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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Pestilence - Resurrection Macabre
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Recensione complicata. Non è certo la prima volta che nella premessa mi permetto di sottolineare quanto sia duro il lavoro del critico, e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima. Anche in questo caso non voglio affatto giustificarmi, ma a scanso di equivoci preferisco avvisarvi: se cercate un responso lineare e conforme vi prego di rivolgervi alla concorrenza. Sicuramente hanno già fatto di meglio. Detto questo, posso inoltre rivelare ai pochi fedeli rimasti collegati di sentirmi sufficientemente spaesato, ignaro di quale piega assumerà il presente scritto. Non avendo nulla da perdere, lascio che sia l’istinto a prendere il sopravvento; d’altro canto parto dal presupposto che giudicare è relativamente semplice, comprendere lo è decisamente meno. Finiti i luoghi comuni e libero da ogni schema, tenterò di battere la seconda strada.
Peraltro riconosco senza falsa modestia di essere abituato a masticare complessità, anche e soprattutto in ambito musicale. Supponiamo ora per assurdo - perché in realtà così non è - che molti di voi si stiano chiedendo le ragioni di tale preambolo: presto detto se in analisi c'è forse l'uscita estrema più attesa dell'anno, il ritorno di una delle formazioni alla quale sono maggiormente legato e indiscutibile punto di riferimento per il genere tanto amato. Ma in questo caso, quella che poteva, o meglio doveva, esser una delizia, si è tramutata in una sorta di greve croce. Immagino, a questo punto, che la maggior parte dei naviganti stia ipotizzando che il came-back dei Pestilence sia conseguito alle orecchie del sottoscritto come una delusione a dir poco cocente. Purtroppo non è così semplice, o meglio non mi trovo nella comoda situazione di poter liquidare il qui presente con una sorta di up/down. In verità tutte le mie perplessità hanno ragioni ben più profonde e recondite, non solo legate a Resurrection Macabre, ma più in generale alla storia del combo e al contesto che lo ha accompagnato. Forse adesso sono riuscito a catturare l’attenzione dei quattro gatti rimasti ancora sintonizzati e così pazienti da leggere le mie follie. Ragion per cui voglio condividere con tutto voi una locuzione, nemmeno particolarmente elegante, che ha accompagnato ogni ascolto e pensiero legato all’appena sopra citato:
Vuoi vedere che stavamo meglio quando stavamo peggio.
Palese saggezza popolare; una frase che il mo compianto nonno mi ha ripetuto svariate volte anche se chiaramente in contesti del tutto differenti. Amarcord a parte, senza volervi arrecare ulteriore supplizio vi prego di memorizzare l’epitaffio, sicuro che quanto seguirà ripagherà i vostri inumani sforzi, sciogliendo le mie deviate deduzioni e forse fornendo una ulteriore chiave di lettura.
Allora proviamo a mettere da parte ogni sorta di sentimentalismo, dando brutalmente adito alle riflessione che ritengo in linea di massima oggettive. Perciò, come recita il manuale del buon scribacchino, è tanto giusto quanto doveroso fare un passo indietro e parlare della storia del nostro gruppo. Ma poiché ogni regola è fatta anche per essere infranta, o quantomeno elusa, ho deciso di non ripercorrere la carriera degli olandesi, magari sperando che ognuno di voi abbia una vaga idea del soggetto stampato in copertina a caratteri cubitali (diversamente è il caso che rimediate, e anche alla svelta!). In parole povere ho intenzione di terminare il mio flashback alla terza fatica targata 1993. Anche in questo caso non ho la minima intenzione di riesumare Spheres cimentandomi in una analisi descrittiva/comparativa; il fine è molto più subdolo e poi nemmeno così sottile. Per farla breve,come molti ricorderanno, sedici anni fa le sperimentazioni del suddetto vennero accolte in modo assai negativo, tanto dagli addetti ai lavori quanto dal popolo di affecionados, condannando di li a breve Mameli e soci alla dipartita. Come spesso capita, solo in un secondo tempo, con la definitiva affermazione su scala mondiale del tecnical/prog-death, il platter venne rivalutato a tal punto da eleggerlo universale caposaldo. Troppo tardi: dei Pestilence era rimasta solo la leggenda, ma anche una pesante eredità che per fortuna alcuni arditi hanno saputo raccogliere.
