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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Pentagram - First Daze Here - The Vintage Collection
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01/03/2025
( 853 letture )
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Questa è una storia che il mondo ha rischiato di non conoscere mai e quale vergogna, quale incredibile ingiustizia sarebbe stata. Siamo nell’autunno del 1971 e due amici, Bobby Liebling e Geof O’Keefe, stanno parlando delle loro band preferite, del fatto che i Blue Cheer avessero perso il loro chitarrista, Hendrix fosse morto e i Cream fossero ormai sciolti da tempo. Altrettanto, che ci fosse una nuova incredibile ondata di fantastiche band che stavano portando avanti il concetto di musica "dura". I due parlano anche delle rispettive band (Shades of Darkness per Bobby e Space Meat per Geof), finché l’idea di formarne una insieme diventa qualcosa di più che una reciproca promessa destinata a cadere nel vuoto. Nascono i Pentagram e, per i successivi cinque anni, la formazione vedrà i due tenere le redini del gruppo, assieme a Vincent McAllister, bassista trasformato in solista (e che solista!) e Greg Mayne al basso, con fugaci periodi con due chitarre (cronologicamente, Randy Palmer e Marty Iverson rivestiranno questo ruolo). Il gruppo, sempre nelle parole di O’Keefe, lavorerà su sessanta brani e ne registrerà più di venti, in sessioni successive, senza mai riuscire a trovare un contratto degno di questo nome finché, nel 1976, l’ultima line up si sfascerà, privando il mondo di un gruppo enorme, che solo molto tempo dopo riuscirà a uscire dall’oblio e ottenere, finalmente e solo in piccola parte, il riconoscimento che avrebbe meritato. Si parla spesso di "cult band" e di quanto fosse inspiegabile il mancato successo di alcune di esse, che sembravano davvero possedere tutto e che, invece, sono rimaste nell’ombra. Ebbene, il caso dei Pentagram è decisamente uno dei più eclatanti: come sia possibile che una band dall’evidente talento, avanti nella concezione musicale eppure tutto sommato chiaramente figlia del suo tempo, con dei brani così convincenti, non sia riuscita a trovare un contratto discografico, resta uno dei misteri più incredibili della Storia del Rock. Fortunatamente, i dischi che in quel momento la nuova formazione stava pubblicando per la nostrana Black Widow e che vedevano all’opera il duo Liebling/Hasselvander riuscirono a riattirare l’attenzione del mondo discografico e fu la lungimirante Relapse a contattare proprio O’Keefe chiedendogli se per caso avesse ancora qualche registrazione dei tempi andati. Ovviamente, la cosa non poteva farsi senza Liebling, da sempre detentore del nome ed è così che i due amici, a distanza di venticinque anni, si ritrovarono insieme a pubblicare parte di quel materiale sepolto dal tempo, riportandolo a nuovo splendore. Rimasterizzati e in qualche caso con dei lievi ritocchi (è il caso di Be Forewarned, uscita originariamente come singolo, dal titolo Macabre, che avrà una nuova linea vocale e qualche aggiunta di chitarra da parte di Liebling), i brani contenuti in questa prima uscita "antologica" sono la stupenda testimonianza della grandezza dei Pentagram e di quanto la loro visione del doom fosse affatto secondaria rispetto a quella dei Black Sabbath, ma anzi, altrettanto valida e visionaria, con tanto di comune fascinazione per il cinema e la letteratura horror e gotica, ma con un tocco "statunitense" che resta evidente nella dimensione garage e rock dei Pentagram.
Molti dei brani contenuti in questa raccolta avevano trovato posto nei dischi pubblicati dalla band a partire dal ritorno nel 1985 ed è quindi un piacere raro ascoltarne le versioni primordiali, grezze e affascinanti, come lo è scoprire invece brani che ancora non erano stati rivisti e aggiornati. Basti l’imperioso ingresso di batteria che scandisce il devastante riff di Forever My Queen per essere catapultati nel mondo dei Pentagram e capirne appieno la grandezza e la capacità anticipatrice della band: selvaggio, potente, inarrestabile, con le perfide e sprezzanti linee melodiche di Liebling che riescono a contenere la furia della base musicale, donandole quel minimo di orecchiabilità che la rende solo più capace di insinuarsi per sempre nel cuore dell’ascoltatore. Godetevi l’assolo ululante di McAllister e torniamo ancora a chiederci come sia possibile che tanta qualità non abbia solleticato le orecchie dei talent scout dell’epoca. Più propriamente settantiane e gotiche, invece, le successive When the Screams Come e Walk in the Blue Light, con evidenti influenze chitarristiche, tra Mountain, Hendrix e Blue Cheer e rullate che ricordano tanto quelle di Marc Bell dei Dust. Stupenda e non c’è altro da dire Starlady, una canzone dalla tensione totale, con la ferocissima strofa continuamente inframmezzata da un O’Keefe grandioso e una prestazione clamorosa di McAllister, il quale si ripete anche in Lazylady. Bellissimo il suo lavoro solistico e che dire dell’intenzione con la quale affronta il riffing furioso imposto dalle composizioni di Liebling? Decisamente, un musicista sottovalutato e mai lodato a sufficienza, a maggior ragione considerando che stiamo parlando di registrazioni del 1972. Molto divertente fare un paragone tra la versione originale di Review Your Choices e quella contenuta invece nell’omonimo album del 1999: decisamente più settantiana e “saltellante” quella del 1973, che conserva la perfidia e il tocco macabro del gruppo, in una veste decisamente valida seppur chiaramente meno "pesante". Ecco spuntare tra gli "inediti" la devastante Hurricane, potente e aggressiva, ma al contempo con quel tocco -ancora- saltellante e tipicamente settantiano che la rende