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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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07/01/2021
( 3967 letture )
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Una delle qualità indissolubili degli Ayreon (e di Lucassen in generale) è senza ombra di dubbio la loro produttività e coerenza nel corso del tempo. Non solo il 2020 ha lasciato alle spalle un’incarnazione live dell’Electric Castle (decisamente convincente), ma una nuova metal opera dai toni maledetti, filosofici e al contempo incredibilmente legati -soprattutto per i maggiori speculatori in giro per la rete- alle produzioni precedenti in fatto di plot e personaggi. Per quanto queste teorie siano affascinanti, risultano anche estremamente speculative e bisognerà quindi tralasciarle per far spazio al corpus più concreto di questa metal opera nuova di zecca. Un corpus musicale ma anche e soprattutto narrativo, e proprio per questo motivo sconsiglio fortemente di proseguire nella lettura di questa recensione se Transitus non sia già stato recepito e spolpato dalle orecchie del dolce lettore. Seppur la musica sia uno degli elementi fondamentali dell’opera, ovviamente, in maniera più assoluta non è l’unica e godersi un’analisi del disco in questione corrisponde a spolparne la narrativa in ogni sua parte. Se ciò non costituisce un problema ma anzi un incentivo nell’ascolto, ben venga, in caso contrario sarà proprio Transitus ad avere la priorità, donandosi in tutto il suo minutaggio prima di rovinarsi qui ogni suo sviluppo. L’avventura inizia con toni subito chiari e nichilisti tramite una suite divisa in sei brevi parti: Fatum Horrificum. La solennità della prima sezione fa da sfondo alla ripetizione liturgica:
Fatum - Horrificum Fatum - Inauditum
La narrazione si dipana poi su una base strumentale che subito rimanderà alla mente quanto Carpenter ha prodotto con il suo capolavoro Halloween - La notte delle streghe (citazionismo o mera suggestione? Lucassen è sempre stato anche questo). L’amore tra un ricco rampollo e una umile serva di colore, una maledizione che viene narrata sino al climax lirico potente, scongiurante. L’intro alla Pink Floyd della terza parte -il cui nome ci annuncia i nomi dei due innamorati- anticipa l’esplosione con un romantico assolo di chitarra, lento e ponderato che sfiora anche tonalità made in Dream Theater, il tutto con una classe mai improvvisata. Quarta sezione: Fatum. Una composizione polifonica che ripesca dai mottetti di fine Ars Antiqua e che poggia la sua essenza su un coro formato da baritono, soprani femminili e voci bianche; tutti e tre intrecciati e alternati al fine di mostrarci la preannunciata sciagura che la coppia summenzionata porterà con sé…
Vita est finita nunc Redire non iam potes Inutile est supplicare ad Mortis Angelam
Note orrorifiche ed elettroniche quelle di Why?!, quinta sezione estremamente pesante, tirata e condita da ottoni pomposi, ma mai esageratamente spocchiosi. Una composizione che continua dunque in una razionalità affascinante e incredibilmente funzionale atmosfericamente parlando. In Guilty compare un riff mutato, un primo sentore di vero prog metal, mentre le narrazioni vengono alternate tra Abraham e Abby - rispettivamente padre e figlia (nonché coprotagonista)-, la quale si ritrova a confessare un omicidio ancora oscuro alla mente dell’ascoltatore e poi… un rullante bellico conclude tutto. Daniel fa ora la sua comparsa ufficiosa, smarrito in un vortice di luce che lo porta oltre il tempo e lo spazio, eccolo risvegliato in una dimensione tra paradiso e inferno, una dimensione limbica che prende il nome di Transitus. Linee vocali sentite, violini che imbandiscono il leitmotiv tra le varie voci e che poi verrà ripetuto dai cordofoni, tutto qui ci getta nella discesa del nostro defunto in quel che è la dimensione di mezzo in cui ancor nulla ci è dato sapere.
Risen like a ghost An illusion, an empy shell A lonely soul at a crossroads Now I wander lost in Limbo bound for Hell.
