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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Gary Moore - Back on the Streets
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( 4725 letture )
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Gary Moore è uno di quei nomi per cui l'appellativo di "leggenda" non è certo sprecato: una discografia sterminata piena di grandi album, e che sembrava destinata a non finire mai, salvo poi interrompersi per la prematura morte a 59 anni.
Lungo una carriera di simile livello è perciò difficile, se non impossibile, trovare motivi per spiegare perché ritenere un disco assolutamente da conoscere, a dispetto di altri. Bisogna ascoltarli e giudicare; ed ascoltando Back On The Streets, secondo album in studio del chitarrista di Belfast, non potrete certo non rimanere estasiati.
Lo stile di Gary Moore in questo disco è quello che ci si può aspettare da un artista del suo calibro: hard rock-blues di grande impatto, al servizio della sua evocativa e trascinante voce, ma nondimeno riempito da ottime prestazioni strumentali da parte di una line-up da urlo; si passa dal supporto fondamentale di Phil Lynnot e Brian Downey -famosi membri dei Thin Lizzy, con cui Moore suonò in Black Rose: A Rock Legend- al maestro della tastiera Don Airey, passando per uno dei più grandi session men di tutti i tempi, Simon Phillips e per il meno famoso, ma non meno valido, John Mole. Il risultato è un disco trascinante, fresco e sapientemente dosatore tanto di carica emotica, quanto di atmosfere più intimiste e soffuse. Moore dà in questo album sfogo a tutta la sua passione per il blues/rock, senza preoccuparsi di mascherare qualche ingenuità compositiva, per accontentare i critici di turno; che sia la coinvolgente title-track, o la più intimista Song For Donna (abbastanza canonica nel suo incedere, ma arricchita nella seconda metà da dei bellissimi fraseggi chitarristici), o ancora la rockeggiante Fanatical Fascists (non a caso risalente ai tempi con i Thin Lizzy), la qualità si sente sempre e rende praticamente impossibile la nascita del minimo sentimento di noia e di invito allo skip di alcune canzoni. Certamente, come già detto, l'aspetto compositivo è del tutto scevro dalla ricercatezza stilistica che Moore farà in parte sua negli anni successivi: quando deve cantare, Moore si preoccupa principalmente di emozioni e queste le veicola in maniera sopraffina; impossibile non rimanere colpiti dalla delicatezza di una Don't Believe A Word o dalla bellissima, eterea nostalgia di Parisienne Walkways.
In compenso, quando non canta, Gary Moore sa bene recitare il ruolo dell'istrionico musicista, insieme ai suoi compagni di viaggio: le tre lunghe strumentali presenti riempiono oltre un terzo di running time del disco e consentono alla band di sfogare tutta la propria esperienza (ogni membro del gruppo aveva già anni di attività e vari full length alle spalle); What Would You Rather Bee Or A Wasp è un pezzo eccentrico, con un grandioso Brian Downey dietro le pelli e in cui Moore dimostra non solo di saper cantare, ma di saper anche far suonare alla grande la sua sei corde; Flight of the Snow Moose è un'interminabile cavalcata che, dopo un inizio atmosferico in sordina, si sposta verso una selvaggia commistione di passaggi progressive, sonorità fusion ed un'atmosfera quasi da jam di jazzisti; chiude il trittico Hurricane, che continua sulla stessa falsa riga, mantenendo però una forma canzone più quadrata e canonica, impreziosita dal bellissimo supporto ritmico ancora di uno stratosferico Downey.
Nella lunga e fantastica discografia di Moore sono molti i dischi da ascoltare ed apprezzare; questo, almeno per comprenderne la storia e l'evoluzione, è sicuramente uno di essi.
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11
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Parisienne Walkways è l\' essenza del Blues.. L\' uomo che soffre.. La Chitarra che si esprime.. |
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10
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Rispolverato stamattina…. che ogni tanto riascoltarsi Gary Moore fa bene alle orecchie. Classe, tecnica, feeling… era un chitarrista inattaccabile. Alcuni album successivi li preferisco, ma questo è comunque uno di quelli da avere. Supportato qui poi da musicisti fuori dal comune (valga da esempio la spettacolare strumentale Flight of the Snow Moose). Non starei sotto l’85. |
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9
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Buon album,il suo stile si stava formando e sarebbe diventato quella favolosa miscela di Rock,Blues con assoli infuocati che non hanno nulla da invidiare ai migliori chitarristi metal. |
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7
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Anch io preferisco album come wild frontiers o run for cover che sono piu' metallizzati, ma comunque rimane sempre musica pregna di blues, la sua discografia non e' molto diversa a quella dei Thin Lizzy, citando un altro album il corridors of power e' quello |
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6
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Il grande Gary manca molto anche a me. Lo ascolto spesso e sempre con le stesse emozioni di un tempo. |
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5
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gary moore sei e sarai sempre un chitarrista con i controcazzi..tecnica sopraffina alla jeff beck suono alla hendrix e velocita alla vanhalen pauroso |
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4
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un nome una leggenda,ci manca molto ,anche se io preferivo la sua parte più hard a quella blues.Lui solo con un pezzo di poco più di un minuto (Dirty fingers) riusciva a far smettere di suonare i chitarristi più masturbatori,lui che quando ci metteva il sentimento (Parisienne,Don't believe,The loner,) ti laciava con le lacrime di gioia agli occhi,lui che purtroppo ora non c'è più.Grazie di tutto ,GRANDE GARY |
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3
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Un disco di puro hard rock di quegli anni, una chitarra come sempre "da legenda"......... Un Gary Moore praticamente perfetto! Anche io sono per un 85. |
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2
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Bel disco per un grandissimo musicista che mi ha dato e mi da molte emozioni. Voto 85 |
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1
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Grande disco, grande line-up e grande feeling. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Back on the Streets 2. Song For Donna 3. What Would You Rather Bee or a Wasp 4. Fanatical Fascists 5. Don't Believe A Word 6. Flight of the Snow Moose 7. Hurricane 8. Parisienne Walkways
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Line Up
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Gary Moore (Voce, Chitarra) Phil Lynott (Basso, Chitarra acustica, Voce) (tracce 2, 3, 5, 8, 9) Don Airey (Tastiere) (tracce 1, 4, 5, 6, 7) John Mole (Basso) (tracce 4, 5, 6, 7) Brian Downey (Batteria, Percussioni) (tracce 2, 3, 8, 9) Simon Phillips (Batteria, Percussioni) (tracce 1, 4, 5, 6, 7)
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