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BULLDOZER - Pay to Play? Un investimento sbagliato
29/06/2012 (4526 letture)
Ogni qualvolta mi trovo a condurre un'intervista face to face, preferisco non preparare nulla, né argomenti generali né domande precise, lasciando che sia la conversazione a svilupparsi da sola, come in un incontro tra amici, in modo da cogliere e trasmettere il sapore della diretta, come se il lettore fosse presente; il tutto posto che si riesca a creare un'empatia con l'interlocutore. Nel caso della discussione con A. C. Wild dei Bulldozer, svoltasi nel pre-concerto della loro data a Scordia dello scorso 26 Maggio, sapevo di andare sul sicuro. Avendo già parlato con lui allo scorso Agglutination infatti, ero certo di avere a che fare con una persona ben disposta a parlare ed in grado di non dire banalità. Quello che segue è un brandello di conversazione colto semplicemente quando abbiamo deciso di avviare la registrazione mentre la discussione era già in corso da tempo, al tavolino di un bar, parlando di tutto quello che ci veniva in mente. In quel momento discutevamo di pay-to-play; buona lettura.


Francesco: Allora.. parlavamo di pay-to-play, recentemente ne abbiamo discusso anche su Metallized, parlando della situazione italiana e di quanto può essere o non può essere scorretta come pratica.
A.C. Wild: Allora... Io parlo non come artista, ma come editore e posso dire che nel mondo chi suona di supporto va incontro a delle spese, quindi deve investire per poter fare un tour e questo da sempre. Negli anni 80 a noi, per fare un tour con i Sodom, hanno chiesto 5.000.000 di lire e noi non abbiamo accettato perché non ci interessava, non avendo mai affrontato la nostra carriera in modo imprenditoriale, ma solo per passione. Non volevamo entrare nel giro dei professionisti che suonano per guadagnare ed avevamo fatto questa scelta. Pagare per suonare è quindi una pratica che esiste da sempre, ma devo dire che in Italia c'è un meccanismo più perverso. I promoters, per avere un grosso headliner, devono affrontare delle spese molto alte e loro sanno bene che calcolate tutte le uscite non ci stanno dentro, ed allora fanno pagare i gruppi di supporto. Quello che mi viene da dire è: ma se queste icone altisonanti non attirano gente a sufficienza, perchè pagarle così tanto? E poi: perché far pagare i gruppi di supporto, che suonano a casa loro, cioè gruppi che non stanno investendo per andare a suonare all'estero per accrescere la loro popolarità? Andare a dire a questi gruppi: "Io ti faccio fare bella figura col nome altisonante, però ti faccio pagare 1000/1500 euro" è un meccanismo perverso, perché chi suona può vantarsi con gli amici di aver suonato col gruppo grosso, ma dal punto di vista musicale ed anche imprenditoriale ha poco senso spendere questi soldi. Ed ha poco senso anche che dei promotori promuovano così una cultura esterofila che premia dei gruppi stranieri che comunque da soli non sono in grado di coprire i costi di una serata.


Francesco: Maniera molto interessante di vedere la cosa. Forse è anche un problema di pubblico e di cultura?
A.C. Wild: Sicuramente. Purtroppo per tradizione i promoters italiani sono sempre stati esterofili, il pubblico sì e no, apprezza ciò che il promoter propone, non è detto che reagisca negativamente ad una band italiana in quanto tale ed a me non risulta. Io ho visto concerti dei Death SS strapieni e loro hanno una popolarità tale da essere superiori a gruppi stranieri che vengono pagati enormemente di più; questo meccanismo ha impedito a molti gruppi italiani di sviluppare la loro carriera. Ora... non voglio parlare del mio gruppo, perché alla fine ho fatti i miei tour, non ho dovuto investire per andare a suonare nei vari festival, non ho tirato fuori soldi, anzi, sono stato sempre pagato (poco, ma le spese le ho sempre coperte, talvolta con dei piccoli margini di guadagno che ho sempre devoluto in beneficenza>), ma potenzialmente ci sono dei gruppi in Italia che potrebbero o avrebbero potuto sviluppare la loro carriera, con un supporto adeguato di case discografiche e promoters, che invece hanno sempre agito come fossero vassalli di qualche signore straniero. Gli unici che hanno investito su nomi italiani sono quelli che lo hanno fatto su Vasco Rossi, Ligabue, che però fanno un altro genere, sono un altro mondo, non hanno niente a che fare con noi.


