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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Virgin Steele - Life Among the Ruins
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12/02/2022
( 1996 letture )
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1988, esce Age of Consent, un grande album, l’ultimo di un esaltante decennio per i Virgin Steele. Inaspettatamente, tuttavia, il fiasco commerciale è clamoroso e a completamento del fosco quadro l’etichetta discografica va in fallimento. Ne consegue, quasi inevitabilmente, lo scioglimento temporaneo e non ufficiale del combo nonché quasi cinque anni di oblio all’interno dei quali David DeFeis partecipa all’effimero progetto blues Smokestack Lightning con il vecchio bandmate Jack Starr e con il bassista Rob De Martino. Sono le basi per il ricongiungimento della band madre con la conseguente pubblicazione nel 1992 del singolo Snakeskin Voodoo Man, pezzone blues che prelude al ritorno definitivo alle scene con un disco nuovo di zecca; peraltro il brano sarà originariamente inserito solo nelle edizioni americana e asiatica di Life Among the Ruins, venendo sostituito in quella europea da Cry Forever, già apparso in Age of Consent e probabilmente più consono alla svolta romantica intrapresa dal gruppo. Altro episodio cardine per la genesi del full-length: Long Island, all’alba di un mattino d’estate; l’auto di DeFeis si ribalta a causa di un incidente, il vocalist è illeso, il filtrare dei primi raggi di sole fra le lamiere probabilmente instillano nella sua mente il seme della trilogia capolavoro The Marriage of Heaven and Hell. Accanto a lui il corpo senza vita della sua ragazza; sarà la drammatica rappresentazione dell’amore che muore, ispirazione di buona parte dei testi di Life Among the Ruins (la tragedia verrà inoltre raccontata in Blood and Gasoline, nella prima parte di Marriage). L’album è puro hard rock in un periodo nel quale il genere non va più di tanto e l’epic metal tipico della band appare solo per brevissimi tratti. Sembra un preannunciato flop commerciale e invece succede l’inaspettato: dopo un iniziale e comprensibile disorientamento il pubblico apprezza, solo lo zoccolo durissimo dei fan è critico con i giudizi, ancora oggi tra l’altro, non rendendosi probabilmente conto di avere di fronte una delle migliori opere di rock duro del decennio, una vera e propria perla incastonata in una delle discografie più epiche della storia.
La tracklist viene inaugurata dai rocciosi riff di Sex Religion Machine: la band gira subito a mille accompagnando efficacemente gli smaglianti ruggiti di DeFeis, felino dominatore di un pezzo hard blues di qualità cristallina; l’altra faccia dei Virgin Steele, rappresentata dal sontuoso Edward Pursino, ci regala infine un assolo dei suoi a completamento di una canzone che strappa applausi a scena aperta. Siamo solo all’inizio ma si può già intuire che le melodie eroiche a cui siamo abituati non saranno rimpiante più di tanto. La conferma arriva da Love Is Pain, brano lineare e orecchiabile in stile quasi AOR che si impone ben presto come una delle più significative rappresentazioni di hard rock di quegli anni, fatto abbastanza singolare se si pensa che è frutto di una band di epic metal. Il connubio fra il vocalist e i musicisti rasenta la perfezione, la bellissima melodia e lo stupendo solo di chitarra fanno sognare; il testo tocca i cuori, con chiari riferimenti alla tragedia personale del cantante (I see the winter in her eyes, as I turn to go, see the pain on her face, a frozen rose e ancora Now, darlin’ love is cruel, darlin’ love is blind, love is pain). In Jet Black il tono si fa pesante e oscuro, DeFeis incalza violento su un tappeto di riff e assoli di gran livello. Anche qui il testo rimanda all’infausto incidente, Jet Black altro non è che la morte, black as my heart on a night of love. Invitation è il primo dei tre interludi di pianoforte dell’album; si tratta di melodie che trasudano pathos da tutti i pori, questa in particolare prelude ad un’altra canzone maiuscola, I Dress in Black (Woman with No Shadow). L’atmosfera si fa feroce e minacciosa ma al contempo ricca di intensità emotiva, è l’ennesima prova di valore di una band in stato di grazia. Crown of Thorns è destinato a rimanere l’unico episodio vagamente epico dell’intero platter, un blues metal di pregevole fattura impreziosito da un altro esaltante assolo di Pursino. Il testo è pessimistico e commovente (When I was dyin’ in the cold by the side of the road, you were lying in a warm embrace, when I was bleedin’ in the rain, on an empty street), il riferimento alla tragedia lampante. L’appassionato intermezzo Cage of Angels introduce ad uno degli episodi più intimi dell’album; melodia semplice ma di gran classe, base ritmica in primo piano, liriche struggenti e delicate (Baby, let me kiss you tonite, it’s gonna be alright, stop your cryin’, oh, I never believed in Goodbye) fanno di Never Believed in Goodbye un momento di raro trasporto. Fin qui l’album è splendido, e appare quasi fisiologico che una tale magnificenza sia compensata da un paio di pezzi meno accattivanti (Too Hot to Handle, Love’s Gone) ma comunque lontani dal poter essere definiti riempitivi. Il livello torna ad essere di tutto rispetto grazie a Wild Fire Woman e Cry Forever, due ballatone che colpiscono dritto al cuore, altre evidenti dimostrazioni di quello che lo stesso frontman ama definire un disco di barbarico e romantico blues metal. Un leggero scroscio d’acqua apre l’ultima meraviglia dell’album, uno dei classici della band, quel Last Rose of Summer da molti celebrata come la più profonda e commovente ballata mai scritta da David DeFeis. Pianoforte e chitarra acustica accompagnano il falsetto del vocalist lungo questo amaro e straziante canto di amore e disperazione. L’incedere finale di basso e batteria non fa altro che aumentare il senso di frustrazione del protagonista, i cui struggenti acuti rendono ancora più drammatico il finale di una canzone semplicemente straordinaria.
