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19/09/24
BELPHEGOR + MALEVOLENT CREATION + MONUMENT OF MISANTHROPY + CONFESS
AUDIODROME - MONCALIERI (TO)
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Fleshgod Apocalypse - Opera
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04/09/2024
( 1581 letture )
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Cinque anni, mai così tanto tempo era occorso tra un’uscita e l’altra dei Fleshgod Apocalypse, una delle realtà italiche più note e apprezzate del panorama metal contemporaneo, che tornano dunque sulle scene con Opera. Uno iato temporale tanto lungo giustificato dal grave incidente capitato al frontman Francesco Paoli nel 2021, quando durante un’arrampicata il singer originario di Terni è caduto procurandosi serie emorragie e numerose fratture. Paoli si è però ripreso in maniera eccezionale dal traumatico evento, tornando a lavorare su del nuovo materiale non appena le condizioni fisiche gliel’hanno permesso, e incanalando tutto l’accaduto, le sofferenze e il dolore vissuti nella musica.
Opera, infatti, nella migliore tradizione Fleshgod Apocalypse, è sostanzialmente un concept che, attraverso metafore più o meno esplicite, ruota attorno alle vicende personali, alle asperità fisiche e psicologiche che il frontman ha dovuto affrontare durante la difficile ripresa dal suo incidente, come si può intuire già dai titoli di alcune canzoni e come lo stessa band ha riportato. Se già questo tipo di tematica è un unicum nella carriera del combo, già dai brani accompagnati da videoclip che avevano anticipato l’uscita si poteva prevedere che il cambiamento più importante si sarebbe potuto avvertire però nella musica. Il precedente Veleno si era infatti caratterizzato come un disco diretto e chirurgicamente violento, in cui rispetto al passato le parti orchestrali cedevano maggiormente il passo ad un andamento tipicamente tech-death, seppure ci fossero notoriamente anche eccezioni come Monnalisa, che mostravano il lato più teatrale e melodico della band.
Quella era però, appunto, un’eccezione, mentre in questo ultimo disco Paoli e compagni, rispetto ai precedenti Veleno e anche all’ottimo King, hanno deciso di virare in maniera netta verso soluzioni più epiche e pompose che mai, persino orecchiabili, e perciò anche appetibili per un pubblico sempre più ampio. Accompagnato da una classica produzione in stile Nuclear Blast, potente ma un po’ troppo "digitale” e che tuttavia ben si confà alla proposta della band, e da un evocativo artwork in cui la cantante Veronica Bordacchini è immortalata in uno scatto dal sapore risorgimentale, il tricolore in braccio, ad ergersi sugli scheletri e le rovine del mondo, Opera si presenta dunque come un disco audace e dal carattere magniloquente. Qui le orchestrazioni si fanno preponderanti, le componenti puramente death, seppur sempre presenti, si fanno più sfumate, talvolta praticamente assenti, e le composizioni, meno complesse, ricercano spesso il climax epico, o il refrain facilmente memorizzabile; si rivela fondamentale in tal senso l’apporto delle clean vocals, che giovano di un cambio di approccio della Bordacchini, ora non più solo in veste di soprano focalizzata solo sui dettami dello stile lirico, si apre ad un approccio più vario che si sposa con il tono più catchy di alcune composizioni. I Can Never Die, che segue l’intro Ode to Art (De’ Sepolcri), tra le canzoni che avevano anticipato il disco, apre subito le danze con un tiro veloce e violentissimo in tipico stile Fleshgod Apocalypse per poi risolvere in un ritornello d’effetto, orecchiabile e innegabilmente trascinante, mentre il lavoro solista si limita a ricalcare tutto sommato le melodie senza i tecnicismi a cui eravamo abiutati. Nonostante, come detto, le differenze con l’approccio dei dischi precedenti sono subito evidenti, l’inizio si dimostra promettente, con un buon equilibrio tra le componenti del sound, quelle più violente e legate al tech-death, e quelle più melodiche e sinfoniche. La successiva Pendulum, unico singolo estratto finora, sviluppa invece un mid-tempo costruito sugli stop’n go di chitarra e doppia cassa, con un interessantissimo assolo finale in cui lo sweep