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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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SINE QUA NON - #31 - 'The Divine Wings Of Tragedy' e 'Paradox'
30/03/2020 (1905 letture)
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INTRODUZIONE Gli anni '90 sono stati certamente la fucina del progressive metal, che sulla scia di gruppi come Fates Warning e Queensrÿche ha prodotto innumerevoli band sia sul suolo europeo che su quello americano, prima fra tutte certamente i Dream Theater. E se questi ultimi sono stati alfieri della tecnica assoluta, c'è stata un'altra fetta di gruppi dedicati a una dimensione del prog metal se vogliamo più accessibile, senza per questo risultare meno curata. Il 1997 in particolare ci ha donato, tra gli altri (come dimenticare A Pleasant Shade Of Grey?), due album di assoluto valore di due gruppi il cui stile può essere accomunato sia al power di stampo europeo che al neoclassicismo di Yngwie Malmsteen. Stiamo parlando di The Divine Wings Of Tragedy dei Symphony X e Paradox dei Royal Hunt.
THE DIVINE WINGS OF TRAGEDY Senza Michael Romeo non ci sarebbero stati i Symphony X. Già, perché nel 1994 il giovane chitarrista, pur con un album all'attivo e una carriera solista già in piedi, decide di imbarcarsi in un'altra avventura, con la quale nello stesso anno pubblica il disco di debutto omonimo. Lo stile di questo nuovo gruppo, i Symphony X, è già piuttosto definito: un progressive metal di stampo neoclassico con alcuni accenni al thrash nei riff del buon Romeo, coadiuvato dal tastierista Pinnella e dal batterista Rullo. Il buon riscontro di pubblico e critica porta il gruppo a comporre l'ottimo The Damnation Game, che a differenza del predecessore è anche dotato di una produzione migliore, nonché di un nuovo cantante di tutto rispetto, ovvero Russell Allen. Il capolavoro vero e proprio però deve ancora arrivare, e lo fa nel 1997. Il titolo, The Divine Wings Of Tragedy, è un chiaro riferimento al mondo greco –sulla copertina è raffigurata una personificazione alata della tragedia stessa-, tema ricorrente caro al gruppo che apparirà anche nei successivi lavori. L'album regala 65 minuti di composizioni che sfiorano la perfezione, a partire dall'accoppiata Of Sins And Shadows/Sea Of Lies, in cui emerge il lato più power dei cinque americani, passando per Out Of The Ashes, dalle preponderanti influenze malmsteeniane, e per la bellissima The Accolade, lungo e poetico interludio sotto forma di ballata tra chitarre acustiche e un ritornello di ampio respiro. Già da questi primi brani si avverte il senso di magniloquenza trasmesso dalle composizioni dei Symphony X, tra cori, tastiere e barocchismi vari, che verrà mantenuto e amplificato nei cinque brani successivi. Un grosso peso in tal senso è occupato dalla suite di 20 minuti che porta il titolo dell'album, ambiziosa creatura che gode di vita propria e lascia estasiati come nella migliore tradizione progressive, ma gli altri brani non sono da meno, su tutti la conclusiva Candlelight Fantasia. The Divine Wings Of Tragedy riveste una grande importanza nella discografia dei Symphony X, tanto da essere considerato da molti fan il vero capolavoro, sebbene i dischi successivi non sfigurino affatto al suo confronto –pensiamo ad esempio a V: A Mythology Suite o Twilight In Olympus-. È importante, però, anche nel contesto evolutivo del suo sottogenere, potenziando la lezione di artisti quali Ritchie Blackmore's Rainbow e Yngwie Malmsteen's Rising Force e portandola all'estremo.
