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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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07/09/2016
( 3677 letture )
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Era il 1989 quando la Metal Blade Records pubblicava quella che ancora oggi è considerata dai più l’opus magnum degli statunitensi Helstar: Nosferatu. Un album che per molti versi si discostava dalle loro sonorità iniziali, ovvero l’heavy/speed fulminante di Burning Star e Remnants of War. Nosferatu, uscito a un solo anno di distanza da A Distant Thunder, era in parte un concept album basato sul romanzo Dracula di Bram Stoker, e per questo legato inevitabilmente ad ambientazioni oscure e “maligne”. L’immediatezza del sound tipica degli Helstar lasciava spazio a composizioni più ragionate, più elaborate, che davano maggior risalto a livello esecutivo ai singoli componenti della formazione, dalle chitarre di Larry Barragan e André Corbin alla sezione ritmica composta da Jerry Abarca e Frank Ferreira, finanche alla voce dell’indimenticabile James Rivera. Prima che ve lo chiediate, sì, questa lunga premessa era necessaria per introdurre l’ultimo lavoro in studio della band texana. Vampiro, decima fatica degli Helstar pubblicata nel mese di agosto dall’etichetta di un “certo” David Ellefson, vede il ritorno dei Nostri dopo due anni dall’ottimo This Wicked Nest, che già ci aveva confermato come la band godesse ancora di ottima salute e di una vena creativa mai sopita. Riconfermati i 3/5 della line-up 2014, con gli innesti di Andrew Atwood alla seconda chitarra e di Garrick Smith al basso (entrambi membri di una neonata band texana, i The Scourge), gli Helstar si ripresentano con un disco che riprende molto da vicino le atmosfere dark di Nosferatu, tanto care ai fan, riproponendole con suoni più moderni e una classe sempre più sopraffina dovuta anche alla maturità e all’esperienza acquisite negli anni.
Vampiro è un album che necessita di svariati ascolti per essere assimilato nel migliore dei modi; apparentemente si tratta della solita classica ricetta degli Helstar, fatta di un heavy metal veloce, aggressivo e tagliente, ma qualcosa di diverso c’è. Un primo segnale ci viene dato dal minutaggio totale, che si aggira intorno ai sessanta minuti, con canzoni complessivamente più lunghe della media, di certo non una caratteristica dell’heavy/speed cui eravamo stati abituati in passato (pensiamo ad esempio ai trentacinque minuti di Burning Star e ai trentanove di Remnants of War). Le canzoni qui presenti non mancano di ricordare i “bei tempi andati”, ma ora le atmosfere si sono fatte in parte più complesse, più articolate, la qualità delle composizioni più ricercata, la pulizia dei suoni più accurata, volta a risaltare ogni singolo elemento possibile. Ovvio, i metodi e i mezzi di lavoro sono cambiati radicalmente in tutti questi anni, e ne sono prova anche gli stessi ultimi studio album della band, ma da un disco come Vampiro emerge chiaramente la volontà di ottenere un risultato differente. Passiamo adesso oltre a tali considerazioni e veniamo al sodo. Partenza micidiale con Awaken Unto Darkness: primo minuto un po’ in sordina, col solo basso di Garrick Smith a timbrare il cartellino, ma all’entrata delle chitarre, della batteria e soprattutto della voce di un intramontabile James Rivera, il quale si presenta tagliando in due senza mezzi termini i nostri padiglioni auricolari, le cose si fanno interessanti. Quando poi al quarto minuto la velocità aumenta senza preavviso scrosciano gli applausi per una prestazione di altissimo livello che fa molto ben sperare per il prosieguo dell’ascolto. La cattivissima e tiratissima Blood Lust ci impedisce di riprendere fiato e anzi ci prepara il terreno per l’ancor più grandiosa To Dust You Will Become, canzone rocciosa in grado di aggredirci coi suoi artigli velenosi guidati dalla lacerante voce del singer texano. Dopo un inizio del genere, un momento di minor ispirazione può anche venir fuori ed è infatti qui che troviamo i due brani meno apprezzabili del lotto (il che non significa che non possano piacere, sia ben chiaro): Off with His Head e From the Pulpit to the Pit, che non lasciano più di tanto il segno e anzi risultano abbastanza fini a sé stessi. To Their Death Beds They Fell segna un leggero rientro in carreggiata, ma non una ripresa totale, che avviene invece già dalla traccia successiva, la strumentale Malediction, un’esaltazione ben riuscita dell’operato della sezione strumentale, capace di colpire forte anche in assenza della luce guida di Rivera. Parte conclusiva dell’album a dir poco esplosiva con un trittico di brani degni di nota quali Repent in Fire, Abolish the Sun e Black Cathedral che mettono in mostra il meglio della formazione statunitense. La prima è la classica “hit da concerto”, adatta ad essere cantata da un pubblico in visibilio, pur non rientrando tra i brani più ispirati di questo disco; le altre due godono invece di una maestosità e un’epicità che solo i migliori Helstar sono in grado di regalarci. Splendidi, in particolar modo, i tratti heavy/doom di Abolish the Sun, che si candida a brano top di Vampiro. Il finale sognante -concedeteci questo doveroso gioco di parole- di Dreamless Sleep ci trasporta per mano al termine di questo viaggio sensazionale alla riscoperta di una band davvero troppo sottovalutata alla luce della loro invidiabile discografia.
