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Blut Aus Nord - 777 - Cosmosophy
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Forse è utile fare un prologo su questo album in quanto, essendo il capitolo finale di una trilogia, conserva elementi riscontrabili nel precedente distico assieme ad elementi nuovi comprensibili e ascrivibili all'interno di un percorso ben preciso. Cosmosophy segna con la parola fine questo enigmatico, cabalistico e trascendente percorso intrapreso dai Blut Aus Nord. Questo massiccio e criptico sentiero ha intrapreso una direzione di discendenza e di disgregazione fino ad arrivare alla frantumazione totale. Possiamo leggere quest'opera completa come il tentativo di distruggere il black metal partendo proprio da esso; anche se lo stesso Sect(s) conteneva elementi disturbanti e "anomali" per il genere, potevamo leggere questi come una soluzione stilistica di Vindsval, tanto era chiaro il suo intento di partire dal black metal per giungere altrove. La macchina furiosa e matematica del primo capitolo rallenta notevolmente con The Desanctification, le geometrie sonore diventano un grosso e lento groviglio di frequenze, un magma avvolgente e meglio disposto verso l'ascoltatore (la scelta stilistica si fa più comprensibile, meno ostica e più "universale"). Le linee-guida per Cosmosophy continuano ad essere Godflesh, Swans e Jesu, ma con le atmosfere apocalittiche degli Scorn e dei Greymachine. Molte sono le affinità col disco Memoria Vetusta II - soprattutto per quanto riguarda le linee melodiche delle chitarre e delle tastiere - e con le aperture ariose e epiche che lo connotavano.
Il distacco sonoro che c'è fra la "vecchia" Epitome XIII e la "nuova" Epitome XIV è ben marcato benché sono sempre le chitarre che congiungono insieme i due capitoli. Dagli zanzarii caotici e stordenti del XIII paragrafo partono incomprensibili cantilene che con il nuovo capitolo lasceranno spazio ai riff più melodici che siano usciti dal grembo dei Blut Aus Nord. Le chitarre si sommano l'un l'altra creando uno spazio aperto ma ben poco rilassante; da questo insolito fiume di luce sgorga un ordito di voci pulite, anch'esse indistinte e sovrapposte, di arcturusiana memoria ma mantenendosi sempre in uno stadio di atonicità. Le linee vocali si muovono in un sentiero para-meditativo: come i monaci tibetani di Gyuto che intonano una nota fondamentale talmente bassa da sembrare il ruggito di un animale, così profonda da non sembrare neanche umana; diverse linee vocali trascendono il loro stadio di umanità per fondersi l'una sull'altra e per apparire un unico coro. Il risultato è un post-black metal che si somma ad un post-epic metal, o meglio: ciò che è anti-black diventa anche anti-epic perché l'intero approccio parte da un aborto. Le chitarre si muovono sempre su tonalità alte, melodiche e aperte, ma nascono abbassate di tono (in linea col passato), le voci pulite e il costante tappeto amalgamante di synth si configurano come le presupposizioni per un background epic se non fosse per il fatto che qui non c'è alcun fine positivo, alcuna vittoria o predominanze di buona condotta. C'è solo l'epicità dello sconforto e della disfatta, in un concetto che va al di la di qualsiasi principio di sublime; non ci sono più paragoni col terreno o col misurabile, c'è solo il terrore della vuota immensità.
Epitome XV disgrega ulteriormente quei pochi elementi portanti che potevano appena essere emersi. Lo sfondo noise/ambient rilascia un filtrato e malato parlato in lingua madre, una sorta di anti-hip-hop su un acidissimo e cibernetico trip-hop; se da una parte ci troviamo di fronte ai Dälek del black metal dall'altra parte riconosciamo i versi di Proverbs of Hell del capolavoro blakeiano degli Ulver. La trasgressione sonora però si rigetta di punto in bianco in questo vortice teatrale fatto di drum machine e di inesorabili synth: la colonna sonora dell'apocalisse, la perfetta messa in musica della fine del mondo e la delineazione dei confini dell'universo. Un perfetto sentore di sconforto e di abbandono emergerà in Epitome XVI dove le orchestrazioni raggiungeranno un vertiginoso apice da colonna sonora fantascientifica; in mezzo a quest'immensità l'ascoltatore è attraversato da arpeggi acustici a possenti correnti corali; da mefistofelici sussurri agli sconquassanti colpi di cassa; dalle martellanti e spezzettate chitarre ritmiche ad armoniche linee segnate dalle sovrapposizioni delle sei-corde... Epitome XVII ri-allarga gli orizzonti con alcune delle linee più melodiche di sempre. Questa volta la voce pulita è una sola e nella sua assenza di orecchiabilità si scontra con una bellezza inaudita di synth e di luce. Le chitarre giocano a tracciare sentieri affini a quelle delle tastiere; poi nascono degli arpeggi acustici che si trasfigureranno grazie all'overdrive e alla bassa voce cavernosa di Vindsval: luminescenti scie nel vuoto e desolato universo cosmico. La conclusione di questa titanica impresa è data da Epitome XVIII: un lunghissimo mantra fatto di reiteranti riff che si mescolano e si trasformano per rinascere continuamente, per tornare al punto d'origine, per perdersi nell'infinito. Il mantra è un insieme di oscillazioni "kosmische" e di ruomori che sembrano provenire da tibetani tromboni raag-dung L'esito di questo Cosmosophy l'avevamo supposto poco tempo fa quando si diceva:
La creazione diventa una morte cosmogonica mediante la quale la potenza concentrata della divinità viene offerta e sparsa: ma la discesa e la diffusione della potenza divina sono seguite dalla sua resurrezione, quando i Molti sono "ricomposti nell'Uno" *
Ecco che finalmente la potenza divina compare in tutta se stessa, ma collocandosi al di sopra di tutto, essa risulta inquantificabile e incommensurabile. Il lungo e sconvolgente viaggio dei Blut Aus Nord nasce come una sorta di teofania, si trasforma in un dato sensibile e macrocosmico per poi scendere nel particolare infinitamente ripetibile nelle sue strutture. L'illimitata reiterazione mantrica genera il cosmo o meglio, genera la dottrina del cosmo. Ovvero dalla cosmofania alla cosmosofia.
