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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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01/10/2022
( 966 letture )
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Venticinque anni di fratellanza, integrità stilistica e un affiatamento raro, se non unico, nello scenario alternative metal: tredici album e un solo cambio in line-up (il chitarrista Sonny Mayo al posto di Clint Lowery, poi rientrato alla base) accreditano i Sevendust come uno dei nomi più solidi fra i reduci dell’epopea nu metal, genere a cui hanno dato lustro mediante una quadrilogia affrancatasi dagli originari spunti thrash/groove (Sevendust, 1997) per approdare in seguito ad una forma di “nuovo metal” caratterizzata da uno spessore melodico distintivo e fortemente peculiare. Se la transizione passa obbligatoriamente da Home (1999), a contendersi la palma di miglior album della carriera sono i due album seguenti Animosity e Seasons, dove la band tocca picchi qualitativi mai replicati e solo lambiti in All I See Is War (2018) e Blood & Stone (2020), conferme recenti di una longevità ammirevole.
Per la gioia dei nu metaller incalliti (e nostalgici) torniamo oggi al 2001, l’ultima vera grande annata ricca di uscite indimenticabili come Iowa, Toxicity, Revolution Revolución, Sinner, Machine, Satellite, The Darker Side of Nonsense e Break the Cycle solo per limitarci ai fondamentali, altrimenti l’elenco potrebbe non vedere una rapida conclusione. In un alveo così prolifico i 7Dust, con alle spalle due certificazioni d’oro e la performance allo storico (quanto famigerato) Woodstock ’99, arrivano in forma smagliante all’appuntamento con il sempre insidioso terzo disco e infatti Animosity risente appieno di questo clima positivo: le chitarre massicce ereditate da Sevendust-Home avvalorano per contrasto la voce black di Lajon, infusa di un piacevolissimo retrogusto soul/rhythm and blues e ora pronta a sciogliersi in ritornelli caldi e avvolgenti come mai prima d’ora; le sue vigorose melodie sono affiancate dalle backing vocals in pulito dei chitarristi o dai rancorosi contro-cori in scream del batterista Morgan Rose, i cui interventi servono a movimentare le tracce donando loro brio e dinamismo. Oltre alle cannonate sulla falsariga degli album precedenti, la scaletta offre poi una serie di corposi mid-tempo e soprattutto delle inedite aperture emozionali che ricorrono all’unplugged e agli arrangiamenti d’archi per sottolineare la pregnanza del messaggio testuale, in primis nell’accorata e ormai storica Angel’s Son.
Figlia di Home, l’opener T.O.A.B. è un macigno nu metal reso ancor più rovinoso dai riff stoppati del duo Lowery/Connolly insieme ai contrappunti urlati di Rose e al carisma di un Lajon subito dominante. La formula trova pieno compimento nella successiva Praise (nuovo classico dopo le varie Black, Bitch e Denial), mentre è in brani come Trust e Crucified che il singer mette in luce il suo ampio bagaglio melodico anticipando le vette luminose corredanti le policromie di Seasons. L’uggiosa atmosfera dell’invernale Xmas Day -con anche Lowery dietro al microfono- va dritta al cuore grazie a un ritornello di grande presa ma Dead Set ristabilisce immediatamente le gerarchie sonore abbinando corposi riff nu metal, una batteria rutilante e perfino un breakdown, ideale per incorniciare l’ennesima grande prova del frontman. Se in Shine è il comparto ritmico a farsi preferire, nella cadenzata Follow si notano giocoforza gli intrecci tra Lajon e l’ospite Aaron Lewis degli Staind, all’epoca in auge con le mega-hit Outside e It’s Been Awhile. Tessiture melodiche e agitate controparti in scream sono il fil-rouge anche di Damaged e Beautiful, invece le armoniose linee pulite di Live Again costituiscono un’altra avvisaglia “pre-Seasons” come solo in parte riesce ad essere Redefine, un ponte fra quell’innata grazia canora e un brusco ritorno alla grinta ruvida e senza compromessi delle opere anni ‘90. Già presente nel secondo full-length degli Snot (Strait Up, 2000) quale tributo all’ex-singer Lynn Strait, Angel’s Son dà infine spazio al cordoglio del gruppo per aver dovuto salutare troppo presto un caro amico e il dolore è percepibile sia nel timbro afflitto di Lajon e Lowery sia nella mestizia degli arpeggi acustici, qui legati ad un altrettanto serioso arrangiamento d’archi.