Appare uno dei personaggi più interessanti della storia nonché del songwriting nudo e crudo, in altri termini della musica priva di narrazione: L’Angelo della Morte. Un personaggio la cui apparizione è un topos ben famoso dall’alba dei tempi e che qui sembra rievocare la memoria di quanto Boezio scrisse in cella riguardo a Filosofia. Questa non-musa, questa figura giudice dall’eleganza femminile si ritroverà per l’ennesima volta un essere umano dinanzi a lei, ma questa volta -in un ritornello veramente meraviglioso- un umano che non solo la farà titubare ma che convincerà lei e le sue Furie ad ascoltare la sua storia e i motivi per cui si trova a Transitus in attesa di giudizio.
They are all alike, they die, they plead for their life, They lie, then break down and cry. Now I don’t know why, him I like, must be something in his eyes Well, all right, should we give him some time?
L’angelo accetta ed eccoci nel vivo della storia, in quel passato 1883 in cui Daniel capisce, alla vista di Abby, di essere un mondo collegato ad un altro in maniera indissolubile:
Two worlds apart, two worlds now one A new life’s begun.
Il fratello di Daniel però non approverà, un personaggio chiave se non il più importante se pensiamo a quanto sia esso stesso l’incarnazione della maledizione di cui Lucassen ha parlato in apertura. Gli Ayreon portano qui uno spaccato sociale in cui la musica fa da contorno, evidenziando le emozioni degli eventi più che smuovere carnalmente i nostri timpani. Difatti il più delle volte ci si ritrova davanti a composizioni in cui l’importanza è data dall’evidenziazione di problemi non tanto di tipo sentimentale ma dalla superficialità tanto del volgo quanto al contempo dei nobili, come insomma il divario sociale non sempre sia un divario intellettivo: un "Parasite" musicale, per citare un’opera recente.
No matter what they say, no matter what they do
Un dialogo perfettamente composto, musicalmente e non solo, tra Henry e Abby contrappone le due personalità vittime entrambe di incomprensione reciproca, di interessi differenti e di vedute cieche allo stesso modo, ciò che insomma porterà Henry a pronunciare un concetto a dir poco semplicissimo: vi distruggerò. Si scende allora nel passato di Daniel, il quale possedeva in gioventù svariati amici immaginari. Tra questi vi era un soldato romano di pietra il quale verrà rievocato dal povero protagonista, dando inizio a un brano delicato di piano.
Old friend, I’m sure you’ve seen, I’m captured by her charm.
Il narratore anticipa un coro e i violoncelli, un bellissimo guitarwork aggressivo e galvanizzante si aggiunge al lotto e danno vita a Dumb Piece of Rock, un brano divertente, geniale per certi versi. Il groove è aggressivo tanto quanto i riff pesanti, le linee vocali sono scritte con maestria ed eseguite altrettanto bene, note alte mozzafiato su tutte. Il finale meraviglioso prima strumentale e poi corale dona anche un quid di eleganza in un contesto furente nelle radici.
Yes, I’m only a vision, a light in your dark A mere decoration, not even… art! But none of that matters, I’m what you need I’m the fury inside, demanding you see.
Il padre di Daniel viene informato da Henry dell’accaduto e inizia ora la discussione corale con i servi della magione a prendervene parte. La sezione strumentale qui è di un metal molto più classico, quadrato e in cui sono le tastiere a costituire l’armonia. Grazie alle parole del padre l’ascoltatore capisce che Daniel è sempre stata una personalità sognante, ingenua per molti versi, contrapposta all’archetipo del padre responsabile che giunge al punto di doverlo mandare via di casa sperando possa cambiare le cose. Ciò che però veramente è la ciliegina sulla torta non è la narrazione in sé (seppur ottima) quanto l’assolo di Joe Satriani, guest assoluto che suonerà a mani basse la sezione di chitarra più ispirata del platter. Se analizzato prettamente dal punto di vista del songwriting e della musicalità ci ritroviamo davanti al brano quasi sicuramente migliore (giocandosela con pochi altri) e che innalza ancor di più un lavoro capace di andare oltre il semplice album metal ma che rispecchia in tutto e per tutto un Lucassen narratore e abile nell’esserlo attraverso la grandiosità della musica pesante che tanto amiamo. Don’t you ever call me heartless I will leave you everything you need No, I’m not a monster, you’re still my family.
