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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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15/10/2018
( 3072 letture )
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Ben poche sono le domande che ci si fanno all’uscita dell’ennesimo nuovo album con stampato sopra il moniker U.D.O.. È inutile dilungarsi eccessivamente sulle presentazioni per una delle figure più significative di tutto l’heavy metal made in Germany, quell’Udo Dirkschneider che prima ha scritto importantissime pagine del metal classico con gli Accept e che poi ha imboccato una lunga carriera con la sua band, gli U.D.O., che in questi mesi giungono alla sedicesima fatica in studio, Steelfactory. Pochi dubbi e tante certezze con il nostro colonnello Udo: una voce che si ama o si odia, senza sfumature di sorta, sempre lì a graffiare i timpani dell’ascoltatore, che canta sempre su un heavy metal classicissimo, prevedibile, tradizionalista e senza compromessi.
Pezzi tirati e aggressivi, altri momenti che varano più sui tempi medi con accezioni talora ruffiane, talora epicheggianti e altre volte più malinconiche, qualche inserto chitarristico dal gusto quasi arabeggiante sono in sintesi quello che si trova all’interno di Steelfactory, in quasi un’ora piena di ascolto suddiviso in ben tredici tracce. Come spesso accade, heavy metal tradizionalista e minutaggio elevato sono due elementi che non vanno a braccetto molto bene: la proposta musicale può essere sì esaltante, ma le idee sono sempre quelle, trite, ritrite e “ritritissime”, e il nuovo lavoro degli U.D.O. non fa in questo senso eccezione. Questo ovviamente non significa che Steelfactory sia un brutto album; contiene diversi momenti notevoli, ma in più di qualche caso si sente quello sgradevole odore stantio di filler, con la consapevolezza che l’album sarebbe potuto durare benissimo un quarto d’ora in meno e giovarne. Tuttavia il Colonnello è ancora in grado di scrivere ottime canzoni, e a conti fatti nel nuovo lavoro ce ne sono diverse. Tongue Reaper apre le danze, arrembante e spietata, segue Make the Move, mid-tempo rockeggiante con un chorus ruffiano che rimane subito impresso e che se fosse uscito negli eighties sarebbe potuto diventare iconico. È sempre un tempo medio, ma l’arcigna Keeper of My Soul cambia ancora il mood dell’album, così come anche la successiva e crepuscolare In the Heat of the Night, e c’è da dire che tutte queste prime quattro tracce tengono abbastanza elevata la qualità del lavoro. Nelle parti centrali, però, la scaletta sembra indebolirsi, con canzoni sicuramente dignitose, ma non sempre particolarmente brillanti, come Raise the Game, Rising High o la prevedibilissima semiballad One Heart One Soul. Ci sono ancora momenti in grado di garantire una maggior qualità, come gli arpeggi sinistri di Blood on Fire o la divertente (per quanto un po’ scontata) Hungry and Angry. Anche Bite of Evil scivola via abbastanza bene e con Eraser si ritorna finalmente a pestare su ritmi più sostenuti; sicuramente, poi, la chiusura di Steelfactory è ottima con la bella, malinconica e romantica semiballad Rose in the Desert e con l’unica vera ballata dell’album The Way, che vede il nostro Colonnello preferito in una veste particolarmente riflessiva.
In definitiva stiamo quindi parlando di un buon album, classicissimo, prevedibile e con qualche minuto di troppo, ma sicuramente dignitoso e riuscito nel suo intento. Udo naturalmente non cerca e non vuole cercare nessun tipo di innovazione, ma sicuramente nessuno si aspetta questo da lui dopo una carriera quarantennale scandita unicamente da metallo duro e puro. Anche i titoli delle canzoni e dell’album fanno direttamente riferimento a questo: magari a metà anni Ottanta poteva avere senso intitolare un album Metal Heart, ma ad oggi questi suonano più come titoli anacronistici, pacchiani e sparati (e questo non vale di certo solo per gli U.D.O.); il gioco di rimanere incorruttibilmente attaccati a certi modelli passa anche da determinati sostantivi. Nonostante qualche filler, Steelfactory si pone comunque su un livello superiore rispetto alle uscite medie del settore, grazie alle ottime qualità a livello di composizione e performance dei membri della band, al di là di quelle dello stesso Udo. Se cercate buon heavy metal classico targato 2018 quindi potete tranquillamente guardare a questo disco, con tutte le considerazioni di sorta. Udo (ma sai che novità?) è inossidabile.
