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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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RACCONTARE IL MITO - # 13 - The Cure, Milano, 1992
23/11/2010 (7982 letture)
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Open: I really don't know what I'm doing here
Nel 1992 il Forum di Assago è una struttura innovativa che ospita solamente eventi di una certa importanza, tra cui partite di basket, di hockey (il derby Saima vs Devils infiamma la città quanto la classica calcistica Inter vs Milan) e spettacoli musicali. Assistere ad un concerto in un palazzetto tanto blasonato quasi stona nell’immaginario di chi, come il sottoscritto, frequenta solamente locali underground, microscopici e ben lontani dall’essere considerabili ben tenuti ed accoglienti. L’occasione per sverginare questa cattedrale nel deserto è però molto ghiotta, soprattutto considerando il fatto che formazioni della stregua dei The Cure se ne vedono poche. Considerando poi che gli stessi The Cure non fanno tappa nel belpaese da oltre tre anni, dopo la maratona dell’estate del 1989 (Bari, Cava dei Tirreni, Roma, Prato, Cittadella, Milano e Torino), un certo fermento della Milano alternativa è decisamente percepibile, nonché giustificato. Il tutto è poi amplificato dal successo mediatico fatto registrare da Wish, release pubblicata nell’aprile dello stesso anno e subito in cima alle classifiche di vendita delle chart “alternative” rock dell’intero pianeta.
Wish, per l’appunto…
66 minuti che mostrano un lato di Robert Smith & C. sin d’ora sconosciuto ed in grado di raccogliere manciate di fan, lasciandone per strada pochissimi se non addirittura nessuno: raggiante (Friday I’m In Love, High, Doing The Unstuck), romantico (A Letter To Elise), introspettivo e decadente (Trust, To Wish Impossible Things), il lavoro insinua con estrema facilità la frastornata poetica di Robert in ognuna delle menti in cui fa capolino, anche forzatamente indotto dai molteplici passaggi radiofonici. Criticatissimo a parole – un po' come tutti i successi ciclopici – ma amato tanto dai fan dell’era post-punk come da quelli della seconda epoca waviana, Wish descrive un’amarezza rassegnata e come tale quasi satirica, irreale, apocalittica. Bastano le parole finali di A Letter To Elise a spiegare la miseria nell’animo del nuovo Robert:
And every time I try to pick it up
Like falling sand
As fast as I pick it up
It runs away through my clutching hands
But there's nothing else I can really do
There's nothing else
I can really do
At all...
A Milano è impossibile resistere alle note ritmate e dinamiche di questo nono episodio discografico firmato The Cure. La danza, anzi, il body moving lento ed indolente che ha sempre contraddistinto gli esponenti del mondo dark meneghino, si tramuta in un animato zampettare che si addentra sardonico nei locali, nelle feste private, nei circoli culturali; i suoni aperti si sposano con soddisfazione alle liriche essenziali e sempre meno metaforiche del paroliere Smith che cerca con assiduità un dialogo aperto con il suo pubblico. Oramai, chiunque voglia farlo, può comprendere e compenetrare, anche musicalmente, i The Cure.
E ciò, naturalmente, scatena la voglia di questo grandioso The Wish Tour.
Ma torniamo alla sera del 31 ottobre 1992. Già, 31 ottobre… che coincidenza. Quale migliore data per tenere a battesimo questa mirabolante rappresentazione!? Tra l’altro, cosa perfetta per me che sono da pochi giorni maggiorenne, è sabato. Con gli amici, elettrizzati e di nero vestiti, ci si muove alla volta di Assago già nelle prime ore del pomeriggio: arrivare a sera parrebbe un’impresa titanica, tuttavia l’adrenalina (e qualche additivo alcolico) ci rende la rotazione delle lancette molto rapida e divertente. All’apertura dei cancelli bisogna muoversi di “lena” per scansare i più rapidi e posizionarsi a ridosso delle transenne, posizione da cui assisterò a tutto lo spettacolo (… praticamente nessuna sosta ai “box”). Lo scenario umano che mi trovo accanto è quantomeno “folkloristico”: ci sono più sosia di Robert Smith che individui dall’aspetto normale e “personale”… ci sono toni vermigli e trucchi pesantissimi, rossetti e fondotinta, calze a rete (sugli uomini) e tantissimo PVC. Si sfoggiano dunque abiti in perfetto stile gothic/dark (i The Cure non sono gothic, lo so) e qualche ragazza (grazie, grazie e ancora grazie) esibisce mise che definire “discinte” è un’eufemia bella e buona. L’odore acre dell’alcol dozzinale è molto forte e tutto il resto… beh… è semplicemente privo di un aroma olfattivo descrivibile a parole.