Francesco: Sai che si potrebbe allargare il discorso anche ad altri settori? Prendi il calcio, abbiamo centinaia di giocatori stranieri spesso inutili, ma quanti giovani non riescono a venire fuori dai settori giovanili o restano nelle categorie inferiori?
A.C. Wild: Sì, ma in Inghilterra se prendi ad esempio il Chelsea campione d'Europa vedi che la gran parte dei giocatori sono stranieri. L'Inter plurivittoriosa era completamente straniera, ma ci sono realtà come il Barcellona che ha investito molto nei vivai, quindi il calcio calza come paragone fino ad un certo punto, anche perché il calcio è competizione, mentre nella musica non esiste lo scontro diretto, esiste chi organizza ed il pubblico che va al concerto, solo confronto tra offerta e domanda. Il problema del metal è culturale. Io ho amici in Svizzera e là ci sono i Gotthard che sono stati molto supportati dal pubblico di casa. Noi abbiamo suonato al Rock Hard di Gelsenkirchen, ed headliners erano dei gruppi tedeschi: Accept e Kreator, che hanno avuto un enorme supporto dai promoters e dal pubblico di casa. Stessa cosa succede per gli inglesi, e non parliamo poi degli scandinavi, che hanno un pubblico estremamente campanilista. Questo ha fatto sì che in tutta Europa i gruppi potessero svilupparsi e crescere anche dal punto di vista professionale, perché erano supportati dal pubblico di casa e dai promoters. In Italia questo è avvenuto, ma non nel metal, perché altrove, a parte Vasco e Ligabue che sono fenomeni tipicamente italiani, abbiamo gruppi e/o nomi che vendono bene in tutto il mondo, per esempio Bocelli, un artista che è stato ben gestito dal punto di vista imprenditoriale, che è stato supportato dal pubblico italiano.


Francesco: Forse è interessante chiedersi perché. Bocelli incarna un canto ed una musica fortemente italiani, molto sedimentato nella coscienza comune, quindi è stato più facile identificarsi con lui a livello nazionale. Una cosa che con generi non tradizionalmente italiani la gente comune ha difficoltà a fare.
A.C. Wild: Secondo me no. Non è necessario il fatto che l'artista canti in italiano o roba simile. Ti faccio un esempio imprenditoriale: Elisa. Canta in inglese e secondo me non è una cantante di livello internazionale pur avendo prodotto dischi in America con produttori americani. Però pur cantando in inglese ha avuto buona popolarità qui, credo abbia vinto un Sanremo (non so bene, non riesco a guardarlo, nemmeno a pagamento), in ogni caso a livello discogafico ha funzionato discretamente pur facendo un prodotto tipicamente non italiano. Quindi non è solo un fatto di pubblico, ma di scelte imprenditoriali forti: c'era dietro la Caselli. Ecco, io dico che dal punto di vista imprenditoriale chi ha agito in tutti questi anni non ha fatto un lavoro lungimirante, guardando solo il guadagno sul singolo evento o comunque sul breve periodo. Ci sono poi alcune leggende su di me circa musica che avrei prodotto per il Giappone. Io non ho fatto da produttore, ho fatto da editore. Il produttore è uno che lavora in studio, io ho supervisionato certe produzioni dando indicazioni e suggerimenti, ma il mio lavoro non è quello del produttore. In ogni caso: come editore ho lavorato imprenditorialmente su produttori italiani che in Giappone hanno venduto milioni di copie. Questo perché è stato fatto un lavoro -da me e da chi ha lavorato con me- che ha trasformato un fenomeno di nicchia in un fenomeno di massa. Ci sono nostri produttori che hanno vinto Grammy giapponesi, nostri autori che hanno vinto un Sanremo giapponese; cantanti e testi giapponesi, musica scritta e prodotta in Italia, e l'evento dal punto di vista delle copie vendute è enormemente più grande di quello italiano. Non è vero che tutto quello che fanno gli italiani fa schifo, è una stronzata, l'italiano quando si mette davvero all'opera i risultati li ottiene in tutti i settori. Purtroppo nel metal chi gestisce la scena e chi gestisce i grandi eventi non ha avuto lungimiranza, e adesso stanno pagando, perché la gente si sta stufando e allora dicono: "Approfittiamo dei gruppi piccoli che vogliono farsi notare e li facciamo pagare per farsi vedere a casa loro" in condizioni -tra virgolette- da sfigati e loro pagano, per fare la figura da sfigati. Secondo me questo tipo di investimento è fallimentare, perché non si va da nessuna parte. Puoi dire di aver suonato al tale festival; e allora?