Si torna dunque -alla fine di questo excursus- a Transitus, in attesa del responso dell’Angelo. Come afferma il titolo saranno sette giorni e sette notti la massima possibilità concessa a Daniel al fine di sollevare Abby da colpe che sostanzialmente… non ha. Tramite soprattutto il fumetto si scoprirà che la morte di Daniel fu un incidente di cui Abby fu involontariamente la causa.
She may not see, or hear, or feel you But a whisper in the dark It’s so easy to despair Alone, in a world of your own.
La cecità del “popolino” torna presente in Condemned Without a Trial, in cui Abby risulta vittima dall’opinione popolare che mai accetterebbe di essersi sbagliata o di non aver un nemico con cui prendersela. Veramente ottimo è il continuo rimbalzo tra un abitante e un altro, in prestazioni vocali più che convincenti su un arrangiamento movimentato, agitato, costituito da giri chitarristici prog puri, mai labirintici ma virtuosi; vere e proprie nozze tra stile e genialità, un brano progressivo divertentissimo e mai banale.
Guilty, she has killed him, full of darkness, she is heartless We’re too late here, we can’t save him, the damage is done.
Henry e la città non riescono a salvare Daniel, anche se l’ascoltatore non è ancora ben cosciente di cosa sia davvero successo. Il sound funereo, oscuro, pesante e ben scandito da percussioni mortuarie si innalza grazie a cori ultraterreni in questo sound incredibilmente ispirato. Viene poi aggiunto un nuovo personaggio altrettanto fondamentale: Lavinia, la madre -veggente- di Abby. Attraverso la sfera di cristallo è proprio lei a vedere Abby nello sguardo morente di Daniel, confermando indirettamente i dubbi di chiunque nel villaggio, ossia che a uccidere il povero Daniel sia stata proprio la sua amata. Il sound esplode con campane e riffoni quadrati, quasi doom per alcune tonalità e tempistiche. La batteria intona giri terremotanti e accompagna i cori di inizio brano ma su di un’ottava. Un arpeggio accompagnato da synth e violino ci gettano nel pieno della scena di Hopelessly Slipping Away in cui Daniel prova a dare delucidazioni ad Abby, liberandola dal senso di colpa ancora e ancora… ma egli non ci riuscirà:
I feel you slipping away Hopelessly slipping away.
Rullante solenne, arpeggio, synth e ancora violini aprono la seconda stanza del brano. Una canzone straziante per la storia d’amore narrata in Transitus, giunta al termine e lapidata di brano in brano, qui tramite l’acustica che chiude il tutto con toni da musica popolare rinascimentale. L’Angelo e le Furie osservano dal Limbo il tutto e rimangono affascinate dalla complessità umana. Si convincono a risolvere la “human equation”. Un giro con un groove incredibile fa da sfondo alla confessione dell’Angelo il quale non riesce a non rintracciare le incoerenze degli esseri umani: sembrano contenti ma tristi, pazzi ma in realtà stupidi, incantevoli ma infantili, bugiardi e ipocriti. Vogliono essere piacevoli ma sono pessimi in tutto e per tutto. Su svariate linee vocali compare così d’un tratto un growl distruttivo nel coro delle voci angeliche, una virgola tanto stonata quanto estremamente intonata per le orecchie più sofisticate. Un brano incredibile anch’esso, dal punto di vista vocale impeccabile e che attraverso le note caratterizza i personaggi meglio di molti libri in circolazione.
This Human Equation, is driving us crazy, this Human Equation.
Sonorità oscure e deprimenti anche quelle di Henry’s Plot. Lavinia e Henry si incontrano infatti per discutere sul da farsi, sottendendo dinamiche non proprio oscure ai più sagaci: l’eredità di Daniel avrà fatto forse gola al fratello, nonché a Lavinia stessa.
The time has come, no turning back Vengeance is at hand You must be brave, with heart of stone Come close, hear my plan.