Fortunatamente non ho molto tempo di soffermarmi su altri aspetti faunistici: per suonare prima dei The Cure, si stanno preparando i Cranes. Al solo pensiero mi eccito.
La band dei fratelli Shaw, in forte crescita nel panorama gothic britannico, è nota per la particolarità del cantato di Alison e per l’effetto rigido e distaccato del proprio insieme sonoro. La mezz’ora concessa in apertura agli headliners è sufficiente a confermare la glacialità delle ambientazioni intessute dalle “gru” di Portsmouth. Uno dietro l’altro arrivano i successi da Self-Non-Self e Wings Of Joy, recentissima release da cui si estraggono la maggioranza dei titoli. Intavolare la serata partendo dai Cranes è un’esperienza che ha dell’incredibile: lontani anni luce da qualsivoglia paragone “terrestre”, questi giovani sudditi della Regina si rivelano davvero una scelta vincente e contestualizzata. Al termine del concerto la streghetta Alison si concede al parterre con moltissimi di noi che la circondano. Io stesso riesco ad avvicinarmi, a stringerla a me: lei si lascia abbracciare. Dico qualche parola, lei non capisce ma controbatte con voce morente. Ora sono io a non capire. Mi guarda con occhi “stralunati”. Probabilmente vede oltre il mio viso, oltre il mio corpo. Vede la gente distrutta dal potere ipnotico della sua musica e questo le basta. All’improvviso, così come è comparsa, scompare scortata dal fratello Jim. È grande successo per i Cranes!
Questa dovuta (e fortemente voluta) digressione geografica non mi separa di molto dalle prime file, prontamente riconquistate. Quando le luci si abbassano l’urlo del Forum è assordante. Un lungo intro precede l’ingresso di Robert Smith, Simon Gallup, Porl Thompson, Boris Williams e Perry Bamonte, mentre a postazioni acquisite partono le note di Open.
Un concerto dei The Cure è uno spettacolo indimenticabile: non può che esserlo anche in quel del Forum di Assago, nonostante l’acustica poco adatta ai componimenti atmosferici degli inglesi. Detto questo la resa risulta assolutamente dignitosa: lo è dalle primissime posizioni, dove a dire il vero fatico a respirare, e lo è verso il fondo e sulle gradinate (molti miei conoscenti mi parleranno dei suoni cristallini e della buona performance fatta registrare dall’impianto). Le luci aiutano un coinvolgimento pieno abbinandosi perfettamente al lato auditivo: ogni brano ha la sua caratterizzazione (musicale, ma anche iconografica) ed i toni accesi e giocosi di High, Fascination Street, Friday I'm In Love e Boys Don't Cry contrastano non poco con l’opprimente oscurità di Lullaby, la staticità di Trust e di A Forest e l’immaginario psichedelico di Fire In Cairo.
La setlist scorre con impressionante facilità, anche nei momenti più “imponenti”: Pictures Of You, Just Like Heaven, Lovesong, Boys Don't Cry e A Forest godono di deliranti urla acclamatorie, ma anche ai brani tratti da Wish non sono risparmiate le benevolenze.
Robert on stage è immobile, come da copione, ed anche Gallup ha qualche problema; tocca a Thompson tenere banco con un minimo di pathos: ma tutto gioca sempre e comunque a favore del singer che, imbracciando la sua stupenda Schecter, concentra su di sé tutte le attenzioni, grazie alla solita impresa da pelle d'oca. Qualche incertezza va annoverata nella sola, e popolarissima, Friday I'm In Love, traccia in cui viene a galla qualche spigolosità vocale di troppo. Nel complesso la prova, sua e della band intera – Gallup su tutti –, è comunque singolare e abbondantemente soddisfacente.