di Fabio Bartoletti quasi si confonde con i fraseggi di pianoforte di Francesco Ferrini, mentre le parti di voci pulite sembrano integrate con meno successo. Bloodclock riprende invece tempi assassini, blast-beat e up-tempos cuciti addosso a un riff semplice e potente, mentre il finale è affidato ancora una volta a una sezione più melodica in cui tornano le clean vocals e la chitarra solista. At War With My Soul, nonostante il groove particolare sia certamente debitore di influenze extra-death metal, è uno dei brani che più si ricollega alla tradizione passata della band, in cui le orchestrazioni e la voce femminile sono al servizio di un’atmosfera epica ed apocalittica senza perdere di vista un approccio estremo. Morphine Waltz vira invece su toni quasi prog/symphonic, con le progressioni che sembrerebbero più ricordare gli Epica che non i Septicflesh, non ci fossero le ritmiche sempre tiratissime e il costante mitragliare della batteria a ricordarci che siamo saldamente in territorio Fleshgod Apocalypse; qui si può inoltre apprezzare a pieno la varietà di timbri che riserva il nuovo approccio vocale della singer, in un brano in cui però sia a livello di songwriting che di sound sono le chitarre le vere penalizzate, in favore di sezione ritmica, voce e orchestrazioni. Matricide 8.21 continua a valorizzare melodia ma in favore di un feeling stavolta triste che spezza la tensione dei pezzi precedenti, mentre Per Aspera Ad Astra riprende ad alternare toni aspri e duri a sezioni epiche e intermezzi di pianoforte, prima di affidare la conclusione a Till Death Do Us Part che con il suo fraseggiare lento e sognante prima e con un dopo con un finale potente ed epico sembra proprio condurre il disco verso la fine, rappresentata dalla titletrack, un maestoso pezzo per solo pianoforte in cui si affacciano richiami neoclassici e romantici.
Opera vuole quindi lanciare i Fleshgod Apocalypse in una dimensione nuova, meno legata agli stilemi del passato, sempre più aperta nei confronti del pubblico mainstream, in cui la formula originale viene ibridata e adattata ad un approccio più accessibile. Questo di per sé non esaurisce affatto però il giudizio sul disco, che nonostante qualche momento di stanca e qualche passaggio un po’ forzato ed eccessivamente ruffiano, è tutto sommato ben confezionato e in cui anche la ricerca della melodia e l’opulenza delle orchestrazioni, quando anche ben equilibrate con le parti più estreme, riescono a catturare l’ascoltatore. Il lavoro solista e le trame sono state parecchio semplificate e di questo avranno di che lamentarsi i fan del vecchio corso della band, ma il tutto va ovviamente contestualizzato all’interno di un approccio in evoluzione, che andrà a raccogliere certamente molti nuovi fan anche tra altre nicchie di appassionati. Una piccola nota di demerito finale va però, ahimè, riservata ai testi, che sono apparsi nella maggior parte dei casi resi in maniera poco riuscita e originale, con versi spesso un po’ troppo semplici o già sentiti. Questo giudizio intende ovviamente mantenere il massimo rispetto, e ci mancherebbe, per le vicende che hanno ispirato questi versi, però non può nascondere il fatto che i testi hanno subito un’ulteriore involuzione anche rispetto a quelli di Veleno; un’involuzione dietro cui probabilmente si celano gli abbandoni prima di Tommaso Riccardi e ora anche di Paolo Rossi, che avevano curato i testi e i concept dei primi lavori della band. Testi a parte però Opera riesce a traghettare la band senza troppi scossoni in questo nuovo percorso, riservando momenti che potranno soddisfare i fan di vecchia data e che ne potranno catturare di nuovi. La sensazione che rimane, dopo numerosi ascolti, è che questa svolta nel sound qualcosa indietro l’abbia lasciata in termini di qualità complessiva, ma non (ancora) abbastanza perché si possa parlare di un cattivo album. I Fleshgod Apocalypse continuano a far valere il loro strapotere tecnico e la loro qualità nella composizione, solo in una veste un po’ diversa, in cui alcune componenti del sound sono state esaltate fino all’estremo a discapito di altre, ma in cui il marchio inconfondibile della band italiana rimane ben impresso sulla musica.
