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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Kamelot - The Fourth Legacy
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( 5623 letture )
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I Kamelot giungono con The Fourth Legacy (come il titolo sembra già alludere) al loro quarto full-lenght: tuttavia, come è noto, con il precedente The Siége Perilous c'erano stati cambi nella line-up molto importanti, con l'innesto di Casey Grillo alla batteria e soprattutto di Roy Khan alla voce. L'ex cantante dei Conception, infatti, aveva portato davvero un valore aggiunto alla band, consentendo di catalizzare una grande attenzione nei confronti dei Kamelot e di segnare così una svolta nella loro carriera. Per andare sul sicuro, la produzione veniva affidata alla premiata ditta Sascha Paeth/Miro, un'autentica autorità in ambito power e una garanzia di qualità. Naturalmente, lavorare con Paeth significa potersi avvalere anche di tutto il suo entourage (del resto, gli Heavens Gate non si erano ancora neppure sciolti e proprio di quell'anno è la pubblicazione del loro ultimo album), così sul disco suonano anche gli stessi Paeth e Miro (rispettivamente chitarre aggiuntive e tastiere), nonchè Robert Hunecke-Rizzo (batteria aggiuntiva), Thomas Rettke (cori) e Cinzia Rizzo (che duetta con Khan in Nights of Arabia). Il risultato è senz'altro interessante e i Kamelot si confermano come una delle migliori band power del periodo: il loro è un metal melodico, arricchito da elementi orchestrali, con spunti neoclassici e una ricerca sonora mai scontata e rivolta verso la sperimentazione. Inoltre, pur trattandosi di una band americana, il loro sound è molto europeo, avvicinandosi parecchio, anche per la scelta degli arrangiamenti, al gusto del Vecchio Continente. Come dicevamo, però, l'autentico punto di forza dei Kamelot è costituito dal cantante Roy Khan, grazie alla sua voce particolarissima ed al suo carisma che li rendono differenti da qualsiasi altro gruppo.
La band dimostra di essere cresciuta parecchio anche dal punto di vista del song-writing, assai vario e ricco di spunti interessanti. Spiccano alcuni brani di power/speed melodico: la title track, con un bel ritornello e dei maestosi cori in italiano (o qualcosa che gli somiglia); Nights of Arabia, con le sue sonorità dal sapore medio-orientale; The Shadow of Uther, in chiave leggermente folk e con belle orchestrazioni; o, ancora, Until Kingdom Come, un brano di power/speed neoclassico un po' alla Stratovarius. Nella tracklist ritroviamo poi due bellissime tracce melodiche e ricche di atmosfera, eseguite solo con chitarra acustica, tastiere ed archi: in particolare si tratta di A Sailor's Hymn, nella quale Khan duetta con Rannveig Sif Sigurdadóttir (dal nome pressochè impronunciabile) e Glory, dedicata al tema delle Crociate. La band si concede tuttavia pure qualche tentativo di sperimentazione (a tal proposito, si riscontra qualche venatura prog) su brani come Alexandria, dove si possono ascoltare anche sonorità arabeggianti; su The Inquisitor, con un refrain davvero particolare; o, ancora, nella conclusiva Lunar Sanctum, bell'esempio di power sinfonico, dove la band riesce anche a fare a meno di melodie facili a tutti i costi. Semplice ordinaria amministrazione invece per un brano come Silent Goddess, un mid-tempo senza infamia e senza lode. I Kamelot, piuttosto, davvero stupiscono con la breve strumentale Desert Reign (in pratica un preludio a Nights of Arabia), che di fatto è un pezzo di musica etnica, con tanto di strumenti tipici appositamente utilizzati all'interno del brano.
A conti fatti, The Fourth Legacy appare come un disco ben riuscito, con tanta qualità ed in grado di collocare i Kamelot tra i gruppi di punta del genere. Certo, forse un po' di grinta in più ed in generale qualche brano più duro non sarebbero affatto guastati, ma d'altronde va anche tenuto conto che, in qualche modo, The Fourth Legacy risente ancora di certi gusti e tendenze dell'epoca: pur non potendo essere considerato un disco commerciale, tuttavia presentava tutti gli elementi per poter avere successo in quel periodo, vale a dire sonorità non troppo aggressive, tanta melodia con ritornelli di facile presa, brani dalla struttura non troppo complessa ma con arrangiamenti curatissimi, ottima produzione ed un pizzico di originalità nel proporre soluzioni nuove o nel percorrere strade poco battute prima di allora. I Kamelot si sono dimostrati dei maestri nel mettere insieme tutto questo e ciò rende The Fourth Legacy un disco piacevole da ascoltare anche al giorno d'oggi.
