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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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SINE QUA NON - # 8 - 'Time Does Not Heal' e 'Arise'
19/06/2015 (3107 letture)
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Che gli anni 80 siano stati e siano ancora una riserva illimitata di capolavori del metal è un dato ormai più che scontato. Ciò non toglie, però, che le cose siano andate avanti, tra molti alti e bassi, anche negli anni successivi. Proprio all'inizio degli anni 90 uscirono due dischi che, pur muovendosi all'interno di un ambito generale non certo nuovissimo, riuscirono ugualmente ad incidere in profondità sulla skenè internazionale. Oggi parliamo di Dark Angel e Sepultura.
DARK ANGEL: TIME DOES NOT HEAL 9 songs, 67 minutes, 246 riffs! Basterebbe questa celeberrima dichiarazione scritta su un adesivo contenuto nella confezione del disco, per spiegare un po' tutto circa le qualità di Time Does Not Heal. Al momento dell'uscita dell'album i Dark Angel non erano certo da considerare dei novellini, in quanto da We Have Arrived in poi (lo ho doppiato su cassetta da una cassetta doppiata da una cassetta; una cosa immonda), si erano lentamente ritagliati lo status di band di primo piano. Avendo alle spalle due dischi di valore assoluto come Darkness Descends, ma in generale lavori comunque di buonissimo livello -mancano da citare solo Leave Scars ed il Live Scars- i Dark Angel potevano semplicemente continuare a battere la strada intrapresa, ma con Time Does Not Heal, Hoglan & C. decisero di andare oltre, ed il risultato fu importantissimo, almeno a livello strumentale. Forse troppo, per il pubblico dell'epoca. Le consuete partiture thrash furono dilatate, arricchite, evolute a volte in maniera anche implosiva, producendo un risultato che solo a distanza di anni è stato valutato per la sua effettiva importanza. Detto del punto debole rappresentato dalle parti vocali di Ron Rinehart, forse non all'altezza della complessità della proposta dal punto di vista strumentale, è proprio la scrittura dei pezzi in sé ad essere importante. L'assoluto furore nevrotico del thrash si fondeva con una complessità nei fraseggi e nei cambi, con l'utilizzo di una quantità di riff e soluzioni da lasciare con le vertigni al primo ascolto, posto che non lo si rifiutasse per gli stessi motivi. Altro atout apparentemente controproducente era la lunghezza importante di tutti i brani, fattore che mortificava ancora l'impatto delle canzoni sotto il profilo dell'immediatezza, dote che dovrebbe far parte del DNA del genere, qui invece posta in secondo piano a favore di una scrittura da metabolizzare con lentezza e soprattutto con grande attenzione. Il risultato fu un album nel quale ogni canzone possedeva almeno quattro o cinque riff portanti dai quali una band "normale" avrebbe tratto altrettanti pezzi, ma non i Dark Angel. Il tutto era coniugato con una precisione esecutiva notevole da parte di tutti gli strumentisti, da adattamenti che esaltavano ogni singolo cambio, assoli chirurgici, con la sezione ritmica a sorreggere un'impalcatura musicale che definire possente è assolutamente il minimo. Ma non era tutto, a prescindere da cosa si pensi della voce di Rinehart, a molti più che gradita, i testi delle varie canzoni non si limitavano a spaziare tra i temi tipici del genere, alcuni si pemettevano di indagare alcuni aspetti negativi della vita della nostra società, altro fatto mal digerito da certi ascoltatori oltranzisti che intendevano la musica ed il thrash in particolare, come territorio esclusivo per parlare di bevute ed affini. Certamente i Dark Angel non furono gli unici a battere la strada del thrash tecnico, ma Time Does Not Heal rappresenta uno snodo molto importante sia dal punto di vista del disco in sé, sia come esempio di una lavoro di valore assoluto quasi completamente ignorato al tempo dell'uscita, se non apertamete osteggiato. Utilissimo, quindi, anche come pietra di paragone delle valutazioni rispetto a lavori coevi che poi il tempo ha spazzato via. Ed alla fine, come avrebbe detto il buon Lubrano, è soprattutto una domanda a sorgere spontanea: quanti gruppi sono nati dopo questa svolta e quanti sono ancora oggi in attività? Molti, sicuramente molti.