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18
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70??? Sinceramente li ascolto dagli esordi e la loro evoluzione mi sta piacendo. Questo disco spacca il culo e i timpano. 90 secco senza se e senza ma |
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17
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Voto molto punitivo. Per me è almeno da 80-85. |
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Non è sempre così, anche se a questi livelli è ovvio.A volte(e parlo di chi inizia un percorso)la pubblicazione rappresenta indipendentemente dalle vendite la massima soddisfazione.Semmai la vendita è utile(e necessaria)per il recupero spese e poter continuare a produrre la tua musica.Ma certo,qui il livello è diverso,la vendita è basilare.. Ma ti assicuro che non tutti producono con l\'unica finalità di vendere,ci sono vari livelli e approcci.Se poi le cose funzionano,sì,vendere diventa tristemente basilare. |
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15
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Disco pazzesco per me. Meno furioso dei precedenti ma non per questo parlerei di svolta commerciale. Che poi commerciale é un termine pessimo....se pubblichi qualcosa é perché vuoi che sia venduto, mi pare ovvio. |
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Ciao Uno.Tutto rimane nel soggettivo,anche perchè nessuno,per quanto auspichi un mercato di un certo tipo,ha l\'ambizione da imporlo.Io rispetto questo disco,ma non lo stimo per niente. Penso sia un mio diritto avere la mia idea e auguro a questa band di continuare a far musica come meglio crede.Se poi per me fosse Merda,come dici tu,cosa cambia?È solo un\'opinione opposta alla tua.Sii triste per altro,non per semplici opinioni. |
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Penso ci sia posto per tutti e che i gusti e il lavoro degli altri vadano rispettati. Per molti di voi il METAL è una specie di religione o qualcosa del genere che deve rispettare i canoni stilistici e filosofici che piacciono A VOI, altrimenti per voi è MERDA. Mi fate un po\' tristezza. |
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Ciao Duke,grazie..un piacere risentirti. |
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....ciao spirit..ben tornato..... |
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10
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Condivido i commenti di Lucio e Carmine, aggiungendo che quando si tratta di Nuclear Blast già si trema,poi entra in gioco il compiacimento sinfonico pacchianocentrico e tutto ricade nel plasticoso e nel costruito,nel ruffiano,e infine,nel freddo prodotto da grande gregge di genere.Bocciati. |
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9
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Ma questo Gruppo che ha fatto una Cover degli Eiffel 65? Sono dei Coglioni o si fanno beffe dei Defenders? |
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Mi bastano Mafia e Oracles. La produzione successiva la trovo troppo pacchiana e non si sono smentiti nemmeno a sto giro. |
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7
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Ascoltato un paio di volte, ma per ora salvo poche tracce. Magari con gli ascolti la mia percezione cambierà, ma al momento mi sembra che siano diventati una copia sbiadita degli di Design your Universe. |
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6
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Voto troppo basso per uno dei migliori album di questo 2024...minimo 80 per questo discone |
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5
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È vero che il voto è soggettivo, ma dopo aver letto la recensione mi sarei aspettato almeno un 75/80.
Per quanto mi riguarda l\'album si attesta su almeno 85!
Sarà che è la prima volta che ascolto un loro disco per intero, sarà che è uscito il giorno del mio compleanno, sarà quello che volete ma a me sta piacendo un sacco!
Non posso fare paragoni con il loro passato in quanto di loro ho ascoltato solo qualche singolo di quelli più famosi, ma al momento sono allineato con il voto del recensore.
L\'accopiata Ode To Art + I Can Never Die mi fa letteralmente venire la pelle d\'oca, e da lì è un continuo ottovolante di emozioni!
Sono contentissimo di averli finalmente approfonditi ed ora non mi resta che recuperare l\'intera discografia... |
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4
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Bella la copertina! il disco invece fa cacare |
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menomale che in Europa e oltre è stato valutato sopra 8,5. Aspettavo questa recensione di metallized e non mi aspettavo un voto così basso.Per me voto 90 |
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2
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Edit; ... e piu \"orecchiabile\". La maestria e la ferocia sono immutati ed è francamente un disco che definirei esaltante. |
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Recensione ineccepibile, complimenti davvero ! Però il disco mi è piaciuto moltissimo e la mia votazione finale non è sotto un 80/100. Se servirà ad aumentare la loro fanbase ben venga questa trasmutazione in una creatura più \"semplice\". |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Ode to Art (De' sepolcri) 2. I Can Never Die 3. Pendulum 4. Bloodclock 5. At War with My Soul 6. Morphine Waltz 7. Matricide 8.21 8. Per Aspera ad Astra 9. Till Death Do Us Part 10. Opera
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Line Up
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Veronica Bordacchini (Voce) Francesco Paoli (Voce, Chitarra, Basso) Fabio Bartoletti (Chitarra) Francesco Ferrini (Pianoforte, Orchestrazioni) Eugene Ryabchenko (Batteria)
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