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17/10/24
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The Black Crowes - Warpaint
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28/09/2024
( 397 letture )
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Warpaint è l’album della reunion dei The Black Crowes; la prima, quella avvenuta nel 2005! In realtà il disco esce soltanto nel 2008, a due anni di distanza dal live Freak 'n' Roll...Into the Fog e vede la luce dopo le registrazioni avvenute nel luglio 2007 presso gli Allaire Studios, in mezzo alle montagne, nella frescura delle Catskill. Registrazioni marcatamente dal vivo, con solo qualche sovraincisione a posteriori; materiale che vive delle costruzioni delle due chitarre e del pianoforte e che cattura solennemente non solo le radici dei The Black Crowes, bensì dell’intera cultura musicale americana, con una preponderanza per la componente southern. D’altronde la band aveva già abituato il suo pubblico a questo tipo di sonorità, ma qui sembra quasi voler ribadire il concetto, mostrando capacità nell’appropriarsi della tradizione, in un connubio perfetto fra blues, folk e rock.
Nel tempo intercorso fra Lions (2001) e il qui analizzato Warpaint avvengono alcuni cambi di line up, fino ad arrivare ad un solido assestamento con la formazione che firmerà questo e i successivi capitoli (almeno fino al secondo split); quindi nel dettaglio gli album Warpaint Live (2009), Before the Frost... Until the Freeze (2009), Croweology (2010) e Wiser for the Time (2013), i quali vedono i nuovi innesti Adam MacDougall alle tastiere e Luther Dickinson alla chitarra, che si vanno ad aggiungere al bassista Sven Pipien, al batterista Steve Gorman e ovviamente ai fondatori e leader del gruppo, i fratelli Robinson. Come al solito è il magico duo a comporre musica (Rich) e testi e melodie (Chris) delle 11 tracce presenti su Warpaint e gli anni di silenzio non sembrano aver minato affatto la vena compositiva di entrambi. Goodbye Daughters of the Revolution (primo singolo estratto) apre le danze su connotati “sudisti”, perfezionati dal delicato pianoforte e dalla sempreverde chitarra suonata in slide. Elementi imprescindibili: le armonie vivissime e calde dal gusto southern, i tamburelli che risuonano sul ritornello, un assolo di chitarra che sembra convergere nelle lunghe strade presenti nel sud degli Stati Uniti e un finale incandescente! Walk Believer Walk è un gran bel pezzo blues che si apre con un refrain terribilmente attraente, per poi assestarsi su ritmi lenti, bassi pesanti e una macchinosa sequenza ritmica che entra in testa. È un blues elettrico vero e proprio, amplificato dai bassi pulsanti; un brano che sembra non esplodere mai, finché non rimane il solo Chris ad emettere mugugni incomprensibili che lanciano un finale chitarristico scoppiettante! Oh Josephine è una ballad a regola d’arte, seppur abbastanza telefonata: possiede tutti i crismi del senso d’appartenenza ad una determinata area geografica, riuscendo a sfruttare le ariose aperture, melodie confidenziali e destinazioni sonore che puntano verso l’infinito. Evergreen è un ennesimo tributo alla radice americana: inganna proponendo riff sostanziosi, per poi prodigarsi in meravigliose trame sonore, sofisticate e piene di inserti interessanti della sezione ritmica. L’hammond si adagia con maestria su tale costruzione, finché non si torna al chorus accelerato; il fatto che quella presente su disco sia la versione registrata al primo take mostra ulteriormente il valore dei musicisti coinvolti. Wee Who See the Deep si apre con un giro armonico facile facile ma di sicura presa, per poi coinvolgere tutti gli strumenti in una fascinosa strofa, fino a raggiungere distorsioni e propulsione nell’atomico ritornello. Sicuramente un gran pezzo, elevato all’ennesima potenza dalle note pianistiche sulle strofe, ma soprattutto dalle parti strumentali vibranti, gioiose e sprezzanti, sinonimo di tutta la carriera dei The Black Crowes! Locust Street riflette l’amata Georgia rurale: nei suoni liberatori i laghi si specchiano, i fiumi si colorano e le montagne si aprono. Ha una melodia sublime, grazie anche all’innesto azzeccatissimo del mandolino suonato da Dickinson e a una prova vocale maiuscola di Chris, che pizzica le corde dell’anima. Le soffuse atmosfere iniziali di Movin' On Down the Line regalano momenti indelebili, trasformandosi in ritmi cadenzati che mettono al centro della scena la voce di Chris; quest’ultimo “gigioneggia” ed emoziona per tutta la durata del brano. Wounded Bird possiede un giro di chitarra molto simile a quello di The Seeker dei The Who, ciò non toglie che viri completamente, portando ad un chorus che non fa gridare al miracolo; stranamente il brano verrà scelto come secondo estratto del disco, pur essendo uno dei meno memorabili, anche se il bridge centrale cerca di scardinare le nostre certezze. God's Got It rimarca la natura del platter poiché è una cover del blues composto dal Reverendo Charlie Jackson, mentre There's Gold in Them Hills è una lenta ballata carica di pathos, dal testo emozionante col climax sui versi a mo’ di filastrocca:
Had my wallet same old pocket Sixteen dollars brand new shoes Empty bottles sad turned daughters What's a country boy to do (Avevo il portafoglio nella stessa vecchia tasca Sedici dollari di scarpe nuove di zecca Tristi bottiglie vuote trasformate in figlie Cosa deve fare un ragazzo di campagna?)
L’esigenza dei The Black Crowes di chiudere con un gospel, Whoa Mule, è pari al nostro bisogno di ascoltarli in questa veste: le percussioni tribali travestono e acconciano il pezzo, mentre l’armonica e le melodie eteree evocano paesaggi e luoghi lontani nel tempo e nello spazio e la band ci sguazza dentro alla grande.
Wairpaint è anche il primo album con l’etichetta Silver Arrow, origine di un sodalizio funzionale che prosegue ancora oggi. Un connubio che sembra, se possibile, aver dato ancora più libertà espressiva al gruppo, con risultati artisticamente rilevanti, in un percorso a scandagliare la tradizione che, per i fratelli Robinson, pare essere più di una missione, bensì una vera e propria vocazione.
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3
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@Eagle Nest il disco è davvero molto bello, è autentico e profondo, ma necessita di più ascolti per essere apprezzato appieno.
A mio parere è quanto di meglio abbiano realizzato dai tempi di Amorica. |
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2
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Gran disco per me. Ci ho riscontrato un bel po\' di elementi soul al suo interno. E ciò non può che farmi gioire. |
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1
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Disco del ritorno che acquistai speranzoso e invogliato dalle belle recensioni. ascoltato forse tre volte in tutto, non mi lasciò nulla. devo davvero recuperarlo, temo sia finito sullo scaffale troppo di corsa. |
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INFORMAZIONI |
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Megaforce/Silver Arrow Records
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Tracklist
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1. Goodbye Daughters of the Revolution 2. Walk Believer Walk 3. Oh Josephine 4. Evergreen 5. Wee Who See the Deep 6. Locust Street 7. Movin' On Down the Line 8. Wounded Bird 9. God's Got It 10. There's Gold in Them Hills 11. Whoa Mule
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Line Up
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Chris Robinson (Voce, Armonica, Percussioni) Rich Robinson (Chitarra) Luther Dickinson (Chitarra, Mandolino nella traccia 6) Adam MacDougall (Tastiera) Sven Pipien (Basso) Steve Gorman (Batteria)
Musicisti Ospiti: Paul Stacey (Chitarra a 12 corde nella traccia 11)
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RECENSIONI |
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