|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Kampfar - Mellom Skogkledde Aaser
|
( 4517 letture )
|
Nell’estate del 1997, per gentile concessione della label tedesca Malicious Records, viene rilasciato un album fondamentale per quanto riguarda il black metal di derivazione pagano-folkloristica. Gli artefici di questa release sono i norvegesi Kampfar, momentaneamente freschi della pubblicazione di una Demo (1995) e di un EP eponimo (1996). La band, come è ovvio che sia in quel periodo storico, è fortemente legata al sound classico del black metal norvegese, ma -come vedremo- riesce a farsi notare componendo un’opera che tutt’oggi ha ancora molto da dire e che non sente minimamente il peso dello scorrere del tempo. Il tocco folk presente tra le tracce è principalmente frutto dell’operato dei sintetizzatori arrangiati da Warhead, il quale assiste Dolk e Thomas anche nelle fasi di registrazione e mixing, con quest’ultimo passaggio che si rivela decisamente ben fatto considerando il periodo in cui ci troviamo, riuscendo a mettere ben in luce anche il basso, spesso dimenticato e lasciato in disparte in altre pubblicazioni di altre band simili ai Kampfar. Le liriche sono espresse nella madrelingua e trattano di mitologia norrena, sotto questo aspetto sono sicuramente presenti similitudini agli Enslaved, anche se questi ultimi inizialmente proponevano testi non in semplice norvegese, ma in un misto tra norvegese antico e islandese. Infine l’artwork, pur non essendo tra i migliori, ha tuttavia la capacità di riflettere completamente il sound della band e, in generale, degli anni Novanta. Non è un caso se, quando tuttora mi capita di sentire il nome Kampfar, la prima cosa che mi viene in mente è questo ammasso di azzurro, ghiaccio e montagne.
Mellom Skogkledde Aaser si presenta con un’intro di soli sei secondi composta dalle urla di Dolk e di due donne chiamate Anne e Demonic, entrambe presenti anche nell’outro Naglfar/Ragnarok sempre nello stesso ruolo di “urlatrici”. La prima traccia vera e propria si intitola Valdogg e mette immediatamente in luce i classici stilemi del black metal novantiano, la melodia è gelida e la sensazione di freddo è amplificato dall’elevata distorsione delle chitarre. Stranamente -come citato in precedenza- il basso ha una notevole importanza nelle composizioni, non si lascia infatti sopraffare dai restanti strumenti ed è anch'esso in primo piano come un vero e proprio elemento portante e non come un mero supporto. Durante lo scorrere della traccia cominciano anche ad uscire allo scoperto i fattori fondamentali di Mellom Skogkledde Aaser: quello riconoscibile più facilmente è il cantato di Dolk, il quale si dimostra capace di dare un’impronta diversa al proprio screaming in base al contesto in cui si trova. La successiva Valgalderkvad riprende le parti di sintetizzatore del pezzo precedente e le utilizza come intro per la creazione di un’atmosfera piuttosto ovattata e carica di folklore. Questa sensazione di tranquillità e pacatezza dura relativamente poco perché un’altra cosa che i Kampfar eseguono con estrema bravura sono le ripartenze comandate dai blast beats e dal riffing distorto di Thomas, due soluzioni che riescono a rendere il tutto ancora più carico e travolgente: basta infatti ascoltare la seconda metà di questa traccia per rendersi conto della potenza musicale espressa dalla band norvegese. La quarta Kledd I Brynje Og Smykket Blodorm mostra un utilizzo diverso della componente ritmica, in questo modo infatti il comparto strumentale sembra ancora più rapido ed incalzante. Oltre a ciò il resto della canzone non presenta variazioni eccessive rispetto a prima, ma questo non è certo quello che andiamo a cercare durante l’ascolto di un album del genere, ritengo infatti che la diversificazione offerta dai cantati sia sufficiente a rendere l’ascolto fluido e privo di attimi di stanca. Detto questo però non dobbiamo comunque sottovalutare il livello dei particolari che i Kampfar aggiungono soprattutto nelle parti più lente e ragionate, oppure il fascino assoluto delle parti in pulito contenute all’interno di Hymne, senza dubbio una tra le migliori tracce mai composte dal gruppo, la quale contiene momenti di totale epicità. Nonostante l’obiettivo dei Nostri non sia mai stato quello di associare il termine “epico” al proprio operato, risulta difficile evitare di tirare in ballo tale aggettivo per descrivere ciò che stiamo ascoltando. A dimostrazione del fatto che comunque la band norvegese ha tantissime idee e modi diversi modi di intendere il black metal, riesce a proporre un’ulteriore piccola variazione anche nell’ultima Bukkeferd: in questo caso i synth fanno qualche breve comparsa e hanno un tocco più spettrale e di totale supporto verso il cantato in scream; un altro elemento che torna prepotentemente in primo piano è il basso, questa volta con un sound leggermente più rock e quindi molto diverso rispetto all’inizio del disco.