PARADOX Nello stesso anno, parallelamente all'ambizioso lavoro dei Symphony X, un gruppo del vecchio continente, precisamente dalla Danimarca, rilascia sul mercato il suo quarto album, intitolato Paradox. Stiamo parlando dei Royal Hunt di André Andersen, tastierista, chitarrista e principale compositore del gruppo, che in quegli anni cavalcava l'onda dell'ottimo Moving Target (1995), album che aveva visto l'innesto dello straordinario cantante D.C. Cooper. Il sodalizio con D.C. Cooper purtroppo finirà proprio dopo il tour conseguente alla pubblicazione di Paradox, salvo poi ricominciare molti anni dopo. Se confrontato con Moving Target, Paradox sembra come una versione più costruita e meno spontanea, nonché di più ampia concezione. I brani sono infatti parte di un concept basato su tematiche religiose, che donano una notevole –per il genere- profondità ai testi. E allora bisogna avere il coraggio di farsi trascinare dalle melodie che ne scaturiscono, a cominciare dal sontuoso incipit River Of Pain, in cui cominciamo ad avvertire le influenze hard rock in veste progressive disseminate per tutto l'album. Le tastiere sono le protagoniste indiscusse, ma è la voce di D.C. Cooper a fare davvero la differenza, ed è in tutto e per tutto paragonabile alla caratura di Russell Allen su The Divine Wings Of Tragedy. I brani di Paradox sono per la maggior parte ricchi di pathos, trascinanti e variegati al punto giusto da risultare interessanti anche dopo ascolti ripetuti. Le influenze neoclassiche vengono abbracciate anche dai Royal Hunt, in particolare su brani come Silent Scream e Tearing Down The World, sebbene il tasso tecnico non sia alle stelle. Grande risalto è dato ai cori e ai ritornelli coinvolgenti e radiofonici (Message To God), ma ci sono anche momenti in cui le composizioni vengono assimilate alle intricate strutture progressive, come per esempio in Time Will Tell, e in cui le orchestrazioni e il lato sinfonico sono prevalenti (It's Over). Similarmente ai colleghi statunitensi, i Royal Hunt hanno donato nuove sfaccettature alla musica progressive, attingendo a un background di influenze disparate molto simile a quello del gruppo di Romeo e dandone una loro interpretazione, pur sempre con un occhio di riguardo verso gli artisti storici dell'hard 'n heavy (Deep Purple, Uli Jon Roth). Purtroppo, però, il gruppo non è mai riuscito a replicare l'altissima qualità di questo Paradox, che rimane un unicum nella sua pur ottima discografia.
PIÙ TECNICA O PIÙ MELODIA? Sebbene sia estremamente riduttivo porre il confronto tra le due band su una mera questione di tecnica, non c'è dubbio che a tal riguardo i Symphony X siano diverse spanne sopra ai Royal Hunt. In ogni caso, il gruppo danese si fa valere per la qualità delle composizioni messe in campo, che non risentono di cali di sorta, in un album estremamente compatto e completo, dotato peraltro di testi di pregevole fattura. D'altro canto in The Divine Wings Of Tragedy difficilmente ci si può stufare della voce di Russell Allen e delle evoluzioni tastieristiche di Pinnella. Siamo insomma di fronte a due album praticamente perfetti nella loro interezza, che sono indubbiamente rimasti nel cuore di una buona fetta di appassionati di progressive.
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Due tra i miei dischi top in ambito progressive, scelta molto difficile.
Probabilmente se dovessi portarne uno su un'isola deserta porterei Paradox perchè AMO letteralmente DC Cooper (prima dello split) e qui da davvero sfoggio a tutta la sua classe. e il resto della band, nella sua miglior formazione, non è da meno. Il solo di Time will tell è da brividi. TDWOT è un capolavoro e contiene The Accolade, una perla assoluta, i musicisti credo siano una spanna sopra i RH, ma la melodia e il gusto di Paradox sono inarrivabili. Vince al fotofinish, diciamo così. .) |
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Purtroppo non ho mai approfondito i Royal Hunt, mentre provo grandissima passione per i Symphony X, anche se devo avere l'umore giusto per ascoltarli, causa l'abbondanza di "cose" a cui prestare attenzione (oltre che alle strutture complesse e alla durata, come in tutto il prog). In Divine per me risalta assolutamente The Accolade, probabilmente nella mia top 3 loro, capolavoro con un testo bellissimo ed un ritornello spaziale. E concordo su chi nominava Miller, pur io non essendo bassista riconosco il valore assoluto di questa persona, anche come songwriter appunto. E Russel, voce da pelle d'oca sempre! |
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Io invece non ho mai particolarmente amato i SX, con l'unica eccezione di V, che mi è proprio piaciuto. Però devo anche dire che li trovo tutti molto simili tra loro, i brani hanno sempre le stesse strutture e mi sembrano spesso troppo carichi, come certi piatti eccessivamente conditi. Al contrario i Royal Hunt, soprattutto in Paradox coniugano una narrazione drammatica con musiche efficaci, melodiche e commoventi... senza sovrabbondanza di passaggi strumentali fini a sé stessi e soprattutto senza ripetizioni di strutture sempre uguali. De gustibus, in ogni caso per me Paradox stravince. |