Francesco: Tra l'altro non mi ricordo di gruppi italiani che dopo queste partecipazioni abbiano ottenuto mega contratti. Oltre al discorso dello svilimento artistico, c'è proprio un discorso di non ritorno pratico da fare.
A.C. Wild: Pagare per suonare non è uno scandalo se uno investe sulla sua carriera, però deve avere un senso. Tempo fa la Metal Blade fece un investimento prelevando delle royalties di un famoso gruppo italiano che non cito, ma buono, per fargli fare un tour europeo con molte date ed hanno venduto decine di migliaia di copie, sono stati uno dei gruppi principali degli anni 90. Questo è un investimento che ha senso fare.


Francesco: Ma era la casa discografica a fare l'investimento, cioè un soggetto costituzionalmente imprenditore che decide di investire e cerca di ottenere dei risultati. Il discorso del pinco pallino che paga per suonare al festival di Roccacannuccia e poi resta lì è diverso, ed è normale che tu come gruppo non puoi permetterti di investire le cifre che mette una buona casa discografica, che prevede un impegno costante su un certo arco di tempo prima di cogliere un certo risultato, tranne che nella tua band non suoni il figlio di Rockfeller. Quindi mettere soldi in queste cose è anche miope. E' la gloria del cerino, dura pochissimo ed anche lì c'è un ulteriore discorso micro-economico; può farlo chi comunque ha qualche soldo.
A.C.Wild: In un caso uno si compra la gloria, nell'altro si fa un investimento. Tornando al paragone calcistico, quando una squadra adocchia un talento, italiano o straniero che sia, ci investe, non lo lascia marcire. Non dice al giocatore scadente: "Ti faccio pagare per giocare 5 minuti una partita in serie B".


Francesco: Sai che invece succede anche questo? C'è un commento al nostro articolo sul Pay To Play in cui qualcuno scrive che anni fa giocava a calcio ed un talent-scout scelse non lui, ma il figlio di persone agiate e lo portò proprio a fare due o tre presenze in serie B.
A.C. Wild: Questo esiste normalmente nella Formula 1.


Francesco: Ma lì è palese, tutti sanno che il tale pilota guida la tale macchina perché ha portato capitale. Mentre non tutti sanno che il tale gruppo che magari ha all'attivo un demo, te lo ritrovi di spalla ad una grande band perché paga.
A.C. Wild: Ad un gruppo come i Bulldozer può succedere di suonare anche gratuitamente in certi contesti, ad esempio con i Motorhead noi non siamo stati pagati, ma è stato un investimento d'immagine. In quella zona non avevamo mai suonato, abbiamo calcolato un rientro come diritti d'autore, perché quando si suona in certi contesti c'è anche un ritorno editoriale che va a coprire le spese. Il problema è che manca da parte dei promoters una visione lungimirante circa i gruppi italiani che potrebbero crescere.


Francesco: Ma come modificare questa situazione? Da chi deve venire la spinta decisiva? Dai promoters è difficile, mi pare.
A.C. Wild: Sì, eppure può darsi che alcuni di loro possano provare a fare certi esperimenti. Io so che certi promoters italiani di un certo livello lo hanno fatto. Non sono andati bene, quindi hanno smesso perchè non c'è stato ritorno economico e di popolarità. Anche perché -secondo me- hanno investito in modo troppo massiccio solamente su un numero ristretto di gruppi. Invece di creare una scuderia di 8-10 gruppi distribuendone l'esposizione mediatica, vedendo chi riesce davvero ad emergere, hanno stabilito chi secondo loro erano i migliori due e li hanno stra-sfruttati; gente che tra l'altro suona bene, non degli sprovveduti, ma visto il troppo sfruttamento la gente si è rotta i coglioni. Uno va a vedere 10 concerti dei più grossi nomi e si trova sempre a supporto quei gruppi e giustamente si rompe, anche se sono gruppi validissimi. I gruppi dal canto loro dicono: "Vabè, noi suoniamo.", però è anche controproducente passare dal niente al troppo, si riceve un danno d'immagine. Questo perché in Italia nel settore metal manca la cultura dell'entertainment, dell'investimento, cosa che avviene in altri settori discografici.


