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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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RACCONTARE IL MITO - # 11 - Europe, Torino, 1989
31/10/2010 (5430 letture)
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Il solo nome Europe fa arrizzare i peli sotto le ascelle a molta gente, basta il solo sillabare e si rischia il linciaggio. Ma quanti li conoscono bene (intendo almeno un album intero portato a compimento d’ascolto) e non solo per averli visti scimmiottare il playback di The Final Countdown nelle varie emittenti nazionali parecchi decenni fa? Si, andarono anche a Sanremo, e quindi? Anche i Saxon, i Queen e innumerevoli rock band di valore oggettivo hanno calcato lo stage plastificato della kermesse più inutile del nostro Paese per una marchetta promozionale. Sono stati definiti venduti e inetti dal popolo ipertricotico del metal per aver venduto carovanate di vinili nella nostra penisola; eh, si sa, chi diventa celebre in Italia è indiscutibilmente paragonabile alla stregua di un malato infettivo o gettato nel calderone della penitenza musicale di nullità alla Madonna, J. Lo, Ricky Martin o cartadaculo simil dance tunz unz tututunz. Gli Europe sono sempre stati una band vera, con musicisti dotati e con apparizioni live notevoli, poi non entro in merito al fatto che possano piacere o possano venir odiati per la loro miscela armonica, ma sono indubbiamente una realtà veritiera e non costruita dalla discografia come figurine in un raccoglitore. E fidatevi, quando suonano on stage sanno coinvolgere ancora oggi. Chiarito il concetto, purificato dai soliti stereotipi di basso lignaggio, immergiamoci nel fulgore edonista e permanentato degli anni ottanta. All’epoca, dopo lo sfracello europeo e mondiale del vituperato The Final... gli svedesi lanciarono sul mercato un nuovo album con sonorità decisamente meno leccate e appetite dalle classifiche di vendita. Out Of This World è un signor disco senza per forza essere tellurizzato da un singolo di punta che potesse tiranneggiare la band, rendendola una copia sputata del precedente hit platinato.
Agosto ‘88, viene rilasciato il nuovo prodotto a marchio Europe e in due giorni ne vengono vendute ben un milione di copie in tutto il globo, cosa che valse un disco di platino immediato. Solo negli Stati Uniti, 600.000 copie fatte fuori nel giorno della sua pubblicazione. In Italia l'album si posizionò saldamente all'ottava posizione in virtù di uno stile melodico con le tastiere in un ruolo preminente, caratterizzando un Aor di grande pregio e fattura. Nel disco sono presenti tante gemme come Let the good times rock, Just the beginning, Never say die accomunate da pezzi più tenebrosi (in termini di suoni e scelte più heavy) quali Ready or Not, Lights and Shadows e la brumosa Tower's calling. Unitamente ai singoli che diedero consequenzialità e brillantezza da classifica.
Durante l'estate di quell’anno gli Europe intrapresero un tour negli Stati Uniti, questa volta come special guest dei Def Leppard, che promuovevano il loro capolavoro Hysteria. A quel tempo i Leppard erano la più famosa band di rock duro in America, fu una bella pubblicità e una grande occasione per gli Europe. Prima di lasciare gli States, i cinque girarono un video per Superstitious alla Hamstead House di Long Island, New York, per innalzare la single version piazzata alla 31° posizione mentre il platter toccava la sua punta massima al 19° gradino (8 ottobre 1988). Terminata la tranche di concerti statunitensi, gli scandinavi si recarono nel vecchio continente per portare la propria musica in dimensioni da palco con un supporto di gran lusso, i fantastici Dare di Darren Wharton, ex Thin Lizzy, che con la sua nuova band aveva appena pubblicato il fantasmagorico esordio Out of the Silence, uscito dai forzieri della A&M Records. Il tour ebbe picchi eccellenti, ottimi, con concerti sold out in quasi tutte le nazioni, tra cui, appunto, l'Italia. Un’accoppiata di stelle dell’A.O.R, di quel calibro non ho più avuto la possibilità di vederle insieme, e la data di Torino al Palasport Ruffini fu da cultori veri. I Dare, quintetto capeggiato da Wharton, in poco meno di mezz’ora snocciolò una manciata di diamanti puri che incrociavano gusto vellutato a reminiscenze celtiche. Sound buonissimo e un chitarrista come Vinny Burns che acchiappava la scena dividendola magistralmente con il capo Darren. Una gig prodigiosa, specchio dei loro album sensazionali, chi non li conosce meglio provveda all’istante. Rapido cambio palco e l’eccitazione di migliaia di ragazzine incomincia a sudorare mischiata a tanti rocker come me, lì presenti per saggiare la veracità del quintetto proveniente dai sobborghi di Stoccolma. Un boato di urletti accesi squarcia l’aria ed è subito Ready or Not seguita dalla cristallina triade di Just the Beginning, Danger On The Track e soprattutto Let The Good Times Rock, animata da un solo al fulmicotone ripieno di note velocissime a firma Kee Marcello. La band suona da paura, impatto al cemento armato, via i fronzoli da tv e iniezioni di eccellente hard; il palco diventa infuocato. Joey Tempest, il nocchiero indiscusso di questa navicella, detta i tempi, interloquisce con l’audience in deliquio, sferra vocalità piene che spazzano ogni dubbio. Carrie scatena gli accendini e le coppiette si avvicinano ancor di più, More Than Meets The Eye si dimostra pesante nel suo scorrere, il drum solo di Ian Haughland non sarà perfetto, a livello tecnico, ma il tipo aveva e ha pacca, altrochè. Tower's Callin', ancor più cupa che su disco, anticipa l’intervento solista di Marcello che, sull’aria del Volo del Calabrone, innesta scale rapide e pulite: lui è un chitarrista bravo, figlio dello stile malmsteeniano anche se con gli Easy Action, sua band precedente, e in seguito, mostrerà di saper fare un po’ di tutto e anche bene.
