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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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01/03/2025
( 725 letture )
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Drama, mai un nome fu più azzeccato per una uscita discografica così travagliata. Dopo il ritorno alla formazione d’oro per il precedente Tormato e la conclusione del tour di supporto nel 1979, gli Yes si rinchiusero in studio per incidere nuovo materiale. Se da una parte Anderson e Wakeman si rivelarono prolifici scrivendo una gran quantità di materiale, il resto della band si rivelò scontenta dell’eccessiva deriva leggera e folk delle demo iniziando a boicottarsi a vicenda. La pietra tombale sulle registrazioni arrivò quando White si ruppe una caviglia pattinando e rimanendo fermo sei settimane. L'attesa spense definitivamente il barlume di entusiasmo del singer e del rientrato tastierista che abbandonarono il gruppo con le date del tour già prenotate. Questo costrinse a trovare due elementi di rimpiazzo il prima possibile e il manager della band Brian Lane pensò di presentare al trio rimanente un cantante e un tastierista, sempre seguiti da lui, che in quel momento stavano sbancando le classifiche con niente meno che Video Killed The Radio Star. E con un mezzo inganno, senza nemmeno essere stati avvertiti precedentemente che Anderson e Wakeman avevano lasciato gli Yes e inizialmente convinti di dover solo registrare un pezzo insieme, i The Buggles si ritrovarono a essere i nuovi componenti della band. Ma il “Drama” non finì lì: l’anticipo di 200.000 dollari per le registrazioni dell’album venne bocciato dalla Atlantic e Lane riuscì a recuperare i soldi solo grazie al fatto che la casa discografica gli aveva trasferito accidentalmente poco tempo prima 400.000 dollari sul conto. L’ingegnere e produttore storico del gruppo per tutti gli anni ’70, Eddy Offord, venne licenziato e rimpiazzato dopo un comportamento sempre più bizzarro culminato con una frittura di piccione catturato in strada direttamente nel cucinotto dello studio di registrazione. Ancora, Howe deciso a registrare in solitaria tutte le parti di chitarra, isolandosi e poi tornando dopo due settimane presentando come dato di fatto tutte le sue parti finite, Horn nel mezzo del matrimonio che dovette rinunciare alla luna di miele… e soli tre mesi di tempo per finire il materiale. Eppure, nonostante le premesse, nonostante non ci si trovi di fronte a un capolavoro né a un disco da top 5 della nutrita discografia degli Yes, nonostante sia l’unico disco con Trevor Horn dietro al microfono e che la sua performance non sia stata del tutto gradita ai fan più integralisti della band, nonostante sia lontano dai canoni del prog barocco, ma più vicino a una proto new wave, nonostante tutto questo Drama non è assolutamente un album da buttare, anzi.
A dispetto di una scaletta tutto sommato contenuta, del poco tempo a disposizione che inciderà sulle rifiniture di alcuni brani e sulle limitazioni dell’elettronica dell’epoca, l’album suona dannatamente fresco e attuale e diverse canzoni della tracklist non saranno fra le più famose del gruppo, ma risultano davvero valide. In generale, forse a causa della compressione dei tempi o di una ritrovata intesa fra i musicisti, chissà, Drama risulta molto più coeso e in focus rispetto a Tormato, più diretto e potente. L’apertura è affidata a Machine Messiah, che non solo è l’opener ma anche la traccia principale del platter, ma anche la composizione che rimane più ancorata alle radici prog della band. Il riff iniziale di Howe è stranamente pesante e distorto, assimilato all’epoca più alla produzione dei Black Sabbath che alle melodie classiche a cui gli Yes avevano abituato gli ascoltatori. Dopo l’introduzione la canzone varia attraverso diversi scambi fra chitarra e tastiere, sempre sostenuta dal grande lavoro di Chris Squire al basso e all’energico drumming di White, lasciato per l’occasione molto naturale. La pausa atmosferica a metà brano mette in luce le doti vocali di Trevor Horn, che da un lato si rivela un buon rimpiazzo per Anderson, dall’altro aggiunge una nota leggermente più sporca e cupa al tono cristallino del frontman originale. Machine Messiah rimane uno dei brani migliori degli Yes del periodo ’80. La seconda traccia White Car, oltre che essere davvero breve, rimane poco più che un esperimento di sonorità orchestrali campionate per sintetizzatore, con tutte le limitazioni della strumentazione dell’epoca. Sicuramente il brano più debole del lotto, che si sarebbe potuto rimpiazzare con materiale più interessante come quello inserito nella versione rimasterizzata degli anni ‘2000. Does It Really Happen?, oltre che aprirsi con un giro di basso da manuale del rock ricorda nel portamento uno dei brani della seconda parte di carriera dei colleghi Gentle Giant. Sicuramente più semplice del prog degli inizi ma comunque un ottimo esempio di solido rock arricchito da intuizioni non convenzionali, come i controcanti a cappella a metà o gli