SEPULTURA: ARISE Durante il corso dello stesso anno, il 1991, uscì anche quello che da molti è considerato il capolavoro dei Sepultura: l'acclamato Arise. Già, acclamato, perchè nel caso in questione ed al contrario del precedente, il successo fu praticamente immediato nonostante il fatto che anche Arise contenesse delle novità importanti per il thrash/death. Pur rimanendo saldamente ancorato a questo settore, infatti, Arise, contiene con chiarezza elementi tribal ed industrial -per sottacere di quelli H.C. punk sempre evidenziati- che poi, debitamente sviluppati, porteranno ad altri dischi sommamente importanti. E' però proprio qui che i Sepultura getteranno le basi per definire le caratteristiche più sostanziali della restante parte della loro carriera che vale la pena di ricordare. Arise viene ancora oggi ricordato anche per un suono perfettamente in focus con le intenzioni dei musicisti, con i brasiliani che si avvalsero non solo del lavoro del grande Scott Burns (Creation, Atheist, Deicide, Suffocation, Pestilence, Death, Cynic ed infiniti altri prima di lasciare la professione) e di uno studio adeguatamente attrezzato, ma anche e soprattutto di un finanziamento di ben 40.000 dollari dal parte della Roadrunner che consentì loro di spendere molto tempo nell'affinamento di ogni aspetto relativo alla registrazione, lavorando moltissimo, ad esempio, sulla microfonatura della batteria. Pur restando fedeli al loro verbo, in questo disco i Sep schiacciano nel complesso leggermente meno sull'acceleratore, Igor Cavalera mostra di cercare di più il groove ed i latinismi (Altered State) che porteranno a Roots, ed in generale le composizioni vengono arricchite da piccoli samples di sapore industrial (Dead Embryonic Cells, il cui video, per inciso, fu bannato da MTV America) che aprono ad influenze extra-metal che solo dopo anni saranno considerate normali. Nonostante non sia certo un lavoro commerciale, Arise venne accolto in maniera estremamente positiva dalla critica e dal pubblico, raggiungendo la posizione numero 119 del Billboard 200, al contrario del sicuramente meno immediato Time Does Not Heal, proprio perchè proponeva sviluppi ed evoluzioni che annunciavano quelle future, ma restando saldamente ancorati alle radici del gruppo. Non si tratta della punta di diamante della produzione dei Sepultura, pur arrivandoci molto vicino, ma senza Arise non ci sarebbero stati Chaos A.D. ed il già citato Roots e, visto che si tratta di due lavori unanimemente considerati fondamentali, non si può considerare che un Sine Qua Non a tutti gli effetti. Quel che accadde dopo il raggiungimento del vertice ispirativo del gruppo lo sappiamo tutti e la realtà attuale di una ex-grande in disarmo non può modificare la storia. Non sono tantissimi i gruppi che hanno caratterizzato gli anni 90 in senso assoluto ed a livello mondiale, ma tra questi devono senza dubbio essere inseriti i Sepultura, che proprio con Arise hanno tracciato una strada ancora oggi percorsa da tanti.
IL NERO ANGELO DELLA TOMBA Dovendo relazionare i due lavori, il dato che forse salta di più agli occhi è proprio quello relativo alla diversa accoglienza riservata loro da pubblico e critica. Da un lato un album difficile, tecnico, da assimilare dopo attenti e ripetuti ascolti e rivolto ad un pubblico necessariamente predisposto e senza un successore, dall'altro un lavoro molto più immediato, furente e carico di groove, quindi naturalmente destinato ad un'utenza più ampia (parliamo sempre di metal vero e proprio, beninteso, quindi sempre in senso relativamente lato), ma contenente soluzioni che avrebbero influito sulla scena futura e sulla carriera dei Sepultura stessi. Al tirar delle somme c'è forse da fare una considerazione finale che accomuna ambedue i dischi: sono sicuro che gli specialisti sapranno fare esempi relativi ad ambedue le realizzazioni che dimostrano come né l'uno, né l'altro possano fregiarsi del titolo di essere stato il primo in assoluto ad introdurre nella propria musica quegli elementi che abbiamo fin qui segnalato, ma questi due hanno delle altre caratteristiche vincenti. Seppur in maniera sostanzialmente postuma ed a dispetto dello split verificatosi di lì a poco, Time Does Not Heal, dopo un inizio molto difficile, ha cominciato negli anni a scalare con costanza la classifica degli apprezzamenti degli appassionati e della critica, divenendo da tempo il disco citato più spesso a titolo di esempio quando si parla di tecnica nel thrash e/o nell'uso della batteria e della chitarra, dimostrando quanto fosse in anticipo sui tempi. Nel caso di Arise, invece, abbiamo un esempio inverso, con un prodotto che dimostra come si potesse fare della musica davvero pesante ed ispirata in un momento in cui il metal non viveva certo il suo periodo di massimo splendore -la massa cominciava già ad orientarsi verso il grunge in maniera massiccia- ed ottenere ugualmente un responso di vendite importante. Il tutto riuscendo nel contempo ad innovare se stessi ed un settore intero. In ambedue i casi, due snodi basilari per capire la decade che hanno inaugurato.
