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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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( 5170 letture )
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Eh già, alla fine Jourgensen si è deciso. Dopo l’uscita di una miriade di album remix che coprono quasi la metà della discografia della band, il ritorno ufficiale dei Ministry sulla scena musicale non è propriamente una sorpresa. E poi a dirla tutta, anche se il monicker avesse vissuto nel silenzio più totale, quando si tratta di una one man band è quasi sempre solo una questione di tempo. Ebbene eccolo qui il corpo del reato, basta dare una fugace occhiata alla volutamente oscena copertina di Relapse per farsi un’idea preoccupantemente azzeccata di ciò che il disco ha da offrirci: l’eccesso più totale. C’è poco da dire, il nuovo nato dello zio Al è un classico disco alla Ministry, quelli da Psalm 69 in avanti per intenderci. In ciò troviamo quello che per alcuni potrebbe essere il grosso limite di quest’album, non aspettatevi innovazioni o cambiamenti nel sound della band, Relapse non porta avanti neanche di un millimetro quanto detto fino ad oggi. Certo dopo quasi trent’anni di una carriera ricca di successi, capolavori e scivoloni, sarebbe arduo aspettarsi di più, ma allora cos’è che ha spinto Jourgensen a riprendere la strada che aveva abbandonato nel 2008? La vera novità sembrano essere le liriche; il sistema politico statunitense non permette di votare lo stesso presidente per più di due volte, insieme a Bush quindi, che ha occupato i concept di ben tre dischi, se ne va una delle fonti di ispirazioni più prolifiche dello zio Al. Che cosa inventarsi allora? Nient’altro che il qualunquismo che affligge la maggior parte delle band che amano politicizzare la loro musica. Insomma, non ci sono dubbi sul fatto che le invettive contro le case discografiche, le multinazionali e le banche siano cosa ben più che lecita, ma sinceramente il “messaggio” di Jourgensen non mi ha colpito più di tanto, non più dei dibattiti politici perpetuati nei salotti televisivi o nei bar vicino alle stazioni metropolitane.
Se sul discorso dell’innovazione possiamo soprassedere al fronte del glorioso passato, e se le liriche, almeno in questo caso, possiamo anche metterle in secondo piano, ciò che ci resta è il puro songwriting. Come già detto, Relapse è un disco violento, di quella violenza un po’ ignorantona e ironica che scaccia via i pensieri dalla mente e fa muovere i fondoschiena sulle sedie. La vena industriale è ridotta all’osso, l’elettronica fa da mero contorno al muro sonoro innalzato dalle chitarre thrash, che assieme alla sezione ritmica pestano e martellano pesantemente per tutta la durata del disco. Le canzoni non mancano certo di grinta, ma in molti momenti si percepisce una certa artificiosità che non permette a nessun pezzo di decollare completamente. Se l’incostanza di Ghouldiggers è parzialmente giustificata dalla poco felice scelta di aggiungere una conversazione telefonica con il manager di Jourgensen, che altro non fa che spezzare il ritmo, il songwriting zoppicante di pezzi come Freefall o Weekend Warrior non può che essere spiegato dall’inerzia compositiva che relega molti passaggi di Relapse al mero esercizio di stile. Decisamente meglio per quanto riguarda i singoli estratti, raramente capita che le scelte finalizzate alla promozione ricadano sui pezzi più riusciti, ma sia Double Tap che 99 Percenters, pur non essendo dei masterpiece, si rivelano particolarmente godibili e convincono pienamente. Per il resto, la struttura delle canzoni è assolutamente simile, una cascata di cavalcate metal sporcate di industrial, condite dal tipico stile dei Ministry e dalla voce sporca di Jourgensen. Le uniche eccezioni le troviamo in Kleptocracy, pezzo in cui il riff portante si evolve in un refrain melodico piuttosto forzato che risulta decisamente estraniante, e nella conclusiva Bloodlust, unico accenno al passato più elettronico di album come The Mind Is a Terrible Thing to Taste.
