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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Amorphis - Under the Red Cloud
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04/10/2015
( 9202 letture )
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Sing, the beginning of our songs Spin an end to all our stories Sing the beginning of our songs And bring an end to all our stories In Tuonela
Viviamo sotto una minacciosa nube rossa. Quasi non abbiamo tempo di rendercene conto, mentre ci aggrappiamo alle nostre faticose e nevrotiche vite, smarrite in mezzo a quella quotidianità che ci è stata imposta per sopravvivere, eppure lei è lassù, a velare sinistramente il sole e ad incombere su di noi. Un simbolo del male che affligge il mondo moderno, una metafora per raccontarci come intorno alle nostre piccole esistenze ci sia una serie di crisi e problemi che affliggono tutti i livelli della realtà e come svariati leader e “re” in ogni dove nascano e muoiano senza apportare mai nessun beneficio se non a loro stessi. Sono degli Amorphis un po' più impegnati quelli che troviamo in questo Under the Red Cloud, che arriva a poco più di due anni di distanza dall'ottimo Circle. Una band che, con l'aiuto del loro paroliere Pekka Kainulainen, continua a dipingere atmosfere ed immagini ispirate all'immancabile Kalevala. Questa volta però, è come se Väinämöinen si fosse ritirato nella natura selvaggia, osservando in lontananza il mondo che va a rotoli da un luogo primordiale e senza tempo che sembra sfuggire alle insidie e ai mali della Terra. Degli Amorphis moderni, che continuano nella strada tracciata nell'ultimo periodo della loro carriera, cercando però di curare sempre più dettagli e costruendo strutture ed arrangiamenti ogni volta più complessi e bilanciati tra l'aggressività delle chitarre e della componente più dura del loro sound (portata all'estremo dalle parti in growl di Tomi Joutsen) e il lato più melodico, che si affida alle composizioni di Santeri Kallio e all'apporto di numerosi ospiti. Un bilanciamento dall'andamento altalenante, che a partire da The Beginning of Times e passando per Circle, ha continuato ad evolversi fino alla presente prova, in cui sembra che le due anime abbiano portato la loro sintesi ad un livello ancora più alto. Descrivere però il sound di Under the Red Cloud è veramente un compito arduo, che si ripresenta tra l'altro ad ogni singola uscita del gruppo finnico che, fedele al proprio nome, riesce ogni volta a proporre un mix anomalo e fluttuante di elementi che richiede il giusto tempo per essere assimilato nella sua interezza. C'è da dire però che la cura degli arrangiamenti e la bellezza delle melodie colpisce fin dal primo ascolto, rendendo così Under the Red Cloud un album apprezzabile su più livelli e soprattutto che riesce ad offrire all'ascoltatore sensazioni diverse in momenti diversi.
Il punto più forte del disco (e degli Amorphis, più in generale) è senza dubbio la capacità di dare una dignità e un'importanza capitale ad ogni singolo strumento, tutti di eguale importanza e tutti fondamentali nella creazione di un qualcosa di superiore, che eccede la somma delle parti che lo compongono. In parole povere, il concetto di “band” messo in musica. Le chitarre ritmiche, guidate da Tomi Koivusaari, sono onnipresenti nel creare strutture solide e allo stesso tempo varie, grazie all'uso di una grande quantità di ottimi riff e ad un'esecuzione al limite del maniacale, ottenuta sotto al supervisione di un produttore implacabile come Jens Bogren. Esa Holopainen ha invece -come al solito, del resto- creato delle linee melodiche malinconiche nella costruzione delle parti soliste, che rendono onore al suo gran gusto, pur non eccedendo in tecnicismi esasperati. Jan Rechberger dietro le pelli crea uno scheletro più che azzeccato e, stranamente, molto discreto, dosando con parsimonia le parti più tirate (che comunque non mancano, ascoltare Dark Path per credere), concentrandosi invece sul costruire filler pacati ma complessi, con un largo uso dei piatti ed esaltando la “tribalità” di svariati momenti con un abile uso dei timpani. Niclas Etelävuori al cinque corde invece è autore di una prestazione che potrebbe di primo acchito sembrare di buon mestiere, ma che rivela in realtà un contributo enorme al groove dei pezzi, grazie ad un accompagnamento preciso con un suono dal giusto crunch e a passaggi