A conti fatti, la nuova fatica degli Helstar ci riconferma le grandi qualità e capacità di questa band, mostrandoci come anche dopo tanti anni la loro voglia di stupire e di mettersi in gioco non sia andata perduta. La voce di Rivera, che più passano gli anni e più sembra acquisire venature particolari, è senza dubbio la chiave di volta degli Helstar, ma è la line-up nel suo insieme a girare ancora a meraviglia e a lasciarci a bocca aperta di fronte alle tante buonissime idee che riescono a tirare fuori. Le potenzialità per esprimersi ancora per tanti anni ad altissimi livelli ci sono tutte e Vampiro ne è la prova più lampante.
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10
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Seguendo il consiglio di Aceshigh stamattina mi sono andato ad ascoltare questo disco e ho quindi ripreso il discorso lasciato più di 25 anni fa quando fui ammaliato dal superbo Nosferatu. Dopo un primo ascolto devo dire che quest'ultimo lavoro mi ha preso subito.....li ho ritrovati in ottima forma e con soluzioni più intricate quindi tecnicamente migliorati..... Le tracks sono tutte arrembanti e grintose....ad esclusione della strumentale e del pezzo in chiusura molto melodrammatico e solenne..... Il cantato di Rivera è la vera marcia in più.....le alternanze tra parti grevi, sparate acute e per lo più spettrali e ghignanti mi ha davvero stupito.....potrei dire di accostarli tanto ai Mercyful Fate moderni con parti tanto care al filone Melodeath scandinavo e qualche spruzzata di Helloween qua e la..... Ottimo lavoro..... Adesso posso continuare il recupero dei lavori perduti..... Voto 85. Ossequi! |
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9
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Grandi Helstar!!! Questo di due anni fa è il mio preferito tra gli album prodotti da loro nel nuovo millennio (tutti comunque di alto livello). Compatto, suonato e cantato alla grande, senza cadute di tono e con in più dei picchi notevoli come l'opener, To Their Death Beds They Fell, Repent in Fire e la strepitosa Black Cathedral, che insieme alla delicata Dreamless Sleep conclude nel migliore dei modi il platter. Voto 84 |
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8
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Dopo vari ascolti devo dire che si tratta di un'ottimo disco di heavy metal, con un Rivera sugli scudi. Non è certo di facile assimilazione, ed infatti ho bisogno di ancori vari ascolti per farlo mio, ma alcune canzoni sono grandiose, come Black cathedral e Malediction. Voto più che giusto. |
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7
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Unici! Una colata di metallo fuso, oscuro, tecnico, potente. Ottimo lavoro anche del nuovo chitarrista Atwood. Come sempre nessuna facile melodia e tanta teatralitá nella voce di Mr. Rivera. Voto 82 che forse col tempo crescerà. |
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6
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Mi trovo d'accordo con @Flight per quanto riguarda la recensione, per me un deciso passo in avanti rispetto al precedente a sprazzi ritornano le sfuriate quasi thrash di Glory of caos. Per ora dopo vari ascolti hanno azzeccato il disco heavy dell'anno ottimi assoli. Il pezzo migliore Malediction. Da rimarcare effettivamente è la voce di Rivera un marchio di fabbrica. Voto 80. |
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5
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Devo dargli un ascolto....Ho solo un album di loro...ma spacca parecchio..mi sembra fosse il penultimo... |
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4
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Band enorme che ho sempre trovato geniale. Le ultime due uscite erano fantastiche ma forse troppo orientate sul thrash metal, qui gli Helstar tornano al loro sound originario, cioè quello legato allo speed, ed io sono contento perché questa è la loro vera natura. Ho ascoltato poco Vampiro, perciò non posso dargl un voto definitivo, ma per ora mi sembra un ottimo album. Band favolosa. |
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3
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@Metal Shock: anche io li ho ascoltati tardi ma devo dire grande band. l'ultimo che mi era piaciuto abbastanza all'inizio poi col tempo è calato. spero in questo. Glory of chaos e King of hell invece mi piacciono un botto |
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2
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D'accordo con la recensione, ma io avevo amato le loro ultime uscite più thrash oriented e più immediate, quindi per me quasi una mezza delusione, disco da 65/100, ma è proprio un fattore di mio gusto. Il disco in sè rimane di gran valore! |
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1
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L`ho ammetto, non so perche` ma non ho mai ascoltato gli Helstar. Provero` a rimediare, anche se dalla recensione mi sembra un disco forse un po` troppo lungo ed articolato per i miei gusti, ascoltero` |
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INFORMAZIONI |
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Ellefson Music Productions
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Tracklist
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1. Awaken Into Darkness 2. Blood Lust 3. To Dust You Will Become 4. Off with His Head 5. From the Pulpit to the Pit 6. To Their Death Beds They Fell 7. Malediction 8. Repent in Fire 9. Abolish the Sun 10. Black Cathedral 11. Dreamless Sleep
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Line Up
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James Rivera (Voce) Larry Barragan (Chitarra) Andrew Atwood (Chitarra) Garrick Smith (Basso) Michael Lewis (Batteria)
Musicisti Ospiti: Nathan Salazar (Seconda Voce) Imelda Barragan (Seconda Voce) Christina Pumarejo-Urbieta (Cori) Michael Held (Violoncello e Violino nella traccia 11)
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RECENSIONI |
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