Our love will never die I walk with you Last Rose of Summer’s Day Make Love to Me
Il platter sarà destinato a rimanere un episodio isolato nella carriera dei Virgin Steele; dimostrazione di classe innata e inimitabile, tale parentesi di sommo hard rock verrà presto chiusa da una sequela di epicità mai vista prima nel panorama metal. Un romanticismo così raffinato, tutt’altro che melenso, ha ancora oggi pochi eguali e sarebbe davvero riduttivo collocare un’opera di questa portata fra le produzioni minori della band. Affiancato dagli affidabili Rob De Martino e Joey Ayvazian, l’inossidabile duo DeFeis/Pursino si conferma fuori categoria, sia dal punto di vista compositivo ed emozionale che da quello puramente esecutivo e con Life Among the Ruins riesce a sfornare contro tutti i pronostici un discone da isola deserta, un classico da rivalutare obbligatoriamente. Il resto è storia.
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11
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Album meraviglioso, che se vogliamo rasenta il capolavoro. Non dico capolavoro direttamente giusto perchè è un capitolo a parte nella loro discografia...e di capolavori si parla nei due dischi precedenti e in quelli venuti dopo. Ma diamine, questo album pregno di heavy rock metallizzato, che riprende molto il sound US metal/rock di Dokken e Whitesnake (del periodo radiofonico USA) è FAVOLOSO, la vena ispiratrice di DeFeis era a livelli massimi. Diverso dal resto della loro produzione epica, sì, ma ripeto è un disco dove riffs, melodie, ritornelli, arrangiamenti e solo, sono uno più coinvolhenti dell\'altro. Punti massimi del disco assolutamente per me \"Love Is Pain\", \"Crown Of Thorns\", \"I Dress In Black\", \"Never Believed In Goodbye\", \"Too Hot To Handle\" e le ballads... praticamente quasi da citare tutte. |
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10
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Altro grande album dei Virgin Steele, all\'epoca tenuto in piedi dal mercato nipponico e abbastanza criticato perché meno epico rispetto gli standard della band, infatti è pieno zeppo di riff Dokkeniani. Voto giusto per me |
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9
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voto recensore troppo basso. discone! |
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8
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Disco decisamente ben fatto e realizzato, ma per me i Virgin Steele sono stati semplicemente uno dei migliori gruppi metal/epic di sempre e questo disco, ripeto fatto benissimo, non sono mai riuscito ad apprezzarlo in pieno. |
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7
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I Virgin Steele che non ti aspetteresti. Eppure anche al di fuori del loro genere classico riescono a tirar fuori un gran bell’album. Hard rock, in qualche caso diciamo pure hard rock melodico, ma un livello compositivo sempre di qualità, con in più alcuni picchi come I Dress in Black, Love is Pain, Cry Forever… Ok, dopo sono tornati all’epic, ma ho sempre avuto la sensazione che qualcosina (poco eh) di questo album (qualcosa delle ballad, non dei pezzi più puramente hard rock) abbia lasciato qualche sfumatura nei pezzi meno metallici dei due Marriage. È un’impressione mia ovviamente. Voto 83 |
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6
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Bellissima recensione complimenti! Band e artista De Feis Fantastici....album Ottimo |
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5
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Chiaramente chiedo venia al recensore, peraltro autore di un ottimo lavoro, ho scritto il commento prima di leggere, preso quasi dall'emozione e questo fa capire quanto sia legato a questo capolavoro. Mi sto riascoltando proprio ora qualche pezzo, fantastico. |
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4
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Non sapevo che il disco fosse dedicato ad un evento così triste. Grazie @Epic della segnalazione. Ricordo che all'inizio rimasi "stranito" dal disco perchè ispirato dagli articoli delle varie riviste che equiparavano i VS ai Manowar, che all'epoca divoravo acquistai questo capolavoro. Immaginatevi il mio stupore ai primi pezzi. La reazione fu "cos'è???". Poi iniziai pian piano ad apprezzarlo e certe perle rimangono immortali, le ballad su tutte, ma anche pezzi come Love is Pain sono notevoli. i VS successivamente li amai per Marriage I e II, Invicuts, ecc., ma questo disco ha semore un posto nei miei ricordi pià belli. 90. |
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3
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Love is Pain e le ballads da urlo. Ottimo album LATR e quello che a mio avviso ha la produzione migliore dell’intera discografia. |
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2
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Grandi, avete rispolverato finalmente questo capolavoro. I VS in versione hard rock, un album interamente dedicato alla scomparsa della ragazza di DeFeis. Testi struggenti, melodie incredibili. Anche in un campo non loro i Virgin Steele sfornano cose assurde. Immensi. |
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1
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Un album che adoro dalla prima all'ultima traccia. Ottima recensione. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sex Religion Machine 2. Love Is Pain 3. Jet Black 4. Invitation 5. I Dress in Black (Woman with No Shadows) 6. Crown of Thorns 7. Cage of Angels 8. Never Believed in Goodbye 9. Too Hot to Handle 10. Love’s Gone 11. Wild Fire Woman 12. Cry Forever 13. Haunting the Last Hours 14. Last Rose of Summer
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Line Up
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David DeFeis (Voce, Tastiera) Edward Pursino (Chitarra) Rob De Martino (Basso) Joey Ayvazian (Batteria)
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