Francesco: Potrà mai capitare che una Caterina Caselli o chi per lei, decida di investire in questo settore?
A.C. Wild: E' difficile. Perché lei è una imprenditrice di grosso calibro che individua -e lo dico da editore, non da artista- chi spingere in base al bacino d'utenza potenziale.


Francesco: Eppure la gente che in Italia ascolta metal non è poca.
A.C. Wild: Sì, ma il massimo che si potrebbe raggiungere è la popolarità degli AC/DC, che qui probabilmente sono quelli più popolari (sold out gli ultimi due concerti e richieste per 60.000 biglietti, e per me sono quelli che suonano meglio), oppure di Maiden e Metallica, se lo si compara con quello di Gigi D'Alessio, Vasco Rossi, Ligabue, Pausini, ma anche artisti medi come Renga che non riempiono gli stadi, sono molti inferiori. Nel metal se non sei una mega-star non hai un grosso ritorno, e questo frena gli investitori tradizionali. I promoters che trattano metal, io non mi aspetto nemmeno che investano soldi, ma se pianificassero delle strategie anche a costo zero, perché uno può anche dire: "Ascolta.. io ti faccio suonare con Tizio, Caio e Sempronio nei migliori eventi. Tu mi dai una fetta editoriale, ed io nell'arco di un anno, a 10-15 gruppi italiani faccio fare un project", dando così ad un discreto numero di band la possibilità di fare apparizioni ad un certo livello, appunto in cambio di una fetta editoriale, chiedendo magari ai gruppi di venire a spese loro. Questo significherebbe che in presenza di una competizione reale tra 10 gruppi italiani, per orgoglio, per stimolo, uno ha molto più interesse a voler fare meglio degli altri, ed arrivati ad un certo punto anche pensare di poter competere a livello internazionale. Questo però può avvenire in un contesto in cui si dà la possibilità a più artisti, non solo ad uno, e se il promoter dovesse trovare il gruppo che cresce e dimostra di avere i coglioni, con un contratto a lungo termine di tipo manageriale, potrebbe avere un ritorno non indifferente. Io ho iniziato a lavorare nel 90 con una casa giapponese che partiva da zero. Erano in sei in un ufficio da 30 mq. sommersi da carte, pc, etc. Oggi hanno un grattacielo, 6/700 dipendenti, sono diventati una holding che focalizza la propria attività sull'entertainment. Questo vuol dire che hanno musicisti, attori, sono promoters, casa discografica, editori, produttori di cartoni animati, di film. Questo nel giro di vent'anni, facendo investimenti strategici e mirati. Trovavano il ragazzino, il talento e via, sotto contratto.


Francesco: L'Udinese dell'intrattenimento.
A.C. Wild: Esatto, dei maestri. Il presidente è consulente del Primo Ministro giapponese, un genio. In Italia Marchionne non si può nemmeno paragonare, in Asia sono avanti e di molto rispetto all'Occidente per quanto riguarda l'imprenditoria, USA compresi. Ed ora che sono crollate le vendite dei CD, con una serie di altre attività sempre nel campo dell'entertainment, hanno conservato una potenza straordinaria. Qui chi gestisce Vasco Rossi, Ramazzotti, Ligabue etc., non sono dei cretini, è gente che sa fare il suo lavoro. Dal punto di vista discografico in Italia vendiamo poco, però, pur facendo musica che fa cagare, con quei nomi vendono, Ramazzotti riempie gli stadi all'estero, ma non è che ci vanno gli emigrati italiani e basta, ci vanno i tedeschi, gli svizzeri e via discorrendo. L'impresa fatta in modo intelligente paga, nel mondo del metal invece le cose non sono andate molto bene, noi non abbiamo i nostri Gotthard, Kreator, Sodom e via discorrendo. Si, abbiamo i Lacuna Coil ed i Rhapsody, prima i Labyrinth, ma spesso e volentieri questi gruppi hanno successo all'estero, è lì il punto. Alla fine come sono nati anche i Bulldozer? Dove ho trovato il contratto? Con la Roadrunner. Se avessi dovuto aspettare un discografico italiano...