Basso, tastiera, batteria e chitarra monocorda impostano questo brano. Il piano tra i due personaggi prima annunciati viene applicato qui: Abby viene convinta a suicidarsi per raggiungere Daniel, il quale non vede l’ora di rivederla. Una sezione jazz con una batteria sofisticata e un piano “lounge” caratterizzano la prima metà. La seconda parte si snoda invece su una ritmica sublime di jazz con accentazioni di musica latina e l’assolo di Marty Friedman, altra chicca di questo disco. Il leitmotiv vocale si ripropone qui con la chitarra solista, le tastiere sognanti costituiscono l’armonia fino alla chiusura netta. Un brano insomma che parte in modo leggero e diventa di un metal senza fronzoli per ogni palato.
Reunited on the other side, ‘til the end of time!
Daniel capisce di aver fallito, l’ascoltatore insieme a lui. Abby rimane sola nel suo mondo e il rumore del mare caratterizza le ultime fasi di questa storia. Il piano intona il giro di Fatum Horrificum: 1884. Sonorità dreamtheateriane e sound pomposo che ci porta nella disperazione di Abraham, padre di Abby presente in apertura. Inutile sarà la corsa verso casa della figlia… pagare per le proprie azioni è il fondamento di questo disco. Musicalmente ci troviamo davanti a un riff monocorde di chitarra che si evolve in power chords, 4/4 alle pelli su cui si aggiungono cori solenni che richiamano le battute iniziali. Il tutto si chiude con Abraham a interrogarsi sulla morte mentre sparisce insieme alla figlia nell’incendio da essa appiccato, in una variazione alla Finally Free.
Vita est finita nunc - redire non iam potes - Inutile est supplicare ad Mortis Angelam - in lacrimis.
Altro elemento di puro nichilismo in questa storia in cui la morte è l’unica costante a non piegarsi mai a nessuno è quello di Your Story is Over, ove anche Lavinia giunge a miglior vita osservando il suo stesso corpo ai piedi delle scale -nel tentativo di scappare dal fantasma di Abraham. L’Angelo della morte ricompare ma… questa volta non avrà pietà di lei come con Daniel, in fondo anche Lavinia era mossa da interessi beceri e superficiali. Probabilmente l’alleanza con Henry è stata la prova della volontà di condividere l’eredità di Daniel, arrivando a far uccidere la propria figlia pur di raggiungere tale codardia.
They are all alike, they die, they plaed for their life Your story… is over!
Un guitarwork romantico e agrodolce segna l’inizio di Abby che si sveglia in Transitus. Si accorge di esser morta nelle fiamme ma non è preoccupata, è meglio rimanere intrappolati in un limbo piuttosto che nell’inferno della sua vita terrena.
So this show it ends, my hopes all washed away Now all is meaningless, as I accept my fate All is quiet now, my dream of happiness destroyed.
Sulla seconda metà sono i tom a cadenzare la mortalità del discorso di Abby, mentre una chitarra ovattata dona il quid alle parole della defunta… ormai stanca di tutto. Ed eccoci arrivati alla scoperta, una scoperta annunciata da una prestazione vocale inattaccabile e che finalmente pone un punto alla vicenda, una vicenda maledetta che nella maledizione ha trovato il suo più grande vantaggio: Abby incontra Daniel, i due mondi non sono solo tornati insieme ma qui per sempre.
Forever free - Just you and me A new life’s begun - A timeless bond The Great Beyond - Two worlds now one.
Transitus si chiude allora con un lieto fine magistrale accompagnato da un arrangiamento sinfonico, lo stesso che ci ha gettati nella narrazione. Un climax compositivo ed emozionale che si interrompe d’un tratto, così come è iniziato:
Fatum - luminosum - decus Astrum - in aeternum - venus
Una volta passata via tra le mani, questa ennesima metal opera di casa Lucassen non può di certo lasciare insoddisfatti, seppur di critiche ne abbia ricevute in giro per il web e non solo. La verità è che Transitus è una nuova prova della bellezza e versatilità di questo genere, soprattutto quando sono veri artisti a manipolarla. L’ultima fatica degli Ayreon è un disco non perfetto, non ispirato come molti lavori precedenti, non storicamente fondamentale e non visionario, ma ottimo, ben realizzato e stupendamente narrato. Personaggi funzionanti, trama semplice ma resa affascinante e musicalità sempre coerenti e solenni con decine di momenti eccezionali fanno di Transitus un disco incantevole, a prescindere dalle sue imperfezioni. Uno dei canti del cigno di questo 2020 di metal e che farà perdere la concezione del tempo, rendendo la sua ora e venti un istante fugace.