Veniamo così ai giorni nostri. Tuttavia prima vi chiedo ancora un’ulteriore sacrificio, fissando un altro vocabolo:
Coraggio.
Forse sulla scia del successo di altri mostri sacri, era già qualche anno che nell’ambiente si mormorava la ripresa degli orange, concretizzata prima con alcune esibizioni live e poi appunto con l’ufficializzazione del nuovo full-lenght per il primo trimestre del 2009 sotto l’egida della connazionale Mascot Records. La line-up è di quelle che non lasciano molto spazio alla fantasia, o meglio, fanno solo ben sperare. Al fianco di Mameli ritroviamo i compagni di una vita Patrick Uterwijk e Tony Choy, quest’oggi accompagnati dall’altrettanto talentuoso Wildoer, già apprezzato nei Darkane e Electrocution 250, un vero portento dietro le pelli. A corredo, mezzi tecnici moderni capaci di esaltare i virtuosismi musicali e soprattutto un pubblico finalmente open-mind, maturo a tal punto da comprendere le plausibili nuove geniali evoluzioni. Insomma, i presupposti per mettere a referto una sorta di Spheres parte seconda vi erano tutti.
Invece, in barba al raziocinio comune, i Pestilence hanno deciso di battezzare questo attesissimo rientro con un prodotto idealmente prossimo ai loro esordi discografici, ovvero dando alle stampe una sorta di anello mancante tra Consuming Impulse e Testimony Of The Ancients. Quindi mettiamo l’anima in pace e accantoniamo le sperimentazioni, contaminazioni jazzy e le evoluzioni progressive. Resurrection Macabre, come il nome stesso suggerisce, riporta in vita la prima incarnazione dei nostri eroi, quella più cruda e diretta, figlia del movimento death a cavallo tra gli anni ottanta e novanta. Il riffing è granitico di lampante matrice thrash, così come la sessione ritmica consegue sempre martellante, il tutto a favore di un mood datato, cupo e asfissiante. Non vi è ossigeno per nessuna divagazione, e gli attacchi solisti sono ridotti all’osso, tant’è che a onor del vero Choy fa la figura della mera comparsa. Con questo chiaramente non voglio lasciare intendere che l’esecuzione sia superficiale, anzi probabilmente da un punto di vista puramente tecnico siamo al cospetto del miglior capitolo compiuto dagli olandesi. Il drumming di Wildoer è di una precisione chirurgica, in grado di annichilire il predecessore e non solo, il guitar work non fa una piega, costruito sulla consueta miriade di distorsioni divenute marchio di fabbrica, e dulcis in fundo Mameli sfodera una performance da antologia, come non aveva mai fatto in passato, forte di una timbrica profonda e agghiacciante. Nemmeno a dirlo la produzione è perfetta, moderna eppure in grado di esaltare la potenza di ogni passaggio senza deteriorare l’atmosfera volutamente retrò. Tracce come la title track, Devouring Frenzy, Horror Detox, Syntethic Grotesque, Dehydrated II, ma anche Fiend e Hangman con un Wildoer sugli scudi, faranno la gioia di ogni amante del metallo della morte old school. Ma allora cosa non ha funzionato? In realtà nulla, o forse tutto. A prescindere dai propri appetiti e da come si intenda la musica, è innegabile che a conti fatti il songwriting, per quanto ben congeniato, non suoni particolarmente brillante ed ispirato. La struttura dei brani sostanzialmente discerne prevedibile, e priva di qualsiasi spunto degno di nota, che possa in qualche modo dissipare gli spettri del deja-vu . Malgrado ciò, i Pestilence hanno fatto una scelta, magari opinabile, ma assolutamente coerente e condivisibile: riconciliarsi con un passato remoto, in un certo qual modo fortunato, sinonimo di fama e gloria, e contestualmente chiudere una parentesi, senz’altro innovativa – meravigliosa aggiungo – ma anche nefanda e infelice. A riguardo, per avere ulteriore conferma di questa inequivocabile scissione basta analizzare le tre tracce bonus del disco tutte pescate e reinterpretate da tutti i lavori fino al 1991.
