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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 5286 letture )
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Nuova uscita discografica per l'instancabile Jørn Lande, che con questo The Duke giunge al quarto album da solista. Per questa nuova fatica, la voce dei Masterplan si è fatta affiancare dal bassista dei TNT Morty Black, il batterista dei Company of Snakes Willy Bendiksen, e i chitarristi Tore Moren e Jørn Viggo Loftstad rispettivamente dei Carnivora e Pagan's Mind. La produzione è stata affidata a Tommy Hansen (Helloween/Pretty Maids/Hatesphere). Personaggi questi, che garantiscono un livello tecnico decisamente alto, cosa a cui il cantante Norvegese è stato sempre attento durante la sua carriera. Quando poi alla qualità tecnica si aggiunge la straordinaria ugola del carismatico Lande, è lecito aspettarsi grandi cose, e i tre precedenti lavori (Starfire, Worldchanger e Out To Every Nation) hanno mostrato un artista sempre ispirato ed in piena forma, nonostante la mole impressionante di progetti a cui ha prestato la voce. Fortunatamente, anche questa volta, quello che ci troviamo tra le mani è un disco che regalerà tante soddisfazioni ai fan del biondo cantante, e non solo. La virata da soluzioni progressive retaggio degli Ark ad un suono più propriamente Hard/Heavy si completa magnificamente nelle canzoni di questo nuovo platter, figlio di sonorità che attraversano il ventre di Whitesnake e Masterplan, squarciandoli e rimettendoli insieme su una tela di colori nitidi e sgargianti. L'esperienza di songwriter di Jørn è ormai consolidata ed affinata, e il suo stampo si nota chiaramente in ogni canzone del disco. Forse però questa volta si nota fin troppo, e quello che ne viene fuori è un sunto delle sue precedenti esperienze discografiche. A dire il vero poco importa, perchè la qualità dei pezzi rimane sempre elevata, e il disco scorre via senza intoppi nei suoi tre quarti d'ora di durata. Il primo esempio di ciò che ho appena detto arriva proprio in apertura, con i due pezzi iniziali We Brought The Angels Down e Blacksong. Il primo è un mid-tempo dalle cadenze pesanti e marziali, ma impregnato di melodie oscure che riflettono la particolare spiritualità del lungocrinito cantante, intento ancora una volta a parlare di angeli e religione. Il secondo è un bellissimo pezzo melodico che cresce in pathos ed intensità man mano che i secondi scorrono. Due canzoni straordinarie, eppure custodi di una sensibilità espressiva ormai codificata nel personaggio Lande, che le rende vagamente simili nelle melodie a due pezzi del precedente album. Questo piacevole senso di deja-vu continua anche nell'infuocata Stormcrow, che potrebbe benissimo comparire in Aeronautics, secondo album dei suoi Masterplan, e End of Time, che assomiglia a Vision Eyes dal precedente album, forte questa volta di una maggiore concretezza. Forse proprio questa potrebbe essere la carta vincente di questo disco, essere "familiare" senza puzzare di vecchio e stantio, risultare fresco pur basandosi su intuizioni già usate. Inutile dire che quando dietro al microfono c'è un interprete di tale caratura, tutto risulta più facile. La prestazione del buon Jørn è come sempre sopra le righe, capace di mettere tutti d'accordo con la sua incredibile ugola, sempre stupefacente e sempre al servizio delle canzoni, evitando sterili esercizi di stile. E quando si tratta di seguire il sentiero tracciato dal maestro David Coverdale, Jørn non si tira certo indietro: Duke of Love è il pezzo che più di tutti richiama alla mente i Whitesnake che furono, scenario ideale per esaltare le doti di Lande che non si risparmia una prestazione da applausi a scena aperta. Applausi che teniamo per noi in occasione di Burning Chains, ballad che non risulta tra le migliori del repertorio del norvegese. Dopo due ottimi pezzi come After The Dying (azzeccato l'equilibrio tra riff metallici e melodia nel ritornello) e Midnight Madness, solidi e quadrati, giungiamo alla seconda cover della carriera solista di Jørn Lande, che va a fare il paio con Burn dei Deep Purple, presente sul primo album: Are you Ready dei Thin Lizzy. La resa è notevole, e la sua nuova veste ruvida e metallizzata, nonostante non la stravolga più di tanto, ne conserva intatto il fascino. D'altra parte quando la matrice è un classico dell'hard rock di sempre, il risultato difficilmente delude. La chiusura è affidata al remake di Starfire, dal primo omonimo album. Scelta che non mi trova d'accordo, in quanto la canzone era già splendida così come era stata realizzata nel 2000, e questo rifacimento nulla le toglie e nulla le aggiunge. Forse è soltanto il sintomo di ciò che avevo detto in apertura, forse è arrivato per Jorn il momento di cominciare a cercare varianti più o meno significative per la sua personale proposta musicale... ma per ora va benissimo così, tanto che questo The Duke lo consiglio veramente a tutti poichè per me è sicuramente una delle migliori uscite di questo 2006.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. We Brought The Angels Down 2. Blacksong 3. Stormcrow 4. End Of Time 5. Duke Of Love 6. Burning Chains 7. After The Dying 8. Midnight Madness 9. Are You Ready (Thin Lizzy cover) 10. Starfire (2005 Version)
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Line Up
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Jørn Lande: vocals Tore Moren: guitars Jørn Viggo Lofstad: guitars Morty Black: bass Willy Bendksen: drums Don Airey: keyboards
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