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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 6048 letture )
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Fate ascoltare del black metal a qualcuno di totalmente estraneo al genere. Prima i Mayhem, poi i Darkthrone, poi magari i Wolves in the Throne Room e gli Ulver. L'ignaro ascoltatore vi guarderà con superiorità e vi dirà che in tutti e quattro i casi le uniche immagini evocate alle mente sono di guerra, morte e distruzione. E non capirà voi, che parlate dell'incedere ritualistico del De Mysteriis Dom. Satanas, dell'annichilente gelidità del sound di Fenriz e Nocturno Culto, delle distese ghiacciate e delle tempeste di neve nella notte. Di certo vi guarderà scioccato quando decanterete la poeticità di Bergtatt e la sua atmosfera sospesa, dal sapore arcaico. Vi riderà in faccia quando tenterete di rendere con le parole l'immenso amore verso la natura e le immagini nitide delle foreste nord americane, così splendidamente intessuti nella musica dei WITTR. E se sottoporrete i Kampfar al giudizio delle sue orecchie li butterà dentro al calderone del classico black norvegese. Ma chi conosce questo gruppo sa che sono decisamente di più: l'evocatività della proposta del terzetto non teme confronti in ambito metal e non è esagerato dire che i Kampfar sono tra i primi e più illustri pittori a tinte black metal dell'oscurità e delle avvolgenti atmosfere delle foreste norvegesi. Nati nell'ormai lontano 1994 ad opera del cantante e allora batterista Dolk e del chitarrista Thomas, fin dai primi anni di attività si sono sempre distinti per la loro particolare miscela di black e folk. Il sound resta fortemente legato a quello dei maestri del black norvegese e l'influenza di band come Ulver, Immortal e Satyricon è chiaramente percepibile nei furiosi blast beat e nei riff in tremulo. Su questa base si innesta poi però un comparto di stampo folk, dovuto soprattutto ai retaggi musicali dell'ora ex-chitarrista Thomas, riscontrabili nelle trame melodiche e nelle atmosfere evocate, lontane dalle maligne invocazioni all'occulto da sempre strettamente legate al black più duro e puro. Il duo esordisce nel '95 con una demo, contenente circa un quarto d'ora di musica, e poi l'anno seguente prosegue il proprio cammino con l'ottimo EP Kampfar, che riprende gli stessi pezzi della demo, riarrangiati e forti di una migliore produzione in grado di dare uguale risalto e importanza sia alle sezioni acustiche che alle sfuriate più violente. A causa dell'ottima qualità delle due canzoni presenti nell'EP, attorno a questa giovane band si creano grandi aspettative, che vengono puntualmente rispettate nel 1997, con lo straordinario Mellom Skogkledde Aaser, uno dei vertici assoluti del black metal di stampo folklorico e a detta di molti il miglior album dei norvegesi. Il proseguimento della carriera non è da meno: ogni album è una perla unica, non è possibile trovarne uno solo brutto o anche semplicemente sotto tono. Da ricordare assolutamente i capolavori Fra Underverdenen e Kvass, entrati nel cuore dei fan al pari dell'esordio. Nel 2003 i Kampfar iniziano a suonare anche dal vivo e, appunto per questo motivo, reclutano una formazione completa, con Jon Bakker al basso e Ask dietro le pelli. Risalente al 2010 è invece l'uscita dal gruppo del chitarrista e membro fondatore Thomas, degnamente sostituito da Ole Hartvigsen, mastermind degli Emancer. Nonostante l'importante defezione il disco successivo, Mare (del 2011), si attesta ancora una volta sugli ottimi livelli dei suoi illustri predecessori. Capirete dunque che ero trepidante d'attesa per questo Djevelmakt e che le mie aspettative nei confronti di questa nuova opera dei norvegesi, erano decisamente alte.
Ad aprire le danze è una soffusa melodia di pianoforte, intro della splendida Mylder, che si snoda sull'alternarsi di pesanti mid-tempos e brusche accelerazioni segnate dall'ottima prestazione di Ask. Nello stacco a metà brano emerge dal marasma chitarristico una breve frase di sintetizzatore, con un suono che molto si avvicina al flauto, donando la giusta dose di folk alla composizione. Si prosegue con Kujon, che dopo un inizio cadenzato si lancia in una cavalcata senza freni, impreziosita dall'uso della doppia voce: al cupo scream si sovrappone il cantato pulito, entrambi magistralmente eseguiti da Dolk. Alcuni riff presenti nel pezzo lo avvicinano lievemente a sonorità più thrash, prima dell'ottima sezione finale, aperta da un arpeggio e che si conclude col ritornello a due voci. Blod, Eger og Galle vanta un'attacco sinfonico decisamente ben riuscito e si segnala per lo stacco a metà canzone di stampo più atmosferico e dall'ottimo refrain, con un Dolk più in forma che mai. La successiva Swarm Norvegicus dopo la solita soffusa introduzione si concretizza nel brano più doomeggiante del lotto, scandito da un basso più presente che mai e da una dissonante melodia di chitarra. Il ritornello mantiene l'incedere lento e solenne, ma assume un carattere meravigliosamente epico, grazie al sottofondo di synth e all'interpretazione vocale. L'accelerazione prima del finale si rivela anch'essa rasente alla perfezione e contribuisce a rendere questa uno degli episodi migliori di Djevelmakt. Si inquadra sempre sulla stessa scia Fortapelse, che però si caratterizza per i più marcati accenti folk, merito innanzitutto dell'apporto del piano, qui presente in maniera più massiccia che in precedenza. Il pezzo sfoga negli ultimi due minuti la sua vena black, pur non perdendo il comparto folk, ben incastonato nel riffing. Con la sesta bellissima traccia, che risponde al nome di De Dodens Fane, ci si avvicina al black più puro e primigeno. I blast beat lanciati a velocità vertiginose sono devastanti e i riff, tutti rigorosamente in tremulo picking, richiamano alle atmosfere di inizio anni '90. Lo scream di Dolk diventa qui un urlo straziante, per poi tornare alle sue normali tonalità. In tutta la discografia dei norvegesi questa è forse la sua migliore prestazione vocale, assolutamente fantastica. La tastiera ricama inserti di stampo sinfonico, rimanendo però sempre adombrata, e rievoca alla mente il fantasma dei primi Satyricon. La successiva Svarte Sjelers Salme è la canzone più breve del disco, non superando infatti i quattro minuti, e si rivela un ottimo esempio di black a forti tinte folk, piacevole e scorrevole, anche se ad onor del vero è l'episodio più canonico e meno rilevante del platter. L'onore di chiudere questo lavoro spetta a Our Hounds, Our Legion, anche questa di pregevole fattura, nonostante il cantato in inglese tolga fascino all'aspetto lirico, anche perchè il tipo di metrica tipica dei Kampfar si adatta decisamente meglio al norvegese. Il brano si snoda su quasi otto minuti, tra accellerazioni sostenute da un batterismo dal sapore thrash e rallentamenti di stampo atmosferico. Il vertice viene raggiunto con l'ottima parte corale (a cui segue la risposta in pulito di Dolk) a tre quarti del minutaggio, semplicemente da brividi.