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Anche secondo me il confronto non regge... Divine vince a tappeto. |
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Paradox é un gioiello in una corona, bello e luccicante, ma non il piú brillante di tutti, mentre Divine é un diamante puro |
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Paradox é un gioiello in una corona, bello e luccicante, ma non il piú brillante di tutti, mentre Divine é un diamante puro |
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10
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Il confronto non regge: i soli primi 3 brani di "divine"sono l'assoluto,un tritasassi che non ha eguali,e se poi tiriamo fuori anche "the accolade e candlelight fantasia non c'e'storia,paradox e' bello ma puoi confrontarlo con cose tipo stratovarius |
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The divine wings of tragedy gran bell'album, soprattutto per la titletrack che è una delle mie canzoni preferite dei SX. Non conosco i Royal Hunt, temo dovrò andare a rimediare, e anche di corsa!  |
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8
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Urka... non potrei mai scegliere tra questi due album. Message to God o The Accolade? Sea of Lies o Long Way Home? Nah... da avere tutti e due nella propria discoteca, pena crocifissione in sala mensa. Storia del metal degli anni 90. Dei Royal Hunt probabilmente Paradox è il mio preferito, di un soffio su Moving Target e The Mission, mentre dei Symphony X forse scelgo Twilight in Olympus, anche se è The Divine Wings il capolavoro che li ha fatti salire alla ribalta. Due band diverse: in comune avevano le influenze neoclassiche e prog metal, però i danesi le filtravano con un senso della melodia più nordico, i Symphony X erano già all’epoca più tosti. Altra differenza, i leader: da una parte Romeo (chitarra), dall’altra Andersen (tastiere), questo secondo me si riscontra abbastanza palesemente nel sound dei due gruppi. Comunque due capolavori e due band straordinarie. Tanta bella roba nel 97, penso anche ai citati Fates Warning, ma anche Rhapsody, Hammerfall, Conception, Savatage, Stratovarius, Gamma Ray e Iron Savior, senza voler andare su cose più pesanti. Anche qualche roba che fece discutere (penso a Queensryche o Mötley Crüe)... Conunque un gran bell’anno! |
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Nel 97 ne sono usciti di bei dischi. Royal Hunt e Symphony X sicuramente hanno in comune il power metal, il neoclassico ed il sinfonico per il resto sono due gruppi molto diversi (anche nello stesso approccio al power, i SX pescano anche nel post-thrash/groove cosa inesistente per i RH). Moving Target è un grande disco, ma Paradox è sicuramente "più prog" e - personalmente - quello che ritengo il loro capolavoro ed il mio preferito di loro. |
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@Wonderboy: non avevo affatto realizzato che fossero contemporanei. Allora ci sta. Per quanto riguarda quello che dici sulla critica, hai ragione. Io la vedo come te su Moving target, ma adesso capisco che non si poteva fare scelta diversa. |
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@Rob Fleming: perché Paradox è uscito nello stesso anno di TDWOT ed è considerato da gran parte della critica come il loro album migliore e più rappresentativo, tutto qua. Certo, se poi vogliamo vedere i gusti personali, io gli preferisco il precedente, ma la frase che citi non vuole assolutamente essere denigratoria nei confronti di Paradox, che considero comunque un grande disco.
@Lento ma inesorabile: vero, grazie per averlo ricordato! |
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Paradox è stato il mio primo disco di prog metal, da lì é nato un amore mai finito, per il genere e per i Royal Hunt. É un disco praticamente perfetto, rientra nei miei preferiti in assoluto. |
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Due album importanti e belli non c'è dubbio. Ma mentre per i Symphony X sono d'accordo che loro nascano da qui non capisco la scelta di Paradox. Lo stesso recensore scrive: "Se confrontato con Moving Target, Paradox sembra come una versione più costruita e meno spontanea". E concordo in toto. Quindi: perché non è stato scelto Moving Target? |
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...sono due ottimi album.....ma sinceramente preferisco quello dei symphony x..... |
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Ottimo articolo, ma penso che non si possa parlare di The Divine Wngs of Tragedy senza parlare di Thomas Miller, che ha contribuito in modo non indifferente al songwriting (sei su nove tracce portano anche la sua firma) e ha dato vita ad alcuni testi, tra cui quelli della meravigliosa Candlelight Fantasia. |
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