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Edguy - Tinnitus Sanctus
( 7402 letture )
Cercherò di essere quanto più chiaro possibile. Gli Edguy non sono più quelli di una volta. Non parlo dal punto di vista qualitativo, la qualità è quella di sempre. Lo dico come semplice constatazione della musica che ci propongono oggi; una metamorfosi che sembra essersi compiuta con Tinnitus Sanctus, ma che aveva già fatto registrare i primi sintomi con Mysteria, -Lavatory Love Machine non l’avrete mica dimenticata?- e si era poi ulteriormente palesata con Rocket Ride, ultimo album dei tedeschi.

Di cosa parliamo dunque? Di quella vena pulsante di puro, grezzo, ma allo stesso tempo cristallino, Hard Rock che attraversa il corpo di Tobias Sammet. Ormai gli Edguy non sono più la power band degli esordi, quella di Theater Of Salvation o Vain Glory Opera; per la cronaca, i dischi che li hanno resi famosi. Certamente non si tratta di un’abiura o di una negazione del loro passato; probabilmente si tratta di una semplice evoluzione che il gruppo ha compiuto e che credo, continuerà a compiere negli anni a venire.

Che cosa sono dunque, gli Edguy oggi? Una band fondamentalmente power con pesanti influenze hard rock.

Messo in evidenza questo, possiamo procedere a vele spiegate verso l’ottavo album del gruppo che ha riscosso più successo negli ultimi dieci anni sulla scena power mondiale. Come detto, Tinnitus Sanctus, a dispetto della cover, non è un album canonicamente power; niente paura però, per i power-maniaci ci sono comunque tappeti di doppia cassa stesi con parsimonia da Felix Bohnke. The Pride Of Creation, Wake Up Dreaming Black e soprattutto Speedhoven placheranno, almeno in parte, la vostra sete di velocità.

L’album si apre con Ministry Of Saints, ottima opener già data in pasto ai fans come anteprima e lanciata anche come singolo. Il pezzo è “tirato”, si apre con un riff bello pesante e con un tempo che ti fa battere il piedino a terra. Il resto lo fa il bel ritornello cantato ottimamente da Sammet. Sex Fire Religion non è poi molto diretta come la precedente; si tratta di un mezzo tempo incalzante ma abbastanza scontato e poco incisivo. Sufficiente e nulla più. Si cambia marcia con The Pride Of Creation, piede sull’acceleratore e ritmo che sale in maniera sensibile. Molto carina la canzone, così come i cori pomposi utilizzati dagli Edguy in tutto il disco. Anche Nine Lives non tradisce le attese e si conferma come un gran bel pezzo, nulla di trascendentale, però è una canzone che si ascolta con piacere. Anche qui, mezzo tempo docet. Nettamente migliore la successiva Wake Up Dreaming Black. Potenza e melodia miscelate con grande sapienza dal combo tedesco. Ancora un mezzo tempo scandisce il ritmo di Dragonfly, canzone canonicamente heavy, non convince al primo ascolto, da risentire per apprezzarne l’essenza.

E’ con Thorn Without A Rose che gli Edguy salgono in cattedra e fanno impennare la lancetta della qualità fino alla fine del disco. Canzoni come questa una volta venivano chiamate power ballad, io non amo definirle così, fatto sta che Thorn Without A Rose è davvero un pezzo bellissimo che gronda romanticismo senza risultare stucchevole, solo per questo è una grande canzone. 9-2-9 è l’incarnazione del nuovo corso dei tedeschi. Power-Rock o Hard-Power? Ma che importa? Basta con queste etichette. Il pezzo è trascinante e spumeggiante, proprio quello che si chiede agli Edguy. Almeno è quello che io gli chiedo di fare.

Speedhoven è il pezzo più studiato, e mi sento di dire, riuscito di Tinnitus Sanctus. Ritornello in testa al pezzo, cori barocchi e fastosi, power di classe in casa Sammet. Quasi otto minuti di un’intensità notevole. Ritornello davvero difficile da dimenticare.
Se prima abbiamo parlato di influenze Hard Rock, adesso dobbiamo parlare di Hard Rock punto e basta. Per natura e per tematiche trattate, Dead Or Rock è il pezzo più hard rock dell’album. Chiude il disco la goliardica Aren’t You A Little Pervert Too?, country song piena zeppa di allusioni e frasi sconce. Da notare sul finale le voci in italiano che mandano simpaticamente “a quel paese” l’ascoltatore. Una trovata simpatica per chiudere l’album, a canzoni di questo tipo Tobias ci aveva già abituato, qualcuno di voi ricorda il contenuto di The Rise Of The Morning Glory?

