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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Virgin Steele - Guardians of The Flame
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( 6479 letture )
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Formati nel 1981 a New York dal chitarrista Jack Starr e dal batterista Joey Ayvazian, a cui si aggiunsero presto il cantante/tastierista David DeFeis ed il bassista Joe O’Reilly, i Virgin Steele debuttano l'anno successivo con un album auto intitolato. Nel 1983, col secondo album Guardians of The Flame, il gruppo si concede il lusso di dare alla luce un capolavoro, memorabile fondamenta del barbarico monumento all’heavy metal che il gruppo americano ha poi edificato nel tempo. Di barbaro romanticismo parla il leader David DeFeis per descrivere il suono e le aspirazioni del suo gruppo: From a whisper to a scream, barbaric, romantic, bombastic, yet subtle, grandiose, yet earthy. A call, a shout, an invocation to Freedom and the continual awakening to the awareness that every moment of life is lived to its fullest potential. It is a force, a sacred quest which drives Virgin Steele on. Si tratta evidentemente di dichiarazioni che fanno della band uno degli esponenti di spicco dell’epic metal, con caratteristiche comunque del tutto peculiari che in questo disco cominciano a delinearsi in modo definitivo. Subito evidente, per cominciare, l’assoluto e indomabile carisma del cantato: DeFeis è uno di quei cantanti che da soli valorizzano un brano rendendolo indimenticabile, nel bene e nel male. Come scordare gli incredibili acuti che il nostro elargisce lungo tutto Guardians of The Flame? Oppure il suo tono naturale così virile, teatrale, potente, eroico e romantico, fortemente vibrato, assolutamente versatile e al tempo stesso riconoscibile e penetrante? Si tratta indubitabilmente di uno dei massimi esponenti del genere. Uno stile, il suo, che si presta comunque a qualche critica: immagino che non sarà facilissimo, anche per ascoltatori esperti, non farsi cogliere un po’ di sorpresa dall’acutezza dei suoi vocalizzi, che in qualche frangente rischiano di risultare vagamente fastidiosi e anche fini a se stessi. Ma insomma, il fascino risiede anche in questo! Contraltare del cantante è Jack Starr, chitarrista dal background chiaramente hard rock e blues, fondatore del gruppo e responsabile di buona parte delle composizioni della prima era, eppure così tenacemente radicato al suo stile da risultare poi di ostacolo per l’evoluzione del sound della band. In realtà, sarà lui stesso a rompere con DeFeis dopo la pubblicazione di Guardians of The Flame per le inevitabili differenze artistiche, cercando di portarsi via anche il monicker; una questione che finirà in tribunale e che sarà però persa dal chitarrista. Niente da dire comunque sul buon Starr, musicista di buon livello senza dubbio, che ha poi tentato di rimanere a galla, fondando un proprio gruppo con l’ex Riot Rhett Forrester alla voce e l’ex The Rods Carl Canedy alla batteria (due nomi che all’epoca contavano), con i quali produrrà il buon Out of Darkness nel 1984. Una carriera che dura tutt’oggi con i Jack Starr’s Burning Starr.
Ma torniamo al disco: le influenze hard rock ci sono, ma è innegabile che la band stia rapidamente evolvendo verso un suono decisamente più epico, ricco di pathos e drammaticità che esalta decisamente arrangiamenti più ricchi ed intensi di quelli presenti sul disco d’esordio. Una influenza che è senz’altro ascrivibile a DeFeis (basta leggere i credits delle varie canzoni per rendersene conto) che, dove riesce, inserisce numerose parti di tastiera, col fine dichiarato di allargare lo spettro musicale ed espressivo della band, portandolo verso nuovi lidi. Tastiere che comunque non ammorbidiscono affatto il suono ruvido e cattivo della chitarra di Starr ma, al contrario, esaltano l’atmosfera da brivido degli episodi centrali dell’album, quelli in cui la componente epic viene fuori più chiaramente. Il disco si apre con Don’t Say Goodbye (Tonight) e siamo già al cospetto di uno dei brani migliori del disco: grande canzone dal ritmo sostenuto in cui appaiono da subito le tastiere e una linea melodica tipicamente metal che tende però quasi all’AOR nel ritornello. Ruffianissima, si stampa subito in mente. Segue la tellurica Burn The Sun, priestiana nell’anima e soprattutto nei vocalizzi high-pitched del frontman, con Starr che riempie gli spazi interstiziali fra un urlo e l’altro e regala un bell’assolo sporco e tirato. Life of Crime è chiaramente un hard’n’heavy un po’ ibrido e piacevole, con un ritornello arioso e melodico e un assolo bluesy, piacevolissimo antipasto ad uno dei piatti forti del disco: l’epicissima The Redeemer. Introdotta da un arpeggio fatato ecco irrompere una melodia arabeggiante e un andamento tipico da marcia, che sostengono uno dei brani simbolo dell’epic statunitense, con tanto di assolo chitarra-tastiera emozionante e struttura che quasi rinuncia ad un vero ritornello. L’influenza dei maestri Rainbow e della loro Stargazer è palpabile, ma la band di New York non sfigura affatto. La breve intro strumentale Birth Through Fire ci conduce invece alla maestosa Guardians of The Flame: apice emotivo e compositivo del disco, la quale sfoggia un andamento quasi da heavy rock song salvo poi sfociare in un chorus epicissimo che conduce alla seconda parte del brano, retta dall’assolo di Starr e dalle tastiere pervasive, in un’atmosfera eroica che slancia poi la cavalcata finale. Vero compendio del dualismo compositivo dei Virgin Steele della prima era, la title-track resta indubbiamente uno dei brani più emozionanti della band. Il cuore del disco è tutto in queste ultime tre canzoni: qua c’è il seme che poi porterà ai capolavori della maturità del gruppo di DeFeis. Ritmi di nuovo elevati per Metal City che ricorda un po’ i Riot di Mark Reale; le seguenti Hell or High Water e Go All The Way sono dei tesissimi brani hard’n’heavy, non imprescindibili ma comunque estremamente piacevoli, che ci conducono alla conclusiva, dolcissima A Cry In The Night, ballata romantica per piano e chitarra, degna conclusione di un disco storico.