Relapse non è assolutamente un disco da buttare, ma il suo ascolto lascia piuttosto tiepidi. La mancanza di freschezza non viene sopperita da un songwriting all’altezza, le idee sono davvero poche e la qualità generale altalenante. I fan irriducibili potranno comunque apprezzare l’inconfondibile stile della band, che riesce ancora a sparare qualche cartuccia, tuttavia non posso nascondere una certa amarezza nel constatare che per fare un disco come questo si poteva tranquillamente evitare di disturbare un monicker storico come quello dei Ministry.
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17
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La recensione del nuovo ? |
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16
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A me non è piaciuto per niente. |
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15
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Guarda, io sarò di parte, ma a me piacciono un pò tutti. Adoro Rio grande blood per i riff alla slayer, adoro filthy pig perchè è un disco sludge travestito da insustrial, adoro dark side of the spoon perchè è marcio quanto un tossico in overdose catapultato in mezzo a dei bidoni della spazzatura rovesciati per strada. Forse il suo disco meno bello è proprio l'ultimo, ma ha ancora un sacco di classe. Per ora comunque non c'è un gruppo in grado di sostituirli. |
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14
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beh diciamo che generalmente il loro capolavoro è considerato quello, poi ognuno ha le sue preferenze... però anche due album come "houses of the molé" e "the last sucker" non sono da sottovalutare... contengono due bombe come "no W" e "let's go"... |
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13
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Dal mio punto di vista psalm 69 non è affatto il loro picco, gli preferisco lavori come filthy pig e the land of rape and honey. Dopo quasi 30 anni di carriera è difficile essere sempre al top. Di fatti non darei mai un 100 a questo album ,ma le ultime righe di questa recensione sono parecchio opinabili e un pò troppo severe. Io ho apprezzato molto il disco e non le condivido. Le idee ci sono eccome, la sola song Relapse vale il disco. E la cattiveria e la potenza non mancano di certo. |
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12
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@tartu: sì ma poi si sono riformati, come spesso succede anche ad altre band... comunque il Salmo 69 ( ) rimarrà per sempre il loro picco e uno dei picchi del metal in generale. |
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11
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Sono perplesso ed il finale della recensione dice davvero tutto. |
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10
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ma non si erano sciolti? |
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9
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Gran disoc, gran canzoni, grandi suoni, grandi riff grande cover. Inossidabili Ministry. Uno dei migliori dsichi del 2012 Voto: 75/100 |
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8
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Che tristezza d'album.Zeppo di songs banali |
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7
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Album sufficiente, niente di più. Certo, dopo il trittico precedente (Houses of the Molé, Rio Grande Blood e The Last Sucker) era lecito aspettarsi un lavoro migliore. |
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6
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Buon album che gioca tutto il suo potenziale nella velocità. voto 70 |
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5
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aah dimenticavo, cover orrrrenda !!! |
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3
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È un peccato si! Li ho sempre considerati come un gran gruppo, questo è un mezzo passo falso, ma dopo gli ultimi tre album (molto belli) credo ci possa stare.. |
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2
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@waste of air: Grazie mille, anche se ovviamente è un peccato che il disco non sia questa gran cosa. |
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1
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Lo attendevo con ansia e si è rivelato una mezza delusione.. Ottimo lavoro Ciro: hai centrato il punto, ahimè! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Ghouldiggers 02. Double Tap 03. FreeFall 04. Kleptocracy 05. United Forces 06. 99% 07. Relapse 08. Weekend Warrior 09. Git Up Get Out 'N Vote 10. Bloodlust
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Line Up
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Al Jourgensen: vocals, guitars, programming & keyboards Mike Scaccia: guitars Tommy Victor: guitars Tony Campos: bass John Bechdel: keyboards Aaron Rossi: drums
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RECENSIONI |
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