In un concerto con una risposta tanto calda da parte del pubblico (l’amore viscerale che i propri fan hanno per Robert è affaire intimo e non comprensibile al di fuori del mondo dark) non possono mancare gli inchini, i ringraziamenti, le facce soddisfatte ed imbarazzate degli artisti: gli encore diventano così una buona scusa per far scrosciare cascate di applausi e grida da parte di tutti noi. Robert incassa con la sua proverbiale introversione e continua imperterrito.
I titoli riservati alla chiusura sono una fucina di autocelebrazione: Lovesong e Why Can't I Be You prima, Boys Don't Cry e la conclusiva A Forest poi sciolgono, uno per uno, i 10.000 ed oltre intervenuti in questa emozionante notte di Halloween.
End: I am none of these things
SETLIST THE CURE
01. Open
02. High
03. Pictures Of You
04. Lullaby
05. Just Like Heaven
06. Fascination Street
07. Trust
08. The Walk
09. Let's Go To Bed
10. Friday I'm In Love
11. Fire In Cairo
12. In Between Days
13. From The Edge Of The Deep Green Sea
14. Never Enough
15. Cut
16. End
17. Lovesong
18. Why Can't I Be You
19. Boys Don't Cry
20. A Forest
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15
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Purtroppo no. Sarebbe stato troppo bello...  |
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ciao, c'ero anch'io...dei ragazzi mi hanno scattato una foto con Robert...tu hai altre foto della fine del concerto quando lui stava andando via? Sarebbe un'enorme sorpresa ritrovarmi in uno di quegli scatti. Grazie  |
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13
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Lato hockey eravamo dalla stessa parte, allora...  |
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31 ottobre 1992, come dimenticare questa data? Il mio primo giorno di militare, il giorno in cui mi sono tagliato i capelli cortissimi in una fottuta caserma di Viterbo, fuck off !! Grande Giasse che hai nominato i derby tra la grande Saima e i bastardi rossoneri dei Devils !! |
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11
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c'ero anch'io.Mille chilometri da Lecce a Milano.Il concerto piu' magico al quale abbia potuto assistere .E veramente sembrava di trovarsi in un altro mondo ,quasi magico o addirittura carnevalesco in cui il piu' normale sembravo io eh eh eh ...e questo la dice tutta! |
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10
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Esattamente 19 anni fa... come passa il tempo!!! Grazie Arthesia per la testimonianza. Ora che l'hai scritto ricordo!!! |
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9
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Grazie per questo report dettagliato. C'ero anch'io .... aggiungo il mio ricordo personale del fan che riuscì a salire onstage per abbracciare Robert da dietro mentre partivano le prime note di Lullaby. Glielo "staccarono" subito di dosso, e Robert non perse neanche una nota, ma in quell'abbraccio euforico durato solo pochi istanti c'eravamo tutti!!! Thank you, Robert, and as you said when the concert was over: "Have a happy Halloween night!!" |
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8
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C'ero anch'io lì in mezzo avevo 14 anni e non ho mai visto così tanta gente elegante a un concerto dopo quello. Dici bene che l’amore viscerale per Robert è una questione del tutto intima e non comprensibile al di fuori di noi. Ho letto questo report per caso, great stuff man  |
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7
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Band enorme negli anni 80, Disintegration e Pornography sono dischi che vanno oltre al concetto di capolavoro. Per me Wish è il loro ultimo bel disco (cmq inferiore ai precedenti). Sui Cure anni 2000 mi astengo...Bellissimo report. |
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6
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..lullaby è qualcosa di incredibile! |
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5
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La mia band preferita, la band definitiva. Pura magia, grazie Massimilino per lo splendido report d'annata. |
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3
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Questo avrei voluto vederlo... |
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...sono assolutamente d'accordo... "Remember how it used to be When the stars would fill the sky Remember how we used to dream Those nights would never end Those nights would never end It was the sweetness of your skin It was the hope of all we might have been That fills me with the hope to wish Impossible things..." THX to Robert to make us wish impossible things... |
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oh it's opening time down on fascination street so let's cut the conversation and get out for a bit becouse i feel it all fading and paling....PURA MAGIA I CURE. |
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