irresistibile. Solamente gioia invece per l’annichilente Living in a Ram’s Head, qua in una versione incredibile seppur dalla pessima resa sonora: un rullo compressore di inaudita violenza. Ritmica implacabile, riffing pesantissimo e il solito magnifico Liebling con le sue melodie a esaltare il tutto, assieme all'ncontenibile McAllister. Altro inedito, Earth Flight parte più soffusamente, ma si trasforma subito in una nuova colata di pesantezza metallica, con il riff portante che ricorda altri brani roventi del genere, ma con un costante appesantimento delle ritmiche in un crescendo di doom primordiale. Stessa sensazione curiosa nel sentire la versione originale di 20 Buck Spin che già ci ha colto con Review Your Choices, seppure in questo caso la prestazione di McAllister e O’Keefe sia tale da non far affatto rimpiangere la successiva di Griffin e Hasselvander (e questo, dice già tutto), con il lungo e orgasmico finale solistico che rinnova tutta la grandezza del brano e della band. Battute finali con Be Forewarned e la ballata Last Days Here: come detto, la prima ha subito una leggera opera di maquillage in questa edizione rispetto al singolo iniziale, ma conserva tutta la specificità settantiana rispetto alla versione degli anni Novanta e il suo crescendo di intensità non perde di efficacia, anche con gli accenti surf del riffing, trasformati e resi violentissimi dalla mano di Liebling, che si conferma peraltro interprete di altissimo livello espressivo, nonostante la non eccelsa estensione. La seconda, come detto, è una particolarissima ballata, presa dal vivo, che ci mostra una versione più dolce e romantica del gruppo, che non rinuncia comunque a essere qualcosa di diverso e unico anche in questa occasione, piazzando delle asprezze ovunque e poi concedendosi l’ennesimo crescendo sul finale, per un brano che comunque si rivela bellissimo e perfino emozionante.
Il picco di notorietà raggiunto negli anni Novanta e nei primi Duemila da parte dei Pentagram è stato solo un parziale riscatto per anni e anni di oblio su quella che è stata l’effettiva grandezza del gruppo. La sua capacità di interpretare personalmente le influenze degli anni Sessanta e Settanta e farne una propria via alla musica "dura" e al dark sound, che poi sarà chiamato doom, ne fanno non solo degli antesignani, ma tra i più importanti esponenti di tutti i tempi, secondi solo ai Black Sabbath. Una posizione che non deriva da una inferiorità compositiva, ma soprattutto dall’inevitabile maggior influenza che gli inglesi hanno avuto a livello mondiale, rispetto agli statunitensi, dimensionati solo a livello locale e sconosciuti ai più fino alla metà degli anni Ottanta. La possibilità data nel 2001 di riascoltare le registrazioni originali è quindi un regalo a posteriori che va preso e goduto con rispetto e il massimo della venerazione per questa incredibile quanto sfortunata band. Le note di O’Keefe e Liebling tratteggiano molto bene quegli anni, senza rimpianti e con tanto orgoglio, come è giusto e bello che sia. Iniziativa lodevolissima questa della Relapse che, per una volta, frugando tra demo e vecchie registrazioni non ha raschiato il fondo del barile, ma ha reso giustizia e merito a un gruppo che è entrato nella Leggenda per meriti acquisiti e per una tenacia inarrestabile, impersonificata da Bobby Liebling. Prendete senza alcun indugio questa perla e la sua successiva seconda parte e godetene la grandiosità e l’inconcepibile mancato sviluppo. Band da amare totalmente e senza riserve.
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8
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...bellissima raccolta.....ricca di fascino...... |
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7
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Preso su consiglio di Lizard. Un concentrato di energia e qualità. Ascolto più questa raccolta e sua sorella che gli album. |
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5
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Sono tornato a vivere grazie a loro.......la musica di oggi è morta con i loro fantocci |
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3
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Preso appena uscito. É effettivamente una vera gemma |
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2
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@Il gatto con gli stivali: Arrestato nel 2017 (prima che iniziasse il tour), uscito nel 2019, da allora nessun altro arresto. Però è rimasto l\'unico membro originale, tutti gli altri nuovi dal 2024, se ne è andato pure Victor Griffin, che è quello più vicino ad essere considerato \"membro storico\". Se è per questo, pure un certo Till Lindemann ha una fama di non essere esattamente un tipo raccomandabile, se dovessimo contarli tutti... |
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1
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Ho sentito che è uscito un nuovo album ma Bobby Liebling non era in carcere per maltrattamenti in famiglia? Spero si sia ravveduto durante la permanenza al fresco. Personaggio discutibile fuori dall\'ambiente musicale |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Forever My Queen 2. When the Screams Come 3. Walk in the Blue Light 4. Starlady 5. Lazylady 6. Review Your Choices 7. Hurricane 8. Livin’ in a Ram’s Head 9. Earth Filght 10. 20 Buck Spin 11. Be Forewarned 12. Last Days Here
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Line Up
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Bobby Liebling (Voce, Chitarra su tracce 5,11) Vincent McAllister (Chitarra) Randy Palmer (Chitarra su tracce 8,9) Marty Iverson (Chitarra su traccia 4) Greg Mayne (Basso) Geof O’Keefe (Batteria)
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