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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Thin Lizzy - Black Rose: A Rock Legend
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( 7235 letture )
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Black Rose: A Rock Legend nono album in studio dei Thin Lizzy esce nei negozi il 13 aprile 1979 per la leggendaria Vertigo Records e quello che sta succedendo alla band potrebbe far temere per un passo falso. Il gruppo, guidato da Phil Lynott, è reduce dai buoni riscontri del precedente Bad Reputation e, soprattutto, dal maestoso doppio dal vivo Live & Dangerous, e sembra iniziare a raccogliere quanto ha seminato in tanti anni, per fare l’ultimo salto verso la notorietà planetaria che gli spetterebbe sotto tutti i punti di vista. Ma i malumori all’interno della band, a lungo latenti, esplodono a metà nel 1978 quando il chitarrista Brian Robertson, a causa di insanabili incomprensioni con il leader, abbandona i Lizzy. I rapporti fra i due avevano iniziato a guastarsi già alcuni anni prima quando Robbo si era ferito ad una mano in una rissa e aveva dovuto essere sostituito per il tour americano insieme ai Queen, e in seguito aveva solo parzialmente partecipato alle sessioni di registrazione di Bad Reputation . I Thin Lizzy hanno quindi perso uno dei membri che, insieme a Scott Gorham, aveva contribuito ad affinare quel sound caratterizzato dalle armonie delle due chitarre che ha reso così unici e inimitabili i dischi precedenti. In molti si sarebbero scoraggiati, ma non l’indomabile Phil Lynott che si rivolge, come in altri momenti di difficoltà, a Gary Moore chiedendogli di entrare in pianta stabile nel gruppo. Il geniale chitarrista irlandese accetta e si fa trovare pronto alla fine del 1978 per seguire gli altri tre in studio. Il disco viene registrato anche questa volta agli ordini del leggendario produttore Tony Visconti (David Bowie,
T. Rex per citarne alcuni) tra Parigi e Londra. Quello che uscirà dalle sessioni è qualcosa di destinato a lasciare il segno.
Molto è già stato scritto sull’enorme influenza che il sound dei Thin Lizzy ha avuto sulla nascita della NWOBHM, in Black Rose se ne ha un’ulteriore testimonianza con il duo Gorham/Moore che si lancia in spettacolari cavalcate all’unisono trascinato con fermezza dal basso pulsante del grande Lynott, ricordando non poco il sound di una futura Vergine di Ferro. In questo disco, in particolare nell’immensa title-track, si possono osservare anche le grandi influenze folk e il contributo dato dalla band alla perfetta fusione tra queste sonorità e l’hard rock. Anche la copertina, nuovamente ad opera dell’artista irlandese Jim Fitzpatrick, è entrata nell’immaginario collettivo con la sua rosa nera macchiata da alcune gocce di sangue (il buon Axl ce l’ha tatuata sul braccio) e sul retro lo stesso fiore con all’interno i ritratti dei quattro componenti. La sequenza di nove gemme che compone Black Rose parte con Do Anything You Want To: i tamburi di Downey e il basso di Phil scandiscono il tempo e fanno da impalcatura a questa song incalzante le cui le ottime liriche, in pieno stile Lynott, sono un invito alla libertà e a mettersi contro il “sistema”. Subito da antologia i due assoli all’unisono dei chitarristi, ricchi di feeling e come sempre magicamente incastonati all’interno della struttura complessiva della canzone. Ancora un grande classico dello stile Thin Lizzy con la successiva Toughest Street in Town, con i testi legati all’ambiente delle gang di strada e con un Lynott che ci offre una prova vocale esagerata in cui riesce a ricreare la sensazione di finire in mezzo ad una buia strada della periferia di Dublino. Magistrale, ancora una volta, la linea melodica messa in piedi dalle sei corde e da antologia lo strabordante assolo di Gary Moore. Al terzo posto in scaletta troviamo S&M che dimostra quanto la band fosse eclettica e sempre alla ricerca di nuove influenze e sonorità da aggiungere al suo già importante