Francesco: Come gli Astaroth.
A.C.Wild: Gli Astaroth fecero un altro tipo di investimento, si sono trafesferiti a L.A. ed hanno provato a fare il salto. E' andata male, ma Saverio (Saverio Principini - NdA) è un artista vero, uno coi coglioni. (A questo proposito colgo l'occasione per invitarvi a leggere questa intervista, veramente gustosa per i retroscena che racconta - NdA). Gli Astaroth hanno fatto la storia in Italia e probabilmente Saverio era un po' la mente del gruppo, ha fatto la sua storia e poi si è sistemato imprenditorialmente, è uno che ce l'ha fatta. Io ho fatto con la Roadrunner l'inizio della mia carriera, poi ho trovato la mia strada in Giappone come editore. Poi per pura passione sono tornato con in Bulldozer e mi tolgo qualche soddisfazione, cerco sempre di muovermi con cognizione di causa e di sfruttare al meglio le opportunità che abbiamo.

A questo punto l'intervista viene interrotta da un'amica che mi porta una birra da Palermo (esatto, da Palermo ed ancora fresca) e mi stampa un rossetto viola sulla guancia. L'idea che possa essere indelebile e mia moglie possa accorgersene manda a farsi friggere la mia concentrazione e non riesco più a continuare.
Grazie Licia, ti voglio bene.