In definitiva siamo di fronte ad una vera e propria pietra miliare del pagan black metal o del black metal con elementi folk/viking. Assegnate pure a Mellom Skogkledde Aaser il genere che vi pare, ma nulla toglie a questo album e a questa band di aver fortemente segnato questo tipo di musica, ispirando nuove band e continuando ad ispirarne altre anche dopo vent’anni. In una parola: ascoltatelo.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
8
|
@ LUCIO 77: In verità lo status di \"pietra militare\", ossia pionieri di certe sonorità a livello sonico e di scrittura ce l\'hanno più lavori più vecchi di Satyricon, Immortal, Mayhem, Burzum, Dimmu Borgir ecc. ma anche di gruppi al di fuori della Norvegia (Samael, Bathory, Rotting Christ, Dissection). Già nel 1994 la scena era diventata un po\' ridondante e alcuni gruppi cominciavano a pubblicare materiale che non aveva più questa grande aura di originalità (Gorgoroth), venendo poi seguiti da cloni dei gruppi degli anni precedenti (Tsjuder, Carpathian Forest, Urgehal), forse il progetto Taake si è più distinto per la propria musicalità, oltre ai Windir e gli Helheim. Tra questi gruppi di seconda fascia rientrano pure i Kampfar, che già nel debutto mostravano questo stile molto derivativo del primo Burzum/Darkthrone con accordi senza palm-muting, ritmiche più lente della media, armonie modali a corda aperta (tipico modo di suonare la chitarra lead in modo un po\' Folk), che però limita fortemente le armonie che si possono sfruttare a causa della struttura in orizzontale della chitarra in sé, poi per forza di cose si ripetono gli stessi accordi per 5, 6, 7 e passa minuti. E infatti i Kampfar pietre militari non ne hanno mai veramente fatte, solo due dischi dal carattere un po\' mistico (i primi due) considerati solidi ma non capolavori o capostipiti di qualcosa (tranne forse da chi ascolta solo black e nient\'altro), per poi scomparire quasi del tutto dall\'interesse di buona parte della comunità causa appunto uno stile molto ripetitivo, citazionista e limitatissimo che già nel terzo album mostrava tutti i suoi limiti: io stesso non riesco virtualmente a distinguere quasi niente di particolare nei successivi, visto che le tracce sembrano tutte uguali e basate sempre sugli stessi accordi ripetuti allo sfinimento per buona parte dei pezzi, quindi se consideri il gruppo non così coinvolgente come sembra dai commenti o dal voto non sei l\'unico. |
|
|
|
|
|
|
7
|
Quest\' Album mi è piaciuto assai per Tre/quarti, poi sul finale, sinceramente mi è calata l\'attenzione.. Prendo atto comunque del suo Status di Pietra miliare senza obiezioni di sorta.. |
|
|
|
|
|
|
6
|
Melodie e voce sinistre, glaciali e taglienti: gran band, grande album. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Disco molto bello... ma 92 esagerato... |
|
|
|
|
|
|
4
|
Concordo sia con Enry che con il commento di Baron...cmq rapportato all'anno di uscita guadagna qualche punto in più...io ho solo questo e l'ultimo...buonissimi entrambi...si più o meno siamo tra 85 e 87! |
|
|
|
|
|
|
3
|
Splendido. Uno dei loro migliori tra l'altro (doveroso anche ammettere che non ne hanno cannato mezzo negli anni, nemmeno per sbaglio)... Probabilmente, guadagna ancora più punti se rapportato all'anno in cui uscì, 1997, dato che il secondo "Fra Underverdenen", uscito soli due anni dopo, gli è probabilmente anche superiore... Inimitabili: l'ultima conferma -come se ne avessero bisogno, poi, con questa carriera- arrivata l'anno scorso dopo vent'anni di attività, con lo splendido "Djevelmakt" che ancora consumo (esattamente come questo debutto, bellissimo dopo tutti questi anni). Ottima recensione, concordo con parole e voto... Quasi precursori, quasi. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Sarà che ci sono affezionato perchè l'ho comprato appena uscito ma per me resta il loro migliore e sicuramente una delle colonne portanti del genere in questione. Ottimi dischi anche dopo comunque (l'unico che mi è piaciuto poco è Mare)...In numeri 88/90. |
|
|
|
|
|
|
1
|
Album buonissimo e di sicuro valore storico per il Pagan viking Black. .mettiamola così...non li metto al primo posto delle mie preferenze nel campo suddetto...ma cmq ammetto che questa e' una quasi pietra miliare anche se l'ho sempre sentita un po' fiacca..e' da parecchio però che nn lo ascolto...forse mi sbaglio...comunque un 85 ci sta tutto. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Intro 2. Valdogg 3. Valgalderkvad 4. Kledd I Brynje Og Smykket Blodorm 5. Hymne 6. Bukkeferd 7. Naglfar/Ragnarok
|
|
Line Up
|
Dolk (Voce, Batteria) Thomas (Chitarra, Basso)
Musicisti Ospiti: Anne (Voce) Demonic (Voce) Warhead (Sintetizzatore)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|