|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
09/07/2022
( 1398 letture )
|
A quattro anni di distanza dal capolavoro Psalm 69 i Ministry si ripresentano al pubblico con un lavoro decisamente diverso da quello che li consacrò tra le band di punta dell’industrial metal. Rispetto a quanto proposto in precedenza anche negli altri dischi infatti Filth Pig risulta diverso: tralasciando i primi due album estranei alle sonorità metal, la formula dei Ministry consisteva in brani sperimentali fatti di continui campionamenti e uno smoderato uso di sintetizzatori alternati a pezzi più corposi in cui la chitarra trovava più spazio e ad alcuni molto veloci (minimo accenno della vena thrash che esploderà con Houses of the Molé dopo l’abbandono di Paul Barker e il rientro di Mike Scaccia) come per esempio The Missing e Deity da The Land of Rape and Honey, Thieves dal successivo The Mind Is A Terrible Thing to Taste e TV II dal già citato Psalm 69. All’interno di FIlth Pig si sente subito l’assenza di velocità, un suono più pesante, lento e sporco, merito anche dell’ottima prova al basso di Paul Barker che è compositore di quasi tutte le canzoni assieme al leader Al Jourgensen. Dopo la traccia iniziale Reload, una delle canzoni più aggressive del lotto, inizia subito a sentirsi la lentezza e la pesantezza (tutto in senso positivo) di cui si è parlato, con il basso di Paul Barker che rende l’idea di appunto di “sporco/lercio” della title track. Un pezzo che come altri del disco sembra sfuggire alla semplice denominazione di industrial, con ritmiche lente e claustrofobiche, che sembra essere più vicino ad un cupo sludge metal piuttosto che allo stile energico e adrenalinico del precedente disco; Scare Crow può essere un esempio embrionale di ciò che Al e soci propongono con la title track di Filth Pig. Altri esempi come Lava e Game Show mostrano come l’intenzione sia quella di tenere un minutaggio alto e uno stile soffocante, seppur i toni siano meno cupi. Le canzoni hanno comunque tutte i soliti elementi Industrial, seppur miscelati con ingegno agli strumenti e alle strutture delle canzoni. Trova spazio anche una cover, Lay Lady Lay di Bob Dylan, che è una reinterpretazione perfettamente riuscita, sospesa tra la melodia e la pesantezza. Sicuramente una delle perle del disco, che completa il lavoro sorprendendo l’ascoltatore. A concludere il disco ci pensa Brick Windows, sorretta da un ossessivo tempo di batteria e da un basso in bella mostra che viene seguito a ruota dalla chitarra, mostrando nuovamente come la struttura delle canzoni sia più solida e stabile rispetto a quelle del passato e come l’utilizzo degli strumenti sia più bilanciato e meno sperimentale e non come in precedenti episodi di follia basati principalmente sul programming di Jourgensen, per esempio in Filth Pig non si troveranno canzoni come: Golden Dawn, Abortive, Faith Collapsing o Corrosion e Grace.
Tirando le somme i Ministry cambiano formula, si appesantiscono, rallentano, si sporcano, si rendono più solidi nelle composizioni ma restano pur sempre i Ministry. Sempre pazzi questo è sicuro (basta ascoltare Lava per rendersene conto) ma in modo diverso potremo dire. Filth Pig è una possibile evoluzione di Psalm 69, che già iniziava a dare al riffing una maggior importanza nelle canzoni e una struttura più concreta alla proposta ma al posto di pestare ancora di più sull’acceleratore la scelta è quella di rallentare le canzoni per dare ancora più corpo al contenuto. Un industrial che in realtà nasconde molto sludge, la prova che Al Jourgensen è in grado di cambiare pelle restando sempre se stesso, e in futuro lo dimostrerà di nuovo perché dopo aver approfondito quanto appena iniziato con il successivo The Dark Side of the Spoon in cui le ritmiche si fanno ancora più cupe e sporche e Animositisomina, il lato estremo accennato in Psalm 69 diverrà parte integrante del sound della band, che da Houses of the Molé in poi comporrà canzoni basate su un riffing chiaramente thrash metal dimostrando come lo zio Al fosse sempre in grado di far evolvere la sua creatura. In definitiva siamo di fronte ad uno dei migliori dischi dei Ministry, nota di merito in particolare per l’armonica suonata da Jourgensen nella title track che si amalgama perfettamente con tutto il fango di questo “sporco maiale”.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
6
|
...decisamente heavy.....affascinante..... |
|
|
|
|
|
|
5
|
il loro disco più bello e personale a mio parere. Lo preferisco anche allo splendido psalm
90 |
|
|
|
|
|
|
4
|
Disco che mi spiazzo' e non poco all'epoca. Dopo Plasm 69 l'attesa era grande, ci si aspettava un.disco industrial come pochi, invece Al (pieno di droghe probabilmente) se ne viene fuori con un disco molto più groove, pesante, ossessivo. Un disco che.subito non riuscì a farmi piacere, ma ascoltò dopo ascolto di può apprezzare la bellezza che contiene. Certo, ben lontano dal precedente, e da quello che faranno in seguito, ma un tassello importante nella loro discografia. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Il mio preferito della band. Forse anche il più eclettico. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Game Show la mia preferita del album, non un disco impriscindibile ma come sempre malatissimo e disturbante |
|
|
|
|
|
|
1
|
Album allucinato oseghei dighe. Un lavoro di transizione per me. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Reload 2. Filth Pig 3. Lava 4. Crumbs 5. Useless 6. Dead Guy 7. Game Show 8. The Fail 9. Lay Lady Lay 10. Brick Windows
|
|
Line Up
|
Al Jourgensen (Voce, Tastiera, Mandolino, Armonica, Pedal steel, Piano) Paul Barker (Bass, Voce su traccia 5, Programming)
Musicisti Ospiti Louis Svitek (Chitarra) Mike Scaccia (Chitarra) Rey Washam (Batteria) William Rieflin (Batteria) Esther Nevarez (Cori) Stella Katsoudas (Cori)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|