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Insomma, rispetto a The Source (capolavoro assoluto) ho trovato quest'album un sottotono. Personalmente non apprezzo la voce narrante, sia perchè alla lunga stanca doverla risentire per ascoltarsi la canzone, sia perchè rende la cosa ancora più melodrammatica (in senso negativo) di quello che già è. Alcune canzoni poi non sono riuscite bene, soprattutto la prima Fatum Horrificum che è un collage fatto male. Altre sono bellissime, come Hopelessly Slipping Away. Cammie GIlbert per me la migliore performer. Quindi nel complesso un 65. Penso riascolterò alcune canzoni selettivamente. |
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Album che mi è piaciuto, ma non del tutto. Voto 80.
Personalmente non è da tanti anni che ho "scoperto" il progetto Ayreon e di conseguenza non è da molto che ammiro e stimo l'operato di Lucassen, che trovo un perfetto connubio tra bravura tecnica, intelligenza, empatia e marketing.
Nel corso degli anni ha proposto album uno più bello dell'altro, con pezzi stupefacenti e sopraffini.
Forse, l'unica "pecca", l'unico disagio era dato dal fatto che la "formula magica" risultava un pò ripetitiva, abusata (se vogliamo).
Con questa ultima fatica il buon Arjen ha provato a voltare pagina e offrire un prodotto "diverso", non abbellendo o cambiando mettendo qua e là qualche orpello per rendersi diverso dal passato, ma un nuovo concept, nuovi arrangiamenti e brani "diversi dal passato", ivi incluso la copertina (che non trova nemmeno il mio gusto, per inciso).
Alcuni pezzi centrati in pieno, godibili e proprio Belli, da ascoltare e riascoltare con estremo piacere.
Altri pezzi sicuramente meno riusciti e forse banalotti o privi di quella verve che poteva fare la differenza, un pò quello che intercorre tra un bravo giocatore ed un fuoriclasse.
Poi, la nota negativa sono invece le parti parlate, come con il difficile e complicato lavoro dei Blind Guardian... troppe parti parlate, intro etc etc alla lunga... stancano e sei "costretto" a mandare avanti.
Questo è il grande limite di questo Transitus, assieme ad alcuni pezzi che risultano scollegati, disconnessi o staccati dal contesto. Forse non coesi o opportunamente arrangiati (al contesto).
Tutto questo ribadendo che questo doppio album si fa ascoltare alla grande, suonato e cantato a livello alto, con tutte le pedine (vocali) al punto giusto.
Personalmente mi manca la Presenza di Lande, per me è sempre una certezza e una garanzia su questo tipo genere.
Penso infine che il tutto potesse, almeno stavolta, finire in un unico cd, magari e dico magari andando ad impreziosire la proposta con i testi o con il fumetto (che comunque è scaricabile).
