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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Ufomammut - Godlike Snake
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23/04/2022
( 1042 letture )
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Nel marasma di band che affollano la scena e spesso finiscono per rendersi del tutto indistinguibili le une dalle altre, sono in realtà poche quelle che svettano realmente e che, nella massa indefinita, possono dire scientemente di essere state in grado di perseguire un percorso di eccellenza, che le ha rese oltretutto capaci di essere degli esempi, influenzando le altre e aprendo nuove sorgenti a cui molti, in seguito, si sono abbeverati. Ancora meno possono dire di averlo fatto partendo dall’Italia, nazione che fin troppo spesso in ambito rock e metal è arrivata dopo, inseguendo e quasi mai raggiungendo i livelli di altre nazioni. Solo in qualche caso, comunque di grande rilievo, la scena nazionale ha saputo giocare un ruolo da leader e quei generi sono facilmente identificabili: prog rock, occult e doom. Infine, ad Alessandria, ecco che in una fucina atomica interstellare nasce una band capace di riscrivere i canoni dello stoner psichedelico e dello sludge/post metal, creando un qualcosa che ancora oggi non si riesce pienamente a identificare e che ha saputo influenzare a sua volta decine di successive band, senza per questo mai perdere la propria superiore caratura e la potenza del proprio messaggio originario. Questa band sono gli Ufomammut e la loro è una di quelle storie che, nonostante tutto, ancora non sono state cantate a sufficienza. Formati da Urlo e Poia, due musicisti che già si erano conosciuti anni prima, avendo collaborato assieme nei Judy Corda, gli Ufomammut sono una band con un substrato concettuale profondo: non solo musica, ma arte, immagine, video. Urlo e Poia sono infatti anche soci e creatori -assieme a Lu-di uno studio di grafica, il Malleus Rock Art Lab. Esso costituisce un’esperienza fondamentale nel definire l’identità della nascente band, che debutterà nel 1999 col demo Satan, con una formazione a quattro -la quale resterà anche per il debutto- per poi rimodellarsi nel classico trio con Vita alla batteria, che per quasi venti anni rimarrà inalterato, fino all’abbandono di quest’ultimo e a un momentaneo split, ora superato e con un nuovo album dal più che esplicito titolo Fenice, in uscita.
Il disco di debutto della formazione, dal titolo Godlike Snake, cadrà come meteorite sul mondo sul finire dell’anno 2000. Una data carica di aspettative e paure, dal millennium bug alle maledizioni Maya, e perché no, anche di speranze, verso quell’idea generica di progresso e nuova vita connessa all’idea stessa di “futuro” che il cambio di millennio scatenò all’epoca, salvo poi scoprire di lì a poco, ancora una volta, che il vero problema per l’umanità e in buona parte per la vita stessa del pianeta Terra, altro non era che l’uomo stesso. Una consapevolezza che, a dire il vero, non ci ha ancora aiutato. Come un oggetto misterioso proveniente dallo spazio che narra di civiltà lontane e diverse, aliene a noi, Godlike Snake aveva un messaggio altero, da interpretare e capire, ma sembrava ancora essere scritto in un linguaggio comprensibile all’uomo, per quanto con una grammatica unica e particolare. Parliamo infatti di una derivazione dello stoner e del doom, dello sludge e della psichedelia, del post metal e volendo del prog, che si univano portando con sé echi dello space rock degli Hawkwind, del doom primordiale dei Black Sabbath, dello stoner di Kyuss e delle derive di Sleep, Electric Wizard e Neurosis, con le infiltrazioni di sludge e post metal, in un coacervo alchemico/spaziale che ricorreva altresì a una copiosa mole di effetti, sintetizzatori, voci filtrate, abissi cosmici, divinità sconosciute e terribili e la costante presenza del Maligno, dell’occulto, di oscure presenze mai espresse e sempre incombenti. Se in questo primo monolite la componente space/stoner è forse appena maggioritaria rispetto alle successive uscite, comunque l’identità del gruppo è già evidente in ogni sua componente: musicalmente ci troviamo di fronte a un turbine sonoro, un maelstrom di suoni diviso in tracce comunque collegate le une alle altre, a condividere un disegno complessivo, una comune ispirazione e quindi una esperienza totale, anche e volutamente visiva ed evocativa. Non è infatti difficile ascoltare l’album e contemporaneamente lasciarsi andare alla spontanea e immaginifica visualizzazione degli scenari creati o comunque ispirati dalla musica, come nella migliore tradizione psichedelica. D’altra parte, è anche difficile non cogliere che nella musica degli Ufomammut c’è qualcosa di ancora diverso dal classico