*come già accennato in The Desanctification, vedasi Edgar Wind - Misteri Pagani nel Rinascimento (introduzione, VII, VIII, X, XI); Sallustio - Sugli déi e l'universo
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@Spirit of the Forest: in realtà dopo questa trilogia hanno rilasciato proprio Memoria Vetusta 3, tornando a fare blackmetal più canonico. |
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Veramente mi riferivo a Memoria Vetusta II: Dialogue with the Stars (2009) e Memoria Vetusta III: Saturnian Poetry (2014). Da The Work Which Transforms God a Odinist - The Destruction of Reason by Illumination direi pià Industrial/Dark Ambient tipo Mz. 412 (e altri progetti della Cold Meat Industry), forse la trilogia 777 ha più accenni gothic/doom, però a parte questo album di questa recensione non impazzisco granché neanche io. |
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Anche Mystical Beast non mi dispiace,con quel tiro norvegese anni 90,ma Ultima Thulée ha un fascino tutto suo.In generale la loro discografia ha molti slanci,come qui,ma osa troppo secondo me su tentazioni sludge,post ecc.al passo coi tempi. Memoria Vetusta è tipo Immortal,un disco di valore,ma troppo ricco,epico, perde di minimalismo. |
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@Spirit of the Forest: Tutti gli album come Memoria Vetusta ripercorrono il black più classico e \"psichedelico\" di Ultima Thulée, anche Hallucinogen si rifà a quei suoni, questo per dire che pur essendo entrati su altri lidi, occasionalmente ripescano qualcosa dal passato. Sono più che altro i due Disharmonium pubblicati nel 2022/2023 che sembrano strani, pigri, non sembrano nemmeno la stessa band anche solo di 10 anni fa. Pure i Deathspell Omega (difficile citare gli uni senza gli altri) hanno fatto un disco che ripesca più dall\'atmo-black di Si Monumentus Require (The Long Defeat, 2022). |
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Ultima Thulée mi piaceva,ma poi sono sempre più usciti dai binari e ha preso il sopravvento la sperimentazione,le soluzioni eclettiche,i modernismi,ecc. Niente foreste,niente ermetismo isolazionista,niente sferzate di gelida malinconia in bianco e nero.I vecchi B.A.N. delle origini mi piacevano,questi no. |
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Forse la loro vetta più alta. Non finirò mai di rendere omaggio alla loro creatività |
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li adoro,questa band.questo disco,la trilogia e tutti gli album che hanno fatto sono magnifici.grandissimi! |
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Che trilogia! Al di là dei temi trattati nelle lyrics (che Moro ha espresso in maniera mirabile), mi viene da accostare i tre album alle teorie nietzscheane.. Sect descrive benissimo la caduta delle certezze; The desanctification è invece la presa di coscienza dell'uomo e la sua iniziale ascesa; Cosmosophy è lo stadio finale, ossia la nascita dell'oltreuomo.. È un po' azzardato come accostamento, lo ammetto, ma mi pare abbastanza allineato con l'atmosfera caotica e decadente del primo, le "melodie" stranianti del secondo e le clean vocals e le note, quasi salvifiche, del terzo.. Comunque, in cifre: 90 il primo, 80 il secondo, 85-90 il terzo (va bene, ammetto che sono un po' soggettive come valutazioni eh..) |
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Appena ho una sessantina di euro mi faccio un regalo e me li prendo tutti e tre insieme, trilogia mostruosa, non so che altro dire. Questo qui non sbaglia un colpo neanche se lo ammazzi. |
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commento direttamente tutta la trilogia, i primi due davvero bellissiimi, quest'ultimo a me è piaciuto meno ma rimane pur sempre un discone, gruppo davvero troppo sottovalutato. |
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Da annoverare insieme a pochi altri dischi che ti portano in una lenta discesa in un abisso senza fine. |
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Concordo anche io sul fatto che sia il migliore della (fantastica) trilogia. Veramente un bel disco che scorre una bellezza... |
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Stupendo!! scorre che è un piacere!! Della trilogia è quello che mi piace di più. Consiglio comunque di ascoltarli tutti e 3..in ordine ovviamente: si noterà come il sound dall'inizio prevalentemente dissonante ed estremo lentamente si semplifichi sino a lasciar spazio alle melodie lente ma quasi...rilassanti!!! Complimentoni a sti francesi! |
