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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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06/04/2023
( 2678 letture )
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Tornano in questo 2023 a farsi sentire, a distanza di cinque anni dal precedente The Shadow Theory, i Kamelot, storico gruppo power-sinfonico, nato nel lontano 1994 a Tampa. Lo fanno con The Awkening, “il risveglio”, un titolo che parla chiaro: è un risveglio da questo periodo di inattività (anche se a detta loro anche in periodo di pandemia sono riusciti a suonare, scrivere e registrare separatamente) ma è anche un obiettivo che il gruppo si pone nei confronti dell’ascoltatore, ossia quello di risvegliarlo, con canzoni fresche, complesse e che vogliono essere un piccolo viaggio introspettivo e trasmettere un messaggio positivo, di risvegliarlo nei confronti della musica stessa e della vita.
All’atto pratico ciò avviene, grazie a una band ben collaudata e con uno stile e un suono ormai caratteristico, in cui si avvertono distintamente l’orientamento musicale conferito alle origini da Thomas Youngblood e la personalità dell’ottimo Tommy Karevik, da dieci anni voce del gruppo. Da questo punto di vista si sa già cosa aspettarsi dal disco: la qualità è eccellente e per tutta la durata si nota una grandissima precisione e la cura di ogni dettaglio. Le canzoni sono insomma ben strutturate, arrangiate e orchestrate. Già dal brano strumentale di apertura (e da quello in chiusura) si intuisce che siamo in pieno territorio power-sinfonico, e i richiami stilistici tipici di tale genere rendono il tutto, sin da subito, in qualche modo familiare. Come vedremo nella recensione, canzone dopo canzone questa prima impressione verrà confermata. Il disco si apre nel migliore dei modi con il ritmo incalzante di The Great Divide, con un efficace ritornello corale, epico, qualcosa di già visto e rivisto ma piacevolmente messo lì, come biglietto da visita. Seguono altre tre canzoni in pieno stile Kamelot: Eventide, One More Flag in the Ground e Opus of the Night (Ghost Requiem). Scorrono compatte tra loro, efficaci e ben realizzate, tra cori, assoli, tastiere e tantissime soluzioni per rigirare un po’ le carte in tavola e riuscire a coinvolgere l’ascoltatore nonostante si tratti di una forma ben consolidata e già sentita. Ogni brano è un tripudio di archi e tastiere - come da copione per un gruppo metal sinfonico - che vanno a creare tappeti sono su cui lasciar agire Karevik, il quale riesce con sapienza a risultare toccante ed emozionante, come nel caso di Midsummer's Eve o Willow. C’è spazio ovviamente a brani più energici, come Bloodmoon (e il discorso vale anche per esempio per le successive canzoni NightSky e The Looking Glass), con i suoi ritornelli accattivanti e i suoi riff di chitarra che mostrano il lato più frizzante del gruppo: si tratta di uno dei brani più belli della tracklist. Altro pezzo da novanta è New Babylon, canzone sinfonica al 100% in stile Epica: neanche a farlo apposta nel brano troviamo alla voce Simone Simons e Melissa Bonny degli Ad Infinitum.
Dovendo fare delle considerazioni sul disco si può dire, senza girarci troppo intorno, che esso è molto godibile nonostante la sua lunghezza di poco superiore ai cinquanta minuti possa essere abbastanza scoraggiante. Non ci sono troppe cose nuove o fuori dagli schemi, è un disco che rispetta a pieno tutti gli stilemi del power-symphonic e la storia della band. Grazie a un numero consistente di canzoni, tutte di durata non eccessiva e ben spezzettate anche prese singolarmente tra parti più veloci e lente, distorte e pulite, riesce a non far calare l’attenzione e a resistere agli ascolti. Buonissima la prestazione della band, capace di suonare con tecnica e gusto, facendo sempre la cosa giusta, mettendoci tanto, spesso troppo mestiere. Ed è infatti quest’ultima aleggiante sensazione il lato meno positivo del disco. Sembra tutto perfetto e forse lo è, ma manca forse quel qualcosa in più al di fuori dagli schemi per renderlo un disco realmente “vivo”, che possa lasciare un solco più profondo. La valutazione quindi è positiva e il voto non può che essere simile, anzi leggermente superiore al precedente: come dicevamo prima, probabilmente The Awakening non lascerà un segno indelebile, ma le canzoni ci sono, filano bene e sotto il profilo formale non si può dir nulla. Un ascolto è obbligatorio per gli appassionati della band e del genere, che non resteranno delusi, soprattutto se le loro aspettative non saranno troppo elevate.