Non credo che serva precisare che quest'album meriti, e anche molto. I Kampfar si confermano una delle realtà black più solide ed ispirate con un album che mantiene l'eccelso livello dei predecessori. Forte dell'inimitabile atmosfera che da sempre caratterizza i dischi dei norvegesi e di alcuni brani semplicemente superbi è molto probabile che si rivelerà una delle uscite dell'anno in campo black e che entrerà presto nei cuori degli appassionati.
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9
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Rimesso oggi...Un gran disco. I Kampfar si confermano tra i piu in forma della vecchia scuola di Bergen...Album dopo album hanno avuto una crescita costante che ha portato a due album potentissimi, ma allo stesso tempo con atmosfere con dire "heathen" (per non dire sempre pagane) come questo e Profan. Comunque ogni loro album e' un centro. 8 pieno per me. |
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8
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Veramente un gran bel disco. Anzi, l'album viking/black che mancava quest'anno. Inserito immediatamente in top ten annuale. |
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7
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Lo ascolto da un paio di mesi con grande soddisfazione, davvero molto ben fatto, gli inserti sono ben curati ed i brani scorrono che è un piacere! |
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6
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Questo disco e' una bomba!Lo ascolto in heavy(metal)-rotation da un mese ormai e cresce continuamente con gli ascolti!grandi KAMPFAR!VOTO 92 |
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5
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Finalmente arrivato, confermo le valutazioni di Theo, nettamente superiore al precedente Mare e disco che si colloca sul podio della discografia Kampfar. Ottimo ritorno...80 pieno anche per me e disco imperdibile per gli amanti del genere. |
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4
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Comprato il disco da un po, quindi posso assolutamente confermare il mio voto iniziale... Davvero bellissimo, sempre più convincente e con degli stacchi paurosamente ben riusciti. Riconfermo anche che il trittico iniziale è da paura... Tra "Mylder", "Kujon" (gran titolo) e "Blod, Eder Og Galle" non saprei dire quale sia la più bella. Per me spicca anche "Svarte Sjelers Salme" come avevo detto già dalla prima impressione, inoltre riconfermo anche la contestualizzazione all'interno della discografia. Gran salto di qualità che li riconferma ancora una volta come un act di vgrandissimo valore. Potrei azzardare miglior disco dal 1999. Non che gli altri non siano belli, tutto il contrario, ma questo è davvero spettacolare al livello dei primi. Ottima prova quindi dopo il -per me- deludente "Mare"... Ultima considerazione: convincente la prova di tutti i componenti, ma nota di merito ad un Dolk più convincente che mai; grande in tutte le interpretazioni. Questo 2014 parte col turbo. VOTO 80. |
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3
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Lo sto ascoltando in streaming questi giorni e devo dire che è un lavoro fantastico! Faccio un mea culpa per non averli mai ascoltati fino ad oggi  |
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2
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I Kampfar sono una garanzia e questo Djevelmakt ne è l'ennesima conferma....ottima recensione Piero! |
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1
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Che tempismo la recensione! Grande piero ... Il disco l'ho ascoltato in streaming, ora mi appresto ad ascoltarlo ancora e molto probabilmente comprarlo, dato che sembra essere veramente molto bello. Ai primi ascolti appare decisamente superiore al precedente "Mare" che mi aveva un po deluso... E probabilmente è superiore anche agli altri capitoli della discografia fatta eccezione per il debutto e il secondo disco, quelli usciti prima del 2000 per intenderci. Davvero un salto di qualità secondo me (non che prima la qualità non ci fosse, ben chiaro). Le tracce migliori, al momento, mi paiono la fantastica opener "Mylder", ma soprattutto "Blod, Eder og Galle" e la quasi conclusiva "Svarte Sjelers Salme"... Diciamo che queste si ergono sulle altre, ma un momento di stanca per ora sembra non esserci... Bravissimi Kampfar, voto per ora è presto... Ma di sicuro ci aggiriamo su valutazioni alte... Confermerò, spero, a breve!  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Mylder 2. Kujon 3. Blod, Eder og Galle 4. Swarm Norvegicus 5. Fortapelse 6. De Dødes Fane 7. Svarte Sjelers Salme 8. Our Hounds, Our Legion
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Line Up
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Dolk (voce) Ole Hartvigsen (chitarra) Jon Bakker (basso) Ask Ty (batteria)
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