Che aggiungere ancora? L’heavy metal anni ’80 passa dalle vene di questo capolavoro come da Battle Hymns dei coevi e concittadini Manowar e, pur non essendo il capolavoro della band, rappresenta senza dubbio uno degli snodi fondamentali del metal. Poche chiacchiere: se siete metallari oggi, lo dovete a dischi come questi, con il loro ondeggiare tra le pulsioni dell’hard rock anni ’70 e il nuovo lessico metallico che si andava ormai diffondendo in tutto il mondo. Guardians of The Flame non è quindi solo un gran disco, tuttora godibile ed interessante nonostante una produzione grezza che schiaccia i suoni e mette la voce fin troppo in evidenza, ma è un album che chiunque si definisca metallaro deve possedere o quanto meno conoscere.
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Si non capisco il commento di marco al 22, va ricordato che la \'capitale\' metal nei primi anni 80 era New York e non Los Angeles, vedi Manowar, Twisted S. e molti altri |
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Infatti, che colpa hanno i Metallica se DeFeis ha perso la voce e la ragione? |
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I Virgin Steele se la sono rovinata da soli, la carriera. |
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Altro gruppo grandissimo ,ma sfortunato. I Metallica hanno rovinato la carriera a molti , della costa est solo gli Anthrax sono riusciti nell\' impresa di vendere milioni di dischi. |
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Bellissimo album di puro Heavy, incontaminato da boiate, oggi gli Herzel si rifanno a loro ed ai Warlord, per fortuna! |
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Bastano The Redeemer, la Titletrack, Burn The Sun, e A Cry In The Night per far raggiungere un 75 a questo fenomenale disco. Il resto dieci punti li prende pienamente, quindi voto più che giusto e album da ascoltare almeno una volta nella vita. |
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La ristampa, in questo caso, era della T&T. |
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Io, qua, invertirei le copertine..perché, in realtà, la ristampa (con quel logo e, a cura della SPV) è quella sulla destra! Inoltre, la Music for Nations si occupò, inizialmente, del "solo" mercato europeo. E, quindi, concludo: la cover verde (quella "esotica"..) è quella Europea, l'altra (quella con la spada ma, con il logo "metallico" e il II romano a seguire..) è quella scelta dalla band per il loro mercato. |
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Strepitosi, soprattutto in The reedemer, la titletrack e A cry in the night. |
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Secondo parto per VS, un passo avanti rispetto al debut ma c'è ancora da migliorare. A cry in the night da lacrime!!!! Voto 75 |
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Ah ho dimenticato di dire che l'artwork della ristampa per music for nations è orripilante, a mio parere, rispetto a quella originale, che è evocativa al massimo |
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Il voto mi sembra un pochino alto, il disco però è bello ed un 78 lo prende tranquillo, forse anche di più, la title-track è una canzone bellissima, davvero. |
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Dettagliata e precisa questa recensione, che bene descrive uno dei grandi classici del metal/epic statunitense. A distanza di tempo penso ancora che questo album sia uno dei migliori mai fatti dai V.S., oltre che un piccolo capolavoro; non stupisce, visto l'anno di uscita, che contenesse influenze di diversi generi: anche altri gruppi contemporanei nel panorama metal d'oltre oceano avrebbero definito il loro stile gradualmente (Manilla Road, Manowar, Cirith Ungol), spesso partendo da sonorità debitrici dei seventies e dal tipico modo di intendere il rock negli States. Condivido anche l'analisi di metalhammer sul diverso approccio nei confronti dell'epic da parte di alcune tra le bands più rappresentative: questo genere contiene delle potenzialità non indifferenti, che emergono quando ad interpretarlo ci sono artisti ispirati. |