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due gran dischi....comunque preferisco quello dei sepultura... |
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Si ho letto e commentato il bell'articolo su Reign in blood e Seven churches..due classici senza tempo! |
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Si ho letto e commentato il bell'articolo su Reign in blood e Seven churches..due classici senza tempo! |
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Di qualcosa che hai citato si parlerà a brevissimo  |
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Anch'io penso che Arise sia l'ultimo "vero' album dei Sepultura ma non il loro apice. Per me il capolavoro dei brasiliani è Schizophrenia, e riguardo Time does not heal è un capolavoro che dopo molti ascolti riesci ad apprezzare in pieno. Il top dei Dark Angel rimane Darkness descends, un'opera che in quanto a violenza sonora, può tener testa a Reign in Blood. |
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Io preferisco il secondo, ma si tratta di due grandi dischi. |
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2 dei miei dischi preferiti!!!consumati all'epoca...TDNH..un pò più "tosto" da digerire...lungo complesso..marziale per certi versi...ma assolutamente devastante...Arise l'ultimo album dei Sepultura..quelli veri....che poi si sono trasformati nei SanPaolo city Rambler.... |
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@Vitadathrasher: grazie, ora ho meglio in mente il tuo punto di vista. Grazie! |
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Dal punto di vista batteristico sono d'accordo con vitadathrasher, anche perché per me vale lo stesso dal punto di vista del gusto. Riguardo l'articolo posso esprimermi poco, non avendo mai ascoltato i Dark Angel. Aggiungo però che ultimamente sto ascoltando molto metal tecnico e posso intuire lievemente la loro proposta, quindi confermo che la batteria suonata in modo sincopato etc. non la preferisco per il Thrash inteso in senso più tradizionale. Quindi, anche peccando di essere un po' prevenuto, propendo decisamente per Arise e Cavalera: l'album è micidiale in tutto il suo devastante incedere; e Cavalera è una f*****a macchina da guerra. |
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Nel commento 3, ho descritto il perchè, dal momento che nei dark angel credo fosse il compositore dei pezzi. Non ho dubbi che nei testament faccia bene.....cose non scritte da lui. Non discuto la tecnica eccelsa che lo contraddistingue è il modo in cui interpreta la ritmica per il mio genere prefereito che non mi piace. Mentre ciò che ha fatto in sinergia con l'estro creativo di chuck è ottimo. Ma per il thrash che intendo io, il top sarà sempre un lombardo o come in questo caso cavalera: fluidità! |
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Aggiungo che forse Vitadathrasher lo vede più in veste death che thrash ma mi piacerebbe capire perchè non è adatto. Non essendo un 'tecnico' o musicista non percepisco la motivazione e mi interesserebbe capire. |
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Dopo aver visto Hoglan live con i Testament non posso leggere certe cose Arise bello ma per i miei gusti Time è leggermente superiore, anche se parliamo di due capolavori assoluti |
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Non direi proprio che sia un batterista adatto a fare jazz, a meno che non si veda gli Atheist come un gruppo jazz. Mah, ci sono musicisti con uno stile diverso in ogni genere, Hoglan è diverso da Cavalera, da Lombardo o da Benante, così come questi sono diversi l'uno dall'altro, resta il fatto che per me è IL BATTERISTA THRASH. |
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...Hoglan non adatto al thrash? Se ne impara una nuova ogni giorno. TI STRA QUOTO! for president: satanasso! |
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De niro infatti lo vedo bene in c'era una volta in america, non in cacao al latte di palle. |
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Culturalmente, secondo me non è adatto, poi tecnicamente e fisicamente può fare tante altre cose, dal jazz, al death, grind, allo scaricatore di porto.... |
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....Hoglan non adatto al thrash? Se ne impara una nuova ogni giorno.. come dire che De Niro non e' adatto a recitare... |
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Mah Gene Hoglan non era un wrestler? 😊. Arise, stupendo, potentissimo eppure melodico, produzione eccellente. Un capolavoro, insieme a beneath the remains. Che ricordi.... |
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Beh, se Gene Hoglan non è adatto a fare thrash, che cosa sarebbe adatto a fare? |
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Time.......è un lavoro tecnicamente fine a s stesso e non mi dice propio niente. Tanta ritmica a metronomo, per un batterista che non è neppure adatto a fare thrash. Non lo ascolto da tempo , ma ricordo benissimo quei tempi sincopati che fanno perdere fluidità ai pezzi, che oltretutto a livello creativo valgono poco, un continuo impantanarsi in riff macchinosi. Se dovessi consigliare un prog/thrash andate prima su Artillery e poi su Mordred. Tra i due album in questione, anche se non ci sono analogie, Arise è certamente più massiccio e concreto, anche sotto l'aspetto ritmico. |
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Complimenti, articolo molto interessante!!! Nel valutare time does not heal però tirerei in ballo anche la produzione di terry date che nello stesso periodo riuscì a trasformare una band, i Pantera e a farli diventare quelli che tutti conoscono. Come accennato nell'articolo, time does not heal è un album fondamentale per l'evoluzione del thrash...nel periodo della morte dello stesso genere. A livello di batteria qui c'è stata la completa maturazione di Gene Hoglan, credo che molti batteristi fenomenali di band estreme odierne abbiano ascoltato parecchio questo disco. Resto però sempre dell'idea che se Leave Scars avesse avuto una produzione come quella di tdnh e non quell'accozzaglia indecente di suoni, potrebbe essergli anche superiore. |
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