La parte finale del concerto entra nel clou e fluiscono pezzi brillanti e cantabilissimi dalla folla che ormai attende solo di accompagnare a squarciagola il singolo per eccellenza. Heart of Stone è rocciosa, Cherokee ammaliante, Rock The Night la conoscono anche le piastrelle dei cessi, Superstitious scatena la reazione finale che va ad appiccicarsi, manco a dirlo, alla universalmente nota The Final Countdown. Cori da stadio, emozione negli occhi dei presenti, la band ci fornisce una versione dilatata che pone fine alle ostilità in punta di pick-up e keyboards. Che esibizione, che performance, bravi davvero. Sciamando fuori dal catino mi capitò di udire ogni tipo di commento, dalla ragazzina accompagnata dai genitori che voleva entrare nel backstage, al rocker incallito ma soddisfatto, al saputello che preferiva di gran lunga ascoltare i Motorhead: vabbè cose diverse no? Ve lo vedete Lemmy con i boccoli biondi e gli spandex ad intonare Romagna Mia? Ecco, il parallelismo è perlopiù azzeccato. Gli Europe, per chi aveva dei dubbi piccanti, si dimostrarono dei musicisti con i controfiocchi, non c’era altro modo per definirli. Ed anche in seguito lo hanno ampiamente espresso. Il ritorno a casa fu dolce, sostenuto dalla consapevolezza di aver assistito ad una mirabile accoppiata: ad averne ancora oggi. La band svedese, dopo tante vicissitudini, è tornata nel nuovo millennio con John Norum alla chitarra, relegando le tastiere a puro tappeto riempitivo e con Tempest che suona la sei corde sul palco. Chi volesse vederli da vivo, garantisco, non rimarrà deluso. In fondo i loro idoli sono sempre stati Thin Lizzy e Led Zeppelin, e i poster nelle loro camerette da adolescenti assicurano a riguardo della loro nuova direzione musicale. Dopo tre nuovi lavori da studio (anni 2000) sono diventati più potenti, vigorosi, e indirizzati a suoni massicci: non fatevi influenzare dal loro passato e potrete godere di tante belle soddisfazioni. Oggi sono una band hard a tutti gli effetti ma con un tasso di classe non indifferente e gli orpelli, il look androgino e le pose squaglia-ragazzine non esistono più, solo musica ben fatta, per fortuna. Dimenticatevi gli Europe laccati, sono scomparsi nei meandri del passato, in ogni caso questo fu un grande concerto: esistono vari video dal vivo di quel periodo, date un’occhiata, non sia mai che dobbiate rimanere con il dubbio eterno.
SETLIST DEGLI EUROPE
01 Ready Or Not
02 Just the Beginning
03 Danger On The Track
04 Let The Good Times Rock
05 On The Loose
06 Time Has Come
07 Carrie
08 Lights and Shadows
09 Stormwind
10 More Than Meets The Eye
11 Drum Solo
12 Coast To Coast
13 Open Your Heart
14 Sign of The Times
15 Tower's Callin'
16 Guitar Solo
17 Heart of Stone
18 Cherokee
19 Rock The Night
20 Superstitious
21 The Final Countdown
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7
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Coltiviamo il bimbo che è in tutti noi..caro Painkiller!! |
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6
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ci sono cresciuto con questa band......li adoravo e li adoro. Quell'out of this world ed il successivo Prisoners in paradise però li considero ancora così così e quel tour, anche se ero ragazzino e non capivo ancora molto di note e scale, mi lasciò un pochino con l'amaro in bocca perchè non c'era John Norum......grandi comunque! Frankiss, mi hai fatto tornare bambino...  |
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4
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Che ricordi!!!! Ottimo report!!!! |
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3
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Che poi io consiglierei di dare un ascolto all'ultimo disco,che reputo riuscitissimo *_* |
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2
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Molto spesso il pubblico rock/metal è stato troppo ingeneroso, effettivamente sono bravi e di sicuro valore purtroppo per loro la sputtanatissima The Final Countdown è stata un arma a doppio taglio, da una parte li ha lanciati ad un successo planetario e li ha posti davanti a palcoscenici più vasti dall'altro li ha etichettati facendoli diventare la band di "quella canzone", ma in realtà hanno un ottima discografia e lo stesso album in questione (appunto the final countdown) è un bellissimo album, io non mi considero un loro fan, infatti possiedo un album soltanto (indovinate quale???....BRAVI!!! proprio lui!), però secondo me ci sonop gruppi di gran lunga peggiori e tra questi non inserisco sicuramente gli Europe! Nel complesso direi che come gruppo merita un buon 7 pieno! |
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1
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..mi sono sempre piaciuti, l'ho sempre ammesso anche in periodi in cui si rischiava il pestaggio collettivo...grandi davvero, peccato non averli mai visti negli 80's, mi sono dovuto accontentare della reunion... |
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