Animosity racchiude tutti i pregi della musica firmata Sevendust e ha i crismi necessari per venire eletto il loro miglior lavoro di sempre: non è un reato privilegiare l’ancor più marcata “gentilezza” di Seasons, il ruvido carattere del self-titled o l’impeto di Home, però il disco del 2001 vanta un ottimo dosaggio delle singole componenti rappresentando un porto sicuro per chi è alla ricerca di un metal alternativo parimenti granitico e squisitamente melodico. Non saranno mai annoverati tra i big del genere, ma in ogni caso i 7D non hanno nulla da rimproverarsi e la loro estesa discografia, sempre mantenutasi su un livello (più che) medio, parla da sé: da quale album partirete non ha importanza, l’unico vincolo è soffermarsi con attenzione sul periodo 1997-2003, neanche a farlo apposta gli anni d’oro del nu metal.
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5
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mio disco preferito della band ed in generale uno dei miei album preferiti in ambito Nu Metal. Lajon Witherspoon è una delle migliori voci nel suo genere,una timbrica decisa e dal sapore soul che impreziosisce sia i brani più heavy che quelli dal sapore melodico ed acustico |
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4
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Grazie Indigo, ho ascoltato le canzoni che hai detto... Anche se ammetto che non è esattamente il tipo di nu metal che piace a me, però confermo che sono un buon gruppo... Quella che mi ha colpito di più è "T.O.A.B." proprio da questo album... |
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3
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@Numetalhead, secondo me questo è un gruppo che ti può anche piacere ma...a piccole dosi, ovvero qualche brano e non gli album interi. Io ti direi di iniziare da pezzi come Black e Bitch (Sevendust, 1997), sicuramente Denial e Bender (Home, 1999, la seconda vede ospite Chino Moreno), T.O.A.B., Praise, Angel's Son da Animosity e anche Enemy da Seasons. Queste sono canzoni tratte dai loro migliori album dove il sound è ancora pienamente nu, dopo cambieranno in parte spostandosi sull'alternative metal. Se le ascolti potrai già avere un'idea chiara della loro proposta e quindi valutare se rientrano o meno nei tuoi gusti. Anch'io fino a due anni fa circa non li consideravo molto, poi li ho sentiti con più attenzione e ora li ritengo dei validi "pesi medi" della scena nu/alternative. |
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2
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Qui sicuramente c'è una delle mie canzoni preferite di questa band ovvero Praise, amo molto quel singolo. Per quanto riguarda l'album in se lo trovo molto interessante sia da un lato di pesantezza che melodico, ad avercelo un cantante come Lajon e una bestia di batterista come Morgan Rose. Comunque si oltre alla già citata veramente belle XMas Day, Angel Son, Dead Set e Shine ma sarebbe troppo diminuitivo non includere tutte le canzoni di questo album. Poi vabbè concordo con il discorso che il periodo 97' - 03' è veramente tanta roba ma anche più in là si trovano canzoni belle, voto 80 |
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1
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Gruppo che so avere delle buone potenzialità, ma che purtroppo non ho mai approfondito... Aspetto che il mio amico Indigo mi dia qualche dritta delle sue... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. T.O.A.B. (Tits on a Boar) 2. Praise 3. Trust 4. Crucified 5. Xmas Day 6. Dead Set 7. Shine 8. Follow 9. Damaged 10. Live Again 11. Beautiful 12. Redefine 13. Angel’s Son
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Line Up
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Lajon Witherspoon (Voce) Clint Lowery (Chitarra, Cori, Voce su tracce 5, 13) John Connolly (Chitarra, Cori) Vinnie Hornsby (Basso) Morgan Rose (Batteria, Cori)
Musicisti Ospiti: Aaron Lewis (Voce su traccia 8)
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RECENSIONI |
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