che riempiono in maniera ideale sia le parti dove la ritmica di Koivusaari è più intensa, sia quei momenti più atmosferici dove sono le chitarre in clean a prendere apparentemente il controllo. Il premio alla prestazione più poliedrica lo vince però senza ombra di dubbio il buon Santeri Kallio, che si giostra a meraviglia tra organo a canne, organo Hammond, pianoforte, sintetizzatori analogici e creazione di partiture orchestrali, elementi che fusi insieme creano sempre un sottofondo che funge da perfetto contraltare al lato più diretto del sound, apportando ora elementi folk (con l'aiuto di Chrigel Glanzmann ai flauti), ora elementi più epici o retrò che contribuiscono alla citata varietà di un sound che include addirittura momenti dal sapore orientaleggiante arricchiti dall'uso di un sitar. Dietro il microfono invece Tomi Joutsen sembra abbia dato vita ad una delle sue prestazioni più curate, con uno studio delle linee vocali in pre-produzione decisamente approfondito e con una scelta delle melodie che parla da sola, soprattutto negli stupendi ritornelli -interpretati con vero sentimento- dove la sua voce pulita da sfoggio di tutta la sua estensione. Anche le parti in growl si mantengono su un buon livello e sopperiscono con l'aggressività alla minor potenza di Tomi, quando usa questo tipo di vocalità.
Se veniamo alle singole tracce è piuttosto difficile trovarne di più riuscite di altre, perché l'estrema selettività nel processo di registrazione (le canzoni che sono finite sul disco sono una minima parte di quelle che la band aveva composto per questa tornata), ha fatto sì che trovassero posto solo i pezzi veramente migliori. Ad ogni modo degne di menzione particolare sono la titletrack, davvero di livello altissimo, in grado di mostrare quasi tutti gli elementi che i finlandesi hanno deciso di utilizzare per questa release; Dark Path, che ci riporta indietro nella carriera degli Amorphis, con un tiro considerevole della sezione ritmica nel suo complesso e delle melodie vincenti, che fanno da contrappunto ai momenti più concitati ed esplodono letteralmente nel ritornello in cui Tomi Joutsen fa uscire anche la sua voce pulita. Aggiungiamo anche la conclusiva White Night, più malinconica e riflessiva, in cui dimostra anche la sua classe Aleah Stanbridge (Trees of Eternity, Swallow the Sun), ospite d'eccezione che con la sua bellissima voce eterea, che aggiunge un tocco veramente indimenticabile.
Uno dei veri punti di forza di Under the Red Cloud è infine la produzione, per cui gli Amorphis si sono affidati al già citato Jens Bogren, nome ormai decisamente affermato nel mondo delle registrazioni metal (nonostante la giovane età), in quanto già produttore di band come Katatonia, Amon Amarth, Opeth e Paradise Lost. Bogren ha affrontato le registrazioni e il mixaggio con una cura del dettaglio non meno che maniacale, combinando un sound moderno e potente nelle scelte di mix con un'attenzione notevole al lato “analogico” delle registrazioni, scegliendo con cura ogni strumento (anche vintage), e prediligendo suoni sempre reali a scapito dei sintetizzatori digitali. Le parti di organo (non Hammond) che sentite sono state registrate con quello della chiesa di Paavali ad Helsinki, mentre per le orchestrazioni e le parti folk ci si è affidati rispettivamente alla Österäng Symphonic Orchestra e a Chrigel Glanzmann (leader degli Eluveitie). Purtroppo, tuttavia, le dinamiche sono state un po' sacrificate da un mastering più o meno in linea con quello che è oggi lo standard delle moderne produzioni metal, forse un po' troppo pompate sotto questo aspetto, ma anche nel ‘male’, i livelli a cui sono stati spinti i brani sono comunque leggermente più bassi della media, fattore che rappresenta comunque un lato positivo in più.
Cosa dire per riassumere? Gli Amorphis si confermano una band assolutamente incapace di sbagliare un colpo, riuscendo ogni volta a reinventarsi, producendo sempre musica di altissimo livello con una classe e un'intelligenza nell'approccio agli arrangiamenti veramente fuori dal comune. Under the Red Cloud è dunque il naturale proseguimento dell'era Joutsen, che probabilmente per i fan di vecchia data non riuscirà a competere con i grandi classici del gruppo, ma è a tutti gli effetti una prova solida è che merita di essere ascoltata a priori, perché al di là del -sacrosanto- gusto personale, qui siamo davanti a grande musica.
