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Cadaver - Hallucinating Anxiety
26/03/2022
( 1171 letture )
Quello degli anni ’90, chi ascolta metal lo sa bene, è stato di certo un decennio fenomenale per la musica pesante e, insieme a quello precedente, sicuramente uno dei migliori della musica contemporanea tout court. Stilare una lista di tutti gli avvenimenti, di tutte le band, i dischi e gli sviluppi di questo genere non solo risulterebbe dispendioso in ordine di tempo ma praticamente impossibile da riportare nelle poche righe di una recensione. In questo contesto a dir poco eccezionale, il 1990 si può ricordare però anche per il debutto di una band divenuta con il tempo “controversa”, poliedrica, sporca e micidiale quali i Cadaver, progetto norvegese di appena cinque anni di vita -riferendoci al progetto con questo specifico nome- e da appena tre dischi, il cui già menzionato debutto è lui, il tanto odiato e tanto amato Hallucinating Anxiety.

È di certo inutile aprire una parentesi sul progetto di Odden e Bjerkebakke, sulle sue scomparse e ricomparse, sulle modificazioni di nome e sulla reunion, ma tutt’altro che inutile è parlare di quello che fu -ed è tutt’ora- uno dei dischi death più carnalmente “heavy” e “death” della storia, nel bene, e nel male. Ci trovavamo all’epoca in piena ondata del metal della morte, in mezzo a Death, Incantation, Morbid Angel e chi più ne ha più ne metta, e i Cadaver si approcciarono al genere con un animo che anticipò e non poco quello stile di registrazione che proprio dalla Norvegia, pochi anni dopo, sappiamo bene a cosa portò. Sin dall’intro Tuba, si viene gettati in un clima malato, sporco e malsano che invero è solo la punta di un iceberg ancora oggi tutto da scoprire attraverso le sporchissime Petrifyed Faces o Twisted Collapse ad esempio, con queste chitarre quasi sfocianti nel thrash in alcune delle variazioni e fraseggi che le compongono. E no, questo debutto non è assolutamente un capolavoro di songwriting, il riffing è primordiale, spesso anche troppo piatto e ripetitivo, nonché introdotto quasi sempre dagli stessi giri rimasticati. Il drumming è micidiale ma non si trovano incursioni e groove sofisticati come li sentiremo qualche anno dopo nei Cryptopsy, senza considerare poi la produzione che svilisce qualche buona sezione di rullante facendolo sembrare uscito dall’oceano più profondo e registrato da un sommozzatore che passava di lì. Il basso è diretto e ben lungi dal ritagliarsi l’autonomia del prog e tech death a cui siamo abituati oggi. Il sound è grezzo e lontano da ogni animo “avanguardistico”, è death metal crudo e feroce che nelle sue semplicità si mostra come quintessenza nera di questo tipo di musica, registrato in una maniera così scadente e fascinosamente perversa da apparire già più di matrice black che death -infatti sappiamo l’evoluzione del disco successivo, qui anticipata sicuramente dal brano Maelstrom. Ma è inconfondibile il growl sporchissimo di Bjerkebakke, nonché il riffing chitarristico ancor lontano dall’essere totalmente zanzaroso e di puro tremolo picking (seppur elementi entrambi presenti lungo il disco), ma piuttosto appartenente al death più crudo, semplicemente meno ricercato rispetto ad altri progetti sincronici ai Cadaver, ma ben più dionisiaco nello spirito e nella realizzazione. Ignominious Eczema o la titletrack sono l’esempio lampante di questo stile che si dipana con alti e bassi durante le dodici tracce del platter, che nel loro ricevere dalla produzione violenza sonora - e attenzione, non musicale - obnubilano il basso di Rene Jansen, se non per dei brevissimi momenti di gloria solistica. Eppure, se dopo tutto questo e dopo aver osservato la copertina, non si fosse ancora capito che a distanza di più di trent’anni Hallucinating Anxiety ha tutte le carte in regola per conquistare e riconquistare gli ascoltatori più hardcore e coraggiosi, bisognerebbe ridargli un’ascoltata di certo. Nonostante tutti i suoi difetti, la sporcizia e la povertà nel senso verticale delle partiture, il valore di una musica così sincera e spassionata, unito al dato oggettivo di alcune trovate comunque valide per il genere a cui si potrebbe far riferimento ancora oggi, non può che inserire il debutto dei norvegesi nell’esatto mezzo tra perla storica assoluta e musica discutibile dal punto di vista squisitamente formalistico.