Ancora una volta Chapeau al buon Arjen Lucassen e agli Ayreon! |
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A parte la bruttissima copertina, fatta con il WordArt di PowerPoint su una immagine di sfondo (ma il marketing se ne è accorto?) l'ho ascoltato e riascoltato al tempo della sua uscita, perché di questo Ayreon e di questo Lucassen, su questa zine, se ne esaltavano le meraviglie da ogni dove. Inoltre, aveva fatto un battage marketing con news ad uscita rateale non indifferente ed ero curioso (vedi, il marketing...). Al di la della storia e degli ospiti (chiunque abbia budget può ingaggiare a iosa) la parte musicale, non solo è noiosa e parecchio frammentata ma molti pezzi sono brutti. Nel senso che non sono piacevoli da ascoltare. E' una questione di gusti, of course, ma qui si commenta e questo è il mio giudizio. Sara bravo a creare casi marketing e storie, ma il songwriting è scarso, Complimenti a Monsieur Fox per averci costruito sopra una tale disquisizione. Au revoir. |
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A me è piaciuto moltissimo. La storia cattura l'ascolto e dà spazio a innumerevoli immaginazioni. Simone Simmons, in particolare, è straordinaria e riesce a creare una voce angelica ma con un lato oscuro, in perfetta linea col personaggio. Da ascoltare e riascoltare. |
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A me è piaciuto moltissimo. La storia cattura l'ascolto e dà spazio a innumerevoli immaginazioni. Simone Simmons, in particolare, è straordinaria e riesce a creare una voce angelica ma con un lato oscuro, in perfetta linea col personaggio. Da ascoltare e riascoltare. |
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@Kurujai ma infatti ToE è suddiviso in 4 suite, suddivise a loro volta in varie parti, ma collegate tra di loro.
Peccato non ci sia , come da tua osservazione, una versione di Transitus esattamente con l'esclusione della parte narrante come fatto dai Blind Guardian con l'ultimo Legacy of the dark lands.
Magari succederà l'inverso che accade a Streets dei Savatage.
Godiamoci ad ogni modo l'album così come è stato pensato da Lucassen.
Buon ascolto a tutti! |
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Theory of everithing è un buon disco che ha il problema di essere troppo spezzettato , se il buon arjen lo avesse suddiviso in 4 suite ( come suggerisce il libretto) sarebbe stato meglio . Per quanto riguarda transitus invece l'unico modo per renderlo quasi accettabile sarebbe ridurre la voce narrante . Intendiamoci è solo la mia opinione |
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JC @DarkNebula trovo giusto il tuo rimando a The Theory of Everything perchè è un album molto vicino a questo Transitus. Anche a me era piaciuto molto. |
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Per me un discreto lavoro ma nulla di più, devo ammettere che in parte mi ha deluso, anche se ci sono delle parti riuscite e delle idee interessanti ma non maturate del tutto.
Il precedente "The source" era in tutto e per tutto su un altro livello.
Vorrei evidenziare e confrontare il voto 82 di questo lavoro con il 70 di "The Theory Of Everything", per me un ottimo album che avrebbe mertitato molto di più .
Non voglio creare polemiche, entrare nella soggettività dei voti e recensioni, soprattutto quando queste vengono pubblicate da persone diverse che ad ogni modo ringrazio per il tempo che spendono e trascorrono per migliorare il sito e darci una loro personale opinione sulla musica da tutti noi tanto amata.
Ottima la prova di tutti i musicisti e cantanti presenti nel progetto, a partire da Kaverik che è davvero di un altro pianeta.
Per concludere, darei un 70 a quest'ultimo lavoro, dove ad ogni modo le emozioni non mancono. |
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A me è piaciuto, cercherò di essere schematico nel dire perché.