The nations search for treasure And beasts rise from their tombs Kings revel in triumph All succumb to shadows in their own turn
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Grandissima band...Grandissimo album...a mio avviso il migliore del 2015 |
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Se guardiamo bene, questa band non ha sbagliato un colpo e ha sfornato dischi di altissimo livello. UTRC è una conferma, di un gruppo molto molto sottovalutato. |
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a distanza di un paio d'anni dall'uscita, confermo quanto detto nei commenti sottostanti: lo riascolto spesso e volentieri |
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Io da quando è uscito lo ascolto una volta a settimana, siamo saliti a 90 |
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Alzo il mio voto precedente a 88, veramente uno dei migliori prodotti della loro discografia. Quantomeno io ne sono rimasto stregato e ancora oggi lo ascolto abbastanza spesso, fatico a trovare un brano debole in tutto il lotto. Bellissimo davvero. |
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E' impressionante pensare che dopo 25 anni di carriera riescano ancora a scrivere un capolavoro (solo Elegy e Tuonela gli sono superiori). Epicità pura e Tree of Ages è sublime 88 |
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Ascoltato per sbaglio, mamma mia che bello. Li avevo messi nel dimenticatoio da anni ma qui siamo ad alti livelli. Concordo con Room 101 |
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19
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Ogni volta che ascolto un disco degli Amorphis so che avro` due problemi: uno l`eccessiva lunghezza del disco; l`altro l`uso del growl che non ho mai sopportato. Anche in questo caso l`album contiene canzoni grandiose fra le migliori dell`era Joutsen, ma con un paio di canzoni in meno sarebbe stato meglio. Poi non riesco proprio a digerire il growl che secondo me in un heavy metal con influenze folk, orientali e anche anni 70`, non c`entra niente. Preferirei l`uso della voce pulita, aggressiva ma non growl. Tolgo per questo dieci punti e do` come voto 80 |
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18
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bella recensione per un disco azzeccato, che non inventa nulla ma riesce a far brillare i punti forti del gruppo, con un Joutsen in grande spolvero, tastiere monumentali e gustose speziature black su The Four Wise Ones e Dark Path. unici appunti, la clamorosa Winter's Sleep relegata a bonus track ed una certa staticità nel songwriting, un po' troppo legato alla struttura strofa-ritornello |
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17
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Ha ragione Graziano, le due bonus sono anche migliori di alcuni pezzi della track-list ufficiale, scelta incomprensibile...Avranno voluto dare 'lustro' alla Limited Edition, questa volta quei 2-3 euro in più ci stanno tutti. |
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15
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Indubbiamente uno dei migliori album degli ultimi anni, non solo del 2015. Mi lascia solo molto ma molto perplesso che due canzoni meravigliose come Come the spring e Winter's sleep siano bonus track della limited (che ho acquistato). Ma son impazziti??? |
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14
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Si, è proprio un gran bel disco: grandi canzoni, bellissime melodie e un’atmosfera contaminante (in senso positivo) che permea tutto il platter. Bella prova di Joutsen, soprattutto nelle clean ma anche il growl (seppur a tratti un po’ “spuntato”) bene si addice al mood dei brani. Il loro stile inconfondibile e la loro eleganza permettono loro inoltre di autocitarsi senza cadere mai nel banale, nonostante qualche brano richiami chiaramente ad album passati. Ben studiati anche i passaggi orchestrali e più tradizionali (come il flauto in “Tree Of Ages”). Secondo me hanno fatto anche meglio di Circle, qui non siamo molto lontani da Skyforger. Voto 84 |
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13
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@rob83: Togliere il flauto agli Amorphis è come togliere l'hammond a i Purple....non so se mi spiego. Chi si è innamorato degli Amorphis con Thousand Lakes, il flauto è una presenza imprescindibile dal contesto |
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12
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Assolutaamente stupendo questo album solamente nella death of a king avrei tolto il flauto e i ritmi orientaleggianti ma per il resto nulla da eccepire! well done amiorphis! L'unica pecca è che vanno girando insieme ai nightwish e avranno solamente 30 min per presentare canzoni....speriamo di vederli da soli come headliner da qualche altra parte a london. |
