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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Pochi sono gli artisti capaci di emergere dall’underground, rari coloro che riescono a mantenersi negli anni su di un livello qualitativo eccellente, praticamente nessuno è in grado di mutare la propria proposta musicale senza scadere nella mediocrità, senza perdere la genuinità, la sensibilità, lo spirito creativo stesso che dona all’arte la propria anima immortale. Gli Anathema sono una di queste mosche bianche: nati come band doom metal hanno saputo evolversi in maniera naturale e spontanea di album in album affermandosi in ogni genere toccato dalla loro maestria, rendendo protagonista della propria musica non l’etichetta con cui la si nomina, ma la comunicatività di cui è pregna, la firma indelebile che porta, il marchio impresso nella carne delle composizioni come fosse un’anatema di morte.
Formatisi nel 1990 a Liverpool, i nostri incisero la prima demo An Iliad of Woes con il moniker Pagan Angel e subito inziarono a riscuotere meritati successi nell’underground riuscendo a partecipare come opener ai concerti di leggende quali Paradise Lost e Bolt Thrower. La seconda demo (All Faith is Lost) e soprattutto il primo EP The Crestfallen li portarono sul palco dei Cannibal Corpse e ad al primo contratto discografico con Peaceville Records. Fu grazie a quest’ultimo che possiamo godere ancor oggi dei primi quattro full length ufficiali della band, a mio parere quattro capolavori che trascendono ben tre generi di metal differenti (doom, death e gothic nei primi tre, alternative rock in Alternative 4) facendoli brillare di nuova luce ed in grado di modificarne indelebilmente il destino. Serenades è il debutto ufficiale, l’opera prima, acerba ed istintiva come tutte le prime fatiche di band promettenti, ma che rappresenta già un messaggio diretto e inconfondibile al mondo della musica: le cose stanno cambiando.
Siamo nel 1993 ed il doom old school veniva suonato mischiandolo con venature death metal ed una peculiare sensibilità artistica, gotica per l’appunto, che rese leggendarie formazioni quali Paradise Lost e My Dying Bride su tutti. I fratelli Cavanagh e soci si inseriscono quindi in un contesto già di per sé sperimentale nel vero senso del termine, ossia in un periodo di fervente rivoluzione musicale nel quale il metal scopre nuove sfumature che il thrash e l’heavy ottantiani avevano snobbato. La rivoluzione non è solo a livello prettamente stilistico-compositivo, ma concettuale: gli Anathema sono fautori di un’arte emotiva, che punta alla sensibilità dell’ascoltatore proiettandolo in un’atmosfera di struggenti passioni e dolori dell’animo umano, riuscendo a trasmettere la drammaticità propria della tragedia nella sua accezione classica. Ascoltare Serenades leggendone i testi significa capire se stessi, comprendere le proprie emozioni in quelle situazioni limite che rivelano all’uomo la propria vera natura.
Love has left me, fleed from me Fragrant lust waits beside and dies Like flowers that wilt without refreshment In midday sun I sit and bide time Adorning me, a lovelorn rhapsody
La violenza sonora delle distorsioni compatte e graffianti di Lovelorn Rhapsody coadiuvate da una partitura minimale, dal tipico incedere doomish anni ’80, da un growl tanto grezzo quanto comunicativo quale quello del giovane Darren White, sembrano all’apparenza mal sposarsi con i testi e gli intenti del messaggio anathemico. Ma la genialità sta proprio sotto i nostri occhi: abbiamo per le mani un album in cui pachidermiche (per i tempi) sfuriate doom trovano come compagne composizioni simil-operistiche quali J'ai Fait Une Promesse (un brano di sola chitarra e voce femminile). Mazzate sonore quali They (Will Always) Die sono seguite da esperimenti quali Sleepless: un capolavoro di fusione tra una ballad metal ed una canzone new wave alla The Cure. Qui non stiamo parlando dei fondatori di un genere, di una band che vanta mille e uno imitatori, ma al contrario di un combo dalla vena creativa tanto personale da riuscire a giocare con le componenti fondamentali dei generi più disparati per piegarli alla propria sensibilità, alla propria arte.
Consentitemi una digressione sul termine gothic: sinceramente non ho mai compreso appieno il perché di questa etichetta sulla bocca dei fan degli Anathema. Le caratteristiche fondamentali dell’arte gotica improntate concettualmente sul rapporto tra dio e l’uomo mal combaciano con la musica della band inglese. Le somiglianze che ho sempre sentito più vicine e che reputo fondamentali per comprendere l’arte del gruppo le individuo in un altro movimento artistico: il Romanticismo. Il soggettivismo e l’individualismo rinascimentale, la negazione della ragione illuminista a favore della sensibilità, il titanismo nei confronti della natura vista come un infinito immanente alla realtà che causa il male del desiderio nell’uomo costringendolo a richiudersi in se stesso, nella propria interiorità e nella propria comprensione del mondo: questa è la chiave di lettura per cogliere appieno la musica e i testi dei primi Anathema.