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17
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La copertina mai piu fu azzeccata: metallo fuso nello stato piu\' puro che si possa trovare. DISCONE! |
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16
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insieme a dominator e man and machine (altri album hanno canzoni migliori,ma maggiori filler) è il più compatto e anche uno dei migliori |
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15
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Lo ascolto volentieri, UDO una garanzia.Voto 80 |
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14
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ottimo album di udo. come tutti gli altri |
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13
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Album bello solido. Make the Move che "se uscito negli anni '80 sarebbe diventato iconico" in realtà è uscito negli anni '80. Si trova nell'album Metal Heart degli Accept con il titolo Living for Tonite |
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12
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certamente il migliore dai tempi di Holy (che a sua volta era il disco migliore dai tempi di Timebomb) |
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11
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Bel disco nulla da dire.pieno di mid tempo come piacciono a me. |
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10
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Album piacevole... esiste ancora chi riesce a suonare Heavy Metal ad alto livello! |
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9
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Non invia il voto, comunque grandissimo disco, degno di UDO e degli Accept, molto meglio di Rise Of Chaos e delle robe con l'orchestra. Voto 80, inossidabile. |
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8
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Le camicie mimetiche tedesche con la bandierina o i parka verdi della bundeswehr sempre con la bandierina sulla manica sono molto diffuse negli ambienti antagonisti e di estrema sinistra. Poi che udo sia un appassionato di ambienti militari e' palese vedi il Concerto con l'orchestra della marina tedesca, ma.mi sembra soprattutto appassionato di ambienti russi. E' di seconda casa in ucraina e dalle parti di.Putin...difficile vederlo bazzicare sul sunset boulevard. Comunque ricordo le divise anni 80...ho ancora un vecchio adesivo di hm, i più anziani ricorreranno che erano allegati ad.ogni.numero, beh.quella con gli accept ha uno dei.membri con la toppa della falce martello...insomma capisco la differenza e il rancore transalpino ma con gli accept hanno sbagliato bersaglio |
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7
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Vabbè ci ho provato due volte ma non me lo invia.
Comunque: in un'intervista Udo spiega come negli anni 80' gli Accept avessero provato a mettersi uniformi militari come divisa sul palco, ma in alcuni paesi tipo la Francia tra l'abbigliamento e la persona Udo, tipico tedesco, alcuni pensarono che fossero nazisti. Lessi questo appellativo anni addietro non so più dove e mi è rimasto impresso: ovviamente lo dico scherzando. |
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6
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spero che il commento numero 1 di metal shock sia uno scherzo perchè qualcuno potrebbe crederci...nazista udo? L'ultimo video clip one heart one soul (pezzo splendido) è la testimonianza palese che questo piccolo grande uomo è tutto il contrario |
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5
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Basta arrivare a Living for Tonight vol. 2 (Make the Move, intendo ) e capisci subito che il tempo non è (ancora) passato, per il piccoletto di Wuppertal. Album eccellente e dice benissimo Sandro70, la sei corde di Smirnov una grandissima sorpresa! |
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4
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Disco solido e ben fatto, com'è usanza di UDO.
Direi una garanzia per gli appassionati, dice bene chi cita ARP, sempre le solite cose, ma sempre fatte bene. E infatti mi sono comprato e goduto anche l'ennesimo ARP. |
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3
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Udo è come gente tipo Axel Rudi Pell, non cambia pelle e grazie a Dio! Per un amante dell'heavy classico come me, dischi come questo mi fanno solo che felice. Devo però dire che effettivamente il disco è leggermente troppo lungo e forse troppo incentrato sui mid tempo, magari con 2 o 3 canzoni in meno sarebbe stato più godibile. Un peccato non aver sfruttato alla grande un batterista come Sven, figlio di Udo, che nei live ha dimostrato di avere grande tecnica e potenza. Però dai, produzione ottima, pezzi che ti rimangono impressi in mente, e una performance vocale di Udo veramente ottima (come diavolo fa, tra l'altro? Ha più di 65 anni!) Paragonandolo alle ultime uscite, direi che è nettamente migliore di Steelhammer, ma non supera l'ottimo Decadent. Voto 74. |
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2
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Trovo questo disco eccellente e il migliore dai tempi di Timebomb. Sinceramente le canzoni mi sembrano tutte di ottimo livello , bonus track della versione digipack comprese. Tongue Reaper ,Make the Move ,In the Heat of the Night, Rising High,One Heart One Soul,A Bite of Evil, Eraser avrebbero potuto stare benissimo sui migliori dischi degli Accept. Da sottolineare oltre che un Udo in grande spolvero , la prestazione del chitarrista Andrey Smirnov. Per me , uno dei dischi dell'anno. |
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1
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Di certo il miglior disco del nano nazista da tanti anni. Due soli problemi: uno, è troppo lungo; Due, troppo derivativo dai suoi stessi lavori precedenti. Ma tutto sommato un bel 70 glielo do volentieri. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tongue Reaper 2. Make the Move 3. Keeper of My Soul 4. In the Heat of the Night 5. Raise the Game 6. Blood on Fire 7. Rising High 8. Hungry and Angry 9. One Heart One Soul 10. A Bite of Evil 11. Eraser 12. Rose in the Desert 13. The Way
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Line Up
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Udo Dirkschneider (Voce) Andrey Smirnov (Chitarra) Fitty Wienhold (Basso) Sven Dirkschneider (Batteria)
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