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20
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Da grandissimo fan della band da tempo immemore, e premettendo che apprezzo praticamente tutta la discografia dei nostri (con una predilezione particolare per il trittico della prima metà dei 2000 e per Haven), devo ammettere che inizialmente questo The Awakening mi aveva un poco spiazzato, soprattutto per una produzione per i miei gusti un pò troppo \"impastata\" in certi frangenti.
Dopo alcuni ascolti, e contrariamente alle mie sensazioni iniziali, devo dire che mi ha preso non poco, ed in particolare alcuni pezzi, su tutte l\'opener The Great Divide, mi fanno semplicemente impazzire!
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19
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Mi spiace ma per me ogni album dei Kamelot con Tommy Karevik viaggia poco sopra la soglia della mediocrità. E anche il livello dei Seventh Wonder si è abbassato parecchio (salvo in parte solo Tiara). Per me l\'errore originale è stato scegliere si un ottimo cantante ma troppo differente da Roy Khan, oltre al fatto che l\'ispirazione di Youngblood e compagni fosse già in picchiata. Se al tempo avessero scelto un cantante meno noto ma più idoneo a sostituire Roy avrebbero dovuto ingaggiare Vassilis Georgious, che forse avrebbe anche portato nuova linfa. Nondimeno i suoi album con i Black Fate e Sunburst (grazie anche a un certo chitarrista) sono nettamente migliori di qualsiasi cosa dei Kamelot pubblicata negli ultimi 15 anni. |
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Album ben fatto ma che non aggiunge nulla di nuovo, molto meglo di \"The Shadow Theory\" e leggermente superiore a \"Haven\".
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@Groucho la tua riflessione potrebbe pure filare liscio, però come soggetto hai citato il peggiore cantante/personaggio che potessi prendere come esempio, la storia del quasi nuovo cantante dei Kamelot fu una balla atomica |
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@El Malparido si intendevo dire Fear Factory, non seguo il genere per cui ho confuso i nomi delle band.
@Mike P. veramente ero serio, sono contento di averti fatto ridere ma mi piacerebbe anche sapere per quale motivo e cosa ci sia di sbagliato nella mia riflessione |
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15
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Splendido disco, riascoltato più volte, arrangiamenti sublimi, pezzi giusti e pochissimi punti deboli. Concordo sia forse il migliore con Karevik alla voce. Per me da 80. |
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@Groucho sia nel caso che tu fossi sarcastico o che tu fossi serio, il tuo è un grandissimo commento. Mi hai fatto sganasciare |
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ma quanta, ma quanta delusione. Zero assoluto nella voglia di innovare se stessi. |
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Finalmente un ritorno ad un livello degno del loro nome, visto che The Shadow Theory lo reputo un disco insipido, salvo qualche traccia. Per me il migliore con Karevik rimane Haven, veramente notevoleve, ma in questo The Awakening si vedono delle buono idee, una grande perizia tecnica e produttiva (sempre grazie al fido Paeth alla console) e delle belle melodie che rimangono in testa. Hanno perso un pò la complessità ci certi brani dell\'era Khan e certi picchi di originalità, però riescono comunque a rimanere ad un buon livello pur, ogni tanto, autoplagiandosi qua e la.