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Invece sencondo me si distanziano anche migliormente dai DsO. Hanno dei modi simili di suonare solo che i BAN lo hanno dilatata. i DsO si sono estremizzati più stilisticamente, i BAN concettualmente. E oltretutto con i What Once Liber e con MEmoria Vetusta II hanno dimostrato di saper continuare a fare anche un blackmetal """tradizionale""" |
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Ottima recensione: mi hai convinto ad ascoltare tutta la trilogia e devo dire che ne è proprio valsa la pena! Grazie! |
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Per quel che mi riguarda un capolavoro da 90 secco. Non ho mai sentito i Blut Aus Nord così... "Celestiali". Il black metal ormai è completamente andato. Inutile dire che questo è l'episodio migliore della trilogia: il precedente era ottimo (80) e già foriero di una svolta del genere; "Sects" invece è carino ma col senno di poi l'ho rivalutato, un po' troppo contorto/macchinoso. Nel complesso direi che questa trilogia è stata un successone (e non dimentichiamoci che tra i Liber e i 777 sono usciti qualcosa come cinque album in due anni!), non eguaglia i connazionali Deathspell Omega a mio parere ma comunque siamo su livelli altissimi. |
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La trilogia presenta un genere musicale che pone le sue radici nel black metal ma che se ne distanzia quasi totalmente, i due liber sono black metal. |
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pigod, io "What Once Was... " li ho trascurati purtroppo; quali sono le differenze (se ce ne sono) rispetto alla trilogia? Comunque, la band merita tantissimo ed occupa senz'altro un posto di rilievo nel panorama musicale odierno. |
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Dopo svariati ascolti, proclamo: signore e signori il capolavoro del 2012. Ad ogni modo fra i 777 e i Liber questi stanno sfornando dei dischi pazzeschi di cui questo è il culmine. Applausi. |
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Ho ascoltato un paio di tracce e per ora mi hanno colpito molto. Approfondirò al più presto |
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Io invece preferisco Sects, ma anche Desanctification era un discone da paura e questo chiude la trilogia nel migliore dei modi. Promossi a pieni voti. |
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Ah però, ho scoperto che se metto una s tra parentesi salta fuori una faccina...Curioso. |
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Altro titolo da mettere in ordine, tra l'altro a me Desanctification mi è piaciuto anche un pelo più di Sect , quindi questo che da quanto ho capito amplifica le soluzioni del secondo capitolo dovrebbe, almeno sulla carta, piacermi ancora di più. |
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finalmente è arrivato... disco assurdo che non ha deluso le mie aspettative |
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Ho aspettato con trepidazione che uscisse questo disco, non vedo l'ora di ascoltarlo! Sect è strepitoso... un disco ipnotico, coinvolgente e affascinante, lo ascolti e ti rendi conto che la parola "arte" ha ancora un senso nel terzo millennio. The Desanctification mi è sembrato più debole come album, o quantomeno più omogeneo e con alti e bassi. Spero, comunque, che con quest'ultimo capitolo il livello qualitativo sia rimasto alto. |
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Dunque......dunque. Dato che Rami andava avanti con 'sta trilogia me la sono sentita. Il risultato è stato che ho dormito con le luci accese! La riascolterò la prossima primavera; ora che arriva la nebbia non ho voglia di girarmi ogni 2 minuti per vedere se in macchina c'è qualcuno con un ascia. |
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Ancora un capolavoro. Si è comoletamente distaccato dal Boack e ora naviga nell'infinito, finalmente consapevole. In effetti prevedevo che la trilogia sarebbe finita in questo modo, l'unico possibile. Devo ancora ascoltarlo bene, ma riconosco che ha fatto un lavoro davvero magistrale. |
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Sti dischi se non li compro non li ascolto, sono rimasto indietro e così sarà fino a quando non l'avrò acquistato. |
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Lo devo ancora sentire, ma Vindsval non ne sbaglia uno manco a pagarlo. |
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Disco mostruoso e trilogia da panico! |
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