Ripeto, a scanso di equivoci, di non adorare questa re-incarnazione e in tutta onestà mi colloco nella folta schiera di coloro che avrebbero bramato per uno Spheres parte seconda. Ma oggi, tornando così ai due concetti che ho voluto saldare assieme a tutti voi, è troppo semplice disapprovare una band appunto coraggiosa, prima condannata e poi criticata perché coerente con gli stessi giudizi formulati in precedenza da un collettivo bieco. Non desidero essere una voce fuori dal coro, e nemmeno un’inutile moralista, ma questo intrattenimento non mi garba, e preferisco glissarlo.
Immagino ora vogliate un voto sintetico. Bene, per quel che serve, lo riassumo come segue: - 90 ai Pestilence, per bravura, talento e logica; - 65 a Resurrection Macabre, perché comunque è un discreto platter ma nulla più; - 40 a tutta l’opinione pubblica (me compreso), senza aggiungere altro;
Fate voi la media e verificate che effettivamente coincide con quanto indicato sotto. E, se le leggi della matematica non sono un’opinione, ad uscirne vincitore da questo gioco al massacro sono comunque solo i Pestilence!
Incomprensibili!
Incompresi!
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19
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Album molto valido,ne uscissero ora di album così |
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18
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Mea culpa, l\'ho ascoltato oggi dopo 14 anni dall\'uscita... è una ottima boccata di aria putrida, davvero simile a Consuming e Testimony messi assieme e un po\' rinfrescati nei suoni, energico senza fronzoli. Mi piace |
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17
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Riascoltato oggi con molto piacere. Come detto in recensione, stilisticamente è un mix tra Consuming Impulse e Testimony of the Ancient; sono i loro due album che preferisco per cui il loro rientro in pista l'ho gradito molto. Quando poi dopo hanno provato a fare cose più contorte (come a dire "accontentiamo anche quelli che avrebbero preferito una prosecuzione di Spheres") i risultati non sono stati granché, eccezion fatta per l'ultimo album. Voto 83 |
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16
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bell'lbum,un po' ripetitivo.ma di impatto.un bel ritorno.horror detox e' la mia preferita |
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14
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Hanno abbandonato ogni velleità sperimentale ma ne vien fuori del buon sano death old school. Sinceri complimenti al recensore |
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13
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Sono concorde con horrorifico. Anche a me piace molto, soprattutto Devouring Frenzy e la title-track. Per l'approccio alla materia mi piace più di Spheres... ma sono gusti personali, non giudizi tecnici. Ho votato 75. |
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12
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ragazzi è un gran ritorno!!! sono veramente magicii...a livello di potenza non può deludere e credo che ancora spingono alla grande...poi sono sempre i vecchi mameli e choy..cazzo. GRANDI !!!!!!! |
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11
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Mi aspettavo ben altro sono deluso |
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10
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Ovvio, non sono i vecchi, grandi, Pestilence, però... ragazzi è un bel ritorno! Da loro mi aspettavo proprio quello che è stato fatto, niente di straordinario, niente di banale. Bentornati Pestilence! 70 |
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9
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in assoluto il miglior album mai realizzato da pestilence...voto 95/100 |
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8
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Devo dire che a me il nuovo lavoro dei Pestillence non dispiace per niente anche perche'secondo me, il sound della band e' si' death,ma si riallaccia fortemente ai C187, la band di Mameli e Choy prima di questa reunion,che avevano un sound molto particolare e che mi avevano preso particolarmente.Certo i vecchi Pestilence si sentono solo a tratti,ma la tecnica e' immutata e rimangono sempre un gradino sopra la media. |
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7