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caro Radamanthis, nn x mancarti di rispetto, ma nn mi puoi dire che i Manowar nn siano l'Epic Metal. Ma se il primo lavoro della band di DeMaio, il demo "Manowar-1981", assieme agli Heavy Load, ha creato prima dei Virgin Steele e di altri (anche dei Manilla Road, la cui svolta epic si registra cn "Crystal Logic", 1983) il genere Epic Metal. Il che nn li rende meno importanti. Amo x es. qst album e Noble Savage, ma il sound virgisteeliano è diverso da qll manowariano: il primo è regale e pomposo, solenne e "nobile", figlio del sound settantiano dei Rainbow (R.J. Dio. Anche se c'è un pò del hard rock statunitense), qll dei Manowar è roccioso, "barbarico", solenne, battagliero, cadenzato e descrittivo, e deriva da qll dei Black Sabbath (specie cn R.J. Dio alla voce, cn "Heaven and Hell", 1980). Sono le due facce diverse del mitico genere dell'Epic Metal. Cmnq è bello trovare qlcn cn cui condividere certe perle metalliche. Hail and Kill, By the Hammer of Zeus (cs accontentiamo tt!!!!!) |
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@Zarathustra: gracias... DD |
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@radamanthis: Age sinceramente non ti so dire ora come ora, verrà fatta ovviamente ma non so quanto presto. Marriage arriverà nel prossimo periodo, te lo anticipo. |
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@Zarathustra: hola...colgo l'occasione della rece di questo album x chiedere se sono previste le rece di Marriage I e Age of consent appunto...dai...facci sto regalino...  |
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@tenebra occulta: allora siamo d'accordo! |
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I Virgin Steele sono l'EPIC...altro che i Manowar! Mi intrometto nel discorso di Age of consent: DISCO IMMENSO, secondo solo ai 2 Marriage...Mamma che brano Burning of Rome, mette i brividi a ogni ascolto! |
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che disco bellissimo, Guardians of The Flame si avicina al 90 uscito nel 1983 viene quasi impensabile pensare l'atmosfera, l'epica del metallo pesante contenute in questo album. |
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@zarathustra: in effetti si capiva poco... Age of Consent è ancora meglio di Noble Savage e di Life Among the Ruins (quest'ultimo un po' lento forse) ed è scandaloso come sia poco considerato e conosciuto. |
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"sorvoliamo su Age of Consent"....un disco che ha pezzi come The Burning of Rome, Perfect Mansions, On the Wings of the Night, Serpent's Kiss, Lion in Winter...! |
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Su Noble Savage e Life Among the Ruins non si scappa, sono entrambi da 80/100 (sorvoliamo su Age of Consent) e sono d'accordo che debbano essere ripescati. Spero appunto che queste recensioni facciano scoprire a qualcuno le perle del metal che fu' che hanno uno spessore infinitamente superiore alla pochezza del classic/power-metal attuale. E' un genere in cui non c'è molto da inventare/rivoluzionare, tanto vale ascoltarsi gli originali e non sterili band "tributo" poco ispirate che vivono di cliché. |
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Ti ringrazio! Personalmente sono più legato al primo periodo dei Virgin Steele, quello che appunto, si conclude con "The Marriage.....". Secondo me "Noble Savage" e "Life Among The Ruins" sono dischi bellissimi, colpevolmente dimenticati. |
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Bella rece Lizard! Questo album, i due Marriage e Invictus rappresentano il poker perfetto del gruppo americano. In Guardian of the flame infatti gettano le basi del loro sound, ancora un po' acerbo, con Marriage of heaven & hell I e II si ha la completa maturazione e grande ispirazione. Infine in Invictus osano qualcosa di più aggressivo (soprattutto nel cantato) in un disco davvero riuscito, l'ultimo bel disco dei Virgin Steele. E' deprimente sentirli oggi su quell'aborto musicale di The Black Light Bacchanalia con un DeFeis che è diventato la caricatura di se stesso con tutti i suoi urletti... Mah, andiamoci a riascoltare Guardians of the flame, dove le spade che brandivano erano ancora affilate. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01 Don't Say Goodbye (Tonight) 02 Burn The Sun 03 Life of Crime 04 The Redeemer 05 Birth Through Fire 06 Guardians of The Flame 07 Metal City 08 Hell Or High Water 09 Go All The Way 10 A Cry In The Night
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Line Up
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David DeFeis (Voce, Tastiera) Jack Starr (Chitarra) Joe O'Reilly (Basso) Joey Ayvazian (Batteria)
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RECENSIONI |
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