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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Edguy - The Savage Poetry
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( 3740 letture )
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Tobias Sammet è indubbiamente uno dei personaggi più interessanti emersi dall’ambiente metal negli ultimi due decenni: musicista poliedrico, cantante di notevole caratura, compositore incredibilmente prolifico, ha senz’altro contribuito in modo importante all’evoluzione di un genere, il power metal, che ha nella sua staticità il suo principale tallone d’Achille; il prezzo da pagare, in alcuni album, è stato l’avvicinamento a sonorità più tipicamente hard ‘n’ heavy, non sempre accettate di buon grado dai fan della prima ora, ma che gli hanno comunque permesso di non produrre (quasi) mai due volte lo stesso lavoro. A ciò si aggiunga che il nostro amico è riuscito a raggiungere il successo con entrambe le sue band, gli Edguy e gli Avantasia e che ancora oggi, dopo tanti anni, queste formazioni sono in grado di stupire con le loro pubblicazioni più recenti. Naturalmente, per ciò che riguarda il primo gruppo, i meriti vanno condivisi anche con Jens Ludwig e gli altri musicisti, ma è innegabile che un’enorme porzione di essi vada ascritta alla fervida penna del buon Toby.
A questo punto vale la pena di chiedersi: come è iniziato tutto? Da dove parte la storia musicale del folle artista di Fulda, che più tardi si è dipanata nelle due intriganti spire suddette? Per scoprirlo dobbiamo fare un salto nel 2000: nell’anno che segna la fine del millennio, infatti, gli Edguy, reduci dal successo di Vain Glory Opera e Theater of Salvation, decidono di riregistrare il loro vero e proprio esordio, Savage Poetry, autoprodotto risalente al 1995 ed allora passato sostanzialmente sotto silenzio. L’operazione di restyling del demo è molto curata e, oltre ad una nuova registrazione, vengono scritti nuovi arrangiamenti, viene riordinata la tracklist e viene mutata copertina, aggiungendo per di più l’articolo al titolo Savage Poetry. L’album in questione, ancorché per forza di cose inferiore ai due masterpiece degli anni precedenti, è estremamente interessante perché, sotto la patina dei nuovi arrangiamenti, mette in mostra proprio il cuore delle influenze originali di Sammet e della band: vi si respirano indifferentemente Iron Maiden, Helloween e Gamma Ray, tanto nella struttura dei brani quanto nei testi. Hallowed, ad esempio, interessante mid-tempo con ritornello aperto e ritmo appena più veloce, è un chiaro omaggio alla band inglese, che Sammet ha più volte dimostrato di amare visceralmente, anche ispirandosi palesemente allo stile del frontman, Bruce Dickinson. Misguiding Your Life, decisamente più robusta e veloce, è viceversa un brano di classico power teutonico, con echi inconfondibili di Helloween e Gamma Ray, tanto nel riffing quanto nelle linee vocali; queste ultime, per la verità, non appaiono sempre convincenti, dando l’impressione di esser quasi sparate nel microfono alla massima velocità possibile, senza un vero e proprio coordinamento con il sottofondo musicale; questo è probabilmente uno degli inevitabili difetti di gioventù che neppure la migliore delle riregistrazioni può nascondere, ma che in fondo contribuiscono al fascino grezzo delle prime opere. Non bisogna dimenticare, infatti, che nel 1995, all’atto della scrittura dei pezzi, Sammet e Ludwig avevano appena 18 anni! Key to my Fate beneficia enormemente dei nuovi arrangiamenti, soprattutto tastieristici, che le conferiscono un alone fresco e che supportano a dovere l’eccellente prestazione delle due chitarre e della sezione ritmica, davvero brillante. Sands of Time, invece, è una ballad meno scontata, con aspetti più operistici che da classica power ballad; è un po’ troppo lunga, ma davvero di buon gusto e fa intravedere le potenzialità artistiche dei nostri. Tanto per chiarire che i nostri sono pur sempre metallari, alla ballad fa seguito uno dei pezzi più ruvidi del disco, Sacred Hell, un’ottima bordata di power vecchio stile, vagamente debitrice dei Blind Guardian; è il terreno perfetto per sciorinare le abilità chitarristiche di Ludwig e Sauer, che non a caso fanno la parte dei leoni, rubando la scena anche all’istrionico frontman. E’ poi il turno di Eyes of the Tyrant, capostipite di quelle lunghe suite che gli Edguy mostreranno più volte di amare molto, producendone una su quasi tutti i loro album successivi: basti pensare a Theater of Salvation dall’omonimo album, The Pharaoh da Mandrake, The Piper Never Dies da Hellfire Club, solo per citare le più celebri. Come da tradizione, i musicisti immettono in questo genere di brani tutte le loro influenze, dal power all’heavy classico, passando anche per un certo gusto più pomposo ed operistico che ha sempre contraddistinto la loro musica. Non è affatto un brutto pezzo, ma l’idea è che, per l’appunto, i nostri abbiano perfezionato solo sui successivi lavori la capacità di scrivere suite di una certa lunghezza. Va comunque rimarcata l’ambizione di una band di 18enni nel cimentarsi con pezzi tanto complessi. Ci avviciniamo alla parte finale dell’album ed i nostri premono nuovamente sull’acceleratore con Frozen Candle, che tuttavia sarebbe ancor più brillante di quanto già non sia senza l’alternanza, a tratti eccessiva, fra parti molto veloci ed altre più ragionate. Roses to no One è il secondo pezzo lento dell’album, ma si diversifica notevolmente da Sands of Time, essendo più rispondente ai classici canoni della power ballad, con tanto di ritornello corale rafforzato dalle chitarre elettriche. In chiusura, infine, Power and Majesty ci riporta ancora su lidi power, con una discreta conclusione per un buon album.