stoner di matrice psych e il senso di minaccia e oscurità pericolosa degli inserti sludge e post metal resta quasi sempre palpabile, come il senso di deriva sensoriale e instabilità emotiva creato dai sintetizzatori e dai vari effetti. Non c’è insomma soltanto un colorato e turbinoso viaggio interstellare, pur con tutti i suoi rischi e le sue pericolosità, ma un qualcosa di incombente, di putrido e malefico che ci attende, pronto all’assalto. Una sensazione perfettamente evocata già dalla prima traccia, U.F.O. Pt. 1, interamente strumentale, che vede una prima parte che cresce piano piano e sembra stabilizzarsi lungo sonorità space e stoner, per poi conoscere a metà percorso un’improvvisa esplosione di distorsione ed effetti evocativi e disturbanti che stravolgono totalmente l’atmosfera e la rendono minacciosa e annichilente. È appunto solo l’inizio di un’esperienza che già nella successiva Satan ci conduce verso il contrasto abissale e dilaniante tra la base strumentale stoner/post metal, sulla quale la voce filtrata e distorta di Urlo declama parole indecifrabili e perigliose, e gli effetti sonori schizofrenici, per poi scagliarci nelle profondità spaziali di Oscillator, ancora una volta aperto da distorsioni e riff apocalittici, per poi aprirsi a un intermezzo di sonorità mediorientali, che esplodono subito dopo in un caleidoscopio magmatico. Ma se vogliamo la sorpresa non può non aumentare quando Smoke ci consegna una nuova versione del decollo spaziale più tipico degli Hawkwind nella prima parte, con un crescendo clamoroso, che conferma come gli Ufomammut siano non solo dei manipolatori sonori, ma anche degli ottimi musicisti, capaci di giocare con le dinamiche e di offrire anche momenti di pura esaltazione, con tanto di citazione sabbathiana nella seconda parte. È proprio sul finale che la componente stoner prende il sopravvento, prima con le apocalissi distorte di Superjunkhead, comunque pregna anche di altre influenze, col suo finale quasi industrial e poi con i venti minuti monumentali di Ozomeen, tripudio totale dello spettro sonoro mistico, brutale e alieno degli Ufomammut, con una parte centrale atmosferica e una sequenza finale che è un nuovo grandioso omaggio agli Hawkwind. Un ennesimo passaggio di testimone in una staffetta spaziale che non cessa di emozionare.
Un primo passo discografico che fin da subito proiettò la band italiana ben oltre i confini nazionali, andando a toccare direttamente i vertici mondiali del genere, con una formula innovativa anche se non rivoluzionaria in senso stretto, che seppe però dare un nuovo indirizzo, che influenza tutt’oggi l’intera scena stoner/sludge/psych mondiale. Un primo passo o primo volo cosmico, se vogliamo, che risuona ancora carico e capace di stagliare la figura del trio come primaria nel panorama globale, senza timori reverenziali. L’unico difetto risiede nella produzione o, per meglio dire, già nella registrazione: l’intento di catturare le risonanze e i reverberi naturali ottenuto con grande sforzo e una lotta continua con i feedback, risulta un po’ freddo e grezzo, con la batteria di Vita che suona quasi artificiale, togliendo groove alla sua ottima prestazione. Un piccolo neo, che a primo impatto si fa notare e al quale ci si abitua comunque con l’andare dell’ascolto. L’unione di musica e visual art, le ardite commistioni sonore e l’uso di sintetizzatori ed effetti, unite alle qualità strumentali e compositive di Urlo, Poia, Alien e Vita hanno così creato un disco e da quello una carriera in continua ricerca, che ha saputo rinnovarsi e mantenere un livello altissimo, quello dei Maestri. Non capita spesso di poterlo dire a ragion veduta e non capita spesso di poterlo dire di band italiane, in ambito rock. Per gli Ufomammut lo si dice forse anche troppo poco e, ancora oggi, rischia di suonare partigiano o di facile e larga manica. Godlike Snake sta lì a dimostrare quanto sia invece solida e convincente tale affermazione. Un’ottima ragione per rispolverarlo.
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2
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bravissimi...ho già pre ordinato il nuovo album |
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1
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Li seguo sin dall'inizio, un sound unico al mondo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. U.F.O. Pt. 1 2. Satan 3. Oscillator 4. Snake 5. Zerosette 6. Smoke 7. Nowhere 8. Superjunkhead 9. Hozomeen
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Line Up
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Urlo (Voce, Basso, Sintetizzatori, Effetti) Poia (Chitarra, Sintetizzatori, Effetti) Alien (Sintetizzatori) Vita (Batteria)
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