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17/10/24
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Helstar - Multiples of Black
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28/09/2024
( 492 letture )
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Altro giro, altra band di culto che ha (forse) raccolto meno di quanto avrebbe meritato: gli Helstar. Partiti dal Texas nel lontano 1982, sono stati autori di una carriera caratterizzata da alti e bassi, che comprende undici album e varie altre uscite. Tutte marchiate dalla voce di James Rivera, da lunghi periodi di fermo e da una qualità che a volte ha raggiunto vette invidiabili, mentre altre non è stata espressa al meglio. Ed è il caso di Multiples of Black.
Edito nel 1995, in un periodo difficile sia per il gruppo che per il metal in generale, l'album in questione era il successore del loro lavoro migliore -Nosferatu- al quale però non si avvicinava affatto. I sei anni di distanza avevano infatti cambiato la formazione del gruppo, col solo bassista Jerry Abarca rimasto al fianco del cantante e un impianto sonoro più vicino al thrash (per quanto piuttosto cadenzato) rispetto al passato. Prodotto in parte da un Dave Ellefson in cerca di una dimensione personale anche al di fuori dei Megadeth -ne parleremo in chiusura- Multiples of Black non riusciva a colpire pienamente nel segno. Complice il cambio di chitarristi e una scrittura non particolarmente ispirata, il prodotto qui analizzato presentava alcuni spunti interessanti, ma anche tante canzoni anonime, se non proprio involute. Nel primo gruppo possono essere classificate Will I Catch It Again, When We Only Bleed, Black Silhouette Skies e Reality, una buona ballata. Nel secondo, invece, No Second Chance (In The Angry City), Lost To Be Found, Found To Be Lost, e Save Time. Più che altro a causa di linee vocali quasi mai del tutto efficaci e, anzi, non raramente macchinose e prive di uno sviluppo completo, oltre che di cori non certo memorabili. Discorso a parte per l'anthraxiana Good Day to Die, diventata un must dei concerti proprio a causa del ritornello semplice ed efficace. Accettabile la cover di Beyond The Realms of Death, mentre The Last Serenade è solo un outro acustico. Anche le canzoni migliori, tuttavia, sembrano poco rifinite in sede di produzione. I pezzi restano per lo più col colpo in canna e c'è una ragione precisa per tutto questo. Come abbiamo detto, Multiples of Black fu parzialmente prodotto da Dave Ellefson, ma cosa vuol dire “parzialmente”? Come si legge in una vecchia intervista con Rivera lui ed Ellefson erano amici da tempo e il bassista ”mi ha detto che avrebbe iniziato a produrre delle band, così mi ha chiesto se stavamo ancora insieme. Gli raccontai cosa stava succedendo. In realtà all'epoca stavamo usando un altro nome perché molti membri originali degli Helstar se ne erano andati. Fu lui a convincerci a tornare al vecchio [e] finì per produrre metà di 'Multiples of Black'”. Da un'altra intervista si apprende poi che ”Una volta finiti i soldi, la Massacre Records non ha finanziato uno studio di registrazione decente, quindi il resto delle tracce è stato prodotto male”.
In pratica, quattro canzoni sono state registrate e prodotte in California e le altre, quelle con lo zampino di Ellefson, tra il Texas e la Germania, portando a un risultato frammentario che non ha sviluppato il potenziale a disposizione. Aggiungiamoci l'incisione di suoni come si usava almeno dieci anni prima (in parte scelta stilistica, in parte di budget), il fatto che Rivera non sia mai stato un drago nel trovare soluzioni melodiche di rilievo, pur possedendo i mezzi per trovarle e il gioco è fatto. Alla fine dei conti, quindi, Multiples of Black è un disco che contiene del buono, ma non è certo il più rappresentativo né del genere proposto, né delle prerogative degli Helstar.
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6
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Grande discografia quella degli Helstar, sia prima che dopo quest’album che è un po’ l’unico neo. Album però che non è del tutto disprezzabile, anche al netto di tutte le difficoltà che ne hanno preparato l’uscita (stravolgimento della line up, problemi di produzione, ecc. ecc.). Alcuni pezzi, tipo Will I Catch It Again o Good Day to Die, sono ottimi, purtroppo altri sono insipidi. Voto 72 |
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5
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il perché è spiegato nella recensione. |
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4
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La cosa che colpisce maggiormente in negativo di questo album è la produzione, sembra quasi di ascoltare un demo. I brani di per sè non sono brutti (una Black silhouette skies molti gruppi se la sognano) , ma sono poco rifiniti; c\'è da chiedersi cosa sarebbe successo se l\' album fosse stato affidato a un produttore maggiormente capace. Segnalo che esiste un album chiamato The James Rivera Legacy dove si possono ascoltare versioni alternative dei brani contenuti in questo album con una resa migliore |
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3
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In questa occasione il recensore si è comportato come l\'insegnante che interroga lo studente prediletto, lo coglie impreparato, ma gli dà 7 lo stesso perchè è il suo cocchino |
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2
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Devo dire che é proprio bruttino, voto fin troppo generoso |
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1
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Il peggior album della band, prodotto da schifo e piatto, massacrato giustamente da tutti. 69 è tanto per un album del genere. Io direi più 59, e amo questa band, ma occorre essere obiettivi. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. No Second Chance (In the Angry City) 2. Will I Catch It Again 3. Lost to Be Found, Found to Be Lost 4. When We Only Bleed 5. Reality 6. Good Day to Die 7. Beyond the Realms of Death 8. Save Time 9. Black Silhouette Skies 10. The Last Serenade
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Line Up
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James Rivera (Voce) Aaron Garza (Chitarra) D. Michael Heald (Chitarra) Jerry Abarca (Basso) Russel DeLeon (Batteria)
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RECENSIONI |
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