence Teaches You How To Sing -brividi, fottuti brividi lungo la schienza- ad uno dei momenti più toccanti di tutta la serata, ossia quello dedicato a due brani tratti dall'immenso Perdition City.





Hallways Of Always e Porn Pieces Or The Scar Of Cold Kisses regalano infatti agli amanti dello splendido disco in questione una decina di minuti dall'intensità indescrivibile, ancora una volta anche grazie alla bellissima scelta dei video proiettati sullo sfondo, che ci accompagnano nel viaggio senza fine all'interno della multiforme e mutevole città. Altri momenti di incredibile intensità si raggiungono con la potentissima Operator e infine con una magistrale Not Saved, con un allungatissimo finale da ascoltare in totale stato di trance accompagnati dal delicato piano che ci accompagna alla fine del concerto:



Su questo momento di massima emotività gli Ulver chiudono il concerto, ricevendo un lunghissimo applauso che li costringe a risalire sul palco per salutare i fan e ringraziarli; ma niente bis, perché gli Ulver, nella massima coerenza, possono solo rispettare la scritta che compare ora alle loro spalle:

Ulver
The Rest Is Silence


PS: riconosco pubblicamente di aver abusato della possibilità di utilizzare i video e di aver, alla fine, scritto ben poco. Perdonatemi, non esistono parole per descrivere un concerto degli Ulver, bisogna viverlo.

Photocredits By TheGiallo, si ringrazia l'utente YouTube thebigpecolaman per aver caricato i video



Autumn
Giovedì 4 Marzo 2010, 12.16.52
3
Un'esperienza, quella degli Ulver, che consiglio a tutti, potenzialmente in grado di sconvolgere e di colpire nel profondo.
Khaine
Mercoledì 3 Marzo 2010, 21.06.24
2
UNgherese? Come il salamino? scherzi a parte, mi han detto tutti che si è trattato di un gran bello spettacolo. Inoltre siccome nessuno sapeva di Attila pare esser stata anche una bella sorpresa...
fdrulovic
Mercoledì 3 Marzo 2010, 20.58.46
1
Attila è ungherese, non norvegese.... nulla di strano visto che trattavasi di articolo sui norvegesissimi Ulver... ciao
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