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Sono contento che Mameli abbia riproposto la sua contagiosa creazione; non mi aspettavo nulla di eccezionale ma nemmeno qualcosa che li sbattesse sul patibolo: così è stato. Direi che la recensione è fenomenale: pochi sanno essere così criptici e chiari nel contempo (strategia anti critiche-commentatori? . Al di là delle battute, complimeti ad Arakness! Mi auguro che questa non sia una sorta di reunion (se così si può chiamare visto che la line-up è cambiata) con i soliti tristi scopi commerciali ma solo un passo per tastare, dopo tanti anni, il terreno e per dargli la forza di riproporsi in futuro con qualcosa di grandioso che non rinneghi nulla del loro passato, neanche l'incompreso e anticipatore Spheres, ma che profumi però di novità marchiata Pestilence. |
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6
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Fondamentalmente d'accordo con Er Trucido, anche se al contrario di altre reunion avrei tenuto il voto più alto, almeno 70. Forse perchè sono affezionato a loro, ma l'album in questione a me piace parecchio. Continuerò a consumare il vinile di Malleus Maleficarum ma anche i loro dischi successivi tra cui Resurrection Macabre. |
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5
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Tony Choy ha dichiarato di suonare metal solo per i soldi (vedi reunion Atheist 2006) e che la sua passione è la musica latino-americana popolare. |
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4
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Devo dire la verità a me il disco non dispiace, condivido però la recensione ed i commenti finora espressi. Disco ben suonato (mi piacciono molto i suoni delle chitarre e certi soli molto dissonanti) però non ha quella vena di genialità che ci si aspettava. Forse l'opinione pubblica si era fatta dei castelli preventivamente su questo disco e adesso si trova spiazzata. Infine d'accordissimo su Tony Choy: non si sente la sua mano per niente, sembra il fratello di quello che suona negli Atheist. |
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3
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Attendevo con trapidazione questa rece di uno dei gruppi estremi da me più amati (ho aperto un topic su di loro nel forum). Arakness detona il medesimo disorientamento che ho io perchè questo disco è di difficile valutazione per una miriade di motivi: il depressivo contesto storico in cui è uscito potrebbe falsamente farlo assurgere a capolavoro; e' in realtà un disco furbo perchè si rifà ad un death old style così il gruppo si pone al riparo da critiche (della serie siamo ritornati e facciamo death punto); non azzarda, quindi, niente sperimetazioni alla Spheres che forse potrebbero essere non comprese. In conclusione concordo con il voto del recensore ritenendo l'album deludente nel complesso e considerando le reunion spesso una presa per i fondelli per noi fans. Mi dispiace esprimermi così ma il panorama deprimente della musica metal contemporanea favorisce le reunion solo per il vil denaro (non c'è un c... in giro toriniamo facciamo un album ed incassiamo). |
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2
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Caro Luca, la tua rece è da urlo. Davvero complimenti. Io la penso esattamente come te ed in sintesi basta estrapolare una sola parola per capire tutto l'album: CORAGGIO. Quello che secondo me è mancato al buon Mameli. Ai posteri l'ardua sentenza. |
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1
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una delle tante $$$reunion$$$. ho sentito qualche pezzo , non mi hanno entusiasmato ultimamente. possibile che non si trovi la ristampa del loro primo album, malleus maleficarum? |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Devouring Frenzy 02. Horror Detox 03. Fiend 04. Hate Suicide 05. Synthetic Grotesque 06. Neuro Dissonance 07. Dehydrated II 08. Resurrection Macabre 09. Hangman 10. Y2H 11. In Sickness & Death 12. Chemo Therapy [limited edition bonus] 13. Out Of The body [limited edition bonus] 14. Lost Souls [limited edition bonus]
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Line Up
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Patrick Mameli - Guitars, Vocals Tony Choy - Bass Peter Wildoer - Drums Patrick Uterwijk - Guitars
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