E’ indubbio che The Savage Poetry benefici molto dell’operazione di riregistrazione: il sound grezzo ed immaturo del demo originale è stato qui rivoluzionato ed i nuovi arrangiamenti, inseriti e pensati in modo naturalmente più completo ed intelligente, rafforzano le caratteristiche positive che le canzoni presentavano già in origine. Fra queste, indubbiamente, la presenza di canzoni già molto interessanti e ben strutturate, con una dovizia di idee indubbiamente considerevole per ragazzi tanto giovani. Al tempo stesso, anche queste versioni molto rimaneggiate e migliorate non possono nascondere qualche passaggio a vuoto, qualche passo fin troppo derivativo e qualche idea meno brillante delle altre. E’ normale, del resto e l’album è comunque molto godibile e rappresenta tutt’altro che una mera operazione commerciale, rivelandosi un prodotto convincente. Non è un capolavoro, questo ormai è chiaro, ma si lascia ascoltare molto volentieri. Gli Edguy, insomma, hanno prodotto e produrranno meglio di The Savage Poetry, ma anche quest’ultimo può regalarvi minuti piacevoli.
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10
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Album notevole e troppo sottovalutato. |
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9
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A parte Sands of Time, le altre le trovo tutte ottime canzoni. Uno dei migliori album della band, superiore a Kingdom of Madness. |
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8
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secondo me il loro album migliore. |
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7
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Riascoltato stamattina. Sarò strano io, ma a me quest’esordio piace più del successivo Kingdom of Madness (e pure degli ultimi tre album, vabbè...). Certo, la giovane età e l’inesperienza in queste prime produzioni si sentono, ma Hallowed, Sacred Hell, l’originaria opener Key to my Fate e la lunga Eyes of the Tyrant sono ottimi pezzi. Il restyling del 2000 poi gli fa guadagnare anche dei punti in più: si sente che a ri-registrarlo è stata una band che in quegli anni stava deflagrando. Voto 79 |
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6
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A riascoltarlo dopo tanto tempo trovo che sia veramente un signor disco, meglio di quanto pensassi anche 3 anni fa. Key To My Fate, Sands Of Time, Haloweed, Eyes of the Tyrant, Frozen Candle, Roses To No One...tutti grandi pezzi in pieno stile Edguy dei primi tempi, che poi verrà ripreso e aggiustato partorendo capolavori. La ballad Sands Of Time poi merita ascolti su ascolti, per nulla banale. |
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5
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Disco bello, anzi, molto bello ma i capolavori di Sammet saranno altri (non facciamoci illudere dal fatto che questo disco sia del 2000 perchè come giustamente dice il Barry è il rifacimento del demo del 1995 vero e proprio esordio della band. Comunque ad averne di band che esordiscono in questo modo, più che sufficiente e più che dignitoso. Voto 75, in pieno accordo col recensore! |
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4
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@mariamaligno: come non concordare un po con te... |
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3
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Uno dei migliori dischi power metal melodico di sempre assieme a KOM, VGO, TOS, MANDRAKE e HC..sentire cosa sono diventati oggi fa male |
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2
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Bella recensione per un disco a cui io darei il voto che avete assegnato a KOM, per me gli Edguy da li hanno fatto 5 disconi, KOM compreso...questo mi è sempre piaciucchiato anche nella versione risuonata, cè ovviamente da dire che per essere degli adolescenti tanto di cappello eh!! Sugli scudi Halloweed, Sacred hell e Frozen candle |
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1
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Eccoci a uno dei dischi meno famosi degli Edguy. Buon album in generale, ben suonato, cantato in maniera un pò acerba da Sammet (come dargli torto di fronte ai soli 18 anni di età all'epoca delle registrazioni?) ma già si intravedono le doti di questi ragazzi. L'unica cosa è che manca una canzone memorabile, una hit del disco che lo faccia ricordare negli anni. Nel complesso è gradevole, l'opener la trovo molto ben fatta, ma faranno molto meglio! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Halloweed 2. Misguiding Your Life 3. Key to my Fate 4. Sands of Time 5. Sacred Hell 6. Eyes of the Tyrant 7. Frozen Candle 8. Roses to no One 9. Power and Majesty
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Line Up
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Tobias Sammet (Voce, Tastiere) Jens Ludwig (Chitarra) Dirk Sauer (Chitarra) Tobias Exxel (Basso) Felix Bohnke (Batteria)
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