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11
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Bellissimo disco. Chapeau! Già mi era piaciuto molto Circle ma qui, oltre che a confermarsi a livelli eccelsi di songwriting, ci trovo molto più "mestiere" in senso assolutamente positivo. Forse è la ottima produzione. Per spiegarmi meglio, già scrivono dei brani grandiosi ma poi li curano nei dettagli e ne mettono al servizio tutta l'esperienza che hanno. Confermo anche, come mi era già capitato con Circle, che il disco si assimila già ai primi ascolti. Non so se è il disco dell'anno: per me, De Gjenlevende dei Galar, Sistere degli Izah e Monotony Fields degli Shape of Despair gli danno molto filo da torcere, per il primato. Siamo comunque, su livelli altissimi. Complimenti anche a Monsieur Room 101 per l'ottima recensione. Au revoir. |
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10
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mi piacciono sempre di piu'...grandiosi |
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9
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@inflames69: assolutamente, infatti la mia era una battuta, ci mancherebbe  |
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8
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Lizard:con tutto il rispetto possibile per il vostro lavoro: non mi sembrava e non avevo nessuna intenzione di polemizzare! Ero solo impaziente di leggere il vostro parere sul disco..tutto qui. Poi e chiaro che non conosco le dinamiche per cui il nuovo dei W.A.S.P. uscito l'altro ieri è già stato recensito e per quello in oggetto c'è volutoto piu tempo...nessun problema alla prossima☺👍 |
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7
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Stiamo parlando dei mostri sacri finlandesi, non ce n'è. Al momento ho ascoltato solo Death of a King, disponibile su utube. Mi fionderò all'acquisto del cd a questo punto. Consiglio gli Amorphis anche dal vivo! _\m/ |
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6
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Bellissimo l'artwork e bello anche il disco, ce l'ho da venerdì quindi l'ho ascoltato troppo poco per giudicare però le prime 4 sono meravigliose, il gruppo ha una classe cristallina e propone un songwriting ormai consolidato e che funziona. Belle anche le due bonus track presenti nella limited edition, superiori ad alcuni brani "ufficiali". Tuttavia ci sono alcuni dettagli per i quali non mi unisco alle grida di giubilo: alcuni brani mi sembrano un pochino deboli (es. Death Of A King), il growl di Joutsen non è incisivo come in Circle e in generale noto un pò di autocitazionismo (che dura da qualche album ormai). Ripasserò quando mi sarà entrato dentro, anche se al momento non voterei sotto al 75. |
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5
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Ascoltato una volta ieri tutto di fila...mi è sembrato un disco splendido. Credo che lo imparerò a memoria nei prossimi giorni. |
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4
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Siamo sui livelli di Skyforger, con qualche richiamo ai primi dischi. Lavoro alle keys di alto livello e produzione moderna che a me piace molto (di molto superiore ai precedenti). Per me e' un ottimo disco per quanto il loro stile sia riconoscibile e dunque lievemente autocelebrativo. |
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@inflames69: detto con la massima ironia possibile -credimi- non è che nel frattempo ci siamo grattati il deretano eh  |
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Disco dell anno senza alcun dubbio..splendido. come altre volte scritto al momento li reputo il miglior gruppo metal in circolazione. Un solo piccolo appunto alla redazione...la recensione di un disco del genere dopo più di un mese dall uscita sul mercato!!?? |
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bellissimo, per me il migliore dell'era Joutsen, perfino superiore a Skyforger. The Four Wise Ones è magnifica. Voto 85 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Under the Red Cloud 2. The Four Wise Ones 3. Bad Blood 4. The Skull 5. Death of a King 6. Sacrifice 7. Dark Path 8. Enemy at the Gates 9. Tree of Ages 10. White Night
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Line Up
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Tomi Joutsen (Voce) Esa Holopainen (Chitarra) Tomi Koivusaari (Chitarra) Santeri Kallio (Tastiere) Niclas Etelävuori (Basso) Jan Rechberger (Batteria)
Musicisti Ospiti: Jens Bogren (Voce) Aleah Stanbridge (Voce in The Four Wise One, Sacrifice e White Night) Chrigel Glanzmann (Flauti e tin whistles in The Four Wise One, Death of a King, Tree of Agess) Martin Lopez (Percussioni in Death of a King)
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RECENSIONI |
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