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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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27/04/2024
( 586 letture )
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Viene quasi da sorridere, oppure da piangere, fate voi, dando un rapido sguardo al piattume e alla mediocrità che si sono affollati nella discografia dei Kataklysm negli ultimi vent’anni se messi a paragone con i fulgidi e promettenti inizi della band. Non è tanto il cambio stilistico, coinciso più o meno con l’allontanamento del singer storico Sylvain Houde, ma proprio il netto calo d’ispirazione che ha colpito il combo canadese a stupire al confronto con la forza brutale e calcolata dei primi lavori, che infatti hanno lasciato un impatto notevole nella scena death metal.
È opinione abbastanza comune, come testimonia la recensione presente anche qui su Metallized, che l’apice compositivo la band l’abbia raggiunto con il secondo disco, Temple of Knowledge (Kataklysm Part III); eppure per altrettanti le vette compositive raggiunte con l’esordio sulla lunga distanza Sorcery rimarranno per sempre insuperate, e cercheremo in questa sede di capire perché. Temple of Knowledge esasperava infatti molti aspetti già presenti tra le trame di Sorcery: in particolare una ricerca della violenza sonora e del tecnicismo a tutti i costi che aveva portato anche a composizioni troppo slegate, in cui i riff e i cambi di tempo sembravano susseguirsi continuamente senza poterne riavvolgerne il filo. Persino la prova al microfono di Houde, il cui approccio vocale è sempre stato giustamente osannato, era sembrata meno “centrata”, spesso eccessivamente sopra le righe. Insomma, quasi intenti a voler sfidare in termini di velocità e brutalità i conterranei Cryptopsy, i Kataklysm sembravano aver perso parte dello spirito che aveva invece caratterizzato il debutto, nonostante, vale la pena ripeterlo, l’opinione non fosse certo unanime. Unanime è invece il giudizio intorno alla bontà della proposta di questo primo lavoro completo di Iacono e compagni, che, uscito nel 1995 per la Nuclear Blast, rappresentò all’epoca una delle uscite più interessanti nell’allora già affollato panorama death. La band, a differenza proprio di quanto si potrà constatare sul disco successivo, forgia uno stile in cui melodia, violenza e tecnica si fondono e si equilibrano quasi alla perfezione, grazie ad un riffing killer ad opera di Dagenais, che già si segnalò dunque come riffmaster di primo livello, a una sezione ritmica sugli scudi, basso compreso, e al timbro folle di Houde che spazia dagli shriek più marci ai growl più infernali. Tra gli elementi che emergono maggiormente c’è sicuramente la prova dietro le pelli di Duhamel, che ingaggia una vera e propria gara con Flo Mounier e aggredisce continuamente l’ascoltatore con hyperblast, doppia cassa a tempi allucinanti e fill chirurgici. Nonostante abbondino riff e cambi di tempo, le canzoni contengono numerosi build up, interruzioni in cui rimangono solo una chitarra o il basso, improvvisi rallentamenti e altrettanto repentine accelerazioni: sono insomma strutturate in modo che ogni passaggio si ritagli il giusto spazio e il suo senso all’interno dei brani che, così eterogenei, rischierebbero altrimenti di diventare estremamente caotici proprio come in parte avviene su Temple of Knowledge. Gli scenari astratti, arcani e demoniaci delineati in Sorcery, fatti di magia nera, morte e distruzione si delineano lungo cinque sezioni. La prima è composta dalla sola title-track, che apre l’opus con piglio decisamente bellicoso ma mantenendosi spesso ancora su tempi medi. Subito si nota come la produzione sia tutto fuorché perfetta: le chitarre sono molto sporche e il mix non è sempre perfettamente bilanciato, ma tutto sommato ha un piacevole effetto raw e gli strumenti non vengono sopraffatti dall’eccessivo focus sulla batteria (il riferimento, l’avrete capito, è ancora al secondo disco della band) e in particolare il basso è una costante ed oscura presenza in sottofondo. La seconda parte si svolge tra i costanti cambi di tempo di Mould In a Breed, mentre gli incipit di Whirlwind of Withered Blossoms, con accordi lenti e riverberati, e di Feeling the Neverwolrd, con il suo particolare riffing in