Un disco che per certi versi, pochi in realtà, mi ha deluso. Avrei preferito che gli Edguy avessero continuato a percorrere la strada di Hellfire Club (2004); per il sottoscritto il punto più alto toccato dai cinque tedeschi. Forse, il tempo mi aiuterà a capirlo, preferisco a Tinnitus Sanctus anche il precedente Rocket Ride. Ma queste sono solo i miei gusti, bisogna comunque tenere conto della bontà di Tinnitus Sanctus e di Tobias Sammet, che in meno di un anno è riuscito a pubblicare, oltre a questo, anche il terzo capitolo di Avantasia, The Scarecrow; due dischi di gran valore.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
68.47 su 71 voti [ VOTA]
defmacro1
Martedì 4 Febbraio 2025, 19.03.16
12
Se questo disco l\'avesse fatto un Motley Crue o un Bon Jovi qualunque qualche anno fa sarebbe stato eticchettato come capolavoro. 85 pieno
Aceshigh
Giovedì 3 Agosto 2023, 15.36.51
11
Riascoltato oggi dopo un sacco di tempo. Sicuramente inferiore ai precedenti (ma non per via della svolta hardrockeggiante), e infatti quando uscì mi fece un’impressione un po’ tiepida, per via del confronto. Però, a risentirlo oggi, devo dire che non è affatto male. Magari un filo altalenante, ma in generale sempre divertente e con diversi bei pezzi, tipo Ministry of Saints, The Pride of Creation, 9-2-9, Speedhoven. Voto 79
HeroOfSand_14
Domenica 17 Settembre 2017, 16.01.16
10
Album sottovalutato solo per via della virata (decisa) verso l'hard rock, che poteva starci considerando che gli Edguy non sono una band che segue le mode del mercato. Ministry Of Saints ha un tiro micidiale come Speedhoven (eccolo qua il power), Thorn Without A Rose è un'altra ballad eccellente del buon Tobi. Il resto sono buoni brani rockettari (merita una menzione anche Wake Up Dreaming Black) e un brano brutto, forse l'unico brutta della loro carriera per i miei gusti, ossia Dragonfly. Aren’t You A Little Pervert Too? invece è un divertente pezzo in pieno stile Sammet per cambiare umore del disco.
Smau
Mercoledì 23 Novembre 2011, 17.41.15
9
Forse un leggero calo, ma resta comunque il fatto che questo album è all'altezza del loro nome!
Maurizio
Mercoledì 31 Agosto 2011, 18.29.14
8
Un paio di brani non all'altezza ma il resto è tutt'altro che disprezzabile, anzi...e Ministry of saints e soprattutto Speedhoven da urlo.
Radamanthis
Lunedì 29 Agosto 2011, 18.11.13
7
Si infatti....ormai lo so a memoria e qui non c'è ancora la rece...eh no eh, non si fa così metallized!
Pino il pasticciaio
Lunedì 29 Agosto 2011, 13.06.26
6
Quand'è che recensite Age of Joker?
Enrico
Sabato 27 Agosto 2011, 18.37.18
5
A me questo disco piacque abbastanza e quello nuovo cioè: Age Of The Joker, mi piace altrettanto, Non vedo l'ora di leggere una recensione qui sopra
Radamanthis
Sabato 7 Maggio 2011, 18.32.02
4
L'album quando uscì mi deluse un pò, proprio come Rocket ride, soprattutto per la piega intrapresa da Sammet in un hard rock lontano dai fasti del power di un tempo. Speedhoven e Ministry of saints sono le migliori e di livello assoluto che non sfigurerebbero comunque in Vain glory opera ad esempio. Voto centrato in pieno comunque!
marduk
Sabato 20 Marzo 2010, 19.31.18
3
ottimo album...con più sfumature hard rock rispetto al passato....un bell'85
NoRemorse
Giovedì 16 Aprile 2009, 0.10.30
2
Stanno diventando una garanzia! Le migliori sono Ministry of saints, Dragonfly, 9-2-9 e speedhoven! Tutto l'album viaggia comunque alla grande!
Antonio
Martedì 25 Novembre 2008, 11.16.19
1
Mi ha deluso sto album..c'è qualche pezzo carino ma non mi ha appassionato come Rocket Ride..voto: 68
INFORMAZIONI
2008
Nuclear Blast
Power
Tracklist
01. Ministry Of Saints
02. Sex Fire Religion
03. The Pride Of Creation
04. Nine Lives
05. Wake Up Dreaming Black
06. Dragonfly
07. Thorn Without A Rose
08. 9-2-9
09. Speedhoven
10. Dead Or Rock
11. Aren’t You A Little Pervert Too?
Line Up
Tobias Sammet - Vocals
Jens Ludwig - Guitars
Tobias “Eggi” Exxel – Bass
Dirk Sauer – Guitars
Felix Bohnke – Drums

Guests
Miro Rodenberg - keyboards
Oliver Hartmann, Thomas Rettke, Claudia Boots-Zimmermann - backing vocals
 
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