Foto a cura di Carmelo Currò



mario
Venerdì 29 Aprile 2016, 15.53.16
32
@ IL Cinico il sito era di lingua inglese , 4 anni fa, ma non lo ricordo il nome, e dicevano di aver ricevuto pressioni a pagare, nel loro caso addirittura a live in corso, se pagarono poi effettivamente non so, la domanda riguardava cose ne pensassero sul rapporto moderno delle band con le case discografiche, e dissero che bisogna mostrare le palle come fecero loro allora in certi momenti e ribellarsi, non so se siano verità, quelle da loro dette, ma non ho ragione di dubitare che lo fossero eccome, visto che poi si son messi in proprio.
Elluis
Venerdì 29 Aprile 2016, 15.25.05
31
De nada ! Tanti anni fa conobbi al Palavobis di Milano una band inglese, i Kill II This che facevano da support band a un tour dei Megadeth. Dopo un paio di birre mi raccontarono che mentre Mustaine e soci si muovevano con lussuosi tour bus e alberghi, loro dovevano arrangiarsi a viaggiare in 4 su un mezzo rottame di furgone che avevano, e ci dormivano anche dentro, con delle brandine buttate sopra le casse con dentro i loro strumenti; la doccia se la facevano nei palazzetti dove suonavano. Non mi stupirebbe se avessero anche dovuto pagare per suonare, però intanto si sono fatti un intero tour europeo con i Megadeth.
Il Cinico
Venerdì 29 Aprile 2016, 14.57.00
30
Grazie del consiglio! @mario questa dei Manowar mi giunge nuova... incredibile!
Elluis
Venerdì 29 Aprile 2016, 13.46.46
29
@Il Cinico in teoria sarebbe molto bello come dici tu, ma la realtà si sa, è molto diversa. Il mondo del "music business" (che brutta parola....) si è evoluto costantemente e in modo fulmineo negli ultimi 15 anni e le label hanno dovuto adeguarsi molto in fretta. In questi anni si sono riciclate e hanno scoperto una vera e propria miniera d'oro, che sono i "talent show", figurati se al giorno d'oggi si mettono a promuovere qualche band sconosciuta. Guarda, vuoi rabbrividire sul serio ? Vai su Youtube e digita "Red Ronnie - Talent" è un filmato di quasi 8 minuti, ascoltalo bene e capirai perchè quello che tu speri non accadrà mai.
mario
Venerdì 29 Aprile 2016, 13.37.35
28
È una pratica lurida, un cancro schifoso, quella del pay to play, ma non si creda che sia solo un fenomeno italiano, ricordo di averl letto una intervista ai Manowar, in cui dicevano di essere stati costretti a pagare per far da spalla a Nugent prima e ai Meryful Fate poi, vere e proprie angherie senzasrupoilistiche dei business-promoter, addirittura a live in corso subirono ricatti del dover pagare altrimenti avrebbero chiamato altri e scaricato loro, ma ebbero grinta per ribellarsi e adottarono la tattica ciclistica del cannibale Eddy Merckx, quella del gregario che attacca il capitano e lo batte in tappa e vince il tour completo, mandando poi affanculo espertoni manager, promoter ed etichette discografiche, e non furono gli unici gruppi stranieri, di nomi noti e meno noti, ne è pieno il mondo del metal che litigarono per questi motivi o per motivi pescecanismo delle etichette discografiche, masimo profitto col minor rischio, e le grane a carico di quelli che loro reputano polli da spennare, nulla di nuovo sotto il sole, comunque dice cose giustissime A.C. Wild, all'estero supportano di brutto i loro beniamini, ed è vero che soprattutto inglesi tedeschi e scandinavi sono campanilistici coi loro beniamini, costringendo alle lunghe in qualche modio le major a venire a patti sensati prima o poi a furor di popolo con quelle realtà musicali che crecono nel sottobosco, qui no, semplice, manca ancora una cultura musicale metal consolidata, e si supporta soprattutto merda, e in definitiva dunque manca la domanda interna, e gli investimenti per alcune cose mancano, e son indirizzate a schifezze indicibili, cos' è, almeno per ora.
Il Cinico
Venerdì 29 Aprile 2016, 12.50.03
27
Certo la realtà è questa, ma pensa se questa mentalità e questo approccio puramente da ragioniere che fa quadrare i conti fosse comparso ai tempi in cui nasceva la nostra amata musica...io credo che ci saremmo persi almeno un 80% di band che invece han fatto la storia, magari per il semplice fatto che a passargli davanti era un gruppo con soldi ma senza talento. Le case discografiche dovrebbero tornare a fare le case discografiche e quindi dovrebbero fare una scrematura severissima dei loro prodotti. Su 100 band che ti mandano materiale me ne scegli un paio, e su quel paio ci investi. Invece adesso si dice "dentro tutti ! basta che cacciate la grana!". Io capisco anche che spesso sia necessario versare l'obolo di presenza per suonare su certi palchi, ma che almeno sia la casa discografica a mettere i soldi, visto che tra parentesi dovrebbe essere il suo lavoro.
Elluis
Venerdì 29 Aprile 2016, 12.20.41
26