bagaglio. In questa traccia fanno capolino forti reminescenze funky che si vedono nell’incalzante linea di basso, nel riff portante e nel drumming di Downey. Proprio quest’ultimo merita una menzione di merito, spesso “dimenticato” vista la magnificenza dei suoi compagni di viaggio, è un batterista assolutamente straordinario con un tocco jazzistico, sofisticato e mai banale che si integra magicamente con la potenza degli altri strumenti. Dopo le atmosfere funky si torna sui binari più tradizionali per il primo singolo estratto dall’album: Waiting for an Alibi dove ad impressionare in modo particolare è la seconda parte della canzone che, a partire dall’assolo di Gorham, lascia spazio ad un’epica cavalcata all’unisono dei due chitarristi. Chiude il lato A dell’LP la dolce ballad Sarah che per la seconda volta compare fra le tracce di un disco dei Lizzy. La prima “versione”, presente su Shades of a Blue Orphanage, è un omaggio alla nonna di Phil, questa volta la dedica va alla figlia appena nata e mostra la capacità della band di abbandonare le tematiche e il sound stradaioli in favore di atmosfere più soft e rilassate senza perdere un briciolo di classe e raffinatezza. A costo di diventare ripetitivi, il lavoro in fase solistica di Gary Moore è nuovamente da incorniciare. Got to Give It Up costituisce un triste presagio all’infausto destino di Phil Lynott, le liriche parlano infatti in modo non troppo velato della dipendenza dagli stupefacenti che in quegli anni stava iniziando a diventare un problema per il leader e che lo porterà, purtroppo, a lasciarci troppo presto. Dal punto di vista musicale l’apertura è lenta e sulfurea per poi esplodere con un classico ed elegante arrangiamento del gruppo. Get Out of Here ci mostra ancora la band premere forte sul pedale dell’acceleratore trascinata da Downey e dal basso incalzante di Phil che urla ancora la sua voglia di libertà questa volta rivolto ad una signorina che l’ha fatto arrabbiare. La seguente With Love rallenta un po’ e vede ospite il grande Jimmy Bain al basso e Huey Lewis all’armonica per una classica ballad alla Lizzy impreziosita dagli arrangiamenti sofisticati delle melodie chitarristiche. La title-track chiude il disco portando il tutto ad un livello che pochissimi possono raggiungere. La traccia è costituita dal riarrangiamento in chiave hard rock realizzato da Phil e Gary di quattro canzoni della ricca tradizione folk irlandese. La qualità tecnica è assolutamente stupefacente con Downey che sulle ritmiche tradizionali costruisce un groove sensazionale, ricco e vario, Lynott al solito guida la band in modo autorevole con il suo basso, Gorham arricchisce le melodie con lo stile che lo ha reso leggendario e poi c’è Mr. Moore. L’immenso e mai abbastanza lodato chitarrista irlandese, dopo aver spadroneggiato per gran parte dell’album, in Róisín Dubh si spinge oltre facendo uscire dalla sua Les Paul un concentrato di tecnica, classe ed emozioni che si sono visti in poche altre occasioni. La canzone è talmente ben arrangiata che chiudendo gli occhi si possono vedere distintamente i grandi prati verdi, le scogliere e le case di mattoni rossi dell’isola di James Joyce e Michael Collins.
Dopo Black Rose: A Rock Legend i Thin Lizzy affronteranno un periodo buio con Phil e Scott sempre più invischiati con la droga e Gary che lascerà già a metà del tour a supporto del disco. Seguiranno alcuni album non perfetti e con un sound abbastanza diverso, ma comunque degni di nota, vista la presenza sull’ultimo di un altro asso della sei corde come John Sykes.
Phil Lynott e Gary Moore ci hanno lasciato, ricevendo solo un briciolo della considerazione e della gloria che avrebbero meritato, pur avendo scritto pagine indelebili e imprescindibili della storia della musica. Probabilmente adesso si staranno bevendo insieme una bella Guinness in un prato verde della loro amata isola, e quando da qualche parte nel mondo qualcuno spara a tutto volume Róisín Dubh si faranno una risata e saranno felici.
