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Caliban - Dystopia
16/05/2022
( 962 letture )
Sui Caliban si può dire tutto e il contrario di tutto e infatti è quasi impossibile trovare giudizi univoci sul loro conto: c’è chi li considera finiti da The Opposite from Within, qualche “ottimista” che si spinge in modalità variabile fino a The Undying Darkness/The Awakening o ancora chi racchiude la parabola ascendente entro i limiti temporali dei due split con gli Heaven Shall Burn; sul plotone d’esecuzione composto dai metallari tradizionalisti (il 90%) denigranti il mondo del -core a prescindere non vale la pena spendere alcuna parola.
Tra le diverse opzioni quella che si avvicina di più ad una parvenza di oggettività è forse la terza, in quanto è purtroppo innegabile il pesante calo qualitativo e d’ispirazione accusato dal gruppo a partire dalla seconda metà degli anni ’00. Sarebbe comunque ingiusto non riconoscere ai tedeschi il ruolo di primo piano avuto nella diffusione delle sonorità metalcore in Europa e a questo proposito basti pensare che A Small Boy and a Grey Heaven -il full-length d’esordio- è datato 1999, un anno prima dei “padri fondatori” americani Killswitch Engage. Il passaggio da metallic hardcore a vero e proprio melodic metalcore si concretizza nei successivi Vent (2001) e Shadow Hearts (2003), generalmente riconosciuti -a ragione- come i vertici dell’intera discografia grazie al perfetto connubio di radici hc, influenze swedish death e melodie al posto giusto. Proprio quest’ultimo elemento è però diventato nel tempo il tallone d’Achille della band, testardamente propensa alla ricerca del ritornello “da copertina” e sempre più in balia di influenze esterne fin troppo palesi come gli stessi KSE o gli As I Lay Dying (il già citato The Undying Darkness parla da sé). Intrappolati negli schemi base della frangia melodica del genere, i Caliban si sono dunque persi in una staticità foriera di uscite monotone (Say Hello to Tragedy, I Am Nemesis) finendo addirittura con l’ammiccare a soluzioni di “allievi” quali i Bring Me The Horizon (una produzione più moderna e gli innesti elettronici alla Sempiternal) in Ghost Empire e Gravity. A sorpresa, quella che sembrava una formazione alla deriva si è invece ricompattata dando vita ad Elements (2018), un insperato rialzo nelle quotazioni nonché miglior lavoro degli ultimi quindici anni, senz’altro merito di un bombastico modern metalcore non esente da piacevoli echi nu metal.

Dystopia al contrario non si espande né fa clamorosi passi indietro. Resta lì, in un limbo mediano generato dalla volontà di voler dormire sugli allori di Elements, pertanto siamo costretti a riprendere la nozione di immobilità ed appiccicarla sulla schiena del combo di Essen. Un’esibizione di metalcore “pestone” con suoni contemporanei ultra-compressi, immancabili tocchi elettronici, refrain in pulito ordinari, cascate di breakdown e lo sgolarsi in scream/growl di Andreas Dörner: si va sul sicuro, nessuno rimarrà scontento e allo stesso tempo non si uscirà dall’ascolto completamente appagati. Le principali note positive sono la distopica title-track (arricchita dal cuore vocale emo di Christoph Wieczorek dei connazionali Annisokay), Ascent of the Blessed, la torrenziale virUS con Marcus Bischoff degli Heaven Shall Burn, Phantom Pain (Denis Schmidt fornisce qui la sua prova più efficace) e la tirata sWords che ha nel suo incedere risonanze slipknotiane. L’ombra di Oli Sykes e compagnia emerge nell’uso malizioso dell’elettronica in Darkness I Became -attorniata dalle solite cannonate metalcore- e nella “sempiternaliana” Hibernate mentre l’unico sprazzo di novità, se così vogliamo chiamarlo, è l’introduzione di glitch e beat para-industrial alla Code Orange presenti in D I V I D E D. I restanti brani, pur senza arretrare di un millimetro sul piano dell’intensità, denotano evidenti falle nell’esecuzione del cantato pulito e neppure il featuring di mr. Job for a Cowboy Jonny Davy nella minacciosa Dragon riesce a metterci una pezza.

Il giudizio finale è presto detto: i fan della band ovviamente accoglieranno bene un album come Dystopia, attestazione dello stato di forma tutto sommato positivo dei Caliban, il porto sicuro a cui rivolgersi se si è in balia delle acque tempestose del metalcore. Affidabilità, nel loro caso in particolare, rischia di far rima con prevedibilità eppure il dodicesimo sigillo di una lunghissima carriera se possibile consolida la posizione dei tedeschi, instancabili portabandiera europei del genere più amato/odiato dell’ultimo ventennio.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
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Area
Mercoledì 18 Maggio 2022, 14.02.43
4
@duke: Io mi ricordo molto bene gli anni in cui loro e in generale il metalcore cominciarono a spopolare e ... c'é poco da dire, come il Nu Metal poco tempo prima fu un genere che ruppe degli schemi sonori e di immagine, in più la sua popolarità venne aiutata dal fatto che molti che seguivano la moda Emo ascoltavano anche questo genere.... il pubblico Metal o comunque una fetta consistente non ama le novità sia per partito preso, sia per lavaggio del cervello o più semplicemente perché chi é più grande non ci si ritrova... in fondo non é obbligatorio amare qualsiasi trend e stare per forza al passo con i tempi se una cosa non ti piace.
duke
Martedì 17 Maggio 2022, 21.46.07
3
...onestamente il "mondo del -core" ...lo trovo interessante...ottime bands...bella musica....non capisco questo astio nei suoi confronti....il disco non e' male....
Indigo
Martedì 17 Maggio 2022, 20.31.08
2
@Vittorio, in Italia non ti saprei dire ma in Germania immagino abbiano ancora un buon seguito (altrimenti non sarebbero arrivati a quota 12 album in studio con una media di una nuova uscita ogni due/tre anni). Sinceramente ritengo che i primi lavori (Vent e Shadow Hearts su tutti) siano molto validi e anche The Opposite from Within è un buonissimo esempio di melodic metalcore. Dopo sono calati ed è inutile negarlo però Elements (2018) mi ha davvero stupito perché senza inventare niente è comunque risultato un ottimo disco, fresco e ispirato. Quindi in definitiva a me tutto sommato piacciono (ad esclusione della parte centrale della loro carriera).
Vittorio
Lunedì 16 Maggio 2022, 18.08.00
1
Mai capito se questa band piaccia davvero a qualcuno.
INFORMAZIONI
2022
Century Media
Metal Core
Tracklist
1. Dystopia
2. Ascent of the Blessed
3. VirUS
4. Phantom Pain
5. Alien
6. sWords
7. Darkness I Became
8. Dragon
9. Hibernate
10. mOther
11. The World Breaks Everyone
12. D I V I D E D
Line Up
Andreas Dörner (Voce)
Denis Schmidt (Chitarra, Voce)
Marc Görtz (Chitarra)
Marco Schaller (Basso)
Patrick Grün (Batteria)

Musicisti Ospiti:

Christoph Wieczorek (Voce su traccia 1)
Marcus Bischoff (Voce su traccia 3)
Jonny Davy (Voce su traccia 8)
 
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