tremolo mono corda quasi in stile melodeath, mostrano per l’appunto il lato più melodico del sound, salvo rivelarsi micidiali quanto le altre nel loro svolgimento. Altro capitolo a sé con Elder God e altro inizio in mid-tempo, in cui la doppia cassa accompagna un riff quasi thrash metal prima di gettarsi di nuovo al cuore del caos con i blast beat più estremi e le urla maniache di Houde. Elementi melodici si affacciano ancora in Garden of Dreams, che inaugura la quarta parte e tra i continui assalti sonori riesce a ricavare spazi per rallentare, respirare, assurgere agli abissi più profondi con le malevole linee di basso e gli accordi dissonanti della chitarra. Per il resto della sezione c’è spazio solo per violenza pura: le velocità da capogiro di Once...Upon Possession, aperta dall’insano latrato del singer, e le complesse trame di Dead Zygote, che tra i riff più disparati e le ritmiche impazzite offre praticamente una summa dello stile del gruppo. Il capitolo finale è infine affidato alla bella strumentale World of Treason, che ci dà un ultimo momento di tregua con il delicato intro di basso e chitarra in clean per poi svilupparsi in un solido death mid-tempo, in cui il susseguirsi dei riff si fa meno incalzante e la band si abbandona sul finale quasi a un’improvvisazione.
Sorcery si dimostra quindi un disco completo, inesorabile quanto articolato, in cui tecnica e brutalità sono al servizio di un’atmosfera oscura e di un songwriting ispirato e personale. Dopo questo disco i Kataklysm si ripeteranno solo in parte con il disco successivo e poi, a parecchi anni di distanza, con il riuscito Shadows & Dust, lasciandosi dietro per il resto dischi discutibili e punti di domanda. Per i molti motivi su cui abbiamo avuto modo di soffermarci lungo questa disamina, il debutto dei canadesi non solo quindi rappresenta un unicum all’interno della loro carriera, ma si distingue con ogni probabilità come apice della loro discografia, un monumento di death metal primigenio e feroce che nonostante un approccio intransigente e poco fruibile ha resistito in maniera ottima alla prova del tempo.
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4
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Preferisco pure io il successivo Temple of Knowledge, ma anche Sorcery è un gran disco, che mostra un bel miglioramento rispetto ai due ep che lo avevano preceduto. Pezzi sovrabbondanti di riff e cambi di tempo, dalle strutture abbastanza pazzoidi, su cui si staglia la performance alienante di Sylvain Houde. Voto 82 |
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3
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Devo dire che è sicuramente quello che mi piace di più del gruppo. Un po\' sicuramente anche per questioni affettive essendo stato tra i primi dischi Death Metal che ho comprato. |
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2
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Gran disco. Super grezzo, ma efficace. Miglior disco della band? No per me il loro miglior album è Shadow & dust. |
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1
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Che granata! Adoro questo album anche se preferisco Temple...un mix di mitragliate in doppia cassa, chitarre impazzite e la voce del profeta Houde fanno di questo platter uno stillicidio. Voto 80! (PS. Ho sempre la speranza che Houde torni a usare il suo vocione in qualche band. Per me è il miglior cantante death assieme a Glen Benton, per altro con stili similari a tratti). |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sorcery (Kataklysm Part II) 2. Mould In a Breed (Chapter I – Bestial Propagation) 3. Whirlwind of Withered Blossoms (Chapter II – Forgotten Ancestors) 4. Feeling the Neverwolrd (Chapter III – An Infinite Trasmigration) 5. Elder God 6. Garden of Dreams (Chapter I – Supernatural Appearance) 7. Once… Upon Possession (Chapter II – Legacy of Both Lores) 8. Dead Zygote (Chapter III – Dethroned Son) 9. World of Treason (Instrumental Vibrations)
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Line Up
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Sylvain Houde (Voce) Jean Francois Dagenais (Chitarra) Maurizio Iacono (Basso) Max Duhamet (Batteria)
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