Anzi tutto è un musical più che una metal opera. Più che le canzoni, spiccano gli interpreti. Il concept è una sorta di ghost story da B-Movie... a volte un po' sconclusionata (le statue che ballano) ma autoironica e divertente. Musicalmente avrei tagliato molto nella seconda parte: ci sono canzoni che sono funzionali allo sviluppo della storia ma per me appesantiscono e allungano l'ascolto senza lasciare molto, anche perché ricche di reprise e citazioni dell'universo sonoro di Arjen. Complessivamente comunque mi è piaciuto e il mio voto è 85. |
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Album che ho apprezzato parecchio, per me molto convincente. L'unico difetto che ho notato nelle canzoni, già riportato da qualcuno, consiste nel fatto che alcune di esse non sembrano sviluppate fino in fondo. Forse però meglio così piuttosto che un album prolisso. Una pecca non da poco, non citata nella bella recensione, consiste nell'avere "dimenticato" di inserire i testi nel libretto dell'edizione cd (standard), un difetto particolarmente grave se si considera la natura dell'album. Cast stellare come sempre, su tutti ho apprezzato Karevik, Mills, Sneider, Manzi e Satriani. Come voto starei sull'85. |
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Ha ragione Aceshigh,Arjen ci ha abituato molto bene e il disco in questione e' un buon lavoro...cmq ognuno la pensi come vuole,ci mancherebbe. |
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Per quanto mi riguarda il problema non sta nell'essere "poco metal", anzi ero curiosissimo di sentire cosa avrebbe tirato fuori Lucassen discostandosi un pò dalla tipica musica Ayreon, come aveva dichiarato mesi fa (sembrava che il disco dovesse uscire sotto un altro nome per la differenza di stile con la band madre). Manca un qualcosa per farmi innamorare, e la leggerezza delle canzoni la intendo come un songwriting poco "studiato", canzoni che alcune sembrano scarti della Disney, salvate solo magari dalle prestazioni dei fuoriclasse al microfono. |
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È più lunga la recensione del disco... Certo che prendersi quattro mesi di ascolto per poi promuoverlo dandogli 82 è veramente coraggioso. Al di là di questo, la penso esattamente come tutti quelli che mi hanno preceduto. Cioè che quest'opera è stramaledettamente inconsistente! Un mappazzone, per essere più precisi. |
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Album poco metal soprattutto per la leggerezza dei suoni ma credo sia proprio un scelta di Lucassen provare a fare un qualcosa di ancora differente nella sua discografia. Certo che senza (o almeno riducendo) le parti narrate e indurendo un pò il suono (magari anche a livello di produzione) poteva uscire qualcosa più in linea con le mie corde. La line up di The source (tanto per prendere ad esempio l'ultimo, che è veramente un grande album) era superiore decisamente ma anche qui ci sono star favolose soprattutto Karevik e la Simons che fanno egregiamente il loro. Sinceramente la vedo come un'occasione persa e questo mi rattrista. Voto 60 proprio perchè lui...ma anche a seguito di ascolti fatti "con calma" per capirlo meglio per me resta un mezzo passo falso da cui salvare solo qualcosa. Da rilavutare magari tra qualche anno. PS: Ma la copertina quanto è brutta? Voto 60 |
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8
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Non ha convinto al 100% neanche me, pur non essendo affatto un disco mediocre, anzi. Trovo sia pieno di ottimi spunti e abbastanza vari tra loro, sempre con il consueto trademark melodico di Lucassen. Molto convincenti ad esempio Listen to My Story, Get Out Now (che ha un bel refrain d’impatto) e anche altri nella seconda parte. Il difetto che riscontro sta nell’aver messo tanta carne al fuoco, tante idee che però spesso non vengono sviluppate fino in fondo, quasi poco più che degli accenni. Alcune tracce sembrano quasi... troncate. Ciò è più evidente soprattutto nell’ultimo “quarto” dell’opera. Probabilmente questa rimarrà tra le release “minori” degli Ayreon, ma, ripeto, non è assolutamente da bocciare. È che magari Lucassen in 25 anni di attività ci ha abituato mooooolto bene. Alla prossima. Voto 75 |
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L'ho ascoltato con tutta la calma necessaria e non me la prendo perché è "poco metal " anzi ha anche alcuni pezzi buoni ma nel complesso il lavoro stanca , annoia e non decolla mai davvero , ci sono linee melodiche interessanti ma non sono sviluppate . Il voto 50 per me c'è tutto é un disco mediocre e mi spiace tantissimo |