Qui troviamo i classici brani di power sinfonico che sono esattamente nel Kamelot sound (The Great Divide su tutti) ma anche delle belle canzoni con spunti interessanti, da Bloodmoon a Opus Of The Night, fino ad arrivare alle due ballad molto carine. Si vede che c\'è dietro un lavoro notevole di tutti e questa patina di suono perfetto e bombastico non mi è mai piaciuta, ma capisco il loro obiettivo e ritengo che hanno saputo unire pezzi con il loro sound più moderno (One More Flag In The Ground) a pezzi che richiamano epoche passate (come la già citata The Great Divide). Su tutti, plauso speciale a Karevik (che amo ovunque canti), in quanto credo che qui abbia fornito la sua miglior prova nei Kamelot, riuscendo a dare un tocco incredibile ai brani e mostrando una versatilità non comune. Nelle ballad, soprattutto, arriva dritto al punto con una classe enorme. |
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11
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@Groucho: dei Fear Factory volevi dire forse. Comunque sì, a spanne il discorso non fa una piega.. |
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10
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Haken e Riverside gruppi validissimi, ma visto che siamo in Italia e stiamo parlando dei Kamelot bisognerebbe recensire i lavori di Antonio Giorgio, ai tempi fu molto vicino a essere il sostituto di Kahn al posto di Karevik. I suoi album sono regolarmente in vendita e presenti nel catologo di Spotify eppure su questo sito non se ne trova traccia. Forse il peggior nemico della scena italiana sono gli italiani stessi, troppi hater e ascoltatori superficiali, qualcuno rideva del fatto che un musicista italiano potesse entrare in gruppi dal prestigio internazionale, poi Luppi è stato ingaggiato nei Whitesnake, Geoff Tate ha scelto musicisti italiani per registrare il suo album, e ultimo in ordine di tempo è stato scelto un cantante romano come nuova voce dei Machine Head. Meditate gente... |
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9
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Assolutamente d\'accordo con Micologo. Mi accodo! |
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8
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Mi accodo al Marchese. Da fan della prima ora non posso che rimanere deluso da songwriting, scelte stilistiche e sonore. Tutto già sentito, zero fantasia. Inoltre si prosegue sulla via dei bridges mancanti o poco incisivi e cori troppo invadenti, che sovrastano la voce invece di supportarla. Infine, Tommy ha sicuramente doti enormi dal punto di vista tecnico, raggiunge tonalità alte senza fatica apparente, eppure non mi emoziona. Nelle note basse poi, lo trovo davvero insignificante. Ad oggi il migliore con Karevik per me resta Silverthorn. Band tra le mie preferite di sempre, ma in costante e deprimente declino… |
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7
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Certamente ci sono professionalità, budget e naturalmente contratti discografici da rispettare. Ma mancano l\'originalità e le idee. Anche la copertina ha lo stesso palette di colori della precedente The Shadow Theory... Mi ripeto, perché quello che offrono questi Kamelot è a sua volta ripetitivo: faccio fatica ad arrivare alla fine. La voce e le capacità vocali di Karevik sono notevoli e si sente che ha classe. Ma il songwriting è scarso e lo sottolineano i \"paletti di supporto\" che in queste occasioni abbondano, come cori e orchestrazioni varie. Il tempo è quello che è e ci sono uscite più interessanti da ascoltare, quindi andrà in fretta nel dimenticatoio. Au revoir. |
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6
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Grazie Lizard, attendo con curiosità |
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5
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Più di metà della tracklist, escludendo i due brani strumentali, assolve alla stessa identica funzione: quella della cavalcata col ritornellone ultra-catchy da cantare in coro; ottima per i concerti, ma i Kamelot hanno già nella propria discografia pezzi come \"Forever\" e \"Veil of Elysium\". Ci sono troppi brani che sembrano prodotti in serie in fabbrica, pensando più al portafogli che al metterci cuore. Per carità, un brano semplice e che punta tutto sulla melodia immediata va benissimo, due pure, ma dal terzo in poi si cade nella ripetitività, a maggior ragione considerando che non vengono bilanciati da un brano complesso e lungo alla \"Memento Mori\" o alla \"Prodigal Son\" o da una suite alla \"Poetry for the Poisoned\". Da una band capace di grande pathos e teatralità mi aspetto molto di più di brevi canzoni pop mainstream con chitarre elettriche e doppio pedale, soprattutto perché certi stilemi sono abusatissimi e vecchi di venti/venticinque anni. Ed è un peccato, perché invece \"My Pantheon (Forevermore)\", \"New Babylon\", \"Opus of the Night (Ghost Requiem)\" e la ballad \"Midsummer\'s Eve\" sono dei brani davvero molto belli, a dimostrazione che i Kamelot hanno ancora qualcosa da dire (in particolare nelle prime due).