arrangiamenti sinfonici di tastiera. È uno dei brani più vecchi, scritto all’epoca di Going For the One. Il lato B del disco si apre con l’unico singolo estratto, Into the Lens, che per stessa ammissione della band avrebbe meritato un trattamento più accurato in fase di produzione. Il brano, originariamente composto dai The Bungles, è lungo, ricco di momenti sicuramente interessanti e buone soluzioni melodiche, però alla lunga diventa un po’ ripetitivo nella costruzione (dura 8 minuti e passa, alternando gli stessi passaggi ripetuti più volte), anche se contiene ottimi parti di chitarra e un’ottima interpretazione anche da parte dei nuovi entrati. Riassumendo, un buon pezzo, che si poteva migliorare accorciandolo o variandone maggiormente lo sviluppo. Più interessante, anche se più lenta e atmosferica, è la successiva Run Through the Light, dove Horn si prende un notevole spazio spingendo al massimo con la voce e interpretando anche egregiamente le parti di basso, con Squire per l’occasione impegnato al piano a dare manforte alle tastiere di Downes e questo nonostante non fosse assolutamente convinto di potercela fare (gli ci vorranno 12 ore di prove per padroneggiare le linee di basso fretless). La conclusiva Tempus Fugit, altro brano concepito prima dello scisma, riprende le sonorità care agli Yes dei ’70, in un rock veloce e travolgente dove il guitar work è straripante. Per capire la freschezza delle soluzioni usate non è male ascoltare questo brano e poi sentire quanto può avere influenzato ad esempio Steven Wilson in alcune parti di Luminol.
Concludendo, Drama è un album buono, che sarebbe potuto essere ottimo, con tutti i musicisti che offrono il 100% delle loro possibilità e forse oltre (infatti Horn uscirà dal tour a supporto con la voce a pezzi rinunciando a continuare come singer della band) e, giocando a ipotizzare un “what if?”, sarebbe interessante capire come si sarebbe evoluto se gli Yes avessero avuto più tempo, più mezzi e meno “drammi” alle spalle durante la sua lavorazione. Ma forse, quello che lo caratterizza, oltre che nel nome, è proprio il fatto di essere concepito in circostanze così strane, rendendolo un qualcosa di diverso, ma non per questo meno valido o piacevole, nella discografia dei progster inglesi.
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6
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Fabio,grazie della dritta...l\'ho ascoltata,peccato che sia stato usato il vocoder altrimenti sarebbe stata ottima. |
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5
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Rettifico il mio commento 4, Into The Lens come scritto diventerà poi i am a camera che deve essere dell\'81 se non erro, ma il pop non è il mio genere; più che altro GT Oro prova ad ascoltarla, visto che lamenti nella rece l\'eccessiva lunghezza, è un ottimo singolo, per me più bello di Video. Progster: White Car è stata rifatta anche nel disco solista di Geoff Downes \'Vox Humana\', dove c\'è proprio una versione di Video con Glenn Hughes |
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4
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Iniziano gli anni \'80 e gli Yes cambiano pelle, molto più tecnologici come dimostra Into The Lens che richiama il singolo I am a camera dei Buggles. Nello stesso anno la pubblicazione Yesshows resta solo un tentativo nostalgico di rituffarsi nel passato. Voto giusto, preludio molto alla larga a quel capolavoro che è 90125, almeno per i fans dell\'aor |
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3
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Se solo White Car fosse durata di più...mi piace molto la sua linea vocale nella sua semplicità,disco da 80. |
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2
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Sì, non è sicuramente nella top 5 degli Yes… ma per me è tra gli album che potrebbero lottare per il sesto posto in classifica. Meno meditativo e più grintoso rispetto al precedente, non mi dispiace mai riascoltarlo. Specialmente il lato A, con la bellissima Machine Messiah, che tra l’altro è stata riproposta live anche recentemente (e sì, anche a me il riff iniziale ha sempre fatto pensare ai Black Sabbath), e la saltellante Does it Really Happen, con quel giro di basso che si pianta nel cervello dopo dieci secondi. Voto 84 |
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1
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Bellissimo, chiude un ciclo stupendo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Machine Messiah 2. White Car 3. Does It Really Happen? 4. Into The Lens 5. Run Through The Light 6. Tempus Fugit
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Line Up
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Trevor Horn (Voce, Basso fretless, Chitarra acustica) Steve Howe (Chitarra, Mandolino, Voce) Chris Squire (Basso, Piano, Voce) Geoff Downes (Tastiera, Sintetizzatore, Vocoder) Alan White (Batteria, Percussioni, Voce)
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