Quarta puntata di Sine Qua Non, la rubrica dedicata alla riscoperta non tanto dei dischi trattati, dei quali abbiamo già le normali recensioni inserite nel nostro data base, ma piuttosto dei motivi che li hanno resi così importanti per la storia del metal. Perché il tempo passa, i gusti cambiano ed altrettanto le mode che influenzano il modo di intendere la musica, edulcorando così l'impatto sul pubblico contemporaneo dei dischi più vecchi. Tutto questo però, non deve indurre alla loro sottovalutazione per questioni di suono o di non perfetta conoscenza degli snodi musicali che hanno condotto ai nostri giorni. Il far sì che ciò non accada è proprio la "mission" di questa serie di articoli, ed al fine di continuare sulla nostra strada, anche stavolta vi (ri)proponiamo due autentiche pietre miliari talvolta colpevolmente sottovalutate.
RAVEN: ROCK UNTIL YOU DROP Come sempre, le parole fondamentali per giungere ad una valutazione corretta di una certa opera, ma soprattutto per comprendere come e quanto la stessa si vada ad incastrare nel flusso storico di un certo periodo mutandone per sempre lo scorrere, sono sempre le stesse: contestualizzazione e storicizzazione. E' solo contestualizzando un disco (ma il discorso è in linea di principio valido per un libro, un quadro, un film od una qualsiasi altra forma d'arte, se effettivamente importante) e storicizzandolo dopo il trascorrere di un periodo congruo dalla sua apparsa sulla scena, che si può comprenderne l'importanza al di là di quanto fatto "in diretta", dato che è impossibile valutare il tutto senza il giusto distacco, condizione che solo il tempo può offrire. Nel caso di Rock Until You Drop, il suo irrompere letteralmente sul mercato in un anno come il 1981, denso di fermenti nuovi, germi innovativi e pulsioni irrefrenabili condensati nella sigla N.W.O.B.H.M., fu assolutamente fondamentale per posare il primo mattone di un genere che di lì a poco sarebbe stato codificato e strutturato da altri, per poi muovere alla conquista del mondo: il thrash. Questo al di là delle loro intenzioni, delle loro velleità e di quanto effettivamente il thrash stesso se ne sia reso conto ed abbia o non abbia tenuto in considerazione i Raven. Perché se andiamo ad analizzare il contenuto di questo disco, ci accorgiamo che questi microsolchi trasudano letteralmente di quella furia primigenia, muscolare, alcolica, ingenua, infantile, di quegli improvvisi stop'n'go e di quelle aperture melodiche, unite ad un cantato sporco, folle, luciferino che una volta incanalato, governato e sviluppato avrebbe portato al thrash vero e proprio. Certo, scordatevi le chitarre taglienti dei primi Metallica, ma la descrizione delle qualità di Rock Until You Drop non è forse sovrapponibile a quella del loro esordio? "Athletic Rock"; sudore, dedizione, velocità, odore di birra rovesciata sul pavimento, pazzia, sfrontatezza, voglia di spaccare tutto, sentirsi vivi per tutto questo ed aver voglia di rifarlo mentre il mal di testa della sbornia non è ancora passato del tutto, questo è Rock Until You Drop. Lo è adesso e lo era mille volte di più nel 1981, quando nessuno lo aveva mai fatto così prima di loro. Ed anche se magari è solo perchè dopo trentadue anni possiamo voltarci indietro e valutare tutto questo col giusto distacco, mentre probabilmente la stragrandissima maggioranza dei gruppi thrash si rifaceva ad altri modelli, spessissimo più vecchi, questo non gli sottrae nulla in termini di importanza per la storia del rock.
VENOM: BLACK METAL Nel caso di Black Metal invece, è necessario risalire ancora più indietro rispetto all'anno di uscita, almeno al periodo 77/78. In quel biennio il mondo del rock aveva subito una delle trasformazioni più radicali della storia della musica, con l'azzeramento quasi totale dei voli pindarici e delle raffinate architetture del progressive che sembrava esalare i suoi ultimi respiri (salvo cadere invece in una catalessi dalla quale si sarebbe poi risvegliato), ucciso dallo sfregio permanente del punk da un lato e da una voglia di disimpegno assoluto dopo le spasmodiche tensioni degli anni precedenti dall'altro. Da quel tentato omicidio musicale, anch'egli apparentemente destinato a morire in culla, sarebbero nate due conseguenze: lo spianare il terreno per la trionfale cavalcata dei figli degeneri dell'hard rock, rivitalizzatisi nel gioioso imporsi della N.W.O.B.H.M. e il lasciare ai margini del campo di battaglia degli orfani dei suoni più brutali dell'hardcore/punk, legati a Discharge, GBH e compagnia. Black Metal si pose immediatamente come disco in grado di riempire quello spazio, creando un trait d'union tra due mondi affini, ma separati dagli eventi, che si guardavano stupidamente un po' in cagnesco, con i fans del metal dei primi anni '80 che osservavano un po' schifati quei rozzi musicanti hardcore privi di tecnica e capacità (e voglia) di armonizzare le chitarre da un lato, e questi ultimi che invece trovavano troppo melodici, sdolcinati, tamarri e soprattutto superficialmente privi di una certa attitudine "raw" (anche politica) i primi, per non parlare delle profonde divergenze estetiche, anche loro importanti all'epoca. Il punto d'incontro tra queste due galassie musicali apparentemente destinate al conflitto perenne furono i Venom, il disco del compattamento Black Metal. Da lì in poi nulla poteva essere più uguale, l'estremo nel metal aveva ora un ariete, una testa di ponte, preparandosi così ad attraversare i neri cancelli di Mordor della musica per dare il via ad una invasione che avrebbe prodotto innumerevoli feudi di creativa brutalità. Da questo punto zero sarebbero poi fiorite numerose specie di sudici fiori musicali che ancora oggi producono frutti che siamo abituati a considerare consueti, ma che senza quell'oscuro genitore, non sarebbero mai nati o lo avrebbero fatto dopo, inevitabilmente diversi.
UN FIUME DI MUSICA A distanza di pochi mesi l'uno dall'altro e -non dimentichiamolo- a distanza di pochi metri l'uno dall'altro, visto che la provenienza geografica delle due band è la stessa, Raven e Venom produssero due dischi diversissimi, ma altrettanto importanti. Opere furenti, magmatiche, ribollenti di una gioiosa rabbia schizoide il primo, di oltraggioso e maligna blasfemia il secondo, che rimescolarono le carte in un modo che solo in seguito sarebbe stato compiutamente valutato. Oggi siamo abituati alla normalità dell'estremo (una contraddizione in termini, se volete), ma niente succede per caso e nulla si crea dal nulla. Basta osservare, risalire, rintracciare, interpretare, per accorgersi che tutto fluisce come un fiume che talvolta scorre placidamente, talaltra imbocca un tratto di pericolosissime rapide spumeggianti che una volta superate, presentano un corso d'acqua apparentemente nuovo, ma che sgorga sempre dalla stessa sorgente.
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