Celestial splendour Pale skin and down cast eyes Farewell autumn kisses Like her, forever remains unknown
I loved her ... but now she's gone (It's so hard to face) Overcoming ... tender reckoning
If I too depart the earth I harmony to (our) heaven we'll elope
La natura diventa una proiezione stessa dell’artista: i salici piangenti piangono il dolore della perdita dell’amore di un uomo per una donna scomparsa, i cambi delle stagioni vengono percepiti come un’inevitabile incedere del tempo, dell’avvicinarsi della morte, ennesimo segno della finitudine umana. Questo è ciò che ci dicono gli Anathema ed è per questi motivi che chi li apprezza si riconosce nei testi delle canzoni, ne condivide la sensibilità propria del Romanticismo e se ne innamora inevitabilmente.
Ho voluto dedicare volutamente il mio scritto al lato concettuale della musica dei maestri di Liverpool senza soffermarmi lungamente sulle partiture proposte in Serenades sia perché credo che la prima recensione del rispolvero della discografia di una band debba soffermarsi sull’ottica consigliabile per comprenderne l’estro artistico, sia perché gli Anathema stessi hanno fatto di quest’ottica, di questa lettura romantica e personale della realtà, il loro cavallo di battaglia. Spesso infatti le scelte del combo inglese hanno fatto storcere il naso a molti –me compreso- a causa di sperimentazioni in apparenza forzate con generi in antitesi tra loro o che poco hanno a che fare con quelli che li resero celebri all’inizio della carriera; ma poco importa… Ciò che si può dire al di là della condivisione o meno di determinate scelte artistiche è che nessuno ha saputo rappresentare lo spirito dell’arte e della filosofia romantica in musica come gli Anathema nei loro primi tre full-length, e non è cosa da poco. Consiglio dunque Serenades a chiunque non conosca questa band e a tutti coloro che stimano la sensibilità poetica di Byron, ammirano la sublime tecnica pittorica di Friedrich o semplicemente vogliono provare a guardare il mondo con gli occhi di un romantico contemporaneo.
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11
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Un vero e proprio capolavoro del doom/death metal, oltre ad essere uno dei miei album preferiti del genere (insieme al debut dei Katatonia)... ed ovviamente il mio preferito degli Anathema. Un gioiello incredibile di malinconia, decadentismo, ed epicità evocativa a non finire. Riff plumbei e pesanti, vocals grevi e piene di sofferenza, melodie struggenti di chitarra ed un passo pachidermico che pietrifica l\'ascoltatore. Un viaggio onirico, un disco strepitoso! Perfezione!!! |
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10
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Tra i miei dischi doom/death preferiti di sempre. Un album strepitoso, un lavoro cupo, sofferto, malinconico e dannatamente evocativo. Un capolavoro del genere, e insieme al secondo album, sono gli Anathema che preferisco! Fatelo vostro assolutamente se siete fan del doom più estremizzato e plumbeo. Per me anche oltre il 90! |
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9
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80 strameritato, death/doom ispirato e le linee vocali ci stanno benissimo con quelle strumentali.
Danno un senso di disperazione e malinconia oltre che di rabbia naturalmente, però penso che se alzo il voto a 85 non cambia molto.
Ripeto ispirazione al massimo nonostante sia un debutto anche se credo di avere la versione estesa con 2-3 canzoni aggiuntive compresa l' eterea e sognante strumentale finale dreaming: the romance che ti catapulta in un' altro mondo.
Dischi che non escono tutti i giorni insomma!!!!! |
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8
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Sound originale, preferisco i primi due pezzi poi calano. Buon debutto ma non è un capolavoro. Per me 70 pieno ma non metto il voto |
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7
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Quest'album me lo regalarono per Natale, io non sapevo chi fossero ma qualcuno aveva visto tra le mie cose As The Flower Withers e andò in cerca di qualcosa di simile (che poi tanto simile non è). In 25 anni gli Anathema hanno fatto di tutto e di più (in qualche caso... di meno), in questi primi anni "giovanili" erano ancora parte di quel filone death/doom/gothic inglese. Sebbene è dal successivo The Silent Enigma che cominceranno a sfornare capolavori, anche su Serenades (così come sull'ep The Crestfallen) ci sono momenti notevoli, come la doppietta They (Will Always) Die / Sleepless. Voto 82 |
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6
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Qui ancora non ci siamo, qualche spunto, ma tanta confusione artistica, quella voce non centra nelle linee melodiche dei fratelli.....uscito white e tutto ne ha guadagnato |
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4
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MI piaceranno più dopo, ma J'ai Fait Une Promesse mette già i brividi 70 |
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3
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Disco bellissimo, voto giusto. Personalmente, nonostante l'appunto di Pande, avrei messo Gothic/Doom come genere suonato, ma son dettagli. |
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2
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Che brano meraviglioso l'ipnotica e rilassantissima Dreaming: The Romance.. |
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1
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del primo periodo preferisco i successivi due ma unicamente per motivi personali perché condividendo con pandemonium non posso che decretare la meraviglia pure di questo debut! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Lovelorn Rhapsody 02. Sweet Tears 03. J'ai Fait Une Promesse 04. They (Will Always) Die 05. Sleepless 06. Sleep In Sanity 07. Scars Of The Old Stream 08. Under A Veil (Of Black Lace) 09. Where Shadows Dance
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Line Up
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Darren White - Voce Daniel Cavanaugh - Chitarra Vincent Cavanaugh - Chitarra Duncan Patterson - Basso John Douglas – Batteria
Ruth - Voce su J'ai Fait Une Promesse
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