\"The Looking Glass\" e \"Willow\" tutto sommato non mi dispiacciono affatto, anche se la seconda ha un testo pigro. \"NightSky\" e \"Bloodmoon\" hanno spunti interessanti (soprattutto nei tocchi elettronici) che però secondo me andavano sviluppati e contestualizzati meglio, magari allungandoli e mettendo da parte la forma canzone; per come sono adesso, purtroppo le trovo troppo abbozzate. \"The Great Divide\" è invece un brano da band power nella media che si limita a seguire pedissequamente gli stilemi del genere, ma ad alto budget; lo accetto solo perché un brano così, soprattutto con quella melodia così tanto catchy, nell\'insieme ci può stare.
Invece \"Eventide\" (a mani basse, il brano peggiore del lotto) e \"One More Flag in the Ground\" le avrei sicuramente tolte, facendo spazio a qualcosa con idee più fresche, originali e con uno stile \"da 2023\", così da rendere anche più vario l\'album. Proprio la mancanza di varietà mi fa provare nostalgia per i tempi di Haven, che non era un capolavoro ma che sembrava un buon punto di partenza per un nuovo percorso. E invece la band, anziché guardare avanti, ha deciso di tornare indietro.
Chiariamoci, anche così The Awakening per me è chiaramente superiore a Silverthorn e a The Shadow Theory, che ho trovato molto noiosi, e in generale lo promuovo a pieni voti. Non siamo però tornati ai fasti del passato, quando i Kamelot osavano di più e stupivano dettando nuove mode e riplasmando con personalità il sottogenere, facendosi inseguire dagli altri anziché essere coloro che inseguono le mode altrui. Un tempo i Kamelot avevano uno stile tutto loro, erano un unicum nel power grazie alle loro atmosfere decadenti e alla loro eleganza, ma ora non più perché faticano a rinnovarsi.
Comunque chissà che con gli ascolti l\'album non cresca. Vedremo. Di sicuro ci sono quattro brani che sto ascoltando spesso.
Infine, un grandissimo applauso a Tommy Karevik, sempre di una bravura strabiliante e che qui è stato sfruttato davvero molto bene!
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4
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La risposta è sì  |
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Scusate, utilizzo questo spazio per una domanda (cancellatemi pure se è fuori tema, ma la curiosità mi rode): le recensioni degli ultimi Riverside e Haken verranno pubblicate sul vostro sito? Grazie |
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2
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Ho provato a farmelo piacere ma non c\'è stato niente da fare, per me ogni album che hanno fatto con Karevik è risultato scontato e pacchiano, dargli 75 come la valutazione che ha Ghost Opera mi sembra una presa per il culo |
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1
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Forse il migliore con Karevik, voto 80 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Overture (Intro) 2. The Great Divide 3. Eventide 4. One More Flag in the Ground 5. Opus of the Night (Ghost Requiem) 6. Midsummer's Eve 7. Bloodmoon 8. NightSky 9. The Looking Glass 10. New Babylon 11. Willow 12. My Pantheon (Forevermore) 13. Ephemera (Outro
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Line Up
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Tommy Karevik (Voce) Thomas Youngblood (Chitarra) Oliver Palotai (Tastiera) Sean Tibbetts (Basso) Alex Landenburg (Batteria)
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