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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Necrophobic - The Third Antichrist
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24/08/2024
( 706 letture )
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Terza fatica, Terzo Anticristo per i Necrophobic, che nel 1999 diedero alle stampe il successore degli acclamati The Nocturnal Silence e Darkside.
The Third Antichrist fu il primo disco del combo svedese in cui scomparve dal songwriting la mano del compianto David Parland, aka Blackmoon, e gli effetti furono immediati: se il debutto puntava su un death oscuro e ruvido e il successore virava in maniera decisa verso neri lidi, in cui si esaltava lo stile di riffing tipico dell’ex Dark Funeral, costruito su accordi veloci, melodici, dal feeling notturno, il terzo lavoro della band in qualche modo sembrò voler riequilibrare queste due componenti. Come infatti affermato anche ad esempio dal drummer Joakim Sterner in varie interviste dell’epoca, tra le intenzioni di Blackmoon c’era quella di spostare il focus della band sempre più verso il black metal, mentre gli altri membri, quelli che alla fine rimasero a tenere su il progetto, non volevano abbandonare le radici più legate al death. Non a caso proprio in occasione di The Third Antichrist andò a completare la line-up Sebastian Ramstedt, che aveva già prestato l’ascia per alcuni lead su Darkside, e che aveva avuto esperienza principalmente in progetti death metal.
Come detto, però, l’ultimo lavoro della band uscito per la Black Mark Productions trovò un giusto bilanciamento tra le due anime del sound, riagganciandosi solidamente a un impianto di matrice death, in particolare quello della scuola di Stoccolma, ma senza dimenticare atmosfere e melodismi tipici del black. Ascoltando The Third Antichrist infatti si potranno udire chiari richiami ad esempio agli Hypocrisy o persino agli Unleashed nelle parti più tirate, mentre nelle sezioni in cui emergono fraseggi più black metal, torneranno alla mente i Dissection o gli Unanimated (specialmente quelli di Ancient God of Evil), eppure i vari elementi sono dosati e mescolati in una formula tutto sommato personale ed originale. L’evoluzione rispetto ai predecessori, che pure mantengono una patina di fascino innegabile e probabilmente irraggiungibile, è evidente: le trame sono più complesse e hanno incorporato massicce dosi di melodia soprattutto a confronto con le composizioni di The Nocturnal Silence e il sound, la cui cura era stata affidata nuovamente ai Sunlight Studios di Stoccolma, è più equilibrato e definito rispetto al mix certo non eccezionale di Darkside. Dopo l’intro Rise of the Infernal, The Third of Arrivals inaugura definitivamente questa nuova era dei Necrophobic con l’efficace di alternarsi di incipit/ritornello in classico stile black svedese, con riff in tremolo monocorda e blast-beat e la strofa che sfoggia un up-tempo e un riffing più stoppato e ritmato tipicamente death metal. Frozen Empire introduce più ampie sezioni mid-tempo e un lavoro solista di pregevole fattura, mentre i riff si fanno ancora più epici con Into Armageddon, costruita su un’interessante progressione discendente, spezza la tensione con momenti più melodici, per poi ricrearla con intermezzi in cui le chitarre tacciono per lasciare spazio alla sezione ritmica e allo screaming di Tobias Sidegård. Il cuore del disco è costituito da Eye of the Storm e The Unhallowed, due esempi di death roccioso in cui però non mancano mai i passaggi più riflessivi, in cui i fraseggi della chitarra si fanno lenti e ragionati, ma non ci si risparmia ovviamente accelerazioni assassine e indiavolati scambi di assoli tra i due axemen. Sprazzi di melodia nella tempesta e intermezzi in clean anche in Isaz, unico brano a firma unica, del nuovo arrivato Ramstedt. The Throne of Souls Possessed, feroce e aggressiva, vanta uno dei riff più riusciti e memorabili del lotto, mentre al contrario He Who Rideth in Rage, pur non essendo un cattivo brano, si segnala per il riffing meno convincente e forse più generico del disco. C’è tempo però per riprendersi alla grande nel finale con Demonic, in cui l’anima black torna a farsi sentire con decisione grazie alle abbondanti dosi di tremolo e ad un’atmosfera particolarmente oscura, mettendo insieme un brano che tiene incollati allo stereo, persino nell’azzeccatissimo break acustico. Chiusura affidata al lento e triste outro strumentale One Last Step Into the Great Mist, che mette degnamente fine ad un lavoro ben congegnato e composto, con pochissimi cali durante i circa tre quarti d’ora d’ascolto. Piccola nota negativa per i testi, che seppure non siano mai stati il punto di forza di casa Necrophobic, in questo disco paiono particolarmente vuoti di significato e ricchi solo di cliché pseudosatanici decisamente abusati.
The Third Antichrist è dunque il disco che ha messo le basi per lo stile che i Necrophobic avrebbero sviluppato anche negli anni a venire, soprattutto con i Bloodhymns e Hrimthursum e confermò che le idee nel combo svedese, anche senza l’apporto di Parland, non mancavano affatto. La band di Stoccolma infatti confezionò un ottimo disco, degno erede dei primi due e apripista di una nuovo capitolo stilistico, eppure forse anche per questo spesso sottovalutato, meno considerato rispetto agli ingombranti titoli che lo avevano preceduto ma anche meno di successo rispetto ai riusciti successori. Eppure, qualitativamente, a The Third Antichrist non manca nulla per essere valutato almeno al livello dei due dischi successivi, e seppure leggermente inferiore a The Nocturnal Silence e Darkside per importanza storica e per feeling generale (atmosfere meno marcate in favore di maggiore aggressività), il terzo anticristo si dimostrò di essere un altro tassello di una lunga carriera incredibilmente scevra di passi falsi.
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4
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Ottimo album senz’ombra di dubbio, anche per me inferiore ai primi due (credo sia un po’ per tutti così). In realtà anche tra i successivi ce ne sono 2 o 3 che preferisco (tipo Death to All per esempio). Comunque nella discografia di alto livello dei Necrophobic si va praticamente sempre sul sicuro e anche qui pezzi come Demonic, Into Armageddon o The Third of Arrivals rendono l’ascolto quasi obbligatorio per chi ama il genere in questione. Voto 83 anche per me. |
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3
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Non è un discp storico come lo erano i primi due, soprattutto il debutto direi, ma forse dei tre è il disco in cui hanno dato maggior equilibrio alla loro proposta musicale trovando il loro trademark più distinguibile e personale. |
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2
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Bel disco, veloce, death e black miscelati bene, secondo il loro stile. Secondo me ha un suono di batteria non troppo potente, preferirei un rullante più secco e i piatti più in risalto, comunque consigliato, un 75 ci sta per me. |
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1
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I primi tre spettacolari, niente da invidiare ai big della scena death/black. Per me tutti e tre da 85 /90, detta in numeri. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Rise of the Infernal 2. The Third of Arrivals 3. Frozen Empire 4. Into Armageddon 5. Eye of the Storm 6. The Unhallowed 7. Isaz 8. The Throne of Souls Possessed 9. He Who Rideth in Rage 10. Demonic 11. One Last Step into the Great Mist
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Line Up
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Tobias Sidegård (Voce, Basso) Martin Halfdan (Chitarra) Sebastian Ramstedt (Chitarra) Joakim Sterner (Batteria)
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