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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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13/08/2022
( 902 letture )
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Dopo il debutto Hallucinating Anxiety, marcescente, grezzo e morboso quanto basta da renderlo un lavoro interessante, la band di Anders Odden è protagonista di una vera e propria rivoluzione, che si renderà esplicita con l’uscita di In Pains…. Mentre l’intera scena norvegese andava ripudiando il death metal fino ad allora egemonico in favore del nascente fenomeno black, i Cadaver, forti anche dell’”upgrade” dalla piccola Necrosis Records di Walker e Steer dei Carcass alla parent-label Earache procuratogli dal primo disco, continuano fedeli sulla strada del metallo della morte, seppur cambiando decisamente pelle. Il nuovo monicker, ora diventato Cadaver Inc., rappresenta solo la trasformazione più superficiale, ma è a livello musicale e stilistico che il progresso rispetto al malsano debutto risulta ancor più evidente.
Innanzitutto si contrappone alla registrazione poco più che amatoriale di Hallucinating Anxiety, effettuata su un 4-tracce, un suono decisamente più professionale, in linea con le produzioni death dell’epoca, che tuttavia rischia di risultare persino leggermente troppo “piatta”, poco aggressiva; non è forse un caso che lo stesso mastermind Odden abbia affermato che esistevano almeno 4 mix e sound diversi pronti per In Pains…, e che probabilmente alla fine si fosse optato per quello più vicino agli standard dell’epoca. Lo stile caotico e grezzo del debutto viene sostituito da un death decisamente più moderno, quadrato, tecnico e con ambizioni progressive, il growl profondissimo di Ole Bjerkebakke si trasforma in uno screaming graffiante; i testi, i titoli dei brani e persino la copertina abbandona i richiami gore e pseudo-medici (à la Carcass prima maniera, per intenderci) per dedicarsi a tematiche legate alla morte, ma in una dimensione più introspettiva, a sensazioni interiori di odio e misantropia. Sembrerebbe dunque una trasformazione non certo anomala nel panorama death metal dell’epoca, caratterizzata da un raffinamento dello stile e una decisa virata nell’approccio lirico, già ravvisabile nella carriera di grandi band come Death, Carcass, Pestilence ed altre; è infatti a realtà come queste, ma anche a Gorguts e in una certa misura agli Atheist che si ispira il nuovo corso dei Cadaver. La tecnica sfoggiata dal trio si è sicuramente raffinata, il riffing è più cervellotico e serrato, e fa ampio ricorso tanto al palm muting quanto al tremolo, e sfoggia armonizzazioni e talvolta dissonanze che lo rendono particolarmente interessante, come nell’opener Bypassed o in Blurred Visions. La sezione ritmica è altrettanto buona, la prestazione dietro le pelli di Ole Bjerkebakke ricca di pattern fill interessanti e stop and go, mantiene il disco per gran parte su tempi medio/lenti, mentre trovano spazio accelerazioni con tanto di blast-beat in brani come Into the Outside, In Distortion e The Misanthrope. Il basso ha certamente un ruolo di primo piano nel mix, ha relativamente meno indipendenza dalle linee della chitarra rispetto ad altre realtà dell’epoca, ma si ritaglia comunque alcuni buoni passaggi. Nonostante il disco scorra così abbastanza piacevolmente per i suoi tre quarti d’ora di durata, si sente la mancanza di qualche vero e proprio highlight che renda il disco particolarmente memorabile e pesa soprattutto l’assenza di assoli, o almeno di assoli degni di nota, che se ben congegnati erano solitamente tra le colonne portanti del sound di molti gruppi death, soprattutto di quelli che si avvicinavano a tendenze tech/prog. I brevi solos di The Misanthrope e During the End non sono sufficienti a soddisfare del tutto l’ascoltatore sotto questo punto di vista. Alcune soluzioni, come il violino in Inner Persecution, accompagnato da un riffing oscuro e pesante, o ancora i continui cambi di tempo tra up-tempos e mid-tempos nervosi e serrati che caratterizzano brani come la closer During the End si lasciano ascoltare con maggior interesse, così come brani leggermente più ispirati degli altri (ad esempio Bypassed, ma anche la veloce e oscura Mr Tumour’s Mystery, ma nel complesso il songwriting è abbastanza omogeneo.
Volendo dare un giudizio olistico sulla seconda opera dei Cadaver, bisogna riconoscere che le ambizioni di creare il “disco death metal totale” espressa dalla stessa band non hanno trovato pieno riscontro nella realtà, e che tuttavia In Pains… rimane un disco onesto, di buon livello, che sfoggia uno stile in linea con le tendenze death dell’epoca e che pure rimane inesorabilmente un gradino sotto, dal punto di vista tecnico e stilistico, a tante opere che ancora uscivano in quel periodo e che diventeranno vere e proprie pietre miliari del genere.
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2
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Bel dischetto. Rispetto al debut sembra un’altra band. Grezzo e marcio il primo album, qui invece optano per un death più pulito e ricercato, senza ovviamente arrivare alle vette di analoghi album death di quel biennio/triennio lì. Però pezzi come Runaway Brain o Bypassed si fanno ascoltare sempre con piacere. Voto 79 |
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1
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Bel disco... Non imprescindibile, ma rimane un bel disco |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Bypassed 2. Mr. Tumour’s Misery 3. Into the Outside 4. Blurred Visions 5. Runaway Brain 6. Inner Persecution 7. In Distortion 8. The Misanthrope 9. Ins-Through-Mental 10. During the End
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Line Up
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Ole Bjekkerbakke (Voce, Batteria) Anders Odden (Chitarra) Eilert Solstad (Basso)
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