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20
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qui veramente A rock legend, album monumentale come praticamente discografia intera. 95 |
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19
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... chissà ROBERTSON come avrà rosicato.... Un ottimo disco che, a tratti, prende atmosfere quasi pop senza urtare, senza dare fastidio. Faccenda spinosa e abbastanza sul filo del rasoio. Difficilissimo. Bravi tutti e 4. come dice Abarth: classe e raffinatezza. /// Ho letto uno speciale di Classic Rock sulla realizzazione del presente LP, con foto d'epoca, interviste e tutto il resto, e mi ha colpito il fatto di come molti irlandesi amici della Band, considerassero una pacchianata assurda il medley finale, criticando amabilmente PHIL x gli assurdi stereotipi sugli Irlandesi ivi utilizzati. Quello che a noi ci sembra una figata.... |
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18
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Ah una piccola curiosità: Axl Rose ha tatuato sul braccio la rosa della copertina |
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Non sono un fa sfegatato di questa band ma questo disco é proprio bello! |
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16
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Comunque chinatown è un capolavoro |
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15
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ho amato Black rose già dal primo ascolto e ammetto che sul finire della recensione mi hai fatto scappare una lacrimuccia |
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14
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Capolavoro. Una sola parola per descrivere questo album che ogni amante dell`heavy metal dovrebbe avere. Due protagonisti assoluti: Phill Lynott, grandissimo musicista, cantante unico, voce calda passionale ma anche forte. Un artista dall`animo irrequieto morto troppo presto per le sue debolezze, leggi droga ed alcool (il testo di Got to give it up e` di una tristezza incredibile) perche` avrebbe avuto ancora tanto da dire, uno cosi` nasce una volta ogni tanto. E pou Gary Moore, chitarrista straordinario, che sul disco fa un lavoro enorme, la sola titletrack vale da sola un disco, una canzone che trasuda Irlanda da tutti i pori, con un Moore monumentale. Per me non c`e` una canzone debole, nove canzoni nove capolavori assoluti, hard rock, funky, ballate, folk, cosa volere di piu`? Un solo appunto alla recensione: quando dice alla fin che poi ci sarebbero stati altri album ma inferiori, per me Thunder and... vale cone questo album, piu` heavy, ma un capolavori anche quello. |
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13
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Finalmente un album intero con Gary Moore alla chitarra. E che disco! La title-track, Toughest street in town, Waiting for an alibi sono pura goduria 80 |
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12
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È scritto nella recensione. Un disco che ha lasciato il segno. Ovazione e un ricordo di due geni della musica. |
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11
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Band mai tenuta in considerazione quanto dovrebbe... Molto più influenti di quanto solitamente si dice e poco ricordati . L' album? Stupendo. |
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10
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È tutta magia quella che viene fuori dalle note dei Thin Lizzy |
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A me "Sarah" fa impazzire! Gran disco, band immensa! |
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7
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@philives grazie per le segnalazioni, sul solo di Waiting for an Alibi chiedo venia al grande Scott per avergli rubato il solo : ) Su Huey Lewis a dire la verità sono stato abbastanza combattuto, sapendo del "omonimia" degli strumenti. Dopo aver ascoltato il disco miliardi di volte per conto mio e almeno 5\6 per la recensione su Sarah in effetti l'armonica si sente mentre in WIth Love sinceramente non me ne sono accorto è ho deciso di dare al buon Huey il ruolo di polistrumentista  |
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H. Lewis suona l'armonica a bocca in With Love e Sarah, non l'arpa. In inglese harp significa entrambi gli strumenti. Se si ascoltano le canzoni, comunque, si sente chiaramente. |
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5
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L'assolo in Waiting for an Alibi è di Scott Gorham, non di Gary Moore. |
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Bad Reputation è un altro album ÌMMENSO |
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thin lizzy = certificato di garanzia si va sempre sul sicuro con loro. Black Rose: A Rock Legend un album leggendario punto e basta! |
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1
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Bella rece...per un grande album. Mitici |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Do Anything You Want To 2. Toughest Street in Town 3. S & M 4. Waiting for an Alibi 5. Sarah 6. Got to Give It Up 7. Get Out of Here 8. With Love 9. Róisín Dubh (Black Rose): A Rock Legend I. Shenandoah II. Will You Go Lassie Go III. Danny Boy IV. The Mason's Apron
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Line Up
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Phil Lynott (Voce, Basso) Scott Gorham (Chitarra) Gary Moore (Chitarra) Brian Downey (Batteria)
Musicisti Ospiti: Jimmy Bain (Basso nella traccia 8) Huey Lewis (Armonica nelle tracce 5 e 8)l
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RECENSIONI |
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