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Disco che ho un po snobbato e non ci ho prestato, credo, la dovuta attenzione. Il fatto è che mi attendevo un altro capolavoro stile The Source e sono rimasto un po spiazzato per la leggerezza del sound di questo lavoro. In realtà riascoltarlo mi fa piacere, i bei pezzi ci sono, belle melodie e un buon concept, ma ci sono anche autoplagi e un po troppe canzoni narrate, imho. Arrivando agli ospiti, e ritenendo Karevik come il migliore in assoluto nonché mio cantante preferito, non posso che essere contento per il ruolo primario concessogli, infatti Arjen ha scritto per lui delle linee vocali spettacolari e difficilissime. Mike Mills è sempre un fenomeno e diverte, da Cammie Gilbert invece mi aspettavo di più (ma forse è colpa di Arjen), i cori sono da urlo e la Simons non riesco a far El piacere (vocalmente, specifico). In generale mi aspettavo un cast diverso, Snider fa il suo dovere e Manzi canta bene, ma il cast di The Source per me era superiore. Peccato non averne parlato in fase di recensione. Comunque disco da approfondire e ascoltare con calma, ci sono difetti ma ci sono parecchie cose meritevoli (soprattutto le parti di Karevik). |
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Condivido i primi 3 commenti, ascoltato due volte, accantonato e non mi è più venuta voglia di ascoltarlo |
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Certamente non siamo ai livelli stratosferici degli altri lavori del buon Arjen,ma vedere 55 sul voto lettori fa pensare. Personalmente l'ho trovato un buon lavoro,certo le parti narrate sono un po' troppo "invadenti" ma sul lato compositivo sono soddisfatto.Ripeto i capolavori sono altri, ma come voto sono d'accordo con il recensore, 82 se lo merita.Per finire spero che esca un nuovo Gentle Storm...grande Arjen. |
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Concilia bene il sonno. A parte gli scherzi, a questo giro sinceramente un disco troppo ampolloso e troppo diluito. |
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ho amato quasi tutte le opere di lucassen alla follia . dico quasi tutte perchè actual fantasy non mi è mai piaciuto e qusto transitus non è poi tanto meglio . le canzoni durano una manciata di minuti con voce narrante annessa , non hanno il tempo materiale per svilupparsi e decollare , prendo ad esempio " seven days seven night" : finisce nel momento in cui pensavo stesse per decollare . la soporifera "fatum horrificum" è un collage mal amalgamato mentre la traccia piu convincente "talk of the town" è praticamente digital rain del side project star one . almeno questo per il disco 1 perchè va peggio nel disco 2 dove si parte con il botto : ben tre brani di fila molto belli , poi il nulla con l'irritantissima voce narrate sempre piu ingombrante .
che dire ospiti bravissimi , un Karevik ottimo e la sorpresa di Cammie gilbert che non conoscevo , un inedita versione ( spassosissima ) di simone simons ma purtroppo manca la cosa principale e la piu importante di in un disco : Le Canzoni voto50 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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Disco 1:
1. Fatum Horrificum 2. Daniel’s Descent Into Transitus 3. Listen To My Story 4. Two Worlds Now One 5. Talk Of The Town 6. Old Friend 7. Dumb Piece Of Rock 8. Get Out! Now! 9. Seven Days, Seven Nights
Disco 2:
1. Condemned Without A Trial 2. Daniel’s Funeral 3. Hopelessly Slipping Away 4. This Human Equation. 5. Henry’s Plot 6. Message From Beyond 7. Daniel’s Vision 8. She Is Innocent 9. Lavinia’s Confession 10. Inferno 11. Your Story Is Over! 12. Abby In Transitus 13. The Great Beyond
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Line Up
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Arjen Anthony Lucassen (Chitarra, Basso, Tastiera)
Musicisti ospiti: Tommy Karevik (Voce) Cammie Gilbert (Voce) Amanda Somerville (Voce) Dee Snider (Voce) Marcela Bovio (Voce) Tom Baker (Voce) Simone Simons (Voce) Johanne James (Voce) Michael Mills (Voce) Paul Manzi (Voce) Caroline Westendorf Wilmer Waarbroek (Voce) Will Shaw (Voce) Marjan Welman (Voce) Lisette van den Berg (Voce) Dan J. Pierson (Voce) Dianne van Giersbergen (Voce) Hellscore (Coro) Noa Gruman (Direzione coro) Joost van den Broek (Piano, Organo) Ben Mathot (Violino) Jeroen Goossens (Strumenti a fiato) Jurriaan Westerveld (Violoncello) Thomas Cochrane (Tromba, Trombone) Alex Thyssen (Corno) Joe Satriani (Chitarra) Marty Friedman (Chitarra) Jan Willem Ketelaers (Chitarra) Patty Gurdy (Ghironda) Juan van Emmerloot (Batteria)
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