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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Rotting Christ - Triarchy of the Lost Lovers
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17/09/2016
( 3838 letture )
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Dopo aver scosso la scena black europea e non solo con un uno-due micidiale di iniziali full-length quali Thy Mighty Contract e Non Serviam, portati alle stampe a meno di un anno l’uno dall’altro, i Rotting Christ fanno il loro ritorno con un’altra pregevole perla nera, Triarchy of the Lost Lovers. Pubblicata nel 1996 dalla Century Media, a cui sono seguite diverse edizioni limitate e reissue, terza release di una discografia che nei decenni ha saputo registrare molti alti ma anche qualche basso di troppo, Triarchy of the Lost Lovers si configura fin dai primi ascolti come un platter che parte dalle solidissime basi del precedente Non Serviam, per affinare e sviluppare lo stile dei greci, che portano dunque alle stampe un prodotto rifinito e affinato, in grado di proporre all’ascoltatore un black maturo, ibridato in parte da quell’ambigua creatura che è il romantico e dannato dark metal.
Le nove tracce incluse nel lotto, legate strettamente da un fil rouge stilistico simile e di durata piuttosto costante, compresa tra i quattro e i sei minuti, offrono dunque a chi le vuole scoprire un’immagine perfezionata e, a tratti, leggermente diversa rispetto al passato dei Rotting Christ, in grado tuttavia di convincere pienamente. Tre sono probabilmente gli aspetti che saltano all’occhio (e all’orecchio) dell’ascoltatore. Innanzitutto, ci si trova di fronte ad un disco più lento dei precedenti, con la sola Archon a strizzare l’occhio ai materiali passati e alle sfuriate fulminee in essi contenute. Tuttavia, ciò non deve trarre in inganno: l’energia trascinante della band non si è affatto persa, come dimostra fin da subito l’opener King of a Stellar War e come si conferma lungo l’intera durata del platter che definire guitar-oriented è poco, anche grazie alla bravura (e dominio) di Sakis Tolis. Al contrario, non particolarmente ispirato sembra l’altro Tolis, che in quest’occasione si cela sotto lo pseudonimo di Necrosavron, che alla batteria fa il proprio dovere senza però riuscire ad eccellere, anche a causa delle già citate ritmiche rallentate. Evidente appare inoltre anche l’apporto creativo e strumentale dell’ormai ex Magus Wampyr Daoloth, che appone un rilevante segno meno alle voci “songwriting” (le liriche virano dalle classiche tematiche di blasfemia e rabbia a lidi decisamente più introspettivi) e “tastiere”, anche se va evidenziato come, grazie ad una proposta diversificata e più atmosferica, Triarchy of the Lost Lovers si configuri comunque come una release molto evocativa e malinconica, dall’inizio all’emozionante finale The First Field of the Battle, che lascia il segno e funge da trait d’union tra due delle molteplici ‘anime’ offerteci dai Rotting Christ nel corso degli anni. Dal punto di vista vocale, infine, il frontman storico Necromayhem/Sakis Tolis non delude certamente le aspettative di chi nei due album precedenti aveva imparato ad apprezzarne lo stile e il growling, sempre più preciso, anche se, in parallelo all’aumento della generale interiorità e oscurità di questo Triarchy of the Lost Lovers , non mancano momenti profondi e maggiormente intimi, quali la centrale e dolente Snowing Still.
Un disco quindi di ottima fattura, capace di ben rappresentare in larga parte quello peculiare stile di black metal mediterraneo che, negli anni, ha fatto distinguere e balzare alle cronache europee e non solo alcune delle formazioni elleniche maggiormente d’élite, quali i Rotting Christ. Un album ricco di pathos ed epicità, degno successore dei due, epocali e imponenti precedenti, da cui ne trae i migliori tratti, levigandone ed ammorbidendone ulteriormente il sound, che in maniera ispirata fa ulteriori passi avanti, confermando il talento della formazione ateniese. Da non perdere.
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5
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A quando le recensioni di Sleep of Angels e Khronos? |
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4
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Qui ci sta' la frase .... Silenzio parlan i rotting .........grandi grandi |
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3
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Ha già detto tutto Doomale, ottimo lavoro e band che mi è quasi sempre piaciuta, adesso come allora. |
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2
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Come spesso mi capita d'accordo con doomale. King of a stellar war mette i brividi!!! Grandi |
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1
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Gran bell'album questo, ma a mio gusto personale sotto a Thy mighty contract e Non serviam...e mi sembra anche normale dato che da qui hanno cominciato a mutare un pò il loro stile.Ottima la tripletta iniziale, anche dal vivo...Comunque è parecchio che non lo ascolto..dovrei rimetterlo su...A memoria quello che mi ricordo meglio è che la velocità diminuì di parecchio, tranne che per Archon.La qualità rimane comunque elevata. King of a stellar war spettacolare. il voto ci può stare ( +-85) se ai primi due come ho fatto vado tra il 90 e il 95. Uno dei gruppi a cui mi sento più legato. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. King of a Stellar War 2. A Dynasty from the Ice 3. Archon 4. Snowing Still 5. Shadows Follow 6. One with the Forest 7. Diastric Alchemy 8. The Opposite Bank 9. The First Field of the Battle
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Line Up
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Necromayhem (Voce, Chitarra) Mutilator (Basso) Necrosavron (Batteria)
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