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13
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...disco spettacolare.... |
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12
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Il mio preferito dei Kamelot. Un vero capolavoro del power metal. Peccato poi la svolta gothic, li ho abbandonati dopo Epica. |
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11
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Come avevo già espresso in Siegè....questo e' il periodo migliore Dell era "Khan"; anche se personalmente più legato a "Eternity" e "Dominion" dove,la band di Tampa,fondeva alchemicamente,sonorita' potenti dei Crimson Glory,con intrecci neo/progressive degli Iron Maiden e evocativi refrain dal sapore medioevaleggiante ma, tornando a Fourth rimane sicuramente un album di gran livello! Voto 80! |
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10
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album che ormai e' un'icona del power… .bellissima la traccia 5… mi reputo fortunato per averli visti live nel 2001 con la formazione originale con khan singer fantastico |
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9
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adoro questo album...sono anni che lo ascolto sempre con grande, grandissimo piacere. |
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8
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New Allegiance = 5.5; The Fourth Legacy = 6.5; Silent Goddess = 5.5; Desert Reign = 5.5; Nights of Arabia = 7; Shadow of Uther = 5.5; Sailorman's Hymn = 7; Alexandria = 5.5; Inquisitor = 5.5; Glory = 5.5; Until Kingdom Come = 6.5; Lunar Sanctum = 5.5; Voto album = 6.5 |
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7
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Non è tanto male, però non direi che ci siano poi particolari novità, salvo forse un'atmosfera un po' più malinconica. I brani più interessanti cmq secondo me sono quelli dove compaiono i vari ospiti |
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6
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ed il nuovo "Poetry for the poisoned"? dopo solo un paio di ascolti mi pare di poter dire che sia molto bello......diverso dai precedenti, eppure brillante..... |
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5
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l'album che me li ha fatti conoscere ed amare, power e melodia riuniti un un gruppo nel quale tutti i componenti sono bravissimi ed un Roy Khan che si rivelerà, dopo il "rodaggio" di Siege Perilous, un cantante eccezionale. @ProfMorte & febrymagno: non concordo col vostro pensiero...al contrario, credo che se dopo Epica avessero fatto uscire un quarto album con la stessa costruzione (opener veloce, un paio di up-tempo, parte centrale con la ballad di turno, finale ancora veloce, più o meno intendo...) forse si sarebbero appoggiati ad una formula "vincente", in tal senso mainstream, senza evolversi. The Black Halo ha una costruzione ben diversa e più difficile da assimilare rispetto ai precedenti, con la parte centrale nella quale Memento Mori cresce solo dopo molti ascolti. Se per mainstream vi riferite al fatto che due power ballads cone the haunting e abandoned siano una dietro l'altra io personalmente non ci trovo nulla di strano, sono due bellissime canzoni. Ghost Opera poi è decisamente il più "complicato" nell'ascolto, e sicuramente il meno riuscito, forse per la parte centrale in cui due o tre canzoni sono fin troppo simili e con lo stesso lento ritmo, ed anche per il filtro alla voce. Ma nella special edition recupera sicuramente punti. Quindi, al di là del giudizio sul singolo album, vorrei capire cosa intendiate per "mainstream" perchè proprio non lo capisco... |
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4
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Mi accodo: il migliore dei Kamelot, riesce a star simpatico anche a chi, come me, non ama il power. Dopo di questo sono resistiti ancora un po', prima di "sprofondare nel mainstream"... |
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3
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adoro questo album...power personale e ricco di sfumature, un Roy Khan strepitoso e un songwriting di assoluta qualità. Se penso a come si sono ridotti adesso... Voto: 87 |
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2
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Ad oggi il mio disco preferito dei Kamelot, stupenda Nights of Arabia. 80 |
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1
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ottimo,ricco anche di atmodfere particolari,insomma,è power ma non trito e ritrito.Poi un cantante strepitoso davvero |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1 New Allegiance 2 The Fourth Legacy 3 Silent Goddess 4 Desert Reign 5 Nights of Arabia 6 The Shadows of Uther 7 A Sailorman's Hymn 8 Alexandria 9 The Inquisitor 10 Glory 11 Until Kingdom Come 12 Lunar Sanctum
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Line Up
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Thomas Youngblood - Chitarra, backing vocals Roy Khan - Voce Glenn Barry - Chitarra Casey Grillo - Batteria
Miro - Tastiere, arrangiamenti orchestrali Thomas Rettke- Backing vocals sulle tracce 5,8,11 Dirk Buirneberg, Robert Hunecke-Rizzo - Additional drums Sascha Paeth - Additional guitars Rannveig Sif Sigurdadóttir - Voce femminile sulla traccia 7 Cinzia Rizzo - Voce femminile sulla traccia 5 Farouk Asjadi - Flauto, additional percussion sulla traccia 4 Andre Neygenfind - D-bass sulla traccia 5 Simon McTavish - Flauto Sezione d'archi ad opera dei Fallersleben String Quartet
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