@Il Cinico le cose devono essere viste separatamente: il problema è che i "grossi headliners" non guadagnano più dalle vendite dei dischi, quindi per starci dentro ed avere un certo margine di guadagno devono alzare il loro compenso: una volta magari questo veniva in parte compensato dalle label discografiche che guadagnavano con la vendita degli album, e reinvestivano i soldi nel tour, ora invece è tutto a carico del promoter di turno; e questo è un problema del management dell'artista, riuscire ad inserire quante più date possibili per avere il maggior guadagno nel momento in cui l'artista di turno è in tour. Il problema del promoter di turno è invece diverso, è quello di far quadrare i conti: paga il grosso headliner (che ricordo sono pagati sempre in anticipo), paga l'affitto del posto, i fornitori, ecc. e possibilmente ci guadagnare qualcosa dall'evento, quindi la prima cosa è quella di tartassare le band che suonano prima, soprattutto quelle che sono disposte a pagare per esibirsi prima del "grosso nome" di turno.
Raven
Venerdì 29 Aprile 2016, 11.00.01
25
In effetti...
Il Cinico
Venerdì 29 Aprile 2016, 10.17.29
24
Curiosando per il sito mi son imbattuto in questa interessante intervista, inutile dire che sto cacchio di play to play ha rotto i coglioni, meglio una casa discografica/promoter disposta ad investire su pochi ma validi gruppi, che una casa discografica/promoter che vuole solo spremere soldi a illusi o a figli di papà che hanno soldi da buttare. Ha ragione da vendere quando dice che "I promoters, per avere un grosso headliner, devono affrontare delle spese molto alte e loro sanno bene che calcolate tutte le uscite non ci stanno dentro, ed allora fanno pagare i gruppi di supporto. Quello che mi viene da dire è: ma se queste icone altisonanti non attirano gente a sufficienza, perchè pagarle così tanto?" Capisco far suonare gratis i gruppo di supporto,capisco che non debban pretendere chissa cosà, ma almeno non fottetegli i soldi...
andrea - heidevolk fan club
Venerdì 13 Luglio 2012, 20.01.48
23
sotto qualche altro articolo cercavo in qualche maniera di dire proprio quello che sostiene ac....dovrebbero essere i promoters a cercare i talenti e a scommettere su di loro, non i talenti che svendono la propria dignità...spero che almeno ac metta cosi fine a tutto sto vociare sul pay to play inutile..
Nightblast
Giovedì 5 Luglio 2012, 10.51.57
22
...leggendo l'intervista non posso che confermare l'ottima impressione che mi ha fatto AC...Abbiamo parlato per una buon amezz'ora prima dello show e posso davvero affermare che si tratta di un'ottima persona, umile, preparata e molto esperiente. Un piacere conoscerli ed un godimento vederli on stage. Magari tutti così.
Raven
Mercoledì 4 Luglio 2012, 13.16.25
21
Si, in effetti è logico pensarlo. Ps- grazie Billo.
dantes
Mercoledì 4 Luglio 2012, 12.04.14
20
...intervista bella e davvero interessante, tanto quanto delicate sono le tematiche toccate ... certo che non si finirebbe mai di discutere di certe cose ... considero il ptp qualcosa di malato e chiaramente la diretta conseguenza di un sistema che anno dopo anno, ha commercializzato come fosse un fustino di detersivo ogni tipo di arte, ma molto più pesantemente la musica dagli anni 80 in poi e sdoganato il rock dai 90 ... ma allo stesso tempo questo ptp, (come ho già commentato nell'articolo correlato) in un periodo come quello attuale diventa anche l'aspirina per alleviare qualche sofferenza ... non certo per curare del tutto il male. Quello si cura prendendo tutti coscienza, se si ama davvero la musica, di viverla in modo "coerente" come un qualsiasi rapporto umano basato sulla sincerità ... quindi nel caso specifico acquistando e non scaricando musica (o sforzarsi di acqiuistare se, dopo aver scaricato il prodotto piace), andando a vedere i concerti, fidarsi poco di quello che impongono (e non propongono) i mass media ... Avere la voglia ed il coraggio di guardare all'interno del panorama musicale come una volta si faceva tra gli scaffali pieni di vinili ...aldilà di quello che passavano le radio FM ... Dal mio punto di vista, per quanto possa valere la mia opinione, la poca partecipazione alla discussione dipende in buona parte dal fatto che il cuore delle argomentazioni trattate sono state discusse e non poco da tante persone appunto negli articoli #5 e #7 de LA POLEMICA... senza quei 2 articoli credo proprio che i relativi commenti si sarebbero riversati in coda a questa intervista.
BILLOROCK fci.
Mercoledì 4 Luglio 2012, 10.39.54
19
Raven: direi che non ne hai bisogno, per chi come me segue da tempo il sito saprà che sei una delle principali figure e uno dei princiapli redattori sia per la tua esperienza sia per il tuo atteggiamento sempre coerente e mai sopra le righe, per lo meno io la vedo così, max rispect !
Raven
Mercoledì 4 Luglio 2012, 10.29.37
18
Quello che intendevo -almeno per chi lo vuole comprendere e non per chi ama solo perdere il proprio tempo infastidendo gli altri- è che mi aspettavo più commenti, del resto sono soddisfatto, e non ho bisogno (grazie ai lettori) di incrementare la mia visibilità con questi mezzucci. Ovviamente per me il discorso finisce qui, saluti a voi/te.
Khaine
Mercoledì 4 Luglio 2012, 7.47.24
17
Vuoi cambiare un'altra volta nickname?