A molti continuerà a non piacere e le ragioni sono tutte più che giustificabili, ma se nel 2022 ci si trova ancora spiazzati a sentire certi brani del disco in questione nonostante oggi la violenza metallica abbia raggiunto orizzonti per certi versi inimmaginabili per i profani di questa musica, un motivo ci sarà… Tale è proprio il fil rouge della passione per questo musica che i Cadaver seppero incarnare e alienare in questo disco di un trentennio fa.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
78.66 su 9 voti [ VOTA]
LucaNekrowizard88
Giovedì 11 Maggio 2023, 10.33.45
4
Un vero e proprio cult album, questo debut dei Cadaver. Magari nella scena internazionale non fece sfracelli come le contemporanee scene svedese a americana, ma nel circuito underground della Norvegia loro erano parecchio stimati (Euronymous stravedeva per loro, e anche i Darkthrone, del periodo demo, li nominavano). Questo album è un puro concentrato di marcio, brutale e mortifero death metal... nudo e crudo. Senza orpelli, senza tecnicismi, tutto sparato violentemente a velocità supersonica. Io l\'ho sempre adorato, per me un piccolo gioiello... da riscoprire per tutti gli amanti del death metal più grezzo e viscerale!
LAMBRUSCORE
Giovedì 31 Marzo 2022, 14.09.09
3
All'epoca della sua uscita avevo preferito altri gruppi. Risentito negli anni per me è un gran disco. Death Metal grezzo, ripetitivo come dice il recensore, ma con un fascino particolare, tipico di quegli anni lì, per me è da 80 secco.
Aceshigh
Lunedì 28 Marzo 2022, 10.33.35
2
Non ho mai avuto un grosso feeling con questo disco, anche se effettivamente concordo con DaveHC sul fatto che il sound molto rancido e un approccio parecchio violento, che non badava a chissà quali cesellature, rendesse il tutto molto peculiare. Scandinavi (ma non svedesi)… a tutto guardava quest’album tranne che alla scena di Stoccolma. Apprezzai però molto di più il seguente In Pains (e anche i successivi, compreso l’ultimo), molto diverso e sicuramente più curato; questo invece, proprio per quel marcio che porta con sé, forse lo gradisco più ora che all’epoca, perché nel 1990 nello stesso genere andavo consumando ben altri dischi. P.s.: nella tracklist originale (lp e mc) c’è anche Hypertrophyan, pezzo con cui parteciparono a Grindcrusher, mitica compilation della Earache. Voto 77
DaveHC
Sabato 26 Marzo 2022, 22.21.40
1
Ricordo che al primo ascolto all'epoca pensai: che è sta schifezza?? Però aveva un fascino perverso... Era duro e crudo Death Metal, spiazzante, fastidioso e a tratti insopportabile, ma proprio questo lo rendeva realmente estremo. Col tempo l'ho rivalutato in quest'ottica, anche se certo non è un disco di facile ascolto.
INFORMAZIONI
1990
Necrosis Records
Death
Tracklist
1. Tuba (Intro) / Ignominious Eczema
2. Corrosive Delirium
3. Erosive Fester
4. Hallucinating Anxiety
5. Cannibalistic Dissection
6. Petrifyed Faces
7. Innominate
8. Twisted Collapse
9. Abnormal Deformity
10. Maelstrom
11. Mental Abherrance
12. Bodily Trauma
Line Up
Ole Bjerkebakke (Voce, Batteria)
Anders Odden (Chitarra)
Rene Jansen (Basso)
 
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