castigamatti
Mercoledì 4 Luglio 2012, 0.40.53
16
allora deciditi,o sono poche o sono tante! se lo fai per pura passione sono tante,se si tratta invece di "leggete quanto sono bravo e interessante" sono un pò meno...
Raven
Lunedì 2 Luglio 2012, 22.48.50
15
700 letture e olte 70 condivisioni sono poca audience ? mi accontento..
saltafossi
Lunedì 2 Luglio 2012, 21.57.52
14
se facevi l'intervista a Lita Ford i commenti si sarebbero sprecati! Un tizio barbuto che parla di stronzate tutte italiote fa poca audience
Undercover
Lunedì 2 Luglio 2012, 20.07.18
13
azz... ho messo la n al posto della r fa molto occult rock... ahah.
Undercoven
Lunedì 2 Luglio 2012, 20.06.18
12
Difficilmente si espongono... purtroppo.
Raven
Lunedì 2 Luglio 2012, 19.17.31
11
Eppure lo stesso AC ne comprende l'utilizzo, ma solo a determinate condizioni, ossia come effettivo investimento a determinate condizioni. Il fatto che si "paghi per fare la figura da sfigati" è illuminante. Sarebbe molto bello se a leggere il pezzo fosse un promoter, risulterebbe interessante sapere cosa ne pensa delle proposte di AC.
il vichingo
Lunedì 2 Luglio 2012, 19.07.29
10
@Raven: l'intervista l'ho letta appena è stata pubblicata, e per dirla tutta mi sono anche fermato a riflettere sulle dichiarazioni di AC Wild riguardanti il pay-to-play. Che dire? La mia opinione oramai l'ho detta e ridetta ma quando leggo alcuni commenti sconclusionati (da parte di chi è a favore di questa pratica) mi viene da pensare che certi abbiano un maiale intero davanti agli occhi...
Raven
Lunedì 2 Luglio 2012, 19.05.24
9
Si, lo so, non è solo questa, ma dato che a parlare è un autore/editore, mi pare dia qualche piano di lettura meno sfruttato. pertanto mi aspettavo più commenti, ma ovviamente non si possono imporre più che altro a stridere sono le 65 condivisioni a fronte di 5 o 6 commenti soltanto.
BILLOROCK fci.
Lunedì 2 Luglio 2012, 18.55.22
8
Raven: sembri uno di quei reporter di frontiera.... battagliero
Undercoven
Lunedì 2 Luglio 2012, 18.54.13
7
Raven, io l'ho letta e riletta, mi è piaciuta molto ma in tutta onestà ci vuole A.C. che dica certe cose per renderci conto dove e come viviamo? Il fatto che abbiano commentato in pochissimi è sconcertante quanto lo è la scarsa partecipazione e addirittura il "trollamento" (passami il termine) nei gruppi che cercano di andare contro delle direzioni poco piacevoli sul "pay to play". L'italiano si lamenta che non c'è comunicazione ma quando si comunica non partecipa e fosse solo questa quella passata in sordina.
Raven
Lunedì 2 Luglio 2012, 18.48.36
6
Posso essere sincero? Mi pare che per i contenuti, (parlo ovviamente delle dichiarazioni di AC Wild), non delle mie domande), questa intervista sia passata un po' in cavalleria, mi aspettavo più partecipazione.
Patate arrosto
Sabato 30 Giugno 2012, 13.15.17
5
Gioooovanooootti, se volete potete anche riassumere tutto in poche e simpatiche righe (simpatiche perché poche) (fidatevi) (sìsìsì). Avete fatto il paragone del pay to play in F1, paragone giustissimo ! Ma....qual'è la reale differenza con la musica ?? Il mercato attuale è tenuto a un livello MERDA SUPER dagli alti papaveri in modo che il pubblico coglione comprerà qualsiasi cosa gli arrivi dall'alto ! Quindi se sul palco ci metti un cazzone con le grafiche dei Megadeth, da sotto penseranno che è figo come loro (...immaginiamo per stavolta che lo siano) ! E funziona praticamente SEMPRE ! Perché ascoltare non è vedere, implica ragionamento proprio ! Sopratutto per una cosa elevata come la musica. Invece in F1 se uno è un cazzone e guida male, lo mettono subito dietro, e se ne accorge chiunque sia in grado di avere il concetto di "arrivato prima, arrivato dopo", ovvero anche bambini di 5 anni ! ...non ci credete ? Chiedetevi che fine ha fatto la musica classica di Beethoven e Mozart, e chiedetevi perché dei nonni rincoglioniti e sordi hanno scritto da sordi le pagine migliori della musica occidentale. O chiedetevi com'è possibile che certe masse di merda tipo Ligabue riescano a vendere così tanto. E non fatemi discorsi "il pop è così" che m'incazzo ! Ho fatto convertire ragazze da Biagio Antonacci agli Strapping Young Lad !
Selenia
Sabato 30 Giugno 2012, 11.56.54
4
ottima intervista!!
Er Trucido
Sabato 30 Giugno 2012, 10.25.27
3
Intervista interessante ed inconsapevolmente collegata ala commento che ho lasciato stanotte nella rece dei Manowar.
Raven
Sabato 30 Giugno 2012, 8.46.50
2
Grazie , non preparare mai nulla è rischioso, perchè la discussione rischia di arenarsi, ma se si trova l'interlocutore adattto i risultati sono migliori. Qui andavo sul sicuro.
tenebra occulta
Sabato 30 Giugno 2012, 3.48.02
1
Grazie della chiacchierata Raven! Leggendo l'intervista è un po' come se fossi stato seduto lì accanto. Molto interessante sia il tema trattato sia il fatto che A.C. ne parli nel duplice ruolo di artista e editore. p.s. anche la maglia personalizzata! Questa è classe...
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